Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9653 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9653 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5973/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM. TRIB.REG. SEZ. dell’ Abruzzo n. 496/2022 depositata il 28/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
la C.T.P. di Chieti in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’ avviso di accertamento IMU anno 2014 emesso dalla RAGIONE_SOCIALE per conto del Comune di Francavilla nei confronti della società contribuente RAGIONE_SOCIALE, c onfermava l’imposizione in misura piena in relazione al fabbricato ex Fornace’ (fg. 3, part. 129, limitatamente al sub. 1) ed riduceva alla metà il tributo relativo al fabbricato ‘ex RAGIONE_SOCIALE‘ (fg. 3, part. 74, sub.ni 5 e 6), e al su b. 2 del fabbricato ex Fornace (anche questo costituito solamente nel 2016…) con conseguente riduzione, nella misura del 50% della sanzione irrogata in relazione a tali ultimi fabbricati;
la C.T.R. dell’Abruzzo, , con la sentenza n. 496/7/2022, pronunziando sugli appelli della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, confermava integralmente l’impugnato avviso di accertamento, negando la sussistenza dei requisiti per l’affermazione del regime IMU previst o per gli immobili inagibili e di fatto inutilizzati;
avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la RAGIONE_SOCIALE cui resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo la società ricorrente denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 3, d.lgs. n. 211/2011, dell’art. 3, comma 2, del D.M. n. 28/1998 nonché dell’art. 30, comma 1, lett. g) ed h) del d.l. 21/06/2013 n. 69, conv. in legge 98/2013, per avere la C.T.R. escluso la sussistenza del parziale stato di inagibilità dei fabbricati oggetto di accertamento in ragione della mancata denuncia al Comune ed il parziale utilizzo degli stessi;
2. con il secondo motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto oggetto di discussione fra le parti e decisivo ai fini della risoluzione della controversia per avere la RAGIONE_SOCIALE.T.R. del tutto pretermesso di considerare che il capannone industriale facente parte del complesso ‘ex RAGIONE_SOCIALE‘ era stato g ià privato, alla data del 29 marzo 2012, della copertura e che la porzione dell’ ‘ex Fornace’, successivamente frazionata nel subalterno sub 2, già nel 2012 si trovava in situazione di dissesto statico irreversibile ed, altresì, che l’ente impositore era a conoscenza di tali circostanze per averle apprezzate a fini TARES; 3. con il terzo motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 472/1997 per non avere la C.T.R. ritenuto, comunque, illegittime le sanzioni per difetto dell’elemento soggettivo;
il ricorso deve essere respinto per le ragioni appresso specificate; 5. il primo motivo è infondato;
5.1. va osservato che la normativa applicabile ratione temporis , in tema di IMU, è l’art. 13, comma 3, lett. b), del d.l. n. 201/2011 –
(sostanzialmente coincidente con quella di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 504/1992 contemplata per l’ICI), il quale prevede la riduzione dell’imposta del 50% «per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente. Agli effetti dell’applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono
disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione»;
5.2. la giurisprudenza di questa Corte, formatasi sull’art. 8 d.lgs. n. 504/504 in materia di ICI (come detto formulato in termini sostanzialmente analoghi alla richiamata disposizione IMU), s’è consolidata nel ritenere che: – «in tema di ICI e nella ipotesi di immobile inagibile, inabitabile e comunque di fatto inutilizzato, l’imposta va ridotta al 50%, ai sensi del art. 8, comma 1, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e qualora dette condizioni di inagibilità o inabitabilità accertabili dall’ente locale o comunque autocertificabili dal contribuente permangano per l’intero anno, il trattamento agevolato deve estendersi a tutto il relativo arco temporale, nonchè per i periodi successivi, ove sussistano le medesime condizioni di fatto” (Cass. n.28921/2017, 13053/2017 12015/2015; n. 13230/2005)»; «… quando lo stato di inagibilità è perfettamente noto al Comune è da escludersi il pagamento dell’ICI in misura integrale anche se il contribuente non abbia presentato richiesta di usufruire del beneficio della riduzione del 50% tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (legge n. 212 del 2000, art. 10, comma 1), di cui è espressione anche la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all’ente impositore (legge n. 212 del 2000, art. 6, comma 4)» (cosi Cass. n. 1263/2021, che richiama Cass. 18453/2016) e, nello stesso senso, Cass. n. 8592/2021 e Cass. n. 18455/2016);
5.3. orbene la decisione della sentenza l’ impugnata si fonda non soltanto sulla mancanza di una formale dichiarazione di inagibilità ma anche, e soprattutto, su altra concorrente ratio decisoria basata su di un accertamento di fatto non sindacabile nella sede che occupa in quanto pienamente e congruamente motivato;
5.4. la Commissione regionale, pur avendo richiamato delle argomentazioni in ordine all’esigenza, anche in caso di parziale inagibilità e/o inutilizzabilità del bene, di una dichiarazione del contribuente diretta al conseguimento del beneficio fiscale, ha affermato che in assenza di una dichiarazione di inagibilità del bene, la società non aveva, comunque, provato tale condizione, assumendo che quanto al fabbricato ex RAGIONE_SOCIALE (fg. 3, part. 74, sub.ni 5 e 6), con la comunicazione inviata nell’anno 2013, la società si era limitata a dedurne l’inutilizzabilità parziale a fini TARSU, precisando come la invocata, ma nella sostanza indimostrata, inagibilità del fabbricato, fosse smentita dalla condotta stessa della contribuente che nell’anno 2013 aveva frazionato il predetto immobile (part. 74, sub. 4) ricavandone i sub.ni 5 e 6, rispettivamente caratterizzati da una superficie coperta di mq. 520 e 7.120. Inoltre, la C.T.R ha dato rilievo al fatto secondo cui, quantomeno una porzione dell’immobile iscritto al fg. 74, (quella che, a seguito del frazionamento ha assunto il sub. n. 5), era di fatto utilizzata. La RAGIONE_SOCIALE ha, poi, ritenuto non rilevante la perizia tecnica di parte versata in atti, in quanto relativa a dati riferiti ed ad elementi acquisiti ora per allora, non fondata su elementi oggettivi, e comunque non collocabili diacronicamente con precisione all’annualità in questione, in quanto basati su ‘imprecisate informazioni raccolte’. Anche relativamente al fabbricato ex Fornace (fg. 3, part. 129), per il quale alcuna comunicazione era stata mai stata inviata, la C.T.R. ne ha rilevato l’utilizzo, almeno parzialmente valorizzando la circostanza che, a seguito della relativa pratica catastale, solamente nell’anno 2016, una porzione di detto fabbricato (fg. 3, part. 129, sub. 2), venuta ad esistenza in detto anno, a seguito di frazionamento della particella 129, era stata accatastata in categoria F/2 e che tale circostanza non poteva assumere alcun valore in merito all’affermazione della asserita
inagibilità della particella n. 129, che nell’anno 2014, era accatastata unitariamente, ed era sicuramente, quantomeno in parte, utilizzata; 5.5. un simile ricostruzione si basa, quindi, sostanzialmente, sulla valutazione dell’insussistenza del presupposto stesso del riconoscimento del beneficio e cioè la condizione di inagibilità del bene. L’illustrata motivazione dà conto del fatto che il giu dizio della Commissione si è sviluppato ritenendo, ai fini che occupano, da un lato e sul piano dei principi, non sufficiente la circostanza della mera inutilizzabilità del bene, ma necessaria la specifica condizione di degrado nel senso sopra delineato e, dall’altro, non provate le dette condizioni di inagibilità dell’immobile non superabili alla luce delle deduzioni ed allegazioni di parte contribuente;
5.6. orbene a fronte dell’affermazione di parte ricorrente secondo cui i giudici di merito avevano errato nell’assegnare portata dirimente ad elementi meramente formali quali, oltre alla mancata presentazione al Comune della denuncia di cui all’art. 13, co mma 3, del d.l. n. 201/2011, il contenuto della DOCFA presentata dalla società per l’immobile fg. 3, p.lla 74 nonchè il versamento della tassa rifiuti ed avevano, altresì, errato nell’attribuire valenza alla circostanza che entrambi i fabbricati fossero in parte utilizzati, non può che ribadirsi che l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è operazione esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Cass. 24155/2017);
5.7. né coglie nel segno la tesi secondo cui con l’art. 30, co. 1, lett. g) ed h) del d.l. 21 giugno 2013 n. 69 (c.d. ‘Decreto del fare’), conv. in legge 9/8/2013 n. 98, è stata prevista la possibilità che venga rilasciato un certificato di agibilità/abitabilità parziale, a condizione che si tratti di porzioni di fabbricato funzionalmente autonome, con la conseguenza che se legislatore aveva ritenuto di introdurre la possibilità del rilascio di certificato di agibilità parziale, nessuna
preclusione di tipo concettuale o di principio poteva impedire che anche nella quantificazione dell’IMU si tengano considerazione eventuali inagibilità parziali, come appunto nel caso di specie;
5.8. orbene risulta evidente che l’ affermazione secondo cui nella fattispecie ib esame era ben evidente l’autonomia funzionale delle superfici agibili ed utilizzate da quelle che non lo erano sin dal 2012, mira a contrastare, in modo palesemente inammissibile, quanto accertato in fatto dai giudici di merito;
5.9. l’inammissibile tentativo di parte ricorrente di rimettere in discussione il merito della vicenda e le valutazioni dei giudici di appello appare, del resto, di tutta evidenza laddove la stessa ha rilevato che i giudici di merito non avevano adeguatamente tenuto conto delle risultanze della perizia di parte in atti e della documentazione fotografica, con la ulteriore precisazione che le deduzioni di cui al primo motivo oltre ad afferire non già a profili di violazione di legge ma ad aspetti prettamente valutativi si rivelano, sul punto in esame, non specifiche, non essendo state costruite tramite una critica puntuale, precisa e pertinente alle ragioni della decisione (cfr. Cass. n. 7873/2022 e Cass. 22478/2018);
6. anche il secondo motivo non coglie nel segno;
6.1. occorre rilevare che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui
esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 – 01);
6.2. appare di tutta evidenza che con il motivo in questione la stessa contribuente, nel lamentare l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione alla mancata considerazione che il capannone industriale facente parte del complesso ‘RAGIONE_SOCIALE‘ era stato già privato, alla data del 29 marzo 2012, della copertura e che la porzione dell’ ‘ex Fornace’, successivamente frazionata nel subalterno sub 2, già nel 2012 si trovava in situazione di dissesto statico irreversibile ed, altresì, che l’ente impositore era a conoscenza di tali circostanze per averle apprezzate a fini TARES mira, in realtà, alla rivalutazione delle prove operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo giudizio di merito, non consentito. Oggetto del giudizio che il ricorrente vorrebbe demandare a questa Corte non è l’omesso esame di specifici fatti storici, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/2019, n. 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/ 2017, n. 24155; Cass. 04/04/ 2013, n. 8315). Di ciò costituisce prova inequivocabile la circostanza che la contribuente con tale motivo richiama, reiteratamente, la mancata e/o erronea valutazione delle risultanze della perizia di parte a firma del AVV_NOTAIO;
7. il terzo motivo è infondato;
7.1. va premesso che in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, l’ art. 5 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dall’ art. 3,legge 24 novembre 1981, n. 689, stabili sce che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. Ciò va inteso nel senso della sufficienza della coscienza e della volontà, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa (o di un intento fraudolento), atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l’atto vietato a carico di chi lo abbia commesso, lasciando a costui l’onere di provare di aver agito senza colpa (Cass. 22890/2006; conf. 13068/2011; v. 4171/2009, sulla non necessità di un intento fraudolento). Mentre l’esimente della buona fede rileva solo se l’errore sia inevitabile, occorrendo che l’ignoranza dei presupposti dell’illecito sia incolpevole, cioè non superabile con l’uso della normale diligenza;
7.2. nel caso in esame, secondo quanto ricostruito nella sentenza impugnata, parte contribuente non ha né individuato obiettive ragioni di incertezza normativa né ha enucleato, adeguatamente ed in modo specifico, ragioni integranti l’asserita buona fede, ragionamento questo non inficiato dalle generiche contestazioni di parte ricorrente;
stante l’infondatezza dei motivi dedotti, dunque, il ricorso deve essere rigettato;
8.1. le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di euro 5.000,00 per compensi professionali, euro
200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge se dovuti; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione