Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28805 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28805 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/10/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 14625/2024 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO COGNOME , giusta procura speciale allegata al ricorso e all’istanza per la decisione del ricorso (PEC: EMAIL);
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – Riscossione , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrenti – avverso la sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Puglia n. 536/29/2023, depositata il 27.02.2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 ottobre 2025 dal presidente NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La CTP di Taranto accoglieva il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la cartella di pagamento, per imposte dirette e IVA, in
Oggetto:
Tributi
relazione all’anno 201 0, emessa a seguito di controllo automatizzato, in quanto non era stata notificata la comunicazione di irregolarità;
con la sentenza indicata in epigrafe, la CGT-2 della Puglia accoglieva l’appello proposto dall ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , osservando, per quanto qui rileva, che non era dovuta la preventiva comunicazione di cui all’art. 6, comma 5, della l. n. 212 del 2000, se non sussistevano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, come nel caso in esame, in cui la cartella esattoriale era stata emessa ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, in ragione del mancato pagamento di quanto risultava dalla stessa dichiarazione; rilevava, inoltre, che dall’omissione di detta comunicazione non poteva derivare la non debenza o la riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni e degli interessi di cui all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997;
la RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza della CGT-2 con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
-l ‘RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE – riscossione resistevano con controricorso;
in data 31.10.2024 il Consigliere delegato ha emanato la proposta di definizione del giudizio, ai sensi dell’articolo 380bis , comma 1, cod. proc. civ., nel senso della manifesta infondatezza del ricorso;
la proposta è stata comunicata in data 6.11.2024 e il difensore del ricorrente ha depositato il 12.12.2024 tempestiva istanza per la decisione del ricorso;
-è stata pertanto disposta la trattazione e fissata l’udienza camerale del 14.10.2025;
la ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la nullità per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod.
proc. civ., con riferimento alla questione attinente alla carenza di motivazione della cartella esattoriale, non avendo la CGT-2 valutato ‘ come le ripetute omissioni in materia d’interessi dovuti, sono carenza gravissima tali da non poter rendere possibile la valida difesa del contribuente concretamente basata sulle norme che lo tutelano in casi del genere ‘;
il motivo è inammissibile;
occorre considerare che l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze depositate dopo l’11.09.2012), ha introdotto un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia;
il ricorrente deve indicare, pertanto, nel rispetto di quanto previsto dagli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;
nella specie, invece, la parte ricorrente non solo non ha trascritto nel ricorso, neppure in modo indiretto, nelle loro parti essenziali, ai fini della percezione della doglianza, gli atti dai quali risulterebbe l’allegazione dei fatti ritenuti non esaminati e la loro discussione, ma
non ha neppure indicato i fatti che si assumono non esaminati, avendo denunciato, in realtà, un’omessa pronuncia sulla doglianza riguardante un presunto difetto di motivazione della cartella impugnata con riguardo agli interessi dovuti;
-il motivo, quand’anche riqualificato in omessa pronuncia, risulta comunque inammissibile per difetto di specificità;
come è stato ripetutamente affermato da questa Corte, infatti, nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività RAGIONE_SOCIALE questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi ( ex plurimis , Cass. n. 28072 del 14 ottobre 2021);
la ricorrente non ha riportato nel testo del ricorso per cassazione il contenuto RAGIONE_SOCIALE controdeduzioni depositate in appello, in cui ripropone la specifica doglianza della mancata motivazione della cartella
impugnata in punto di interessi , con l’indicazione dell’atto difensivo nel quale la censura è stata formulata;
del tutto inammissibile risulta, poi, la censura con la quale solo in sede di istanza per la decisione del ricorso ha rilevato, peraltro in modo del tutto generico, un vizio di motivazione apparente della sentenza impugnata, non proposto ritualmente con il ricorso per cassazione;
con il secondo motivo, deduce la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, per non avere la CGT-2 considerato che nel caso in esame non era stato rispettato l’obbligo di motivazione per gli interessi richiesti con la cartella impugnata, dato che quest’ultima non era precedut a da un atto fiscale che avesse già individuato l’entità del debito d’imposta e dei relativi interessi;
il motivo è inammissibile;
con specifico riferimento al preteso vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, infatti, non può che richiamarsi il principio più volte affermato da questa Corte ( ex multis , Cass., Sez. Un., n. 23745/2020), secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa
ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa”;
a prescindere dalla irrituale formulazione del mezzo, la predetta censura è in ogni caso inammissibile per difetto di specificità, in quanto la contribuente non solo non ha precisato nel ricorso dove e in che termini la questione sul difetto di motivazione della cartella di pagamento, con riguardo agli interessi, sia stata riproposta in appello, ma si è anche limitato a richiamare la giurisprudenza di legittimità, senza fare alcun collegamento con il caso concreto e con la cartella impugnata, peraltro neppure riprodotta nel testo del ricorso, al fine di fare comprendere il contenuto della doglianza;
in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
poiché il giudizio è stato definito in conformità alla proposta di cui all’art. 380 -bis cod. proc. civ., trovano applicazione anche il terzo e quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. (Cass. S.U. n. 27195 del 2023);
-la ricorrente va, pertanto, condannata a pagare alla parte controricorrente una somma equitativamente determinata nella misura indicata in dispositivo e a versare una ulteriore somma, determinata in euro 2.000,00, in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende; P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.200,00, oltre alle spese prenotate a debito;
Condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ., al pagamento, in favore della parte controricorrente, della ulteriore somma pari ad euro 4.000,00,
nonché al pagamento della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende;
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 ottobre 2025
La Presidente
NOME COGNOME