Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30471 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30471 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
IMU -IMPIANTO SMISTA COLLI
sul ricorso iscritto al n. 21653/2023 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in Milano, al INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME, rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dal AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
il RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in INDIRIZZO, in persona del Sindaco pro tempore , autorizzato con provvedimento n. 75404 del 16 novembre
2023, rappresentato e difeso, giusta procura speciale e nomina rilasciate in calce al controricorso, dalle avv.te NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) ed NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 667/13/2023 della Corte di Giustizia tributaria di II grado dell’Emilia -Romagna, depositata il 9 giugno 2023.
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 18 settembre 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia sono gli avvisi di accertamento in atti con cui il RAGIONE_SOCIALE liquidò l’imposta IMU per gli anni 2013/2015 relativamente -per quanto ora occupa -ad un impianto smista colli, posseduto dalla contribuente.
Con la sentenza impugnata la Corte di giustizia tributaria di II grado dell’Emilia -Romagna rigettava gli appelli (riuniti) proposti dalla società contribuente, ritenendo che il predetto impianto smista -colli fosse soggetto a tassazione come unità immobiliare, in quanto manufatto prefabbricato, ancorchè semplicemente appoggiato al suolo, ma stabile nel tempo e con autonomia funzionale e reddituale, non considerando necessaria, quanto al requisito della fissità, l’inamovibilità dell’impianto, con conseguente superfluità di disporre una consulenza tecnica, reputando, quindi, necessaria la sua iscrizione in catasto e considerando irrilevante la questione -peraltro dedotta solo in sede di appello e comunque non provata -della proprietà in capo a terzi del bene.
RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione contro la predetta sentenza, notificandolo in data 26 ottobre 2023, formulando due motivi di impugnazione e depositando in data 6 settembre 2024 memoria ex art. 380bis .1. c.p.c.
RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso depositato il 2 dicembre 2023 e poi con memoria ex art. 380bis .1. c.p.c. prodotta il 2 settembre 2024;
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente ha eccepito, con riferimento al canone censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 della legge 11 luglio 1942, dell’art. 5, commi 2 e 3, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 e del d.lgs. 27dicembre 2013, n. 147, assumendo che la perizia tecnica giurata depositata agli atti del giudizio di merito dimostrava che il predetto impianto non era autonomamente accatastabile e non aveva i caratteri dell’autonomia reddituale e funzionale, facendo così venir meno il presupposto della ‘fissità’ posto a fondamento della decisione del giudice di merito.
1.1. L’istante ha, quindi, aggiunto che «il bene è mobile, a composizione variabile e rilevato contabilmente ma non è stato accertato nel corso delle verifiche svoltesi nel 2018 e nel 2019, né era accertabile, che l’impianto smistacolli fosse collocato proprio in quell’insediamento produttivo ed in quella conformazione nell’anno di imposizione oggetto di accertamento, tanto da configurare una dotazione impiantistica che aumenta il valore catastale dell’immobile» (v. pagine nn. 15 e 16 del ricorso), richiamando sul punto la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’imposizione
patrimoniale ai fini IMU, postula come « presupposto indefettibile ‘l’incorporazione nell’edificio’ e nella sua ‘struttura muraria’ come se il bene fosse autonomamente accatastabile, presupposto che, nel caso di specie, è assolutamente indimostrato in quanto meramente ignorato in entrambe le sentenze di merito» (v. pagina n. 18 del ricorso).
1.2. La società ha, quindi, posto in evidenza che « un ‘impianto smistacolli’ con le specifiche caratteristiche indicate, non va ad aumentare la rendita catastale di un capannone; nell’eventualità che tali impianti (che sono, per loro natura mobili) vengano trasferiti in tutto o in parte in altro insediamento produttivo, non possono quindi essere considerati beni connessi strutturalmente con l’immobile tanto da essere autonomamente accatastati e, conseguentemente, aumentarne la rendita, per la ragione che gli stessi sono collegati all’attività e non all’immobile » (v. pagina n. 20 del ricorso).
1.3. La contribuente ha, inoltre, ribadito che l’impianto era un bene posseduto in leasing e che costituiva un bene strumentale appartenente ad un altro soggetto come correttamente indicato nelle schede contabili depositate nel corso del procedimento.
1.4. Il motivo d’impugnazione non ha fondamento.
Va premesso -per quanto sia pacifico anche tra le parti che la presente fattispecie (IMU relativa agli anni di imposta 2013/2014/2015) va regolata in base alla normativa previgente alla riforma legislativa di cui all’art. 1, comma 21, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), che ha escluso dalla stima, ai fini della determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e
particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, i macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo, trattandosi di norma innovativa, la cui retroattività è stata anche dallo stesso legislatore esplicitamente esclusa, stabilendo la sua applicazione «a decorrere dal 1° gennaio 2016» (cfr., sul principio, tra le tante, Cass., Sez. T., 29 aprile 2024, n. 11359).
1.5. Questa Corte, con orientamento consolidato, ribadito anche di recente, ha ritenuto, nel regime previgente alla predetta innovazione ed in casi analoghi alla fattispecie in rassegna, applicabile il criterio di determinazione della rendita catastale basato sulla connessione strutturale e funzionale della parte mobile alla destinazione particolare di utilizzo del bene, indipendentemente dalla modalità di unione.
In particolare, la Corte (v. Cass., Sez. T., 29 aprile 2024, n. 11359 e poi, in termini analoghi, Cass., Sez. T., 9 agosto 2024, n. 22582), ha chiarito che:
-il compendio normativo di riferimento catastale è costituito dall’art. 4 r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652 (secondo cui -per quanto interessa – «Si considerano come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costituiti, diversi dai fabbricati rurali ») e dalla disposizione regolamentare di cui all’art. 2, comma 3, d.m. 2.1.1998 n. 28 (secondo cui -per quanto ora rileva « sono considerate unità immobiliari i manufatti prefabbricati ancorché semplicemente appoggiati al suolo, quando siano stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale»);
in tema di rendite catastali delle centrali idroelettriche (e relative turbine) ed elettriche (applicato anche ai pozzi
geotermici), il consolidato indirizzo interpretativo di legittimità formatosi (v. Cass. nn. 3500/2015, 23317/2011, 7372/2011, 13319/2006, 21730/2004, ma anche Cort Cost. sent. n.162/08), ha dato rilevanza, ai fini della rendita, alla connessione strutturale e funzionale intercorrente tra parte immobiliare e parte impiantistica, come desumibile anche dall’art. 1, quinquies , d.l. 31 marzo 2005, n. 44 (convertito con modificazioni dalla legge 31 maggio 2005, n. 88), così da includere nel calcolo della rendita anche gli impianti ed i macchinari che, per quanto in sè amovibili, risultino tuttavia strutturalmente e funzionalmente connessi con la centrale al punto da caratterizzarne ed attuarne in maniera essenziale la destinazione produttiva. Con un’affermazione di portata generale, la Corte Cost. (v. sentenza citata) ha stabilito che: « tutte quelle componenti che contribuiscono in via ordinaria ad assicurare, ad una unità immobiliare, una specifica autonomia funzionale e reddituale stabile nel tempo, sono da considerare elementi idonei a descrivere l’unità stessa ed influenti rispetto alla quantificazione della relativa rendita catastale»;
– «Si tratta di interpretazione (applicata in varia casistica di impianti e macchinari quali le turbine idroelettriche o le torri eoliche: tra le altre, Cass. nn. 4028/2012, 24815/2014, 32861/2019) che risulta ulteriormente avvalorata dall’art. 1, comma 244, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per l’anno 2015) che ha risolto la questione degli impianti funzionali al processo produttivo con il richiamo alle «istruzioni di cui alla Circolare dell’Agenzia del Territorio n. 6/2012 del 30 novembre 2012, concernente la ‘Determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione speciale e particolare: profili tecnico -estimativi’», le quali fanno riferimento « ai fini della inclusione dell’impianto nella
rendita, i caratteri dell’«essenzialità» alla destinazione economico -produttiva, della «fissità» entro il perimetro immobiliare e della «stabilità» nel tempo, ritenendo così rilevanti -tra gli altri – i canali adduttori delle acque per il funzionamento delle turbine nelle centrali idroelettriche, le condotte petrolifere o dei prodotti derivati o connesse ai sistemi di raffreddamento utilizzate nelle centrali termoelettriche, le ciminiere, gli impianti di depurazione dei fumi, le caldaie, i condensatori, i catalizzatori ed i captatori di polveri per le centrali termoelettriche, gli aerogeneratori (rotori e navicelle) degli impianti eolici, nonché i pannelli e gli inverter degli impianti fotovoltaici; ed ancora: gli altiforni, le pese, i grandi impianti di produzione di vapore, i binari, le dighe, i canali adduttori e di scarico, le gallerie e le reti di trasmissione e distribuzione di merci e servizi, «nonché gli impianti che, ancorché integranti elementi mobili, configurino nel loro complesso parti stabilmente connesse al suolo o alle componenti strutturali dell’unità immobiliare, quali montacarichi, carri ponte, ascensori, scale, rampe e tappeti mobili» (così Cass., Sez. T., 29 aprile 2024, n. 11359, cui adde Cass., Sez. T., 9 agosto 2024, n. 22582 citate).
1.6. Assumono, in definitiva, rilevanza catastale tutti gli impianti necessari al ciclo di produzione, poiché anch’essi costituiscono una componente strutturale ed essenziale dell’opificio industriale, come del resto, sul piano fattuale, rappresentato dalla stessa ricorrente nella parte in cui ha riportato le valutazioni del proprio consulente di parte secondo cui « Si tratta di quelle componenti, di natura essenzialmente impiantistica, che assolvono a specifiche funzioni nell’ambito di un determinato processo produttivo » (v. pagina n. 16 del ricorso), il che, sulla base dei principi sopra esposti, è sufficiente allo scopo di considerali
oggetto di stima catastale rilevante ai fini della determinazione della base imponibile dell’IMU, senza che rilevi l’assenza di incorporazione dell’impianto nell’edificio, non postulando il requisito della stabilità del bene (v. art. 4 r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652) quello della sua inamovibilità, contando, piuttosto, la connessione strutturale e funzionale dell’impianto con il ciclo produttivo dell’opificio, cui è il macchinario risulta inserito.
1.7. A tali principi si è ispirato il Giudice regionale, avendo poi ritenuto, con valutazione fattuale non sindacabile nella sede che occupa, la stabilità nel tempo del manufatto e la sua autonomia funzionale, il che consente -come sopra anticipato -di rigettare il motivo d’impugnazione, appena aggiungendo che vale a rendere inammissibile (anche) nella presente sede la censura relativa alla proprietà del bene in capo a terzi, avendo il Giudice regionale ritenuto che l’eccezione (ritenuta comunque non provata) era stata avanzata solo in sede di appello, come tale nuova e dunque inammissibile;
Con la seconda doglianza l’istante ha dedotto, con riguardo all’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 7 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in ragione dell’omesso esame della richiesta di una consulenza tecnica di ufficio e della produzione documentale fornita dalla ricorrente, costituita da una perizia tecnica giurata a supporto tecnico delle argomentazioni giuridiche costituenti i motivi di ricorso.
2.1. Anche tale doglianza va respinta.
2.1. Quanto al primo profilo, va, infatti, osservato che la decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, il quale è tenuto a motivare il rigetto dell’istanza di ammissione
proveniente da una delle parti, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione (cfr. Cass., Sez. III, 13 maggio 2024, n. 13038).
Nel caso di specie, il Giudice regionale ha motivato la decisione di non avvalersi dell’ausilio di un consulente tecnico di ufficio, ritenendo superfluo accertare se l’impianto fosse incorporato al suolo, avendo (correttamente) considerato non rilevante il requisito dell’inamovibilità del macchinario.
2.2. Allo stesso modo, quanto al secondo profilo (omesso esame dei documento prodotti, sostanzialmente identificabile, in base all’indicazione fattane in ricorso, nella perizia stragiudiziale di parte), va dato conto che le sopra illustrate valutazioni svolte dalla Corte territoriale hanno condotto ad una implicita, quanto chiara, non condivisione degli argomenti addotti dal consulente di parte, al fondo riconducibili alla considerazione che l’impianto non era stabilmente fisso a terra ed era amovibile, circostanza queste, non contraddette dal Giudice, ma ritenute (correttamente, per quanto sopra esposto) prive di rilevanza giuridica.
Alla stregua delle considerazioni sopra svolte, il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate nella misura di cui al dispositivo.
Va, infine, dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nella misura di 7.600,00 € per competenze, oltre accessori ed alla somma di 200,00 € per esborsi.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18