Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32177 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32177 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17413/2021 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso da COGNOME
ll’avvocato (LTRVCN66M04B639C)
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME (CODICE_FISCALEe NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 3029/2020 depositata il 18/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il ricorrente presentava al Comune la dichiarazione di inagibilità con istanza al protocollo comunale n. 0015776 del 16.5.2013, cui era allegata la relazione dell’arch. NOME COGNOME che aveva concluso per l’inagibilità dei piani primo e secondo del sub 702; dei piani primo e secondo del sub 708; dei subb 704-705-706-707.
Il Comune, dopo tre anni, fissato il sopralluogo del tecnico comunale, in data 30.6.2016, dichiarava l’inagibilità del ‘l’immobile non residenziale situato al piano primo e secondo (sottotetto) in INDIRIZZO mappale al NCEU 9621 sub. 715′.
Con nota del 6.10.2016, il Dirigente del settore affermava che: ‘i seguenti immobili non presentano le carenze di legge necessarie, per poter essere dichiarati inabitabili od inagibili: mappale 9621 sub. 705, 706, 707, 717, 714, mappale 9621 sub. 715 (in relazione soltanto al Piano Terra)’; con nota del 9.11.2016 respingeva l’istanza di riesame del ricorrente.
Nel frattempo, veniva avviato il ‘contraddittorio endoprocedimentale relativo agli anni di imposta IMU 2012-20132014-2015 e TASI 20142015’ salvo sospenderlo, rilevata la richiesta di dichiarazione di inabilità/inagibilità, ritenuta ‘meritevole di approfondimento’.
Con ricorso avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Como, notificato al Comune di Cantù, NOME COGNOME chiedeva l’annullamento, previa concessione di idoneo provvedimento cautelare, degli avvisi di accertamento riguardanti IMU dal 2012 al 2016 e TASI dal 2014 al 2016. La Commissione Tributaria Provinciale di Como, con sentenza n. 311/2018, accoglieva il ricorso.
Avverso detta decisione proponeva appello il Comune di Cantù.
Il Giudice di secondo grado, con la sentenza impugnata, accoglieva seppur in parte, l’appello affermando che; aggiungeva che il contribuente non aveva mai presentato una Docfa per accatastare l’immobile ritenuto inagibile né aveva impugnato le rendite iscritte al catasto, che inoltre il mancato riconoscimento dell’inagibilità del piano sottotetto( secondo) e del primo piano era dipeso dalla omessa presentazione di una Docfa di modifica.
Propone ricorso per la cassazione della sentenza di appello il contribuente, svolgendo quattro motivi, illustrati con memorie difensive.
Replica con controricorso e memorie ex art. 380 bis 1 c.p.c. il Comune di Cantù.
MOTIVI DI DIRITTO
1.Con il primo motivo si denuncia . Si deduce che la norma rubricata, in materia di IMU, prevede la riduzione del 50% dell’imposta ; si assume che il Regolamento Comunale IMU, richiamando il dettato normativo citato, replica il disposto della norma summenzionata, chiarendo che l’inagibilità o inabitabilità deve consistere in un degrado fisico sopravvenuto (fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente) non superabile con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria; che hanno tali caratteristiche i fabbricati e le unità immobiliari che necessitino di interventi di restauro e risanamento conservativo e/o di ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’art. 31 comma 1, lett.c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni per i quali è necessario ottenere dal Comune il ‘permesso di costruire’ di cui all’art. 10 del DPR 380/2001, ovvero, la ‘dichiarazione di inizio attività’ (DIA) di cui all’art. 22 e 23 del DPR 380/2001, se prevista dalla vigente normativa per i predetti interventi>.
Si aggiunge che, ai sensi dell’art. 6, commi 1, 2 e 3 del Regolamento Comunale IMU del Comune di Cantù, approvato con Delibera di C.C. n. 26 del 26.9.2012 s.m. (…) Sono considerati inagibili o inabitabili i fabbricati che risultano oggettivamente ed assolutamente inidonei all’uso cui sono destinati, per ragioni di pericolo all’integrità fisica o alla salute delle persone. (…) Al fine del riconoscimento dell’agevolazione di cui al comma 1, la fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione, è accertata in presenza di tutte le seguenti caratteristiche: – le condizioni di degrado sono tali da pregiudicare l’incolumità degli occupanti; -mancanza di ogni sistema di riscaldamento; -mancanza di impianti elettrici; -mancata disponibilità di servizi igienici; – mancata disponibilità di acqua potabile; – mancata disponibilità di vano cucina (per le abitazioni). Tali condizioni o caratteristiche sono presenti, ad avviso di parte ricorrente, nel caso di specie, come confermato dall’accertamento
peritale allegato alla dichiarazione di inabitabilità o inagibilità nonché confermato da ulteriore perizia tecnica di parte.
Si assume che l’accertamento eseguito in assenza di contraddittorio dal funzionario comunale cede a fronte della dichiarazione sostitutiva corredata della relazione peritale e, che a fronte dell’autodichiarazione del privato – che si assume le responsabilità di legge in caso di falsa attestazione -non è ammissibile un’affermazione che, in assenza di un valido accertamento da parte dell’Amministrazione comunale, concluda assolvendo quest’ultima che ben avrebbe fatto a non concedere la riduzione. La sentenza non ha tenuto in alcuna considerazione la presenza della dichiarazione sostitutiva, oltre alle ulteriori prove fornite.
2. La seconda censura denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5) c.p.c.; per avere la Corte territoriale affermato che ‘è indiscusso che il contribuente ha la propria residenza, posta al primo piano del mappale 716 e svolge la propria attività di commercio di formaggi al piano terra del mappale 716, mentre nel mappale 714 sono poste le celle frigorifere necessarie all’attività dell’impresa e il mappale 715 svolge la funzione di magazzino. Gli unici locali non utilizzati sono i piani I e II del mappale 715. Tutto quanto sopra emerge dal verbale di sopralluogo dell’ufficio Tecnico Comunale avvenuto il 29 giugno 2016 a seguito di una richiesta di riconoscimento di inagibilità inoltrata dal contribuente il 16 maggio 2013’. Si obietta che tali circostanze non sarebbero inferibili neppure dai verbali di sopralluogo effettuati dal Comune, e che, dunque, la CTR ha trascurato di valutare in modo adeguato la perizia di parte che invece i giudici di prime cure avevano correttamente esaminato.
Peraltro, l’ulteriore deduzione difensiva di parte ricorrente riguardo al non utilizzo del compendio immobiliare in questione risulta comprovata anche dalla documentazione allegata alle stesse
contro
deduzioni del Comune resistente (da tale documentazione emerge infatti la sostanziale assenza di arredi nei vari locali ed in un caso addirittura la presenza per terra di giacigli tipici di occupanti abusivi). A supporto della predicata omessa valutazione del fatto da parte del Giudice di seconde cure, si riportano i contenuti dei verbali di sopralluogo prodotti dallo stesso Comune di Cantù.
In particolare: il verbale n 0037170/16 rileva solamente che ‘la condizione del sub 702 risulta variata, in quanto parte degli immobili sono stati demoliti, ed in seguito per quanto riguarda la porzione degli immobili residua, gli stessi sono stati riaccatastati nuovamente con il numero particella 9621 sub. 714’; – il verbale 0037173/2016 rileva che ‘la condizione attuale del subalterno 704 risulta variata, l’immobile è stato riaccatastato nuovamente ed ha ora il num. 9621 sub 717’; – il verbale n. 0037179/2016, con riferimento ai subalterni 705, 706, 707, 717, veniva rilevato ‘lavori di finitura ultimati’ e ancora, in modo contraddittorio ‘si segnala che la situazione di degrado dell’immobile è superabile con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria’; – il verbale 0037182/2016 rileva che ‘la condizione attuale del sub 704 risulta variata, l’immobile è stato riaccatastato nuovamente con il numero di particella 9621 sub 715’; – il verbale 0037186/2016 rileva <'lavori di finitura ultimati'; 'annotazioni immobile adibito parzialmente a portico… è superabile con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria'; – il verbale 0037191/2016 con riferimento al sub 715 rileva che i lavori di finitura sono stati ultimati 'con riferimento al solo piano terra', prosegue poi evidenziando ' immobile parzialmente inagibile in quanto i lavori risultano ultimati al rustico con riferimento però soltanto al piano primo e al piano sottotetto'.
Afferma parte ricorrente che le perizie e l'autodichiarazione, fino a prova contraria, producono gli effetti di legge riconosciutigli. A tal
fine trascrive in ricorso il contenuto della perizia di cui si riportano alcuni stralci ' Il complesso immobiliare è costituito essenzialmente da tre corpi di fabbrica realizzati in epoche differenti…Il primo piano legato al subalterno ed indicato come deposito è in realtà uno spazio inagibile privo di pavimenti, di serramenti e di un qualsiasi tipo di impianto. Il secondo piano del subalterno è anche esso uno spazio inagibile privo di qualunque finitura o impianto e serramenti, oltre essere uno spazio sottotetto non correttamente indicato in scheda catastale. Il piano interrato indicato come deposito è in realtà uno spazio scantinato con finiture di scarso livello, pavimentazione in battuto di cemento, ed è presente il solo impianto di illuminazione' .
Per quanto sopra descritto, la rendita assegnata al fabbricato risulta incoerente con lo stato dei luoghi, dato che l'unica porzione di fabbricato che potrebbe garantire una rendita catastale, (se tralasciamo gli importanti difetti strutturali) è il piano terra che andrebbe classificato come C/2 magazzino e la rendita effettiva dovrebbe essere di 954,41 €, anziché di 9.308,00 €, erroneamente attribuita (Stimata per eccesso dato che per ragioni di sicurezza sarebbe opportuno valutare l'inagibilità totale del fabbricato e quindi la categoria corretta sarebbe F2, unità collabente, per tanto priva di rendita).
La prima e la seconda censura, involgendo la questione della negata inagibilità dell'immobile de quo , sia sotto il profilo della violazione della legge che dell'omesso esame, possono essere scrutinate unitariamente.
3.1. Esse sono in parte inammissibili ed in parte infondate.
In primo luogo, i giudici distrettuali non hanno assunto la decisione in contrasto con le norme rubricate nel primo mezzo di ricorso, ma hanno escluso la riduzione normativamente prevista della base imponibile Imu, sulla scorta degli elementi documentali acquisiti al processo, dai quali hanno inferito l'agibilità del fabbricato.
La norma in materia di IMU, sulla scorta della disciplina previgente, prevede: La base imponibile è ridotta del 50 per cento: (…) b) per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono dette condizioni. L'inagibilità o inabitabilità è accertata dall'ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente. Agli effetti dell'applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione. La base imponibile della TASI è la medesima stabilita per l'IMU (art. 1, comma 675, L. 147/2013). Ai sensi dell'art. 6, commi 1, 2 e 3 del Regolamento Comunale IMU del Comune di Cantù, approvato con Delibera di C.C. n. 26 del 26.9.2012 s.m. (…) Sono considerati inagibili o inabitabili i fabbricati che risultano oggettivamente ed assolutamente inidonei all'uso cui sono destinati, per ragioni di pericolo all'integrità fisica o alla salute delle persone. (…) Al fine del riconoscimento dell'agevolazione di cui al comma 1, la fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione, è accertata in presenza di tutte le seguenti caratteristiche: – le condizioni di degrado sono tali da pregiudicare l'incolumità degli occupanti; -mancanza di ogni sistema di riscaldamento; -mancanza di impianti elettrici; -mancata disponibilità di servizi igienici; – mancata disponibilità di acqua potabile; – mancata disponibilità di vano cucina (per le abitazioni). La norma accorda l'agevolazione ai soli . L’autodichiarazione, quindi, non sostituisce l’accertamento comunale.
Pertanto, avendo il Collegio d’appello accertato l’utilizzo di fatto dei cespiti (tranne per il sottotetto ed il primo piano, mappale 715), deve essere esclusa l’applicabilità della normativa citata con il primo strumento di ricorso.
3.2.La censura concernente la violazione di legge, a dispetto della rubrica, consta non già di un errore di diritto, bensì nella contestazione dell’accertamento di fatto posto dalla Commissione a fondamento della decisione: esso si risolve nell’apodittica affermazione di una lacunosa e parziale valutazione delle prove da cui deriverebbe l’erronea dichiarazione di agibilità degli immobili e, conseguentemente, la violazione di legge.
3.3.Tuttavia, il decisum della sentenza impugnata si fonda sulle risultanze dei verbali di sopralluogo del dieci ottobre 2016 sulla scorta dei quali la CTR ha accertato che ; statuizione questa non attinta dal ricorso per cassazione.
3.4.Del resto, la perizia di parte, come affermato da questa Corte, ha natura di allegazione difensiva a contenuto tecnico, e infatti è producibile con le difese di parte, nel rispetto dei termini per esse previste (cfr. ad es. Cass.n. 30303/2023; Cass. n.34450, n. 9541 e n. 7925 del 2022; Cass. n. 3104/2021; Cass. n. 16579/2021; Cass.n. 17396/2021; Cass. n. 33503 /2018 n.22965/2017; Cass. n. 6351/2016; Cass. S.U. n.21132/2016; Cass. n.23590/2011); essa non è dotata di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato e, per tale ragione alle conclusioni raggiunte da simile perizia di parte confezionata al di fuori del processo e depositata in giudizio, può essere riconosciuto valore indiziario (Cass. n.33503/2018, conforme a Cass. n.4437/97).
A tal proposito, va ribadito che, in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonchè la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal
proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (da ultime: Cass., Sez. 5, 19 giugno 2023, n. 17446; Cass., Sez. 5, 24 luglio 2023, n. 22066 Cass., Sez. 5, 27 luglio 2023, n. 22942).
3.5. La seconda censura, poi, presenta profili di inammissibilità perché, più che sottoporre una questione di omessa valutazione di un fatto decisivo, sollecita a questa Corte una rivalutazione delle prove mediante la riproduzione di contenuti dei verbali di sopralluogo e della perizia stragiudiziale, attività invece riservata al giudice di merito.
3.6. Il motivo è infine inammissibile, perché, ai fini dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c. viene dedotto l’omesso esame della perizia, la quale non costituisce, al contrario, un fatto storico.
Costituisce ‘fatto’, agli effetti della menzionata norma, non una ‘questione’ o un ‘punto’, ma: 1) un vero e proprio ‘fatto’, in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697 c.c., cioè un ‘fatto’ costitutivo, modificativo impeditivo o estintivo, o anche un fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale (cfr. Cass. n. 16655/2011; Cass. n. 7983/2014; Cass. n. 17761/2016; Cass. n. 29883/2017); 2) un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza da intendersi in senso storico- naturalistico (cfr. Cass. n. 21152/2014; Cass. sez. un. n. 5745/2015); 3) un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante, e le relative ricadute di esso in termini di diritto (cfr. Cass. n. 5133/2014); 4) una vicenda la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali (cfr. Cass. sez. un. n. 8053/2014).
Non costituiscono, viceversa, ‘fatti’, il cui omesso esame possa cagionare il vizio in esame, tra gli altri: 1) le argomentazioni o deduzioni difensive (cfr. Cass. n. 2247/2022; sez. un. n.
16303/2018, in motivazione; Cass. n. 14802/2017; Cass. n. 21152/2015); 2) gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass. S un. n. 8053/2014). In particolare, questa Corte ha pertanto ritenuto che non può essere dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. il vizio di omesso esame di un fatto decisivo della controversia per la mancata considerazione di una perizia stragiudiziale, in quanto la stessa costituisce un mero argomento di prova (Cass. n. 1049/2022; Cass. n. 8621/2018; Cass. n. 9029 del 2015). Il ‘fatto’ il cui esame sia stato omesso deve, inoltre, avere carattere ‘decisivo’, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia, decisività da escludersi tenuto conto che, a fronte dell’accertato e non contestato utilizzo degli immobili, la loro eventuale mancanza di agibilità non è sufficiente a garantire il diritto alla riduzione rivendicata.
4.Il terzo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c., in relazione agli artt. 10 e 12, legge n. 212/2000, che prevedono la partecipazione del privato/contribuente al procedimento amministrativo. Nel caso di specie, nonostante il preavviso di sopralluogo, al contribuente non è stato consentito di partecipare.
La partecipazione del contribuente è, invece, necessariamente funzionale all’attività di controllo, ma può anche essere posta in essere per finalità preminentemente difensive. Il Giudice non ha rilevato i lamentati vizi del procedimento tributario.
4.1. Il motivo è privo di pregio.
Per quanto concerne l’obbligo di contraddittorio, questa Corte ha ripetutamente affermato che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione
finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivame ente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito. (Cass SU 24823/15;Cass. n.11560/18; Cass 27421/18; Cass. n. 9978/2021; Cass. n. 14357/2022; Cass. n.7966/2024). Nel caso di specie poiché il tributo IMU non risulta essere armonizzato a livello della UE, l’obbligo di contraddittorio non sussiste. Sotto altro profilo, deve evidenziarsi come il contribuente abbia ricevuto l’avviso di sopralluogo, trascurando di parteciparvi, come dal medesimo asserito in ricorso.
5. Il quarto mezzo di ricorso lamenta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c., in relazione all’art. 112 c.p.c. e agli art. 2 e 7 ss della legge 241/1990, nonché in relazione agli artt. 7 e ss. dello Statuto del contribuente (L. 27 luglio 2000 n. 212) e all’omessa o comunque carente motivazione degli avvisi impugnati. La sentenza impugnata non prevede in alcun passaggio il riferimento al motivo di diritto dedotto in primo grado a sostegno della domanda di annullamento degli avvisi di accertamento impugnati e riportato in grado di appello.
La sentenza della C.T.R. di Milano è dunque viziata nella parte in cui non fa corretta applicazione delle norme di cui all’art. 112 c.p.c. e agli art. 2 e 7 ss della L. 241/1990, nonché in relazione agli artt. 7 e ss. dello Statuto del contribuente. Si aggiunge che la sentenza impugnata non prende posizione neppure con riferimento alla dedotta carenza motivazionale dell’avviso.
6. La censura non può trovare ingresso.
Al riguardo giova ricordare che anche di recente è stato riaffermato da questa Corte che l’omessa pronuncia su un motivo di appello integra la violazione dell’art. 112 c.p.c. e non già l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto il motivo di gravame non costituisce un fatto principale o secondario, bensì la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’appello, sicché, ove il vizio sia dedotto come violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), il motivo deve essere dichiarato inammissibile (così Cass. civ., sez. II, 24.5.2021, n. 14140), avendo la Corte più volte sancito che l’omessa pronuncia su un motivo di appello può costituire motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, comma primo, n. 4) c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c. (cfr., ad es., Cass. civ., sez. I, 9.12.2019, n. 32023).
Inoltre, il ricorrente deduce di aver riproposto in sede di controdeduzioni in appello la questione relativa alla carenza motivazionale dell’atto impositivo, sulla quale il giudicante avrebbe omesso di pronunciare. Nondimeno, questa Corte osserva brevemente che il motivo in esame non risponde ai requisiti di autosufficienza del ricorso per cassazione, in quanto l’impugnante non ha riportato il contenuto delle controdeduzioni d’appello( né ha allegato l’atto) a mezzo del quale avrebbe insistito per l’accoglimento delle sue pretese in merito al deficit motivazionale dell’atto, critica proposta con il ricorso originario, con la conseguenza che non risulta devoluta alla Corte d’appello la relativa cognizione. Né, la Corte territoriale, nella parte narrativa della sua decisione ha dato conto del motivo riproposto dal contribuente.
7.Segue il rigetto del ricorso.
Le spese seguono il criterio della soccombenza. A carico della ricorrente, stante la declaratoria di rigetto del ricorso, sussiste
l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre 200,00 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della Sezione