Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 201 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 201 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 12299/2016 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difes o dall’avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO giusta procura a margine del ricorso per cassazione.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore ;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA, n. 2192/2015, depositata in data 1 dicembre 2015, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
NOME ha proposto appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, n. 7705 del 17 settembre 2013, con la quale è stato dichiarato il difetto di giurisdizione in ordine alle pretese non tributarie ed è stato respinto il ricorso per le pretese tributarie, ritenendo correttamente eseguita la notificazione delle cartelle esattoriali «effettuate con le modalità previste per la irreperibilità del destinatario».
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dal contribuente sulla base delle seguenti considerazioni:
-) in ordine al dichiarato difetto di giurisdizione del giudice tributario l’appellante non aveva contestato l’errore del giudice di primo grado nel declinare la giurisdizione, ma aveva chiesto al giudice del gravame di precisare il precetto della sentenza impugnata a beneficio del giudice ordinario non ritenendo sufficiente il richiamo ai «documenti da 1 a 24 allegati al fascicolo Equitalia», per cui la mancata contestazione della decisione del giudice di primo grado in ordine al difetto di giurisdizione esimeva il giudice dal rivalutare la questione non avendo formato oggetto di specifica censura;
-) per quanto riguardava invece le cartelle esattoriali per le quali l’appellante lamenta specificamente la nullità del procedimento notificatorio la n. 033/2010/00109541/80/000, la n. 033/2011/00063936/28/000 e la n. 033/2010/00001476/81/000 attenevano a contravvenzioni al codice della strada e rientravano, quindi, tra quelle per le quali era stata declinata la giurisdizione; con
riferimento alla cartella 033/2011/00054798/04/000, afferente pretese di natura tributaria, il procedimento notificatorio si era perfezionato senza nullità essendo state seguite le procedure ordinarie delle notifiche mediante servizio postale e, in ogni caso, il ritiro dell’atto da parte dell’appellante presso il Comune di Cernobbio aveva determinato la sanatoria dell’eventuale nullità della notificazione per raggiungimento dello scopo dell’atto; per quanto atteneva le altre cartelle esattoriali, di cui in atti vi erano le relate di notificazione, l’appellante non aveva argomentato specifici motivi di appello a fronte della ritenuta regolarità della notificazione da parte del giudice di primo grado.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
La società RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce: violazione degli artt. 3, 36 del decreto legislativo n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.; violazione degli artt. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, 112, 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.; omessa indicazione delle cartelle di pagamento per le quali era stata dichiarata la carenza di giurisdizione della commissione tributaria adita in primo grado; nullità dei conseguenziali atti impugnati; omessa insufficiente e contraddittoria motivazione della impugnata sentenza circa un punto decisivo della controversia. L’assunto del giudice remittente sul dichiarato difetto di giurisdizione da parte del giudice di primo grado era privo di pregio e manifestamente illogico, in quanto non poteva essere predicata nessuna acquiescenza. La questione in discorso aveva formato oggetto di specifica censura e il Collegio remittente avrebbe dovuto provvedere in ordine alla domanda, mentre, a conferma del vizio denunciata, sembrava avere
indicato in tre cartelle di pagamento quelle sole per le quali operava il dichiarato difetto di giurisdizione.
1.1 Il motivo è, innanzi tutto, inammissibile per plurimi profili.
1.2 E ‘, in primo luogo, inammissibile, p erchè in tema di ricorso per cassazione, non è consentita la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., non essendo possibile la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro (Cass., 13 dicembre 2019, n. 32952; Cass., 4 ottobre 2019, n. 24901; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26874) e ciò anche a volere accogliere l’orientamento meno rigoroso che subordina l’ammissibilità del motivo frutto di mescolanza ( Cass., 13 dicembre 2019, n. 32952; Cass., 4 ottobre 2019, n. 24901; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26874), alla condizione che lo stesso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto.
1.3 Il motivo, poi, sotto lo specifico profilo della violazione di legge è pure inammissibile per violazione dell’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., che impone
al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. U., 28 ottobre 2020, n. 23745; Cass. 13 maggio 2016, n. 9888; Cass., 24 luglio 2014, n. 16872; Cass., 4 aprile 2006, n. 7846).
1.4 Il motivo è inammissibile anche per difetto di autosufficienza, in quanto non trascrive nel ricorso l’atto di appello, nella parte in cui ha censurato specificamente la sentenza di primo grado che ha dichiarato il difetto di giurisdizione, non potendosi ricavare tale censura dalle pagine 8 e 9 del ricorso per cassazione.
1.5 Non è nemmeno condivisibile la prospettazione del ricorrente, laddove assume, a pagina 10 del ricorso per cassazione, che « lamentando l’omessa indicazione delle cartelle di pagamento in relazione alle quali il Giudice di prime cure ha denegato la giurisdizione tributaria, ne ha ‘hic ed inde’ contestato la correttezza giuridica per carenza assoluta del relativo oggetto mediato ». I giudici di secondo grado, infatti, hanno affermato che il ricorrente non aveva contestato l’errore del giudice di primo grado nel declinare la giurisdizione e, dunque, era assente, al riguardo, una specifica censura (cfr. pagine 3 e 4 della sentenza impugnata); la Commissione tributaria regionale ha, poi, precisato che delle cartelle esattoriali di cui l’appellante aveva lamentato specificamente la nullità del procedimento notificatorio, tre di queste (specificamente indicate a pag. 4 della sentenza impugnata) attenevano a contravvenzioni del codice della strada e rientravano tra
quelle per le quali era stata declinata la giurisdizione; i giudici di secondo grado, dunque, non hanno ritenuto (così come assume il ricorrente) che le tre cartelle indicate fossero le sole per cui operava il dichiarato difetto di giurisdizione.
2. Il secondo mezzo deduce: violazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 5, cod. proc. civ.; violazione dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. pro c. civ.; violazione degli artt. 137 e segg., segnatamente degli artt. 140 e 148 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 5, cod. proc. civ..; violazione degli artt. 14, 8 della legge n. 890 del 1982, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.; violazione dell’art. 36 del decreto legislativo n. 546 del 1992, in relazione all’art 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.; violazione dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1991, in relazione al l’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.; inesistenza o nullità radicale della notificazione delle cartelle di pagamento; omessa indicazione negli atti impugnati del soggetto responsabile del procedimento; nullità dei conseguenziali atti; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della impugnata sentenza circa un punto decisivo della controversia; travisamento delle prove e dei fatti. Con riferimento alla cartella 033/20122/00054798/04/000 (ed anche di tutte le altre cartelle giusta quanto affermato a pag. 25 del ricorso per cassazione) difettava la prova della relazione di notificazione. La procedura notificatoria non poteva culminare con la c.d. «compiuta giacenza» difettando la prova della spedizione della successiva raccomandata con cui l’Ufficio postale informava il destinatario, che presso di esso era depositata la lettera raccomandata contenente la cartella di pagamento ai sensi e per gli effetti del combinato disposto di cui agli artt. 149 cod. proc. civ. e l’art. 8 della legge n. 890/1982. Anche per tutte le altre cartelle di pagamento impugnate (nemmeno prodotte) difettava la
prova della relazione di notifica, né la relazione era stata redatta e sottoscritta dal notificatore di cui non erano state indicate neppure le generalità.
2.1 Anche per questo secondo motivo valgono i rilievi di inammissibilità di cui si è già detto in relazione al primo motivo sotto lo specifico profilo della mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei e, per quanto concerne la censura di violazione di legge, della violazione dell’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ..
2.2 Il motivo è pure inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto, « in tema di ricorso per cassazione, ove sia contestata la rituale notifica delle cartelle di pagamento, per il rispetto del principio di autosufficienza, è necessaria la trascrizione integrale delle relate e degli atti relativi al procedimento notificatorio in misura sufficiente a consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso » (Cass., 11 luglio 2022, n. 21791; Cass., 30 novembre 2018, n. 31038; Cass., 28 febbraio 2017, n. 5185).
2.3 Il motivo è pure inammissibile, perché non si confronta con il contenuto del provvedimento impugnato, laddove ha affermato che per quanto riguardava le altre cartelle esattoriali di cui in atti vi erano le relate di notifica l’appellante non aveva argomen tato specifici motivi di appello a fronte della ritenuta regolarità della notificazione da parte del giudice di primo grado. Peraltro, il ricorrente, in relazione alla affermata mancanza di specificità dei motivi di appello, elenca, alle pagine 22 -25, gli «asseriti vizi di notifica delle cartelle», richiamando delle pagine senza indicare l’atto corrispondente e mancando ancora una volta di indicare e di riportare il contenuto dell’atto di appello nella parte in cui aveva censurato la sentenza di primo grado che aveva ritenuto regolare la notifica delle altre cartelle e che aveva affermato che per queste cartelle vi erano le relate di notificazione.
2.4 Mette conto rilevare che questa Corte, di recente, ha affermato che « In tema di notifica della cartella esattoriale ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, ai fini della prova del perfezionamento del procedimento notificatorio non è necessaria la produzione in giudizio dell’originale o della copia autentica della cartella, essendo invece sufficiente la produzione della matrice o della copia della cartella con la relativa relazione di notifica » (Cass., 21 luglio 2021, n. 20769).
In particolare, è stato affermato che dalla previsione del quarto comma dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n.602, secondo cui « l’esattore deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione », si desume che, ai fini della prova della notifica della cartella non è necessaria la produzione in giudizio dell’originale o della copia autentica della cartella essendo invece sufficiente la produzione o della matrice o della copia della cartella con la relativa relazione di notifica (Cass., 21 luglio 2021, n. 20769, in motivazione).
2.5 Il Collegio ritiene, infine, che non sussistano le condizioni per la rimessione della questione di costituzionalità dell’art. 14 della legge n. 890 del 1982, al Giudice delle leggi, data la generica prospettazione della stessa sotto lo specifico profilo dei parametri costituzionali (nemmeno indicati) e la carenza di argomentazioni della rilevanza concreta ed attuale della questione.
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato.
3.1 Nessuna determinazione va assunta sulle spese processuali, non avendo la società intimata svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 18 ottobre 2023.