Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18970 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18970 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22445/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. SICILIA n. 2962/2020 depositata il 26/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
La Commissione tributaria regionale Sicilia, con la sentenza in epigrafe indicata, ha rigettato l’appello della contribuente COGNOME NOME contro la decisione di primo grado, che aveva respinto il suo ricorso con la conferma dell’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, sanzioni ed interessi per la sentenza civile del Tribunale di Palermo del 14 dicembre 2015;
ricorre in cassazione COGNOME NOME con tre motivi di ricorso per violazione di legge, art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. (1- violazione degli art. 32 e 58, d.lgs. 546 del 1992; 2- violazione d ell’art. 53, d. lgs. 546 del 1992 e dell’art. 342, cod. proc. civ.; 3 -violazione degli art. 37 e 38, d.P.R. n. 131 del 1986);
resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto di rigettare il ricorso in quanto infondato richiamando le motivazioni della sentenza impugnata.
Considerato che
Il ricorso risulta fondato relativamente al secondo motivo, infondato nel resto.
Il primo motivo di ricorso riguarda la produzione della delega al funzionario che aveva sottoscritto l’avviso di liquidazione, prodotta tardivamente in primo grado. La sentenza impugnata rileva che il documento, anche se prodotto in ritardo in primo grado, è valutabile in appello, in conformità alla giurisprudenza in materia di questa Corte di legittimità: «Nel processo tributario i fascicoli di parte sono inseriti in modo definitivo nel fascicolo d’ufficio fino al passaggio in
giudicato della sentenza, ex art. 25 del d.lgs. n. 546 del 1992, e non possono essere ritirati dalle parti, che possono solo acquisire copia autentica dei documenti e degli atti ivi contenuti; ne consegue che la documentazione depositata tardivamente nel giudizio di primo grado è utilizzabile in appello, ove acquisita al fascicolo processuale, purché depositata entro il termine perentorio di cui all’art. 32, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 26115 del 17/11/2020, Rv. 659877 -01; vedi, anche, Sez. 5 – , Ordinanza n. 5429 del 07/03/2018, Rv. 647276 – 01).
Il secondo motivo risulta fondato in quanto la sentenza di secondo grado ha dichiarato inammissibile il motivo sulla modalità di calcolo degli interessi (assenza di motivazione).
Nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. cod. civ., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (Sez. 5 – , Sentenza n. 707 del 15/01/2019, Rv. 652186 – 01).
Inoltre, per gli interessi è pur vero che non è necessaria una dettagliata specificazione nel provvedimento dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, come ritenuto da questa Corte anche a Sezioni Unite: «In tema di avviso di accertamento o di liquidazione di maggiori imposte dovute dal contribuente, l’obbligo di motivazione relativo alla pretesa per interessi è assolto attraverso l’indicazione dell’importo monetario richiesto, della relativa base normativa – che può anche essere desunta implicitamente dalla specifica individuazione della tipologia e della natura degli accessori reclamati ovvero dal tipo di tributo cui accedono – e della decorrenza dalla quale sono dovuti, senza necessità di indicare i singoli saggi periodicamente applicati o le
modalità di calcolo» (Sez. 5 – , Sentenza n. 28742 del 16/10/2023, Rv. 669249 – 01); «La cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990; se, invece, la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati – la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o RAGIONE_SOCIALE modalità di calcolo» (Sez. U – , Sentenza n. 22281 del 14/07/2022, Rv. 665273 -01).
Tuttavia, nel caso in giudizio, la sentenza di secondo grado dichiara inammissibile il motivo di appello sul calcolo degli interessi e sull’omessa motivazione dell’ avviso di liquidazione impugnato. Nessuna analisi viene compiuta sul motivo di impugnazione. Conseguentemente la decisione deve essere cassata in relazione al secondo motivo, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, cui si demanda anche per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
L’ultimo motivo risulta infondato in quanto la sentenza impugnata evidenzia una ratio della decisione diversa da quella di primo grado, ritenendo comunque dovuta l’imposta di registro sulla somma relativa alla sentenza civile, ex art. 37 d.P.R. n. 131 del 1986: «Gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili
che definiscono anche parzialmente il giudizio sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato; alla sentenza passata in giudicato sono equiparati l’atto di conciliazione giudiziale e l’atto di transazione stragiudiziale in cui è parte l’amministrazione dello Stato. Il contribuente che ha diritto al rimborso deve chiederlo ai sensi dell’art. 77 all’ufficio che ha riscosso l’imposta ».
In sostanza la stessa ricorrente rappresenta che l’imposta di registro andrebbe liquidata sulle somme di cui alla transazione, in misura leggermente inferiore a quelle della sentenza. Avrebbe dovuto, pertanto, chiedere la restituzione della somma versata in più seguendo la procedura dell’art. 77, citato, nella ricorrenza degli ulteriori presupposti che la norma ritiene (in particolare la presenza alla conciliazione di una amministrazione dello Stato).
E’, altresì, logico che la conciliazione potrebbe essere sia successiva alla sentenza sia antecedente (come nel caso in giudizio), ma non riscontrata nella sentenza da registrare. Le due ipotesi non spostano la disciplina degli art. 37 e 77 citati.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata sul punto e rinvia alla C.G.T. di secondo grado della Sicilia, anche per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, rigetta il primo ed il terzo motivo di ricorso.
Così deciso in Roma, il 29/04/2024.