Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5447 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5447 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23375/2022 R.G., proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del l’amministratore unico pro tempore , nella qualità di incorporante la ‘ RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL ), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv . NOME COGNOME con studio in Roma (presso gli Uffici dell’Avvocatura Capitolina), ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL ), giusta procura in allegato al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
ICI IMU ACCERTAMENTO LEASING RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO MANCATA RESTITUZIONE DELL’IMMOBILE
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 9 marzo 2022, n. 1068/08/2022; udita la relazione della causa nella camera di consiglio non partecipata del 29 gennaio 2025 dal Dott. NOME COGNOME RILEVATO CHE:
La ‘ RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di incorporante la ‘ RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 9 marzo 2022, n. 1068/08/2022, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento d’ufficio n. 12992 del 27 aprile 2015 per omesso versamento del l’IMU relativa all’anno 2013 nella misura complessiva di € 2.141.489,00, in relazione ad immobili detenuti in locazione finanziaria, per i quali le rispettive concedenti avevano comunicato la risoluzione per inadempimento ed avevano preteso la rivalsa per l’ICI e l’IMU corrisposte a Roma Capitale, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti di Roma Capitale avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma il 12 febbraio 2018 n. 3549/35/2018, con compensazione delle spese giudiziali.
La Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di prime cure -che aveva rigettato il ricorso originario della contribuente – sul presupposto che l’IMU dovesse gravare su ll’utilizzatore fino alla restituzione dell’immobile al concedente dopo la risoluzione per inadempimento del contratto di locazione finanziaria.
Roma Capitale ha resistito con controricorso.
Il consigliere delegato allo spoglio ha formulato proposta di definizione accelerata per manifesta infondatezza del ricorso
per cassazione, a seguito della quale la ricorrente ha chiesto la decisione della causa.
CONSIDERATO CHE:
Con unico motivo, si denuncia violazione dell’art. 13 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto che l’IMU dovesse gravare sull’utilizzatore in caso di mancata riconsegna dell’immobile al concedente dopo la risoluzione per inadempimento della locazione finanziaria.
A dire della ricorrente: « La legge è chiara nell’individuare quale soggetto passivo dell’imposta il possessore dell’immobile, ciò posto entrambi i giudici del merito hanno diversamente ritenuto di avallare la condotta dell’Ente impositore che ha ingiunto il pagamento dell’IMU al mero detentore del bene. (…) I Giudici di secondo grado, quindi, continuano a dare rilievo unicamente alla prova della mancata riconsegna dei beni alle società di leasing , laddove, al contrario, dalla risoluzione contrattuale, ripetesi, doveva discendere la perdita di possesso e dunque di legittimazione passiva ».
1.1 Preliminarmente, si rammenta che, ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. (‘ Procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili e manifestamente infondati ‘), nel testo novellato dall’art. 3, comma 28, lett. g, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149: « 1. Se non è stata ancora fissata la data della decisione, il presidente della sezione o un consigliere da questo delegato può formulare una sintetica proposta di definizione del giudizio, quando ravvisa la inammissibilità, improcedibilità o manifesta infondatezza del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto. La proposta è comunicata ai difensori delle parti. 2. Entro quaranta giorni dalla comunicazione la parte ricorrente,
con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, può chiedere la decisione. In mancanza, il ricorso si intende rinunciato e la Corte provvede ai sensi dell’articolo 391. 3. Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 ».
Nella specie, formulata la proposta di definizione accelerata dal consigliere delegato (nel senso dell’i nfondatezza del ricorso), la ricorrente ha chiesto la decisione della causa.
A seguito del provvedimento reso dalla Prima Presidente di questa Corte il 19 settembre 2023, che ha rimesso alle Sezioni Unite la questione se, nel procedimento ai sensi del nuovo testo dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., il consigliere estensore della proposta di decisione accelerata possa entrare a comporre, con la veste di relatore, il collegio giudicante, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che, nel procedimento ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., come disciplinato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, il presidente della sezione o il consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, può far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio c he definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, primo comma, n. 4, e 52 cod. proc. civ., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame
e di controllo sulla proposta stessa (Cass., Sez. Un., 10 aprile 2024, n. 9611).
Pertanto, nulla osta a che il consigliere delegato allo spoglio (Dott.ssa NOME COGNOME) possa comporre il collegio giudicante.
1.2 Ciò posto, il predetto motivo è fondato.
1.3 Come è noto, l’art . 9, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, dispone che: « Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto ».
1.4 Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, al di là di un isolato arresto di tenore contrario (Cass., Sez. 5^, 17 luglio 2019, n. 19166), in tema di leasing , tenendo conto del disposto dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, soggetto passivo dell’IMU, nell’ipotesi di risoluzione del contratto, è il locatore, anche se non ha ancora acquisito la materiale disponibilità del bene per mancata riconsegna da parte dell’utilizzatore, in quanto ad assumere rilevanza ai fini impositivi non è la detenzione materiale del bene da parte di quest’ultimo, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che ne legittima la detenzione qualificata (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 22 maggio 2019, n. 13793; Cass., Sez. 5^, 9 ottobre 2019, n. 25249; Cass., Sez. 5^, 19 novembre 2019, n. 29973; Cass., Sez. 6^-5, 9 marzo 2020, n. 6664; Cass., Sez. 6^-5, 13 marzo 2020, n. 7227; Cass., Sez. 6^-5, 13 gennaio 2021, n. 418; Cass., Sez. Trib., 21 ottobre 2022, n. 31173; Cass., Sez. Trib., 15 dicembre 2022, n. 36875; Cass., Sez. Trib., 20 aprile 2023, nn. 10589, 10594, 10617, 10708 e 10733; Cass., Sez. Trib., 7 maggio 2024, n. 6232; Cass., Sez. Trib., 23 maggio 2024, n. 14482).
A giustificazione di tale esegesi, si è convincentemente sostenuto che la deroga alla definizione del presupposto imponibile di cui all’art. 9, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, trova il suo fondamento nel principio di ragionevolezza, regolando il legislatore allo stesso modo fattispecie analoghe: il concedente che ha il possesso in forza della concessione e l’utilizzatore che ha la detenzione qualificata in forza del contratto di leasing , ma che può divenire possessore con l’esercizio del diritto di riscatto; soggetti che il legislatore ha equiparato sotto il profilo della capacità contributiva. Ma, con la risoluzione del contratto di leasing , ai fini tributari, non sopravvive alcun effetto contrattuale, in quanto la causa del finanziamento viene meno, non vi è possibilità di riscatto e soprattutto la mera detenzione senza titolo risulta priva di effetti ai fini tributari. Ragion per cui è impossibile predicare l’equivalenza della situazione del detentore senza titolo a quella del detentore qualificato in virtù del contratto di leasing o a quella del proprietario o del possessore; ciò in quanto il detentore senza titolo è pacificamente privo della soggettività della titolarità passiva dell’imposta comunale (Cass., Sez. 5^, 19 novembre 2019, n. 29973).
In conclusione, nell’alveo dell’IMU si predilige l’esistenza di un vincolo contrattuale fondato sulla detenzione qualificata del bene da parte dell’utilizzatore che prescinde dalla detenzione materiale dello stesso. È il contratto a determinare la soggettività passiva del locatario e non la disponibilità del bene, quindi il venir meno dell’originario vincolo giuridico (per scadenza naturale o per risoluzione anticipata) fa venir meno la soggettività passiva in capo a quest’ultimo, determinando l’automatico passaggio della stessa in capo al locatore, con rilevanza del presupposto impositivo del possesso nella logica
del pieno rispetto del principio della legalità che impone appunto una rigorosa applicazione dei presupposti d’imposta a prescindere da quanto previsto nelle varie istruzioni ministeriali.
Dal chiaro dettato normativo contenuto nella menzionata disposizione, ne discende che con la risoluzione del contratto di leasing la soggettività passiva ai fini dell’IMU si determina in capo alla società di leasing , anche se essa non ha ancora acquisito la materiale disponibilità del bene per mancata riconsegna da parte dell’utilizzatore. Ciò in quanto, il legislatore ha ritenuto rilevante, ai fini impositivi, non già la consegna del bene e quindi la detenzione materiale dello stesso, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che legittima la detenzione qualificata dell’utilizzatore. Infatti, per il legislatore fiscale la soggettività passiva del locatario finanziario si realizza addirittura quand’anche il bene da concedere non fosse ancora venuto ad esistenza (« Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione (…) ») e pure quand’anche fosse che il bene non sia stato ancora consegnato dal concedente all’utilizzatore, essendo rilevante, per il sorgere della soggettività passiva ai fini dell’IM U non già l’adempimento della consegna del bene (e di converso per la sua cessazione la riconsegna), ma, come precedentemente chiarito, la sola sottoscrizione del contratto . Così pure la cessazione dello status di soggetto passivo dell’IMU v iene chiaramente individuata dalla norma primaria di imposta e, per l’effetto, il locatario finanziario non si considera più come soggetto passivo, non tanto dalla riconsegna del bene al concedente, ma dal momento della cessazione del contratto, che ai fini dell’IMU, come nella disciplina civilistica, si determina nel momento del pagamento
dell’ultimo canone in base alla durata stabilita nel contratto oppure, nelle ipotesi di risoluzione anticipata per inadempimento, come nella fattispecie, dal momento in cui il contratto è stato risolto (Cass., Sez. 5^, 9 ottobre 2019, n. 25249; Cass., Sez. 5^, 19 novembre 2019, n. 29973).
1.5 A nulla rileva, poi, la diversa previsione di cui all’art. 1, comma 672, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, a tenore della quale, in caso di locazione finanziaria, la TASI è dovuta dal locatario a decorrere dalla data di stipulazione e per tutta la durata del contratto, per durata del contratto di locazione finanziaria intendendosi il periodo intercorrente dalla data della stipulazione alla data di riconsegna del bene al locatore comprovata dal verbale di consegna. Tale norma, non avente natura interpretativa ed applicabile limitatamente alla TASI, non può essere infatti analogicamente estesa anche all’IMU, in primo luogo perché il comma 703 della stessa legge precisa che l’istituzione della IUC (della quale la TASI è una componente) « lascia salva la disciplina per l’applicazione dell’IMU », in secondo luogo, per l’eterogeneità dei rispettivi presupposti applicativi, essendo l’IMU un’imposta patrimoniale riferita alla nozione di possesso e non di mera disponibilità materiale del bene, e la TASI un’imposta, invece, destinata al finanziamento dei servizi indivisibili resi dal Comune, i quali possono essere utilizzati anche da chi solo materialmente disponga dell’immobile (Cass., Sez. Trib., 23 maggio 2024, n. 14482).
1.6 Dunque, il giudice di appello ha contravvenuto al principio enunciato, affermando che « (…) presupposto per la titolarità passiva dell’imposta, in caso di locazione finanziaria, è la detenzione del bene, fino alla comprovata consegna. Prova qui mancante. (…) La conclusione, inoltre, (…) è congruente con
la natura di ‘realità sostanziale’ dell’imposta collegata alla fruizione del bene, tenuto conto che anche nella locazione (…) pur risolta, fino alla riconsegna permangono molteplici e significativi obblighi per il locatario, come desumibile dall’art. 1591 c.c. ».
Valutandosi la fondatezza del motivo dedotto, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, primo comma, ulti ma parte, cod. proc. civ., con l’accoglimento del ricorso originario del contribuente e l’annullamento dell’atto impositivo.
Il recente consolidamento della giurisprudenza di legittimità in materia giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario con l’annullamento dell’atto impositivo; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 29 gennaio