Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18946 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18946 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 10/07/2025
ICI IMU Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12324/2024 R.G. proposto da Circolo Montecitorio –RAGIONE_SOCIALE -(80408740589), in persona del suo Presidente p.t. , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALEEMAIL;
-ricorrente –
contro
Roma Capitale (02438750586), in persona del suo Sindaco p.t ., rappresentata e difesa dall’ avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAILcomuneEMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 6866/2023, depositata il 30 novembre 2023, della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio;
Udita la relazione della causa, svolta nella pubblica udienza del 27 maggio 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME per delega dell’avvocato NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 6866/2023, depositata il 30 novembre 2023, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto dal Circolo Montecitorio (ASD), così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di due avvisi di accertamento emessi da Roma Capitale per la ripresa a tassazione della TASI e dell’IMU dovuta dal contribuente per l’anno 2014.
1.1 -Per quel che qui ancora rileva, a fondamento del decisum il giudice del gravame ha considerato che:
sussisteva, nella fattispecie, la contestata soggettività passiva in quanto, come rilevato dalla giurisprudenza di legittimità, la concessione di bene del patrimonio indisponibile aveva ad oggetto, al pari della concessione di aree demaniali, un bene pubblico e (così) ricorreva una eadem ratio che giustificava un’interpretazione estensiva della disposizione normativa;
per di più, nel disciplinare di concessione dell’impianto sportivo, risultava «specificato che il concessionario è obbligato al pagamento di tutte le imposte, tasse e assicurazioni relativi all’impianto in concessione (cfr. all. 5 fascicolo telematico di primo grado). Pertanto, non sembra dubbio che il Circolo appellante è assoggettabile agli obblighi fiscali del concessionario, quand’anche si tratti di un’area e di un fabbricato
soggetta al regine della proprietà patrimoniale indisponibile, alla luce della giurisprudenza di legittimità richiamata e per gli stessi accordi tra ente concedente e soggetto concessionario»;
-l’attività svolta dal Circolo aveva natura commerciale in quanto «dalla documentazione versata in atti nel fascicolo telematico di primo grado, risultano tutta una serie di convenzioni onerose per l’uso delle aree e spazi in concessione al Circolo, per lo svolgimento di diverse pratiche sportive, con altri enti e/o associazioni, che svolgono attività sportiva in forma lucrativa, in quanto sono previste quote di pagamento non irrisorie e/o simboliche di frequenza dei corsi, il cui corrispettivo è pure parzialmente ‘riversato’ al Circolo stesso. Inoltre, questi altri enti e/o associazioni sportive hanno anche la facoltà di destinare ad eventuali partner commerciali degli spazi pubblicitari nelle aree di cui il Circolo ‘Montecitorio’ è concessionario (cfr. art. 10 della convenzione con asd RAGIONE_SOCIALE, art. 10 convenzione Progressive tennis asd). Sono anche previsti lo svolgimento di tornei sociali con quote di partecipazione a carico dei soci.»;
si trattava, pertanto, di un uso «prevalentemente in forma indiretta e lucrativa» del bene in concessione, «anche con servizio di ristorazione e/o somministrazione di pasti (cfr. artt. 6-7 convenzione con asd RAGIONE_SOCIALE)»;
-del pari destituita di fondamento rimaneva l’eccezione di giudicato esterno in quanto dall’esame dei precedenti giudiziari emergevano (mere) «valutazioni giuridiche» così che il giudicato non si era formato su «fatti storici».
-Il Circolo Montecitorio –RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di sette motivi, ed ha depositato memoria.
Roma Capitale resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 9, comma 1, secondo periodo, all’art. 23 Cost., agli artt. 12 e 14 delle “Preleggi”, ed alla l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 2, comma 4bis , assumendo, in sintesi, la ricorrente che -avuto riguardo all’espressa previsione della «concessione di aree demaniali» quale titolo identificativo della soggettività passiva del concessionario (art. 9, comma 1, cit.) -detta disposizione doveva essere sottoposta ad interpretazione (letterale) secondo il significato espresso dalle parole usate, considerato (anche) che laddove aveva inteso contemplare beni del patrimonio indisponibile il legislatore ne aveva operato espressa menzione (con riferimento, ad es., alla Tosap, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 38, comma 1, al cd. Cosap, di cui al d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63, all’imposta sulle concessioni di cui alla l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 2, commi 1 e 3); e che, ad ogni modo, veniva in considerazione una disposizione di imposizione da interpretare, pertanto, in termini tassativi in quanto non suscettibile di un’interpretazione estensiva (come del resto reso esplicito dalla nuova disposizione di cui alla l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 2, comma 4-bis), atteso anche che integrava comunque un’eccezione alla regola generale secondo la quale la soggettività passiva deve correlarsi alla titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale.
Soggiunge la ricorrente che i beni del patrimonio indisponibile, diversamente da quelli demaniali, non formano oggetto di un divieto di alienazione o di costituzione di diritti in favore di terzi, sono suscettibili di acquisto per usucapione e sinanche di espropriazione (d.P.R. 8 giugno 2011, n. 327, art. 4); e che -diversamente da quanto rilevato dal giudice del gravame -il règime legale dell’imposizione non poteva
essere surrogato dai meri accordi di parte secondo le valorizzate disposizioni del disciplinare di concessione.
-Il motivo è destituito di fondamento.
2.1 – Come la Corte ha avuto modo di statuire in più occasioni -con riferimento all’ICI ( d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 3, comma 2) ma secondo un principio di diritto applicabile anche in tema di IMU la cui disciplina espone una medesima disposizione (d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 9, comma 1) -«l’art. 18, comma 3, della l. n. 388 del 2000, nel modificare l’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, prevedendo che “nel caso di concessione su aree demaniali soggetto passivo è il concessionario”, ha reso quest’ultimo, a partire dall’annualità 2001, di applicabilità della nuova disciplina, obbligato non solo sostanziale, in sede di rivalsa del concedente, ma anche formale, facendo venir meno la necessità di accertare se la concessione attributiva del diritto di costruire immobili sul demanio avesse effetti reali, con conseguente tassabilità degli immobili ai fini ICI in capo al concessionario, od obbligatori, con l’opposta conseguenza dell’intassabilità.» (v. Cass., 10 dicembre 2010, n. 24969 cui adde , ex plurimis , Cass., 15 dicembre 2020, n. 28563; Cass., 10 aprile 2019, n. 10006).
E dalla cennata riconfigurazione della soggettività passiva ne è conseguita una rimodulazione dello stesso presupposto impositivo che, raccordato al possesso di immobili (d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 8, comma 2; art. 13, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214) , prescinde, per l’appunto, dalla titolarità di un diritto reale e (solo) si identifica col godimento del bene innestato nel rapporto concessorio.
In tema di ICI, -come ben rilevato dal giudice del gravame, – la Corte ha, quindi, statuito che, nel caso di concessione di beni del patrimonio indisponibile, sussiste la soggettività passiva del
concessionario ricorrendo l’ eadem ratio che ha giustificato la soggettività passiva del concessionario di beni demaniali, ai sensi del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 3, considerato che sia i beni demaniali che quelli del patrimonio indisponibile appartengono alla categoria generale dei beni pubblici e non sussistendo tra le due categorie una sostanziale differenza quanto alla funzione esercitata (Cass., 28 ottobre 2020, n. 23678).
2.2 -Secondo un consolidato, e risalente, orientamento interpretativo delle Sezioni Unite della Corte, l’attribuzione a privati dell’utilizzazione di beni del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato o dei Comuni, quale che sia la terminologia adottata nella convenzione ed ancorché essa presenti elementi privatistici, è sempre riconducibile, ove non risulti diversamente, alla figura della concessione-contratto, atteso che il godimento dei beni pubblici, stante la loro destinazione alla diretta realizzazione di interessi pubblici, può essere legittimamente attribuito ad un soggetto diverso dall’ente titolare del bene – entro certi limiti e per alcune utilità – solo mediante concessione amministrativa; ed in particolare si è rimarcato che nella figura della concessione-contratto «la Pubblica Amministrazione è titolare di una posizione particolare e privilegiata rispetto all’altra parte, in quanto dispone, oltre che dei diritti e della facoltà che nascono comunemente dal contratto, di pubblici poteri che derivano direttamente dalla necessità di assicurare il pubblico interesse in quel particolare settore, in cui la concessione è diretta a produrre i suoi effetti.» (v. Cass. Sez. U., 28 giugno 2006, n. 14865 cui adde Cass. Sez. U., 26 dicembre 2024, n. 34501; Cass. Sez. U., 12 ottobre 2020, n. 21991; Cass. Sez. U., 21 maggio 2019, n. 13664; Cass. Sez. U., 25 marzo 2016, n. 6019; v. altresì ex plurimis , nella giurisprudenza amministrativa, Consiglio di Stato, sez. VII, 19 maggio 2023, n. 4987).
Si è, altresì, rilevato che i poteri di autotutela amministrativa di cui all’art. 823, secondo comma, cod. civ. possono essere esercitati (anche) per il patrimonio indisponibile di cui all’art. 826 cod. civ. siccome funzionali ad un’esigenza di tutela correlata al pubblico servizio cui il bene è destinato (Cass. Sez. U., 26 dicembre 2024, n. 34501; Cass. Sez. U., 29 dicembre 2016, n. 27456; Cass. Sez. U., 18 ottobre 1986, n. 6129; Consiglio di Stato, sez. VII, 19 maggio 2023, n. 4987, cit.); nonché che -risultando i beni del patrimonio indisponibile insuscettibili di acquisto per usucapione (Cass., 12 luglio 2023, n. 19951; Cass., 27 febbraio 2012, n. 2962; Cass., 28 agosto 2002, n. 12608) -la loro declassificazione -al pari della loro ascrizione al patrimonio indisponibile che presuppone la ricorrenza del doppio requisito (soggettivo e oggettivo) costituito dalla manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico (e, perciò, di un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio) e dall’effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio -presuppone una manifestazione di volontà in tal senso espressa con un atto amministrativo, oltre alla materiale cessazione della destinazione del servizio cui il bene era destinato (Cass. Sez. U., 25 febbraio 2014, n. 4430; con riferimento alla declassificazione di beni costituiti in patrimonio indisponibile da una disposizione legislativa v., altresì, Cass., 25 ottobre 2023, n. 29560; Cass., 19 agosto 2020, n. 17308; Cass., 27 febbraio 2012, n. 2962).
2.3 -Sotto i profili appena esaminati e, in particolare, a riguardo del titolo di godimento del bene del patrimonio indisponibile, alcuna differenziazione si pone rispetto alla fattispecie oggetto di espressa previsione normativa («Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario.»; d.lgs. n. 23 del 2011, art. 9, comma 1, cit.); e la congiunzione delle due fattispecie in esame ancor
più rileva nell’identificazione del presupposto di imposta che lì e qui si raccorda al godimento di un bene oggetto di concessione amministrativa (per il rilievo che l’implicita designazione del soggetto passivo possa ricavarsi dalla chiara identificazione del presupposto di imposta v. Corte Cost., 29 marzo 1972, n. 56).
2.4 -Per quanto si sia, in effetti, affermato che le norme di imposizione sono di stretta interpretazione e che, pertanto, deve escludersi che la tassazione possa investire oggetti o soggetti non espressamente emergenti dal dato normativo espresso (v., in particolare, Cass. Sez. U., 22 settembre 2016, n. 18574; Cass. Sez. U., 3 giugno 2015, n. 11373) ciò non di meno pur si è rilevata, in tema di agevolazioni fiscali, l’amminissibilità di un’interpretazione tutta interna al dato normativo – avuto riguardo ai suoi segni letterali ed allo scopo perseguito dal legislatore, -così che «anche in presenza di disposizioni eccezionali o di carattere tassativo l’interprete è tenuto a ricercare, pur senza superarlo arbitrariamente, l’esatto valore semantico della formula legislativa al fine di stabilire se la regula juris debba essere “estesa” (o, più esattamente, dichiarata applicabile), secondo l’intenzione del legislatore, a casi che pur non risultando espressamente considerati nel testo della norma, debbono ritenersi in esso implicitamente compresi e disciplinati», alla stregua, quindi, di un’interpretazione volta ad enucleare la «massima capacità di espansione» del contenuto della disposizione normativa (v. Cass., 26 giugno 2020, n. 12777; Cass., 30 dicembre 2011, n. 30722; Cass. Sez. U., 20 ottobre 2010, n. 21493; Cass. Sez. U., 17 maggio 2010, n. 11930; Cass. Sez. U., 9 marzo 1990, n. 1919).
Né una siffatta operazione interpretativa si pone al di fuori dei limiti segnati dal dato normativo espresso (il possesso di beni immobili quale facoltà di godimento derivante da una concessione amministrativa), per di più prospettandosi un medesimo indice concreto rilevatore di
capacità contributiva che, in effetti, lì e qui si raccorda al ridetto godimento del bene oggetto di concessione.
2.5 -Può, dunque, enunciarsi il seguente principio di diritto: «In tema di IMU, sussiste la soggettività passiva del concessionario di beni del patrimonio indisponibile ricorrendo l’ eadem ratio della disposizione che ha individuato la soggettività passiva nel concessionario di beni demaniali (d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 9, comma 1), considerato che sia i beni demaniali che quelli del patrimonio indisponibile appartengono alla categoria generale dei beni pubblici, non sussistendo tra le due categorie una sostanziale differenza quanto alla funzione esercitata , e che il presupposto del tributo deve identificarsi, nell’uno così come nell’altro caso, nel godimento del bene oggetto di concessione.».
3. -Col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 329 e 324 cod. proc. civ. , ed all’art. 2909 cod. civ., assumendo, in sintesi, che doveva ritenersi formato il giudicato interno -in difetto di impugnazione, in via incidentale, da parte di Roma Capitale -sugli accertamenti svolti dal giudice di prime cure che, per l’appunto, aveva rilevato , nelle attività svolte da essa esponente, tanto l’insussistenza di un fine di lucro quanto l’applicazione « di una tariffa “calmierata” rispetto all’attività privata».
3.1 -Il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. sull’assunto che diversamente da quanto rilevato dal giudice del gravame -il giudicato esterno -che si era formato relativamente a quattro pronunce della Commissione tributaria regionale del Lazio (sentenza n. 5334/2021, del 23 novembre 2021, per l’ICI 2010; sentenza n. 4007/2021, del 10 settembre 2021, per
l’ICI 2011; sentenza n. 299/2022, del 21 gennaio 2022, per l’IMU 2012; sentenza n. 2303/2021, del 3 maggio 2021, per l’IMU 2013) involgeva tanto una qualificazione giuridica preliminare -relativa alla configurazione di essa esponente quale associazione sportiva dilettantistica senza scopo di lucro e, dunque, quale ente non commerciale, così come tratta dalle stesse disposizioni statutarie (che pur erano state in giudizio depositate), – quanto la stessa connotazione dei corrispettivi percepiti nella gestione di attività sportive che, in conformità alla predeterminazione tariffaria operata da Roma Capitale con determinazione dirigenziale (n. 149/2013), erano stati accertati come di natura simbolica (laddove l’attività non svolta a titolo gratuito).
3.2 -Col quarto motivo, la ricorrente ripropone la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., (questa volta) ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., con riferimento alle medesime decisioni di cui al terzo motivo di ricorso e sotto il profilo dell’ error in procedendo ascrivibile al disconoscimento del giudicato esterno operato dalla gravata sentenza.
-I tre motivi -che vanno congiuntamente esaminati siccome sottendono medesime questioni di fondo -sono destituiti di fondamento.
4.1 – Il quadro normativo di riferimento della fattispecie in contestazione espone i seguenti dati di regolazione:
– il d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 9, comma 8, espressamente rinvia, in tema di esenzioni dall’imposta municipale propria, al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i );
-del pari a detta disposizione rinvia l’esenzione prevista, con riferimento alla TASI (il cui presupposto impositivo, a sua volta, si raccorda a quello previsto per l’IMU; l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 669), dal d.l. 6 marzo 2014, n. 16, art. 1, comma 3, conv. in l. 2 maggio 2014, n. 68;
b. – il d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 91bis , conv. in l. 24 marzo 2012, n. 27, cit., ha quindi disposto nei seguenti termini:
«Al comma 1, lettera i ), dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, dopo le parole: “allo svolgimento” sono inserite le seguenti: “con modalità non commerciali”.» (comma 1);
-«Qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista, l’esenzione di cui al comma 1 si applica solo alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, se identificabile attraverso l’individuazione degli immobili o porzioni di immobili adibiti esclusivamente a tale attività. Alla restante parte dell’unità immobiliare, in quanto dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente, si applicano le disposizioni dei commi 41, 42 e 44 dell’articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286. Le rendite catastali dichiarate o attribuite in base al periodo precedente producono effetto fiscale a partire dal 1º gennaio 2013.» (comma 2);
«Nel caso in cui non sia possibile procedere ai sensi del precedente comma 2, a partire dal 1º gennaio 2013, l’esenzione si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile quale risulta da apposita dichiarazione. Con successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 17 agosto 1988, n. 400, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità e le procedure relative alla predetta dichiarazione, gli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione del rapporto proporzionale, nonchè i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla lettera i) del comma 1 dell’ articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come svolte con modalità non commerciali.» (comma 3, come modificato dall’articolo 9,
comma 6, del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, conv. in l. 7 dicembre 2012, n. 213);
in attuazione dell’art. 91 -bis , comma 3, cit., è stato adottato il d.m. 19 novembre 2012, n. 200, che, per quel che qui rileva, ha così disposto:
«1. Ai fini del presente regolamento si intende per: … attività sportive: attività rientranti nelle discipline riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) svolte dalle associazioni sportive e dalle relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi dell’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289» ;
-«1. Le attività istituzionali sono svolte con modalità non commerciali quando l’atto costitutivo o lo statuto dell’ente non commerciale prevedono:
il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonchè fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività ovvero altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente;
l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale;
l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente non commerciale in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga un’analoga attività istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge.» (art. 3);
«Lo svolgimento di attività sportive si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le medesime attività sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un corrispettivo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio» (art. 4, comma 6);
-il d.m. 26 giugno 2014 ha, poi, approvato il modello di dichiarazione «da utilizzare, a decorrere dall’anno di imposta 2012, ai sensi dell’articolo 91 -bis del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27», con le allegate istruzioni.
4.2 – La disposizione di cui al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i ), cit., è stata interpretata dalla Corte, secondo un risalente e consolidato orientamento interpretativo, nel senso che le previste esenzioni «presuppongono il ricorrere di una duplice condizione costituita dall’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dall’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito» (così Cass. Sez. U., 26 novembre 2008, n. 28160 cui adde , ex plurimis , Cass., 20 luglio 2016, n. 14913; Cass., 4 giugno 2014, n. 12495; Cass., 6 dicembre 2013, n. 27418; Cass., 11 maggio 2012, n. 7385); e si è, quindi, rimarcato che, ai fini dell’integrazione dell’esenzione, occorrono un requisito oggettivo -rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate dal legislatore ai fini dell’esenzione – ed un requisito soggettivo – costituito, a sua volta, dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali – (v., ex plurimis , Cass., 30 aprile 2019, n. 11409; Cass.,
20 luglio 2016, n. 14913; Cass., 4 maggio 2016, n. 8870; Cass., 8 luglio 2015, n. 14226; Cass., 21 marzo 2012, n. 4502).
Detti arresti sono stati ulteriormente ribaditi dalla Corte, anche in fattispecie perfezionatesi in epoca antecedente alla modifica normativa dell’art. 7, comma 1, lett. i ), cit., ad opera del d.l. n. 1 del 2012, art. 91bis , comma 1, cit., essendosi rilevato che il diritto all’esenzione dall’ICI presuppone che l’utilizzo, pur indiretto, dell’unità immobiliare avvenga con modalità non commerciali, così come ritenuto nella decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, al fine di evitare che il regime dell’esenzione si risolva in un aiuto di Stato; così che è necessario, al fine dell’esclusione del carattere economico dell’attività, che quest’ultima sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico (Cass., 30 settembre 2019, n. 24308; Cass., 5 settembre 2019, n. 22223; Cass., 15 marzo 2019, n. 7415; Cass., 8 luglio 2016, n. 13970).
Difatti, le disposizioni introdotte dal d.l. n. 1 del 2012, art. 91bis , cit., come la Corte ha in più occasioni rimarcato, risultavano specificamente dirette a rendere compatibile la disciplina interna con quella eurounitaria in tema di aiuti di Stato, essendosi rilevato che il diritto all’esenzione presuppone che l’utilizzo dell’unità immobiliare avvenga con modalità non commerciali, così come ritenuto nella decisione 2013/284/UE, del 19 dicembre 2012, della Commissione dell’Unione Europea, al fine di evitare che il regime dell’esenzione si risolva in un aiuto di Stato (v., ex plurimis , Cass., 27 luglio 2023, n. 22954; Cass., 14 settembre 2021, n. 24655; Cass., 30 settembre 2019, n. 24308; Cass., 5 settembre 2019, n. 22223; Cass., 15 marzo 2019, n. 7415; Cass., 8 luglio 2016, n. 13970).
La citata decisione della Commissione (v., altresì, CGUE, 6 novembre 2018, cause riunite da C-622/16P a C-624/16P, RAGIONE_SOCIALE, punti 103 ss.) – nel rimarcare che,
secondo la stessa giurisprudenza unionale, in tema di aiuti di Stato e di concorrenza, la nozione di impresa, a prescindere dal suo status giuridico, si correla allo svolgimento di un’attività economica (v. altresì, tra le tante, CGUE, 1 luglio 2008, procedimento C-49/07, MOTOE, punti 27 e 28; CGUE, 10 gennaio 2006, procedimento C-222/04, Ministero dell’Economia e delle Finanze, punti 107, 108, 122, 123; CGUE, 12 settembre 2000, procedimenti riuniti da C-180/98 a C-184/98, Pavlov e altri, punti 74 e 75) e che, pertanto, le finalità sociali, e di solidarietà, eventualmente perseguite non escludono la riconducibilità delle relative attività a detta nozione in quanto (anche) un’impresa che agisca senza fine di lucro può offrire beni e servizi sul mercato e, così, porsi in concorrenza con altre imprese -ha, difatti, considerato quale aiuto di stato, incompatibile con il mercato interno (art. 107 TFUE), l’esenzione ICI di cui al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i ), cit., e, per converso, lecita, perché non costituente aiuto di Stato, l’esenzione IMU che, seppur riconducibile alla sopra citata disposizione del d.lgs. n. 504, cit., art. 7, comma 1, conseguiva dalla rimodulazione regolatoria di quella stessa disposizione (ai sensi del d.l. n. 1 del 2012, art. 91bis , cit.).
4.3 -Si è, così, rimarcato, per un verso, che per corrispettivo simbolico deve intendersi quello caratterizzato da un ricavo irrisorio, marginale e del tutto residuale rispetto alla natura della prestazione, tale da non potersi porre in relazione con il servizio reso, in quanto avente natura meramente formale e utile a rendere la prestazione più prossima a un’erogazione gratuita che a quella sottoremunerata rispetto ai parametri medi di settore (così Cass., 2 ottobre 2023, n. 27821); e, per il restante, che l’accertamento r elativo alla ricorrenza dei cennati requisiti dell’esenzione non può essere esclusivamente correlato alla configurazione statutaria dell’ente e predica (diversamente), con onere della prova a carico del contribuente, una
verifica in concreto delle modalità non commerciali delle attività cui l’immobile è destinato (v., ex plurimis , Cass., 16 luglio 2019, n. 19072; Cass., 8 luglio 2015, n. 14226; Cass., 21 marzo 2012, n. 4502; Cass., 29 febbraio 2008, n. 5485; Cass., 26 ottobre 2005, n. 20776).
Da ultimo, la Corte ha altresì rilevato che l’utilizzo indiretto dell’unità immobiliare e, in particolare, la sua dazione in godimento a terzi, per una delle finalità contemplate dal d.lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i ), non è di ostacolo al riconoscimento dell’esenzione prevista da detta disposizione, a condizione che detto utilizzo avvenga con modalità non commerciali e, nello specifico, a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico; occorre, quindi, che, laddove pattuito, il canone «sia estremamente modesto e determinato prescindendo da ogni criterio di economicità, così da essere calcolato senza alcuna relazione con i costi di gestione del bene e di erogazione del servizio, al punto da neppure coprirli» .
4.4 -Tanto premesso in termini generali, va, quindi, rilevato – ora in relazione al secondo motivo di ricorso – che la pronuncia della
Commissione tributaria provinciale (allora) impugnata aveva disatteso il ricorso della contribuente rilevando, nello specifico, che «Allo stato, in mancanza della documentazione contabile, un rendiconto completo di spese e ricavi, un prospetto di quanti locali adibiti all’attività e quanti posti in locazione o affitto, e soprattutto quale destinazione solidaristica abbia l’eventuale utile con prova certa della distribuzione, il Collegio non ritiene possibile ritenere soddisfatto il requisito oggettivo per il riconoscimento dell’invocata (e se provata assolutamente spettante) esenzione dal pagamento dell’imposta TASI e IMU. ».
Formandosi, dunque, il giudicato sul rapporto sostanziale, così come delimitato dalla causa petendi e dall’oggetto della controversia, e, per dir meglio, su di una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza rappresentata da fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia (Cass., 7 novembre 2022, n. 32683; Cass., 19 ottobre 2022, n. 30728; Cass., 8 ottobre 2018, n. 24783), è del tutto evidente che, nella fattispecie, alcun giudicato si era formato su accertamenti che, involgendo l’uno dei cennati requisiti dell’esenzione (la qualificazione preliminare dell’ente), non integravano la fattispecie sostanziale costitutiva dell’esenzione che, come detto, presupponeva (anche e soprattut to) lo svolgimento dell’attività con modalità non commerciali.
4.4.1 -Quanto invece al giudicato esterno, di cui al terzo ed al quarto motivo, come anticipato quella che la ricorrente prospetta come qualificazione giuridica preliminare (involgente la configurazione dell’ente) non esaurisce ex se la causale di esenzione che, continuando a predicare lo svolgimento dell’attività con modalità non commerciali, introduce, per l’appunto, un elemento costitutivo di fattispecie a connotazione tendenzialmente non permanente siccome implicata una
concreta verifica su dette modalità e, come anticipato, la gratuità delle prestazioni ovvero la percezione di un corrispettivo simbolico.
Come, difatti, si è affermato in tema di efficacia espansiva esterna del giudicato – a partire dalla pronuncia delle sezioni unite 16 giugno 2006, n. 13916, l’efficacia ultrattiva del giudicato non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, ma ciò non di meno è prospettabile soltanto in relazione ad una pronuncia sul merito del rapporto di imposta, ed in relazione ai (soli) elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta «assumono carattere tendenzialmente permanente», non anche con riferimento ai fatti «non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo» (v., altresì, Cass., 16 maggio 2019, n. 13152; Cass., 3 gennaio 2019, n. 37; Cass., 1 luglio 2015, n. 13498; Cass., 30 ottobre 2013, n. 24433; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675; Cass., 22 aprile 2009, n. 9512).
E, con riferimento all’esenzione in esame, si è, per l’appunto, rilevato che il giudicato sulle modalità di esercizio di una determinata attività, che sono suscettibili di modificarsi nel tempo, non spiega efficacia espansiva negli altri periodi di imposta trattandosi di attività «destinate a rinnovarsi anno per anno con peculiari modalità e condizioni, che, quindi, devono essere accertate e valutate dal giudice di merito per ciascun anno di riferimento, non potendo essere ultrattivamente vincolanti gli accertamenti relativi ad anni precedenti» (Cass., 15 marzo 2019, n. 7417 cui adde Cass., 16 dicembre 2024, n. 32690).
I rilievi sin qui svolti risultano, poi, plasticamente restituiti (proprio) dai contenuti decisori che vengono in considerazione, emergendo dalle pronunce passate in giudicato lo svolgimento ( recte la gestione) di attività (se non a titolo gratuito) con percezione di tariffe predeterminate da Roma Capitale, così definite di natura simbolica,
laddove il giudice del gravame, come anticipato, ha rilevato che «dalla documentazione versata in atti nel fascicolo telematico di primo grado, risultano tutta una serie di convenzioni onerose per l’uso delle aree e spazi in concessione al Circolo, per lo svolgimento di diverse pratiche sportive, con altri enti e/o associazioni, che svolgono attività sportiva in forma lucrativa, in quanto sono previste quote di pagamento non irrisorie e/o simboliche di frequenza dei corsi, il cui corrispettivo è pure parzia lmente ‘riversato’ al Circolo stesso. Inoltre, questi altri enti e/o associazioni sportive hanno anche la facoltà di destinare ad eventuali partner commerciali degli spazi pubblicitari nelle aree di cui il Circolo ‘Montecitorio’ è concessionario (cfr. art. 10 della convenzione con asd CMC, art. 10 convenzione Progressive tennis asd). Sono anche previsti lo svolgimento di tornei sociali con quote di partecipazione a carico dei soci.»; così che (in disparte il riferimento, di cui in immediato seguito si dirà, al «servizio di ristorazione e/o somministrazione di pasti») veniva in rilievo un uso «prevalentemente in forma indiretta e lucrativa» del bene in concessione.
5. -Col quinto motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.m. 19 novembre 2012, n. 200, art. 3, sull’assunto che come accertato dalle pronunce passate in giudicato e come, del resto, emergeva dalla documentazione statutaria versata al giudizio -illegittimamente il giudice del gravame aveva disconosciuto la natura non commerciale del Circolo Montecitorio le cui disposizioni statutarie risultavano pienamente conformi alle prescrizioni di cui all’art. 3, cit.
5.1 -Il sesto motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.m. 19 novembre 2012, n. 200, art. 4, comma 6, assumendo la ricorrente -sulla premessa che le attività assentite
dall’art. 7, comma 1, lett. i ), d.lgs. n. 504 del 1992, cit., non debbono essere svolte necessariamente «a titolo gratuito, potendo le medesime attività essere esercitate anche dietro l’applicazione di compensi simbolici», – da un lato, che l’ organizzazione di tornei sociali «non a titolo gratuito ma con quote di partecipazione a carico dei soci non implica di per sé il venir meno della condizione dello svolgimento con modalità non commerciali delle attività sportive » e, dall’altro, che i compensi percepiti nella gestione delle attività sportive non erano autodeterminati da essa esponente (dunque in funzione dei costi), dovendo trovare applicazione le tariffe «determinate e imposte dal Dipartimento dello Sport di Roma Capitale in forza dell’art. 8 del “Regolamento per gli impianti sportivi di proprietà comunale”».
5.2 -Col settimo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 115, primo comma, cod. proc. civ ., ed all’art. 2712 cod. civ., assumendo, in sintesi, che l’oggetto di imposizione era stato identificato (in avvisi di accertamento) con l’unità immobiliare censita in catasto in categoria C/4 (fol. 530, p.lla 116) e che, nel giudizio di primo grado, – a fronte del riscontro documentale (fotografico) offerto da essa esponente quanto alla destinazione di detto immobile a «locali attrezzati a “palestra”» – Roma capitale né aveva contestato detta deduzione né aveva eccepito «la presenza all’interno dello stesso di un’attività di ristorazione e/o di somministrazione di pasti.».
Ne, conseguiva, pertanto l’illegittimità del rilievo svolto dalla gravata sentenza quanto allo svolgimento del «servizio di ristorazione e/o somministrazione di pasti», rilievo che non corrispondeva ad alcuna delle deduzioni delle parti e rimaneva in contrasto con le allegazioni, e produzioni, probatorie non oggetto di contestazione.
-Nemmeno questi motivi -che vanno anch’essi congiuntamente esaminati -possono trovare accoglimento.
6.1 -Quanto al quinto motivo, ed in ragione di quanto già partitamente osservato in punto di requisiti di integrazione dell’esenzione in contestazione tra le parti, ne va rilevata l’inammissibilità in quanto alla stessa stregua degli accertamenti in fatto svolti dalla gravata sentenza -il motivo espone una censura che involge (solo) un profilo della fattispecie di esenzione -quello afferente ai cd. requisiti generali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali (d.m. n. 200 del 2012, art. 3, cit.) -che, come anticipato, non risolve l’intera fattispecie la quale presuppone (anche) lo svolgimento di attività sportive con modalità non commerciali (d.m. cit., art. 4, comma 6).
6.2 – Del pari inammissibile è il sesto motivo nella misura in cui, sotto il velo della denuncia di violazione di legge, si sottopone alla Corte un (non consentito) riesame del merito della controversia.
Per di più, come si è già rilevato, il giudice del gravame ha specificamente dato conto delle ragioni in forza delle quali la gestione dell’attività sportiva non poteva essere ricondotta all’àmbito di applicazione dell’esenzione, ricorrendo un uso commerciale del bene per «tutta una serie di convenzioni onerose per l’uso delle aree e spazi in concessione al Circolo, per lo svolgimento di diverse pratiche sportive, con altri enti e/o associazioni, che svolgono attività sportiva in forma lucrativa, in quanto sono previste quote di pagamento non irrisorie e/o simboliche di frequenza dei corsi, il cui corrispettivo è pure parzialmente ‘riversato’ al Circolo stesso »; oltrechè per un uso commerciale degli spazi concessi ad «altri enti e/o associazioni sportive hanno anche la facoltà di destinare ad eventuali partner commerciali degli spazi pubblicitari nelle aree di cui il Circolo
‘Montecitorio’ è concessionario (cfr. art. 10 della convenzione con asd CMC, art. 10 convenzione Progressive tennis asd).».
E ne consegue, allora, che lo stesso contenuto del motivo di ricorso – che ha riguardo alla rilevata organizzazione di tornei sociali, ed alla predeterminazione delle tariffe, -nemmeno attinge, nella sua complessiva estensione, l’ accertamento operato dal giudice del gravame che, in buona sostanza, ha rilevato un uso «prevalentemente in forma indiretta e lucrativa» del bene in concessione, tale da escluderne la legittima riconduzione alla reclamata esenzione.
6.3 -Analoghi rilievi vanno, da ultimo, svolti con riferimento al settimo motivo che – in disparte gli stessi limiti di agibilità del principio di non contestazione in fattispecie connotata dall’indisponibilità del diritto controverso (v., ex plurimis , Cass., 26 luglio 2023, n. 22694; Cass., 18 maggio 2018, n. 12287; Cass., 6 febbraio 2015, n. 2196) -anch’esso attinge un profilo del contestato accertamento senza esaurirne la complessiva portata che, val bene ribadire, si incentra sul rilevato uso indiretto, e lucrativo, del bene in concessione.
– Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate, tra le parti, avuto riguardo alla novità della quaestio iuris definita in relazione al primo motivo di ricorso mentre, nei confronti di parte ricorrente, sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il proposto ricorso, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte
-rigetta il ricorso;
-compensa integralmente, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il proposto ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 maggio 2025.