Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24609 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 24609 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17917/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. COGNOMECODICE_FISCALE unitamente all’Avv. COGNOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI CESENATICO, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di 522/2021 depositata il 19/04/2021.
COMM.TRIB.REG. Emilia-Romagna n.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La CTR, con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto l’appello presentato da l Comune di Cesenatico ed in riforma della decisione di primo grado ha confermato la legittimità dell’avviso di accertamento, in rettifica, impugnato, relativo all’IMU 2014 per alcune piattaforme petrolifere, site nel mare territoriale antistante il Comune di Cesenatico;
ricorre per cassazione la società contribuente con quattro motivi di ricorso, integrati anche da successiva memoria;
resiste con controricorso, come integrato da successiva memoria, il Comune di Cesenatico che chiede il rigetto del ricorso; lamenta che la ricorrente abbia eccepito la incompetenza territoriale del Comune solo nella memoria in Cassazione, senza aver riproposto la relativa questione in appello.
la Procura Generale della Corte di Cassazione, sost. proc. gen. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte , ribadite in udienza, di rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso risulta infondato e deve rigettarsi, con condanna alle spese del giudizio e con il raddoppio del contributo unificato.
Con i motivi di ricorso la contribuente rimette in discussione, con argomentazioni diffuse e specifiche, le decisioni di questa Corte di Cassazione in materia, anche in relazione alla normativa sopravvenuta, che dovrebbe essere significativa per l’insussistenza della tassazione IMU sulle piattaforme petrolifere, prima del 2020.
In via preliminare, sull’ istanza di riunione con giudizi per altre controversie, aventi ad oggetto diversi anni di imposta, in trattazione anch’essi alla odierna udienza, si rammenta come la
riunione delle impugnazioni, che è obbligatoria, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., ove investano lo stesso provvedimento, può essere facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro provvedimenti diversi ma fra loro connessi, quando la loro trattazione separata prospetti l’eventualità di soluzioni contrastanti, siano ravvisabili ragioni di economia processuale ovvero siano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale delle controversie (Cass. 20/01/2022, n. 1704). La riferibilità del contenzioso a diversi anni di imposta, così come la opportunità di non unificare il copioso materiale (atti processuali dei precedenti gradi di giudizio e relativi documenti) con cui la parte ha scelto di svolgere le proprie difese rende tuttavia preferibile, nel caso di specie, non procedere alla riunione. Del resto, la auspicata funzione della riunione viene di fatto raggiunta con la trattazione contestuale di tutte le cause interessate nell’ambito della medesima udienza.
Con il primo motivo la ricorrente prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 8, d. lgs. n. 23 del 2011, art. 1, secondo comma, e 2, primo comma, d. lgs. n. 504 del 1992, art. 4 e 5, R.d.l. n. 652 del 1939, art. 2, d.m. Finanze, n. 28 del 1998, art, 1, comma 244, l. 190 del 2014 e circolare 6/T2012, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; con il secondo motivo la ricorrente prospetta la violazione dell’art. 4, d. lgs. 504 del 1992 in relazione all’art. 2, del regolamento I MU del Comune di Cesenatico e l’art. 3 dello Statuto del Comune, art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; con il terzo motivo la ricorrente prospetta la violazione degli art. 1 e 2, d. lgs. n. 504 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. (iscrizione -o possibilità di iscrizione dell’immobile nel catasto quale presupposto dell’IMU).
I tre motivi, per la loro logica connessione, si trattano unitariamente.
Per la ricorrente il possesso di una piattaforma estrattiva, sita nel mare, non costituirebbe un presupposto di imposta ai fini IMU, a differenza di quanto sostenuto dalla Cassazione, con la sentenza n. 3618 del 2016.
4.1. I comuni sarebbero privi di legittimazione attiva ai fini dell’imposizione IMU e TASI, in relazione a beni dislocati in mare.
I motivi sono infondati ed in parte inammissibili.
4.2. In tema di TASI e di IMU (TASI che qui non rileva, ma la materia è analoga sotto il profilo dei principi applicabili), la circostanza che una piattaforma situata entro 12 miglia dalla costa -in cui tra l’altro ha alloggio il personale si trovi dislocata in mare, non esclude che ivi si svolgano attività che determinano l’utilizzo dei servizi pubblici offerti dal comune, al quale invece, per vicinanza, almeno in via presuntiva, fanno finale riferimento territoriale sia le attività correlate alle persone che vi vivono e lavorano, sia i servizi e le attività ivi poste in essere, con la conseguente soggezione della stessa alle suddette imposte.
4.3. Invero, pur non essendo collocate nel territorio comunale, le piattaforme petrolifere traggono vantaggio da una rete di servizi e infrastrutture che il comune mette a disposizione per la gestione della costa e delle aree limitrofe, e per tale ragione devono essere considerate soggette ai tributi in questione, come forma di contribuzione per i costi sostenuti dal comune, quali ad esempio -a titolo meramente esemplificativo – le infrastrutture portuali e logistiche di cui si si avvalgono per il trasporto di materiali, attrezzature e personale ed a cui il comune costiero garantisce l’accesso (ed eventualmente ne gestisce la manutenzione e il funzionamento), i servizi connessi alla sicurezza e protezione civile (per la parte di connessa competenza dell’en te locale), le strade e le altre vie di comunicazione gestite dal comune, che consentono il movimento di mezzi pesanti e del personale necessario per (tutte)
le operazioni offshore, o, ancora, i servizi amministrativi ed autorizzativi di competenza.
4 . Quanto, in special modo all’I .M.U. ed al suo presupposto di natura patrimoniale, oggetto del ricorso odierno, non è condivisibile la tesi dell’assenza del potere impositivo comunale, in quanto l’I .M.U. è un tributo proprio derivato, ovvero un tributo istituito dallo Stato, ma gestito dai comuni, ai quali peraltro è attribuito il gettito. Non possono quindi esistere zone non assoggettate al potere impositivo, pena la violazione dei principi di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione, tenuto conto che l’evoluzione della tecnica consente la costruzione di isole artificiali, ristoranti, abitazioni e piattaforme sul mare. D’altra parte, il presupposto del tributo è dato dal possesso di immobili sul territorio «dello Stato», rientrando nella discrezionalità di questo la scelta di riferirne il gettito al Comune di assegnazione territoriale.
5 . Con riferimento ai presupposti per l’inventariazione nel catasto urbano, l’art. 3 del R.D.L. 13 aprile 1939 n. 652, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 1939 n. 1239, concernente l’accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazion e del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano, stabilisce che l’accertamento generale degli immobili urbani è fatto per «unità immobiliare». Ai sensi dell’art. 4 del R.D.L. 13 aprile 1939 n. 652, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 1939 n. 1239, si considerano come «immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costituite, diversi dai fabbricati rurali», ivi compresi «gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suo lo». L’art. 5 del R.D.L. 13 aprile 1939 n. 652, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 1939 n. 1239, prevede che costituisce «unità immobiliare urbana» «ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per sé stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio». L’art. 1 del D.M. 2 gennaio 1998 n. 28 (‘Regolamento recante norme in tema di
costituzione del catasto dei fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale’) stabilisce al comma 1 che: «Il catasto dei fabbricati rappresenta l’inventario del patrimonio edilizio nazionale»; e al comma 2 che: «Il minimo modulo inventariale è l’unità immobiliare». A mente dell’art. 2 del D.M. 2 gennaio 1998 n. 28: «L’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale». Sulla base di tali disposizioni, questa Corte ha affermato che l’accatastamento viene dalla normativa riferito non al fabbricato in quanto tale, bensì alla nozione di unità immobiliare urbana (UIU), a sua volta rapportata ad una componente immobiliare (rilevante ex art. 812 cod. civ.) suscettibile di autonoma funzionalità e redditività (Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2018, n. 12741; Cass., Sez. 5^, 18 gennaio 2022, n. 1404). Tali caratteristiche sono state valorizzate dalla giurisprudenza proprio ai fini dell’accertamento dei presupposti per l’accatastamento anche con specifico riguardo agli immobili aventi destinazione industriale o di produzione energetica (per le discariche pubbliche: Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2018, n. 12741; per le centrali elettriche: Cass.,, Sez. 5^, 11 febbraio 2015, n. 2621; Cass., Sez. 6^-5, 20 febbraio 2015, n. 3500; per i parchi eolici: Cass., Sez. 5^, 14 marzo 2012, n. 4028; Cass., Sez. 5^, 21 novembre 2014, n. 24815; Cass., Sez. 6′ -5, 23 febbraio 2015, n. 3354; per le centrali telefoniche: Cass., Sez. 5^, 6 dicembre 2016, n. 24924; per le piattaforme petrolifere: Cass., Sez. 5^, 24 febbraio 2016, n. 3618), sicché l’iscrizione in catasto di tali unità immobiliari è sempre stata riconosciuta (cfr. Cass. n. 2280/23, n. 27194/22, n. 22300/22 in materia di cave).
6. Le prospettate difficoltà tecniche per procedere all’operazione di accatastamento non possono comportare l’esenzione dall’imposta , in difetto degli specifici presupposti,
tassativamente previsti dalla legge, che non ricorrono nel caso delle piattaforme in questione, e pertanto sono irrilevanti le indicazioni fornite dalla Risoluzione 3DF del 1° giugno 2016 del MEF e delle precedenti prassi dell’Agenzia del Territorio.
4. 7. La questione, in ogni caso, è stata già definita dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 30/09/2016, n.19510), la quale ha affermato che: «Questa corte di legittimità ha già affrontato, decidendola in senso affermativo, la questione della imponibilità ICI delle piattaforme petrolifere/estrattive; e ciò in una fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente, caratterizzata da piattaforme marine oggetto di provvedimenti statuali di concessione di coltivazione mineraria in specchio acqueo fronti stante la costa e ricompreso in un determinato territorio comunale.
Ciò è avvenuto con la recente sentenza n. 3618 del 24 febbraio 2016 (Rv.Ced n. 639035), la quale ha, in primo luogo, fatto applicazione del principio di diritto – che non pare confliggere con la sovranità assegnata allo Stato sulle acque territoriali dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare stipulata a Montego Bay, non escludendo quest’ultima che tale sovranità possa esprimersi, a limitati effetti amministrativi, anche mediante attribuzione di potestà impositiva ai comuni costieri – già stabilito da Cass. 13794/05, secondo cui “in tema di ICI, sono sottoposte all’imposta le piattaforme petrolifere per l’estrazione di idrocarburi di proprietà della società contribuente (nella specie, l’RAGIONE_SOCIALE quale concessionaria dello Stato) situate nel tratto di mare, facente parte del demanio statale, antistante il Comune interessato. Infatti, sull’intero territorio dello Stato, ivi compreso il mare territoriale, convivono e si esercitano i poteri dello Stato contestualmente ai poteri dell’Ente regione e degli Enti locali e, in assenza di un autonomo criterio di determinazione dei limiti del territorio comunale, valgono le stesse regole dettate in materia di demarcazione del territorio nazionale, atteso che non sussistono
elementi che possono far ritenere che il territorio comunale sia un’entità diversa, dal punto di vista qualitativo, dal territorio nazionale».
Ed ha affermato, in secondo luogo, la sottoposizione ad Ici delle piattaforme petrolifere in ragione della loro classificazione catastale in categoria D7 – rilevando le speciali esigenze di un’attività industriale che, per quanto produttiva di indubbi e fondamentali riflessi sull’economia generale e sulle scelte energetiche nazionali, risponde purtuttavia ai criteri tipici dell’imprenditoria privata – in base al principio per cui: “in tema d’ICI, sono sottoposte all’imposta e classificabili nella cat. D/7, attesa la loro riconducibilità al concetto d’immobile ai fini civili e fiscali, suscettibilità di accatastamento e idoneità a produrre reddito proprio, le piattaforme petrolifere, la cui base imponibile, in mancanza di rendita catastale, è costituita, secondo i criteri stabiliti nel D.L. n. 333 del 1992, art. 7, comma 3, penultimo periodo, convertito in L. n. 359 del 1992, dall’ammontare, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili” (Cass. 30/09/2016), n.19510).
4. 8. La stima delle piattaforme petrolifere, prive di un mercato di riferimento, non può, infatti, avvenire in forma direttacomparativa, ma esclusivamente in base ai valori contabili. Fino al momento della richiesta dell’attribuzione della rendita catastale, il valore è determinato: alla data di inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di acquisizione; sulla base dell’ammontare (costo storico di acquisto o di costru zione), al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili, secondo i criteri stabiliti nell’art. 3, comma 3, penultimo periodo del decreto-legge n. 333 del 1992, convertito in legge n. 359 del 1992; applicando per ciascun anno di formazione gli appositi coefficienti di adeguamento, aggiornati ogni anno con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze. Il costo di acquisto o di costruzione rilevante va inteso come valore iscritto in bilancio ovvero: il costo
originario di acquisto o di costruzione, comprensivo del costo del terreno; i costi incrementativi sostenuti; le rivalutazioni previste da specifiche disposizioni di legge; le rivalutazioni effettuate dalle imprese di assicurazione (art. 36 della legge 10 giugno 1978 n. 295); le rivalutazioni economiche comunque effettuate; delle valutazioni effettuate in sede di fusione. Tutto ciò come risultante dalle scritture contabili al 1° gennaio dell’anno in riferimento per il quale è dovuta l’IMU.
9. Alla luce dei precedenti giurisprudenziali sopra menzionati, che si intende richiamare e rispetto ai quali non vi è ragione di discostarsi (anche con riferimento al ricorso al criterio contabile per la determinazione della base d’imposta), tutti i motivi dedotti risultano quindi infondati.
10. Né a tal fine rileva l’eventuale distanza dal confine terrestre, di alcune piattaforme.
Sul punto vanno infatti richiamati i principi già espressi da questa Corte, la quale ha evidenziato (Cass. 27/06/2005, n. 13794) che: ‘Sull’intero territorio dello Stato, ivi compreso il mare territoriale, convivono e si esercitano i poteri dello Stato contestualmente ai poteri dell’Ente regione e degli Enti locali. Non è configurabile, quindi, che su una porzione “del territorio inteso in senso lato su cui si esercita la sovranità dello Stato” non convivano i poteri delle autorità regionali e locali. Se infatti, per assurdo, su parte di questo territorio, ricoperto dal mare territoriale, non venissero esercitati i poteri amministrativi della Regione e del Comune, ne deriverebbe la necessaria conseguenza che, nell’ipotesi di costruzione su palafitte nel mare territoriale, i Comuni non avrebbero nessuna possibilità di esercitare le funzioni amministrative loro proprie.
Fermo restando che concettualmente è sempre esistita una potestà dell’esercizio dei poteri degli Enti locali nell’ambito del mare territoriale perché non può che esserci coincidenza fra sovranità dello
Stato e concorrente esercizio dei poteri degli Enti regionali e locali, sarebbero comunque inconcepibili delle zone franche nelle quali mentre sussiste il potere dello Stato non sussiste il concorrente potere ai fini amministrativi degli Enti locali e regionali.
L’art. 118 della Costituzione recita: “I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”.
Il territorio nazionale – intesa tale espressione come spazio nell’ambito del quale si esercita la potestà d’imperio dello Stato comprende, oltre la terraferma, anche il mare territoriale. Non si può quindi negare che, in assenza di un autonomo criterio di determinazione dei limiti del territorio comunale, debbono valere al riguardo le stesse regole dettate in materia di demarcazione del territorio nazionale, atteso che non sussistono elementi che possono far pensare che il territorio comunale sia un’entità diversa, dal punto di vista qualitativo, dal territorio nazionale. Né, d’altra parte, il fatto che siano stati espressamente conferiti allo Stato determinati poteri autoritativi aventi ad oggetto attività che si svolgono sul mare territoriale può significare che si sia voluto impedire ad altre autorità amministrative di esercitare il loro potere sul medesimo bene.
È incontrovertibile che nella stessa circoscrizione territoriale statuale agisce anche il Comune, quale ente pubblico autonomo e autarchico, e che tutto il territorio della Repubblica è diviso in Comuni, per cui non possono sussistere parti di territorio dello Stato italiano, e aggregati di persone viventi sullo Stato italiano, che non appartengano ad un Comune.
Ulteriore conferma la troviamo nelle autorizzazioni che debbono essere rilasciate dalla Capitaneria di porto, nelle quali si precisa che le concessioni comunali relative alle strutture che insistono sui lidi demaniali vengono individuate nel Comune di appartenenza, e quindi l’ambito del territorio comunale, per i poteri di sua competenza, deve
essere necessariamente esteso anche al mare territoriale che lambisce detto territorio.
Qualsivoglia provvedimento amministrativo, per l’indicazione dell’ubicazione di un bene, deve infatti darsi carico di indicare il Comune in cui detto bene si trova, non potendo esistere beni immobili non facenti parte di alcun Comune’.
Ai fini fiscali, la piattaforma marina è quindi pur sempre riferibile, quanto ai servizi, all’amministrazione comunale, con la conseguenza che l’ambito territoriale su cui questa esplica il proprio potere, per quanto sopra detto, coinvolge anche l’area occ upata dalle piattaforme, che, in conseguenza, sono soggette ai relativi tributi.
11. Del resto, la giurisprudenza, ai fini dell’applicazione dell’imposta, ha già chiarito, ad esempio, che sono tassabili anche gli specchi d’acqua destinati ad ormeggio e nautica da diporto (Cass . n. 11669/21), dovendosi fare riferimento ad un concetto esteso di immobile, comprensivo anche degli edifici galleggianti ancorati, ex art. 812 cod. civ.
Resta quindi confermata la riferibilità dell’imposta al territorio del Comune controricorrente.
Le censure vanno, dunque, respinte.
Per quanto riguarda l’art. 38, d.l. n. 124 del 2009, che innova in materia dal 2020 (istituendo una tassazione specifica: «A decorrere dall’anno 2020 è istituita l’imposta immobiliare sulle piattaforme marine (IMPi) in sostituzione di ogni altra imposizione immobiliare locale ordinaria sugli stessi manufatti. Per piattaforma marina si intende la piattaforma con struttura emersa destinata alla coltivazione di idrocarburi e sita entro i limiti del mare territoriale come individuato dall’art. 2, del Codice della Navigazione»), deve rilevarsi che la norma non incide sulla pregressa disciplina (come interpretata dalle decisioni della Corte di legittimità, richiamate) in quanto espressamente la nuova imposta va a sostituire ‘ogni altra imposizione immobiliare locale ordinaria’. La nuova norma rafforza
e consolida la precedente imposizione per IMU; la sostituisce, ma, certamente, non la esclude. Per contro, non mancano previsioni di legge che espressamente ammettono che un manufatto ubicato nel mare territoriale possa rientrare nella nozione di ‘fabbricato’, soggetto in tutto o in parte ad imposizione (art. 1 co. 728 l. n. 205/2017 in tema di attività di rigassificazione marina).
Con il quarto motivo la ricorrente prospetta la violazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli art. 13, d. l. n. 201 del 2011, art. 7, lett. B, d. lgs. n. 504 del 1992, art. 32, R. d. n. 1443/27, 31 l. 613 del 1967, 23, l. 136/1953 e 14 d. l. n. 33/9; le piattaforme se mai fossero accatastabili andrebbero accatastate nella categoria E/3 e non in quella D/7, e sarebbero comunque esenti da IMU.
Oltre a quanto già evidenziato in precedenza, deve rilevarsi che non può sostenersi che i beni immobili in questione vadano esenti da imposta perché, a detta del ricorrente, sarebbero accatastabili in categoria E/3, in quanto attività strumentale al servizio pubblico di approvvigionamento e di distribuzione degli idrocarburi. Da un lato, infatti, trattasi di immobili funzionali allo svolgimento di attività, svolta in regime imprenditoriale e produttiva di reddito, dall’altro, non si tratta di beni privi di autonomia funzionale e reddituale, né essi risultano immediatamente destinati ad un servizio pubblico (sui limiti residuali di riconoscibilità della categoria catastale E, si rinvia alla costante giurisprudenza in materia: «In tema di classamento catastale, l’inquadramento di un immobile nella categoria E/1 presuppone non solo che lo stesso sia privo di autonomia funzionale e reddituale, ma anche che sia strumentale al servizio pubblico. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto corretta l’inclusione nella categoria E/1 di aree scoperte all’interno di un interporto, utilizzate per lo stoccaggio di merci e container, pur non essendo strettamente strumentali al servizio pubblico ivi svolto)» Cass. Sez. 5, 23/10/2024, n. 27544, Rv.
672730 – 01; n. 5070/19; n. 12741/18; vedi da ultimo Sez. 5, n. 14542 del 30 maggio 2025).
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 20.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 12/03/2025.