Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14477 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14477 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso nr. 11566-2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo «RAGIONE_SOCIALE», rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende assieme agli AVV_NOTAIO NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME,
NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 4423/2022 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 14/11/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/5/2024 dal Consigliere Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva accolto l’appello del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 4582/2021 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE in accoglimento del ricorso proposto avverso diniego di rimborso IMU 2014;
la Società resiste con controricorso;
entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva
CONSIDERATO CHE
1.1. con unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione «degli artt. 8, comma 2, e 9, d.lgs. n. 23/2011, dell’art. 13, comma 2 e comma 3, lett. b), d.l. n. 201/2011 e dell’art. 1, comma 675, l. n. 147/2013 » e lamenta che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado abbia erroneamente ritenuto che sussistessero i presupposti per il pagamento dell’IMU nonostante « l’occupazione abusiva dell’Immobile da parte di svariate decine di soggetti, ai danni della Ricorrente medesima », come da quest’ultima denunciato alle autorità competenti;
1.2. in primo luogo occorre rilevare che, con ordinanze interlocutorie n. 9956 e 9957 del 13/4/2023), questa Sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3, 42 e 53 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, d.lgs. n. 23/2011 (nel testo applicabile ratione temporis ), nella parte in cui non prevede l’esenzione d’imposta nell’ipotesi di
occupazione abusiva dell’immobile che non possa essere liberato pur in presenza di denuncia agli organi istituzionali preposti, rimettendo, dunque, la relativa questione di legittimità costituzionale alla Corte Costituzionale;
1.3. la Corte Costituzionale, con la recente pronuncia n. 60 del 5/3/2024, ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2011, nel testo applicabile ratione temporis , sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 53, primo comma, Cost. affermando i seguenti principi: «Indipendentemente dalla nozione di possesso cui debba farsi riferimento a proposito dell’IMU, è irragionevole affermare che sussista la capacità contributiva del proprietario che abbia subito l’occupazione abusiva di un immobile che lo renda inutilizzabile e indisponibile e si sia prontamente attivato per denunciarne penalmente l’accaduto, tanto che il legislatore, come già rilevato, è intervenuto con la legge n. 197 del 2022 per dichiarare non dovuta l’imposta in questione. Emblematico è il caso oggetto dei giudizi a quibus in cui la società proprietaria aveva assunto tutte le necessarie iniziative per prevenire l’occupazione dell’immobile e aveva tempestivamente provveduto a denunciare all’autorità giudiziaria penale l’avvenuta occupazione contro la sua volontà. Benché nell’agosto 2013 fosse stato disposto un sequestro preventivo dell’immobile ex art. 321 del codice di procedura penale da parte del giudice per le indagini preliminari, lo stesso sequestro non aveva avuto esecuzione per ragioni di ordine pubblico. Pertanto, la società proprietaria non era riuscita a tornare nel possesso dell’immobile nonostante l’uso di una diligenza adeguata. Questa Corte ha costantemente affermato che «ogni prelievo tributario deve avere una causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza ( ex plurimis , sentenze n. 156 del 2001, n. 111 del 1997, n. 21 del 1996, n. 143 del 1995, n. 179 del 1985 e n. 200 del 1976)» (sentenza n. 10 del 2023) e ha sottolineato che «la sottrazione all’imposizione (o la sua riduzione) è resa necessaria dal rilievo di una minore o assente capacità contributiva (che il legislatore può riscontrare in relazione ad alcune circostanze di fatto)» (sentenza n. 120 del 2020). È dunque irragionevole e contrario al principio della capacità contributiva che il
proprietario di un immobile occupato abusivamente, il quale abbia sporto tempestiva denuncia all’autorità giudiziaria penale , sia, ciò nonostante, tenuto a versare l’IMU per il periodo decorrente dal momento della denuncia a quello in cui l’immobile venga liberato, perché la proprietà di tale immobile non costituisce, per il periodo in cui è abusivamente occupato, un valido indice rivelatore di ricchezza per il proprietario spogliato del possesso. Del resto, questa impostazione è coerente con una ipotesi impositiva per certi versi simile in cui, in caso di perdita della disponibilità del bene per fatto di terzo, l’ordinamento giuridico stabilisce il venir meno dell’obbligo del pagamento dell’imposta. È questo il caso della tassa automobilistica: l’art. 5 del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953 (Misure in materia tributaria), convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 1983, n. 53, stabilisce infatti, ai commi trentasettesimo e trentottesimo, che, nonostante il soggetto passivo sia il proprietario del bene, «a perdita del possesso del veicolo o dell’autoscafo per forza maggiore o per fatto di terzo o la indisponibilità conseguente a provvedimento dell’autorità giudiziaria o della pubblica amministrazione, annotate nei registri indicati nel trentaduesimo comma, fanno venir meno l’obbligo del pagamento del tributo per i periodi d’imposta successivi a quello in cui è stata effettuata l’annotazione. L’obbligo del pagamento ricomincia a decorrere dal mese in cui avviene il riacquisto del possesso o la d isponibilità del veicolo o dell’autoscafo». Deve pertanto affermarsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2011, nel testo applicabile ratione temporis , per violazione degli artt. 3, primo comma, e 53, primo comma, Cost., nella parte in cui non prevede che -sul modello dell’art. 1, comma 81, della legge n. 197 del 2022 citato dal rimettente -non sono soggetti all’imposta municipale propria, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli artt. 614, secondo comma, o 633 cod. pen. o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale»;
1.4. sulla scorta di quanto affermato dal Giudice delle leggi, ne consegue nel caso in esame la conformità della sentenza impugnata ai principi dianzi illustrati avendo la Corte di giustizia tributaria di secondo grado ritenuto legittima la tassazione dell’immobile della ricorrente, in «uno stato di forte degrado», con «documentata … attività di vandalismo all’interno degli edifici perpetrata da soggetti rimasti ignoti », al cui riguardo «…la società proprietaria …(aveva)… reiteratamente sporto denunciaquerela nei confronti di ignoti per una serie di reati, quali violazione di domicilio e danneggiamento», ritenendo che trattavasi di «iniziative affatto concretamente e nell’immediato finalizzate ad una acconcia protezione e conservazione del bene», affermando altresì che fosse escluso uno «spossessamento in danno del proprietario laddove …(erano stati)… meramente addotti occasionali bivacchi notturni, atteso che a questi ultimi si sarebbe potuto agevolmente ovviare con un intervento a tutela su iniziativa privata e senza attendere quello delle Forze dell’Ordine, non trattandosi certo di ipotesi analoga a quella di uno sgombero di famiglie occupanti abusivamente uno stabile civile»;
1.5. la Corte di giustizia tributaria di secondo grado, con valutazione in fatto insindacabile nella presente sede, ha così escluso che la ricorrente abbia subì to l’occupazione abusiva dell’immobile -tale da renderlo quindi inutilizzabile e indisponibile -evidenziando anche il documentato stato di abbandono dell’immobile , avendo i Giudici di appello posto in rilievo che la Società non aveva «negli anni affatto assunto iniziative per salvaguardare il proprio (non irrilevante) patrimonio immobiliare», come dimostrato « … anche dalle comunicazioni inviate dal RAGIONE_SOCIALE alla società in parola con ‘invito’ a porre in essere specifiche attività di manutenzione, quali ripristino di parte della recinzione divelta, pulizie interne con rimozione di quanto ivi abbandonato, derattizzazione, eliminazione della vegetazione incolta ecc., ossia a procedere a quegli interventi essenziali non solo al decoro urbano e alla salute e sicurezza dei cittadini ma, anche se non ancora prima, alla conservazione di un bene immobile suscettibile per il proprietario di procurare un reddito o di essere immesso sul mercato delle compravendite»;
1.6. emerge, parimenti, dall’accertamento in fatto compiuto dai Giudici di merito, insindacabile in sede di legittimità, che non risultava che la Società avesse «approntato qualche strumento difensivo per impedire l’illegittimo ingresso di persone estranee e di malintenzionati (es. riparazione della recinzione, potenziamento dell’illuminazione notturna, vigilanza affidata a terzi, radicale eliminazione della vegetazione incolta ecc.), con la conseguenza che proprio detta incuria e il totale disinteresse …(avevano)… condotto a uno stato di evidente abbandono …» , il che esclude, pertanto, l ‘uso di una diligenza adeguata da parte della proprietaria;
1.6. con riguardo, poi, alla doglianza circa la mancata erronea applicazione, da parte della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della riduzione prevista dall’art. 13, comma 3, lett. b, del d.l. n. 201 del 2011 (conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011), va evidenziato che, come recentemente affermato da questa Corte (cfr. Cass. n . 5804 del 24/02/2023), devono considerarsi inagibili o inabitabili, e di fatto non utilizzati, i fabbricati per i quali vengano a mancare i requisiti di cui all’articolo 24, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 e quindi, nello specifico, gli immobili che presentino un degrado fisico sopravvenuto (fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente) o un’obsolescenza funzionale, strutturale e tecnologica, non superabile con interventi di manutenzione, ordinaria o straordinaria;
1.7. nel caso in esame, con valutazione in fatto parimenti non sindacabile in questa sede, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha evidenziato come «la società contribuente …(intendesse)… far valere come inagibilità strutturale una situazione … originatasi a causa della propria incuria, niente affatto incidente sulla stabilità degli edifici (fondamenta, muri portanti o perimetrali, coperture ecc.) bensì, e solo, sulla normale fruibilità del compendio in quanto variamente danneggiato nel tempo e privato, ad opera di ignoti, di parti meramente accessorie (tratti di recinzione, illuminazione, arredi dei bagni ecc.), così da essere divenuto fatiscente», correttamente escludendo quindi i presupposti per l’applicazione della richiesta esenzione;
sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso va pertanto integralmente respinto;
le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del RAGIONE_SOCIALE controricorrente, liquidate in misura pari ad Euro 7.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da