Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9916 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9916 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1190/2020 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA-MILANO n. 2753/2019 depositata il 26/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
COGNOME NOME era attinto da intimazione di pagamento n. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO volta a procedere alla riscossione frazionata – tenuto conto della sentenza della CTP di cui subito in appresso – dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO relativo all’a.i. 2010, mediante il quale l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva, tra l’altro, irrogato al contribuente sanzioni, oltreché in materia di IRES ed IRAP, in materia di IVA, per omessa, infedele o tardiva fatturazione di operazioni imponibili o non esenti e per omessa autofatturazione di operazioni di acquisto di beni mediante il meccanismo del ‘reverse charge’.
1.1. L’avviso era stato impugnato innanzi alla CTP di Pavia, che, con sentenza n. 20/2/2016, pubblicata il 26 gennaio 2016, l’accoglieva parzialmente, ‘ritenendo sanzionabile il comportamento del contribuente ma gli riconosceva il diritto all’applicazione della misura sanzionatoria più favorevole prevista dall’art. 6, comma 9 -bis, del D.Lgs. n. 471/07 così come riformulato dal D.Lgs. 158 del 24/09/2015′ (p. 4 ric.; fg. 2 controric.). Con il predetto atto di intimazione l’RAGIONE_SOCIALE ‘applica, per il principio del ‘favor rei’ e anche in adempimento della sentenza, la normativa sopravvenuta più favorevole al contribuente’ (fg. 2 controric.).
Avverso l’atto di intimazione il contribuente proponeva ricorso, lamentando quanto segue (p. 5 ric.):
Violazione dell’art. 7, comma 1, della legge 212/2000 in quanto l’atto era motivato unicamente con il riferimento alla sentenza n. 20/02/2016 della CTP di Pavia senza indicare il criterio adottato per la rideterminazione della sanzione intimata;
Violazione del combinato disposto degli artt. 19 del D.Lgs. n. 472/97 e 68 del D.Lgs. n. 546/92 in quanto
l’ammontare intimato era chiaramente oltre i due terzi di quanto stabilito dalla Commissione Tributaria Provinciale di Pavia;
Violazione dell’art. 6, comma 9 -bis, del D.Lgs. 471/97 così come riformato dal D.Lgs. 158 del 24/09/2015 in quanto la nuova misura sanzionatoria che doveva essere applicata in ottemperanza alla sentenza dei giudici di prime cure prevedeva, al primo periodo, una sanzione minima di euro 500 anche sommando le altre sanzioni non contestate, l’importo della sanzione complessivamente dovuta era notevolmente inferiori a quanto intimato’.
La CTP di Pavia, con sentenza n. 40/2/2017, accoglieva parzialmente il ricorso sotto il profilo del superamento dei due terzi, ‘ritenendo inammissibili’ (ivi) le altre doglianze.
La CTR della Lombardia, adita in appello dal contribuente, respingeva il gravame, osservando, essenzialmente:
-circa la violazione dell’art. 7 st. contr.,
–nella intimazione di pagamento era stato chiaramente indicato che, sulla base di quanto deciso nella sentenza n. 20/2/2016, ed in riferimento all’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per l’anno 2010, dovut la sanzione IVA di euro 175.889;
-circa la violazione dell’art. 6, comma 9 -bis, D.Lgs. n. 471 del 1997, formulata sul rilievo che ‘le operazioni emergerebbero dalla contabilità’,
–anche tale motivo di gravame deve essere rigettato poiché, anche a prescindere da una eventuale risultanza di tali operazioni dalla contabilità, tuttavia la Commissione Provinciale, con la sentenza n. 20/2/2016 nel rigettare il
ricorso, ha escluso che si trattasse di una mera irregolarità formale. In particolare, la Commissione ha condiviso ‘i principi seguiti dall’Ufficio nell’erogare la sanzione’ avendo lo stesso contribuente, nel corso della verifica della Guardia finanza, espressamente riconosciuto di avere effettuato acquisti di rottame ‘in nero’ e, quindi, senza l’emissione della fattura. La riproposizione nel corso del presente giudizio della mera irregolarità formale altro non è che una pretesa modifica della statuizione del giudice di merito, come correttamente evidenziato dai Giudici di primo grado . Pertanto, poiché nella sentenza n. 20/2/2016 la Commissione escluso che vi fosse stata annotazione nelle scritture contabili, la sanzione, è stata correttamente applicata in misura proporzionale del 5%, commisurata all’imponibile ‘.
Il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Il contribuente deposita memoria addì 14 febbraio 2024.
Considerato che:
1. Con la memoria si deduce:
L’atto impugnato nel giudizio introduttivo (intimazione di pagamento n°T9V0IPPN00143/2016) oggetto della pronuncia della sentenza n°2753/2019 contro cui si ricorre in codesta sede è riferito all’avviso di accertamento n°T9V01D801385 a sua volta oggetto di pronuncia della sentenza n°2797/11/2017 della CTR Lombardia anch’essa impugnata presso codesta ecc.ma Corte al n° di ruolo 3416/2018 (All. 1).
Si osserva che in riferimento a quest’ultimo procedimento (RG NUMERO_DOCUMENTO/2018) il Presidente della Sezione Tributaria, con
decreto del 20/04/2023 (All. 2), ha dato atto della regolare definizione della controversia nelle forme previste dall’art. 5 della legge n°130 del 2022 e ha dichiarato estinto il processo.
La definizione agevolata a cui ha aderito il ricorrente ha permesso di chiudere la lite sull’avviso di accertamento (RG NUMERO_DOCUMENTO/2018) definendo il tributo con l’annullamento integrale RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Il contenzioso sul ‘quantum’ RAGIONE_SOCIALE sanzioni intimate (RG 1190/2020) non ha più quindi ragione d’essere essendo le stesse state annullate tramite l’agevolazione sopra richiamata.
Per tali motivi, il contribuente insta per ‘la cessazione della materia del contendere per carenza di interesse e l’estinzione del giudizio’.
La memoria depositata dal difensore del contribuente allega il sopravvenuto difetto di interesse di questi a coltivare il presente giudizio in ragione del decreto presidenziale di estinzione del giudizio n. 3416 del 2018 R.G. per intervenuta definizione agevolata ai sensi dell’art. 5 della legge n. 130 del 2022. Il giudizio n. 3416 del 2018 R.G., infatti, aveva ad oggetto la sentenza della CTR della Lombardia n. 2797/11/2017, che, come da ricorso per cassazione nel giudizio n. 3416 del 2018 R.G. allegato alla memoria, aveva confermato la sentenza n. 20/2/2016 della CTP di Pavia, sul fondamento della quale è stata emessa l’intimazione di pagamento dalla cui impugnazione trae origine il presente giudizio.
L’istanza di cessazione della materia del contendere di cui alla memoria, che non possiede i caratteri tipici di una rinuncia, tanto più in assenza di un’espressa menzione del potere di rinunciare in capo al difensore giusta la procura speciale allegata al
ricorso, manifesta il difetto di interesse del contribuente ad insistere nella trattazione e decisione del ricorso medesimo.
Esso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile (cfr. Sez. L, n. 25625 del 12/11/2020, Rv. 659543 -01: ‘Nel giudizio di cassazione, la dichiarazione di sopravvenuto difetto di interesse alla definizione del ricorso, resa dal difensore munito di mandato speciale, non può comportare la cessazione della materia del contendere -che presuppone che le parti si diano atto reciprocamente del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano al giudice conclusioni conformi in tal senso -ma deve essere equiparata alla rinuncia ex art. 390 c.p.c., con la conseguenza che, in mancanza dei requisiti previsti dal comma 3 di tale disposizione, la predetta dichiarazione, pur inidonea a determinare l’estinzione del processo, comporta la sopravvenuta inammissibilità del ricorso, atteso che l’interesse posto a fondamento di quest’ultimo deve sussistere non soltanto al momento dell’impugnazione, ma anche successivamente fino alla decisione della causa’) .
Nondimeno, deve comunque procedersi alla disamina dei motivi di ricorso, ai fini della decisione sulle spese, sulla base del principio della soccombenza virtuale.
5.1. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 7, comma 1, st. contr.
5.1.1. La sentenza n. 20/2/2016 della CTP di Pavia demandava all’RAGIONE_SOCIALE di adeguare la sanzione al nuovo art. 6, comma 9 -bis, D.Lgs. n. 471 del 1997, che distingue due ipotesi: quella in cui l’operazione risulta in contabilità da quella in cui invece non risulta. Nell’intimazione di pagamento, ‘la sanzione complessiva di euro 175.889 era quantificata senza indicare né l’imposta a cui si
riferiva né, per quanto atteneva all’, quali RAGIONE_SOCIALE due nuove misure sanzionatorie erano state applicate’.
5.1.2. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
Esso è inammissibile a misura che non riproduce né l’avviso di accertamento, né la sentenza n. 20/2/2016 della CTP di Pavia, né, infine, l’intimazione di pagamento, impedendo quindi a questa Suprema Corte di materialmente apprezzare la fondatezza, o meno, della censura.
Esso, come anticipavasi, è comunque (ed altresì) manifestamente infondato.
Pacificamente, alla luce del tenore letterale del ricorso, oltreché della sentenza impugnata, l’intimazione di pagamento conteneva il riferimento sia alla predetta sentenza sia all’avviso su cui la medesima era intervenuta. Pertanto – tenuto altresì conto, come subito in appresso si vedrà, del contenuto della sentenza stessa, riferito dalla CTR nella sentenza impugnata ma ignorato dal contribuente nel motivo – l’intimazione di pagamento assolveva pienamente l’onere motivazionale, sentenza ed avviso essendo atti ben noti al contribuente.
In aggiunta a quanto precede, la CTR, nella sentenza impugnata, è chiarissima nel rilevare che ‘la Commissione Provinciale , con la sentenza n. 20/2/2016 nel rigettare il ricorso, ha escluso che si trattasse di una mera irregolarità formale. In particolare, la Commissione ha condiviso ‘i principi seguiti dall’Ufficio nell’erogare la sanzione”, dal momento che lo stesso contribuente, in sede di verifica, aveva ammesso la contabilizzazione di fatture ‘in nero’.
Ora, con siffatta puntuale osservazione ‘in fatto’ della CTR il contribuente omette alcun reale e concreto confronto, limitandosi
(nel secondo motivo) a sostenere (ma solo genericamente e per di più, come si vedrà, inammissibilmente) non esser vero che la sentenza n. 20/2/2016 della CTP aveva escluso l’ipotesi dell’irregolarità formale: in particolare, come anticipato, omettendo di riportare la motivazione della sentenza, non contesta l’affermazione della CTR in merito all’avere la CTP nella sentenza n. 20/2/2016 ‘condiviso ‘i principi seguiti dall’Ufficio nell’erogare la sanzione”.
Sicché ‘a fortiori’ il contribuente omette di censurare l’ulteriore logica e decisiva conclusione della CTR per cui, attraverso la deduzione della violazione dell’art. 6, comma 9 -bis, D.Lgs. n. 471 del 1997, sostanzialmente riproposta tal quale nel presente giudizio, in realtà si tentava di rimettere inammissibilmente in discussione, in sede di impugnazione di un mero atto (pre -)esecutivo qual è l’intimazione, il vincolante ‘decisum’ rassegnato nella sentenza n. 20/2/2016 della CTP pavese.
5.2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., violazione dell’art. 6, comma 9 -bis, D.Lgs. n. 471/97, come riformulato dal D.Lgs. n. 158 del 2015, ed omesso esame di fatto decisivo e controverso.
5.2.1. Secondo la CTR, la sentenza n. 20/2/2016 ‘avrebbe ‘escluso che vi fosse stata annotazione nelle scritture contabili’. Non è vero. La sentenza non ne ha mai fatto cenno. I Giudici, nella sentenza n. 20/2/2016, si pronunciano soltanto sulla eccezione (accolta) che il contribuente aveva sollevato in merito all’applicazione della normativa a lui più favorevole . Il Collegio non entra minimamente nel merito dell’annotazione RAGIONE_SOCIALE operazioni nelle scritture contabili. L’errato convincimento ha quindi indotto i Giudici della CTR a non esaminare l’allegato n. 2 della memoria depositata il 21/11/2018 rappresentato proprio dalla scheda contabile che riportava le registrazioni RAGIONE_SOCIALE operazioni (all.
. L’omissione assume ancora più valenza dal momento che la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva fondato il proprio avviso di accertamento e proceduto all’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni sulla base RAGIONE_SOCIALE scritture contabili del contribuente in cui erano stati ‘contabilizzati’ ‘costi relativi ad acquisto di materiale ferroso ”.
5.2.2. Il motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni.
Cumula due paradigmi censori senza che dalla pedissequa illustrazione sia possibile evincere le corrispondenti autonome articolazioni, presupponendo una non consentita azione suppletiva di questa Suprema Corte.
Non riproduce, come già evidenziato a proposito del primo motivo, gli atti cui fa riferimento, con particolare riguardo alla sentenza n. 20/2/2016 della CTP di Pavia.
Deduce la violazione dell’art. 6, comma 9 -bis, D.Lgs. n. 471/97, senza tuttavia indicare in cosa essa si sostanzi.
Deduce l’omesso esame di fatto decisivo e controverso, senza tuttavia individuare alcun preciso fatto storico che la CTR avrebbe pretermesso di esaminare e senza tenere conto della preclusione derivante dalla cd. doppia conforme di merito di cui al vigente, ‘ratione temporis’, art. 348 -ter cod. proc. civ.
Infine, attribuisce alla CTR un preteso errore di fatto, consistente nel non essersi avveduta che la sentenza n. 20/2/2016 della CTP di Pavia in realtà non aveva mai ‘escluso che vi fosse stata annotazione nelle scritture contabili’, pretermettendo che il mezzo mediante il quale far valere un tale errore non è il ricorso per cassazione, ma la revocazione (art. 295, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.).
Ad ogni modo il motivo -che dunque si rivela altresì manifestamente infondato – oblitera totalmente avere la CTR
rilevato, con una non contestata citazione finanche letterale, che la CTP nella sentenza n. 20/2/2016 aveva ‘condiviso ‘i principi seguiti dall’Ufficio nell’erogare la sanzione”, in una situazione in cui ‘lo stesso contribuente, nel corso della verifica della Guardia finanza, espressamente riconosciuto di avere effettuato acquisti di rottame ‘in nero’ e, quindi, senza l’emissione della fattura’.
A fronte di ciò, neppure si perita il motivo di indicare le operazioni cui si riferisce e donde, precisamente, nella contabilità, le medesime siano mai state registrate.
In definitiva, il virtuale rigetto del ricorso determina la condanna del contribuente alle spese, liquidate come da dispositivo.
Non sussistono invece i presupposti processuali affinché egli sia tenuto al raddoppio del contributo unificato ex art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, giacché, come visto, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso dipende dalla rappresentazione, nella memoria depositata in vista dell’udienza, di un suo sopravvenuto difetto di interesse: invero, la misura del raddoppio del contributo unificato, che si applica ai soli casi tipici di rigetto o dichiarazione di inammissibilità originaria od improcedibilità dell’impugnazione, avendo natura eccezionale e ‘lato sensu’ sanzionatoria, soggiace al divieto di estensioni analogiche (cfr., ‘mutatis mutandis’, Sez. 3, n. 34025 del 05/12/2023, Rv. 669403 -01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese di lite, liquidate in euro 6.000, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso a Roma, lì 28 febbraio 2024.