Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11335 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11335 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22540/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di C .T.R. dell’Emilia Romagna n. 148/2019 depositata il 22/01/2019 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La soc. RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza della C.T.R. dell’Emilia -Romagna con la quale, in accoglimento dell’appello proposto dalla soc. RAGIONE_SOCIALE è stata riformata la sentenza della C.T.P. di Modena di rigetto del ricorso per l’annullamento dell’ingiunzione di pagamento relativa alla TIA per l’anno 2009.
La C.T.R., preliminarmente dato atto che non risultava notificato l’avviso di accertamento e che, pertanto, l’impugnazione dell’ingiunzione non era limitata alla contestazione di vizi proprii, ha ritenuto che la società contribuente avesse fornito la prova dell’insussistenza del presupposto tariffario -ovverosia della non utilizzabilità dell’immobile – ancorché a mezzo della dimostrazione del solo distacco dell’utenza idrica, indispensabile per il compimento della precedente attività ivi svolta di lavorazione carni e salumificio. Indi, richiamata la giurisprudenza di legittimità, ha affermato non dovuta l’IVA, avuto riguardo alla natura tributaria della TIA.
Con istanza del 14 settembre 2019 la parte ricorrente, appreso il 27 luglio 2019 che la notifica del ricorso per cassazione del 20 luglio 2019, data antecedente alla scadenza dei termini, non era andata a buon fine, essendo il domiciliatario dott. NOME COGNOME risultato irreperibile al domicilio eletto, in INDIRIZZO Modena, successivamente all’indicazione del nuovo indirizzo professionale del medesimo da parte del Consiglio dell’Ordine dei Dottori Commercialisti, in
data 29 agosto 2019, ha formulato istanza di rimessione in termini.
Con provvedimento del 28 gennaio 2020 il Consigliere Coordinatore della Sezione Sesta Civile, dott. NOME COGNOME ritenuto che ‘l’istante ha onere di procedere alla nuova notifica del ricorso, ancorché fuori termine, salva ogni valutazione da parte del Collegio della non imputabilità del ritardo (Cass. S.U. 15 luglio 2016 n. 14594 e Cass. S.U. 24 luglio 2009 n. 17352), ha dichiarato il non luogo a provvedere.
La soc. RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La soc. RAGIONE_SOCIALE formula due motivi di ricorso.
Con il primo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione del Regolamento comunale e dell’art. 62 d.lgs. 507 del 1993. Assume che la decisione, non avvedendosi del mero intento dilatorio dell’impugnazione dell’atto, non ha rilevato che la società contribuente non aveva adempiuto all’obbligo di dichiarazione circa la non utilizzabilità dei locali, ex art. 62 d.lgs. 507 del 1993, fornendo in sede amministrativa documentazione ciò comprovante, condizione questa indispensabile per escludere l’assoggettamento alla tassa. Osserva che neppure la prova -irrimediabilmente tardivaofferta in giudizio è idonea ad escludere l’obbligo di corrispondere il tributo, essendo previsto che la non utilizzabilità dell’immobile dipenda dall’impossibilità della presenza dell’uomo e non dalla sua scelta soggettiva di non svolgervi una particolare attività.
Con il secondo motivo deduce l’illegittimità della sentenza per mancato rilievo dell’inammissibilità della questione
inerente alla debenza dell’IVA, in quanto formulata solo in grado di appello.
Va, innanzitutto, esaminata l’eccezione pregiudiziale -speculare all’istanza di rimessione in termini – di inammissibilità del ricorso formulata dalla controricorrente, per non essere il medesimo stato tempestivamente notificato; ciò neppure in sede di rinotifica, in quanto intervenuta, in violazione dei principi di diligenza e speditezza, solo il 21 aprile 2020, ancorché la società ricorrente fosse venuta a conoscenza del mutamento del domicilio professionale del difensore domiciliatario della società contribuente sin dal 9 settembre 2019. Nel formulare l’eccezione di inammissibilità parte controricorrente osserva, altresì, che, trattandosi di ricorso avverso la decisione della C.T.R. dell’Emilia Romagna, con sede in Bologna, non avendo il difensore della parte eletto domicilio nella medesima circoscrizione, il ricorrente per cassazione avrebbe dovuto, secondo la giurisprudenza di legittimità, notificare al contribuente personalmente o presso la cancelleria di Bologna o, infine, secondo il più recente orientamento, che tiene conto della nuova formulazione degli artt. 125 e 366 c.p.c., presso la casella di posta elettronica certificata comunicato dal difensore al proprio Ordine.
L’eccezione è fondata, sicché va disattesa l’istanza di rimessione in termini formulata da parte ricorrente, cui essa si contrappone.
Va, infatti, ricordato che ‘In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, l’estensione del principio della scissione degli effetti alla procedura notificatoria che non abbia avuto esito, ai fini della conservazione degli effetti collegati alla richiesta originaria, è condizionata all’accertamento dell’assenza di colpa del notificante, che rileva sotto un duplice aspetto in quanto, da un lato, è necessario che il mancato perfezionamento non derivi da
responsabilità della parte, dall’altro che quest’ultima non sia rimasta inerte, ma abbia diligentemente agito per assicurare la continuità e la speditezza del procedimento. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto tardiva la notifica dell’atto di appello, richiesta ad ottobre 2014 ma perfezionata il 10 novembre 2015, tenuto conto che l’appellante non si era attivato autonomamente ma aveva atteso l’udienza del 29 settembre 2015, per richiedere l’autorizzazione alla rinnovazione, senza allegare e provare la ricorrenza di circostanze eccezionali che giustificassero l’omessa riattivazione). (Sez. U, Sentenza n. 13394 del 28/04/2022).
Ora, nel caso di specie, a fronte del deposito della decisione da parte della C.T.R. in data 22 gennaio 2019 e della notifica del 20 luglio 2019, non andata a buon fine, per irreperibilità del destinatario-domiciliatario dott. NOME COGNOME di cui il difensore della parte ricorrente aveva avuto notizia il 27 luglio 2019 , nonché della risposta dell’Ordine dei dottori Commercialisti sulla variazione di indirizzo del medesimo, intervenuta in data 29 agosto 2019, non solo il ricorrente ha atteso sino al 14 settembre 2019 per formulare istanza, ex art. 294 c.p.c., alla Suprema Corte, ignorando i principi enunciati dalle Sezioni Unite con le sentenze n. 14594 del 15 luglio 2016 e n. 17352 del 24 luglio 2009 che costituiscono consolidato principio nomofilattico ma, anche a seguito del provvedimento del Coordinatore della Sezione Sesta civile, in data 28 gennaio 2020, che richiamava quelle decisioni sulla necessità di pronta ed autonoma ripresa del processo notificatorio, non ha provveduto a rinnovare la notifica sino al 21 aprile 2020.
Ebbene, considerando appunto le sentenze della Suprema Corte richiamate, che impongono la riattivazione del procedimento notificatorio entro la metà del termine di cui all’art. 325 c.p.c., e pur tenendo in considerazione la
sospensione emergenziale COVID, vi è che tra il provvedimento di non luogo a provvedere del 28 gennaio 2020 e la data del 9 marzo 2020, dalla quale è stata disposta dal legislatore la sospensione dei termini per le note ragioni pandemiche, sono intercorsi trentuno giorni e, dunque, oltre la metà del termine di cui all’art. 325 c.p.c.. Ma va poi considerata come dirimente l’ingiustificata inerzia , protrattasi per alcuni mesi, antecedente al provvedimento di non luogo a provvedere del 28 gennaio 2020 e successiva alla conoscenza del mancato recapito iniziale.
Il ricorso deve, pertanto, ritenersi inammissibile in quanto tardivo, a ciò non ostando la costituzione della parte controricorrente, stante l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza impugnata. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità da liquidarsi come in dispositivo.
Sussistono, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità da liquidarsi in euro 1500,00 oltre ad euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2025 .