Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14310 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14310 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3597/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOMECOGNOME (CODICE_FISCALE e con elezione di domicilio digitale all’indirizzo pecEMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMM. TRIB. REG. SICILIA – SEZ.DIST. MESSINA n. 3280/2020, depositata il 15/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2025 dal Cons. COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , presentava istanza di accertamento con adesione ai sensi dell’art. 6, comma 2, d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, adducendo l’erroneità dei dati esposti nell’avviso di rettifica notificatogli dall’Agenzia delle Entrate, non avendo lo stesso ricevuto invito a comparire ex art. 5 d.lgs. n. 218/1997. A seguito di due incontri in contraddittorio, l’Amministrazione finanziaria riteneva di confermare i dati indicati nell’avviso di rettifica e liquidazione.
Veniva, pertanto, proposto ricorso avverso l’accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Messina, che lo rigettava, confermando l’atto impugnato.
A seguito di appello formulato dalla contribuente, la Commissione tributaria regionale della Sicilia – con sentenza n. 3280/2020 -dichiarava l’inammissibilità del ricorso introduttivo a causa della mancata produzione in giudizio della notifica dell’avviso di liquidazione.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la società appellante, affidandolo a tre motivi, che ha altresì illustrato le proprie ragioni con memoria depositata in prossimità dell’adunanza.
L’Amministrazione finanziaria ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo si deduce ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. error in procedendo e vizio di ultrapetizione (art. 360, primo comma, n. 4) c.p.c.)’.
Con esso la contribuente si duole della trattazione, nella sentenza impugnata, di argomentazioni giuridiche non prospettate dalle parti. In particolare, non essendo stata rappresentata dalla parte la questione giuridica relativa alla inammissibilità del ricorso introduttivo per mancata prova attestante la data di notifica dell’avviso di liquidazione, la ricorrente sostiene che sia stato asseritamente esteso il thema decidendum, in violazione del citato art. 112 c.p.c.
Con il secondo mezzo di impugnazione si denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in relazione agli artt. 101 e 183, quarto comma, c.p.c. – nonché degli artt. 24 e 111 Cost. (art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c.)’.
Detta censura si incentra sulla asserita sussistenza del c.d. giudicato implicito, il quale, nella specie, avrebbe dovuto impedire il rilievo di inammissibilità del ricorso da parte del giudice dell’appello, mancando l’eccezione di inammissibilità del ricorso da parte della difesa erariale, consapevole della tempestività dell’impugnazione da parte di essa ricorrente.
Con il terzo motivo quest’ultima deduce ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. – (art. 360, primo comma, n. 4) c.p.c.)’, lamentando la mancata valutazione, in sede di gravame, del contenuto sostanziale della domanda.
I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente in ragione della connessione che li avvince.
Essi sono infondati.
Con riferimento alla rilevabilità di ufficio, in sede di appello, della inammissibilità del ricorso introduttivo, pur non eccepita dalla parte, occorre evidenziare che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità (cfr., per tutte, Cass. n. 29803/2019) ha affermato che ‘non soggiace al divieto posto dall’art. 101 c.p.c. di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio e non sottoposta al contraddittorio delle parti, il rilievo della tardività della
impugnazione o dell’intervenuta decadenza dalla opposizione. Ciò in quanto l’osservanza dei termini perentori entro cui devono essere proposte le impugnazioni (artt. 325 e 327 c.p.c.), o avviate le cause di contenuto oppositivo (artt. 617 o 641 c.p.c.), costituisce un parametro di ammissibilità della domanda alla quale la parte che sia dotata di una minima diligenza processuale non può non prestare attenzione (v. Cass. n. 15019/2016), così da dover considerare già ex ante come possibile sviluppo della lite la rilevazione d’ufficio dell’eventuale violazione di siffatti termini’.
Del resto è pacifico che l’art. 101, comma 2, c.p.c. va interpretato nel senso della sua esclusiva riferibilità alla rilevazione d’ufficio di circostanze che, modificando il quadro fattuale, comportino nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti.
Peraltro, alla infondatezza dei motivi si perviene anche in considerazione dell’ulteriore principio già ribadito da questa Corte, in base al quale spetta a colui il quale intenda far valere in giudizio un diritto, il cui esercizio è assoggettato a termine decadenziale, l’onere di dimostrare la diversa data di ricezione dell’atto e la tempestività della pretesa (cfr. Cass. n. 2790/2016 e Cass. n. 23213/2014).
Il giudice del gravame ha, pertanto, fatto buon governo dei suesposti principi di diritto pronunciati da questa Corte, anche con riferimento all’onere della prova, non avendo la parte contribuente assolto all’onere che le era proprio di fornire il riscontro del perfezionamento della notifica dell’atto impugnato in data 30.05.2008, né avendo dimostrato di avervi provveduto nel corso del precedente giudizio di merito, in violazione del principio di completezza ed esaustività.
Il terzo motivo è inammissibile perché richiede una rivalutazione nel merito della questione, inibita in via generale a questa Corte di legittimità, oltre ad essere, nel caso di specie, in
ogni caso preclusa dalla ravvisata legittimità della pronuncia qui impugnata, con la quale è stato dichiarato ab origine inammissibile – ai sensi degli artt. 20 e 21 D.Lgs. n. 546/1992 – il ricorso introduttivo del giudizio.
In definitiva, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, in un ulteriore importo a titolo di contributo unificato corrispondente a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, dei compensi del presente giudizio, liquidati in complessi euro 2.300,00, oltre alle eventuali spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2025.