Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27811 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 27811 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 18/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28465/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) -controricorrente- avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 1759/2021 depositata il 31/03/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo, respinti gli altri.
Sentiti i difensori RAGIONE_SOCIALE parti.
FATTI DI CAUSA
1.La società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento per l’Imu 2016 con cui RAGIONE_SOCIALE Capitale le contestava il mancato pagamento dell’imposta in relazione alla zona demaniale marittima ed allo specchio d’acqua ad essa antistante, ubicati in località Idroscalo di Ostia – ove la società gestiva il porto turistico in virtù di concessione ad essa trasferita dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2008 -eccependo l’illegittimità dell’avviso per violazione dell’art.51, comma 3 bis, del d.lgs.n.159/2011 (codice RAGIONE_SOCIALE leggi antimafia), in base al quale, durante la vigenza di un provvedimento di sequestro e di confisca, è sospeso il versamento di imposte, tasse e tributi dovuti con riferimento agli immobili assoggettati a tali misure. La norma avrebbe dovuto quindi applicarsi alla fattispecie de qua posto che la ricorrente era stata assoggettata, con provvedimento n.145/2016 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE a misure di prevenzione ex artt. 16 e 20 del d.lgs n. 159/2011.
Deduceva altresì che, in virtù della determinazione n. B0892 della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 29.11.2008, era succeduta alla RAGIONE_SOCIALE nella concessione per l’occupazione e l’uso di una zona demaniale marittima e di uno specchio d’acqua, per una superficie complessiva di mq 206.000, in forza dell’accordo sottoscritto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dal Comune RAGIONE_SOCIALE, dal RAGIONE_SOCIALE e dal RAGIONE_SOCIALE in data 27 luglio 2000.
2.La Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 1465/40/2019, emessa in data 13.12.2018 e depositata in data 01.02.2019, respingeva il ricorso della società.
3.La società RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, ritenendo erronea la sentenza di primo grado nella parte in cui non aveva considerato l’illegittimità dell’avviso di accertamento emessi in violazione dell’art. 51 comma 3 bis del d.lgs, 59/2011.
La Commissione Tributaria Regionale del RAGIONE_SOCIALE -sede di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n.1759/07/2021, emessa in data 22/03/2021 e depositata in data 31/03/2021, respingeva l’appello e compensava le spese di lite.
La ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha proposto ricorso in Cassazione affidato a tre motivi, illustrati con memorie difensive. Replica con controricorso il Comune di RAGIONE_SOCIALE.
Il P.G., nel ribadire la requisitoria scritta, ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo di ricorso del ricorso, respinti i restanti mezzi.
MOTIVI DI DIRITTO
1. Il primo motivo, proposto in relazione all’art.360, primo comma, n.3, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 51, comma 3-bis, 52, 57, 58 e 59 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (c.d. ‘Codice RAGIONE_SOCIALE leggi antimafia’), 104 -bis disp. att. cod. proc. pen. e 321 cod. proc. pen., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che « il provvedimento con cui è stato posto sotto sequestro l’intero patrimonio della RAGIONE_SOCIALE è stato emesso dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE -Sez. Misure di prevenzione in data 19 luglio 2016, mentre il periodo di imposta di cui qui si discute è il primo periodo dell’anno 2016 (gennaio – 19 luglio). che preso atto del suddetto provvedimento di sequestro
Appare pertanto pienamente legittimo l’operato dell’Ente impositore ha liquidato l’imposta fino al 19 luglio 2016, data a partire dalla quale
il pagamento del tributo risulta sospeso …» La ricorrente obietta che non rileva l’anno d’imposta oggetto dell’avviso, ma il tempo in cui è stata richiesta la riscossione da parte dell’ente impositore, poiché la richiesta di versamento di IMU, sanzioni e interessi è avvenuta mentre la società RAGIONE_SOCIALE era soggetta a misure di prevenzione (sequestro dal 19 luglio 2016 e successiva confisca), allorquando l’ente impositore non avrebbe potuto chiedere il pagamento.
A conferma della prospettazione difensiva evidenzia che un sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. dell’intero patrimonio immobiliare della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era già stato disposto il 22 luglio 2015, con la conseguenza che nessuna pretesa poteva essere avanzata. Si osserva, di poi, che l’art. 52 del d.lgs. n. 159 del 2011 impone una specifica procedura per l’accertamento dei crediti di terzi (inclusi i crediti tributari) sui beni sequestrati o confiscati, la quale prevede la presentazione, da parte dei creditori, di una domanda di ammissione, che deve essere verificata ed eventualmente ammessa da un giudice delegato.
In contrasto con detta disposizione, RAGIONE_SOCIALE Capitale ha notificato l’avviso di accertamento nonostante fosse stata regolarmente informata dell’udienza per la verifica dei crediti e del deposito dello stato passivo, ed omettendo di presentare istanza di accertamento dei propri crediti nell’ambito della procedura di prevenzione e anche di proporre opposizione allo stato passivo dove i suoi crediti non sono stati ammessi.
La difesa invoca altresì l’applicazione dell’art. 104 -bis disp. att. c.p.p., il quale estende le disposizioni del Codice antimafia relative all’amministrazione dei beni e alla tutela dei terzi anche ai sequestri preventivi ex art. 321 c.p.p.
2.Il primo motivo è infondato.
2.1.Parte ricorrente non contesta tanto la validità intrinseca dell’IMU fino al 19.7.2016, data dell’adozione del sequestro
preventivo, quanto, piuttosto, la legittimità della pretesa di pagamento avanzata da RAGIONE_SOCIALE Capitale in epoca successiva alla sottoposizione della società a misura di prevenzione. L’argomento si posa sulla circostanza che, anche se il presupposto impositivo è anteriore, la richiesta di versamento (tramite l’avviso di accertamento) è avvenuta durante la vigenza RAGIONE_SOCIALE misure.
2.2 .Detto profilo censorio è privo di pregio, atteso che l’art. 51, comma 3- bis, del d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, ha introdotto ‘un regime fiscale speciale per i beni immobili oggetto dei provvedimenti di sequestro e confisca non definitiva’ (secondo la valutazione datane dal paragrafo 23 della circolare emanata dall’RAGIONE_SOCIALE il 30 dicembre 2014 n. 31/E) che non implica la sospensione della potestà di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte, RAGIONE_SOCIALE tasse e dei tributi relativi ad immobili, il cui presupposto sia costituito dalla proprietà o dal possesso dei medesimi, limitandosi a disporre solamente la ‘sospensione’ del relativo pagamento (in luogo dell’ ‘esenzione’), in relazione ai crediti tributari maturati durante la vigenza dei provvedimenti di sequestro e confisca, fermo restando l’obbligo di adempiere agli ulteriori oneri fiscali, compresi quelli dichiarativi, durante la vigenza di detti provvedimenti.
2.3.Emerge dal testo della sentenza impugnata che il provvedimento con il quale è stato posto sotto sequestro l’intero patrimonio della RAGIONE_SOCIALE è stato emesso dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE -Sez. Misure di prevenzione in data 19 luglio 2016, ancorchè dalla narrazione RAGIONE_SOCIALE vicende giudiziarie sviluppata dalla ricorrente risulterebbe un precedente sequestro dei beni adottato in data 26 maggio 2014 dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, circostanza che tuttavia risulta prospettata per la prima volta in questa sede.
2.4.Da tale rilievo consegue, sul piano fattuale, che la pretesa fiscale, relativa al periodo gennaio – luglio 2016 è anteriore all’adozione della predetta misura patrimoniale di prevenzione.
2.5.Secondo questa Corte, in tema di assoggettamento ad imposizione dei beni sottoposti a misura di prevenzione, la cognizione del giudice ordinario nel procedimento previsto dall’art. 57 e ss. del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per l’accertamento e la soddisfazione in ambito concorsuale dei creditori anteriori, non esclude la cognizione del giudice tributario sulla legittimità formale e sostanziale dell’atto impositivo, i cui presupposti siano maturati in data anteriore all’adozione della misura di prevenzione (così Cass. n. 30483/2024; Cass. n. 1898/2024; Cass. n. 27515/2023, che richiama Cass. n. 3356/2022; Cass. n. 3757/2022). Infatti, la lettera dell’art. 51, comma 3-bis, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (con il riferimento alla «vigenza dei provvedimenti di sequestro e confisca» ed alle «imposte, tasse e tributi, dovuti per il periodo di durata dell’amministrazione giudiziaria») evidenzia univocamente come la sospensione non riguardi i crediti, anche tributari, anteriori al sequestro preventivo. Per cui, nessuna incidenza può attribuirsi alla disposizione normativa in ordine alla conservazione o alla caducazione dell’atto impositivo, allorquando i relativi presupposti si riferiscano ad epoca anteriore all’adozione della misura di prevenzione.
2.6 .Non può essere, difatti, condivisa l’argomentazione secondo la quale il Comune avrebbe dovuto insinuarsi nella procedura di ammissione dei crediti.
2.7.Una sommaria comparazione dei testi del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, artt. 57 -65 (c.d. ‘Codice antimafia’), del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 92 -103 (c.d. ‘Legge fallimentare’) e del d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, artt. 205 -215 (c.d. ‘Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza’) evidenzia un chiaro parallelismo tra le procedure concorsuali, che sono finalizzate ad assicurare un sistema unitario di accertamento e soddisfazione dei crediti e dei diritti vantati nei confronti di imprenditori o società per le ipotesi di sottoposizione a misura di prevenzione, di
dichiarazione di fallimento o di dichiarazione di liquidazione giudiziale, attraverso una sequenza di fasi articolate secondo un modello uniforme ed omogeneo (individuazione e informazione degli aventi diritto; presentazione, verifica ed ammissione RAGIONE_SOCIALE domande; formazione, discussione ed approvazione dello stato passivo; impugnazioni; presentazione ed esame RAGIONE_SOCIALE domande tardive), su impulso di un organo nominato dal tribunale procedente e sotto il controllo di un giudice delegato alla procedura( v. Cass. n. 3737/2022). Chiamato a decidere sulla specifica questione se, per ottenere l’ammissione al passivo fallimentare, occorra la notificazione degli avvisi di addebito e di quelli di accertamento esecutivo da queste norme regolati, il giudice di legittimità (Cass. n. 11234/11; n. 15834/18; n. 25897/20; conf., in relazione all’art. 168 L. Fall., Cass. n. 24427/08; coerente, n. 4564/20) ha stabilito che, ai fini dell’ammissibilità della domanda di insinuazione proposta dall’agente della riscossione e della verifica in sede fallimentare del diritto al concorso del credito tributario o di quello previdenziale, non occorre che l’avviso di accertamento o quello di addebito contemplati del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, artt. 29 e 30 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, siano notificati, ma è sufficiente la produzione dell’estratto di ruolo. Difatti, tale asserto non smentisce che la cognizione del giudice fallimentare sui crediti tributari rimane, comunque, limitata all’accertamento dell’idoneità del titolo ed alla collocazione della pretesa fiscale all’interno del passivo concorsuale.
2.8 . Consegue che, nel caso di contestazione sull’ an o sul quantum della pretesa fiscale, l’ente impositore non può prescindere dalla precostituzione di un titolo idoneo dinanzi al giudice tributario per la successiva insinuazione al passivo concorsuale dinanzi al giudice fallimentare.
2.9.Analogamente, quindi, in caso di soggezione a sequestro di prevenzione del patrimonio del contribuente, la cognizione del giudice ordinario nel procedimento previsto dal d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, artt. 57 ss. per l’accertamento e la soddisfazione in ambito concorsuale dei creditori anteriori non esclude la cognizione del giudice tributario sulla legittimità formale e sostanziale dell’atto impositivo, i cui presupposti siano maturati in data anteriore all’adozione della misura di prevenzione (v. Cass., Sez. T., 25 settembre 2023, n. 27515 e le pronunce richiamate da Cass., Sez. 6/5, 3 febbraio 2022, n. 3356 cit.). In questa prospettiva, la procedura di sequestro non attrae nel suo ambito la definizione RAGIONE_SOCIALE controversie in materia d’imposte, per cui resta devoluto in via esclusiva alla giurisdizione RAGIONE_SOCIALE commissioni tributarie l’accertamento RAGIONE_SOCIALE obbligazioni concernente un periodo d’imposta tributaria sorte in epoca antecedente all’adozione della misura di prevenzione (v. Cass., Sez. T., 25 settembre 2023, n. 27515 cit. che richiama Cass., Sez. V, 3 aprile 2006, n. 7791).
2.10.Da quanto esposto deriva che l’adozione di una misura di prevenzione non inibisce l’esercizio del potere di accertamento da parte dell’ente impositore e, per conseguenza, non esonera l’amministratore giudiziario della società prevenuta dall’impugnazione dell’atto impositivo dinanzi al giudice tributario per contestare l’an e/o il quantum della pretesa fiscale, i cui presupposti siano insorti in epoca antecedente alla misura di prevenzione (così Cass., Sez.- T. 25 settembre 2023, n. 27515 cit. che richiama Cass., Sez. 6/5, 3 febbraio 2022, n. 3356; nello stesso, amplius, Cass., Sez. T., 18 gennaio 2024, n. 1898; Cass. n. 30483 del 2024).
2.11 . Pertanto, la sentenza d’appello – che afferma la sussistenza del potere impositivo del Comune per il periodo di imposta precedente al sequestro – ha statuito conformemente ai principi affermati da questa Corte.
3.Con il secondo motivo di censura, parte ricorrente, nel richiamare gli artt. 13, comma 2, d.l. n. 201 del 2011, 8, comma 2, d.lgs. n. 23 del 2011 che individuano il presupposto dell’IMU nel possesso di immobili nonché l’art. 9, comma 1, d.lgs. n. 23 del 2011 (e i Regolamenti IMU di RAGIONE_SOCIALE Capitale) – che indica come soggetti passivi il proprietario o il titolare di un diritto reale -deduce che la società contribuente, in quanto successore della RAGIONE_SOCIALE, ha realizzato un porto turistico acquisendo una proprietà superficiaria sui manufatti costruiti sull’area demaniale, con durata pari a quella della concessione (50 anni). A tal ultimo proposito, la società ricorrente sostiene che il diritto acquisito con la concessione è assimilabile a un diritto di superficie. A supporto di ciò, cita Cass. n. 9935 del 16 aprile 2008, secondo cui il concessionario di area demaniale che edifica è titolare di una vera e propria proprietà superficiaria, seppur temporanea, nonché la Risoluzione n. 1/DPF20528 del 6 marzo 2003 del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, secondo cui, se la concessione prevede la costituzione di un diritto di superficie, il concessionario è tenuto al pagamento dell’ICI (oggi IMU) in qualità di superficiario, non semplicemente come concessionario di area demaniale. Si argomenta che la modifica del 2000 (che ha aggiunto il concessionario come soggetto passivo) si riferisce al ‘mero concessionario’ e non a chi detiene un diritto di superficie. Soggiunge che la RAGIONE_SOCIALE, (e quindi la RAGIONE_SOCIALE), ha ceduto a terzi la quasi totalità della proprietà superficiaria e/o del diritto di utilizzo degli immobili realizzati nel RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, con la conseguente soggettività passiva dei terzi cessionari, in base all’art. 9, comma 1, primo periodo, d.lgs. n. 23/2011 (e ai regolamenti comunali), i soggetti passivi dell’IMU sono i terzi cessionari, in quanto titolari del diritto di superficie su quegli immobili.
3.1. Il complesso motivo di censura non ha pregio.
3.2. Emerge dalle allegazioni RAGIONE_SOCIALE parti e dalla documentazione allegata a supporto del ricorso per cassazione che:
con rogito redatto in forma pubblica amministrativa il 30 ottobre 2001, reg. n. 129, rep. n. 359, la RAGIONE_SOCIALE aveva concesso alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ l’occupazione e l’uso (per la durata di 50 anni) di una zona marittima demaniale con l’antistante specchio d’acqua in RAGIONE_SOCIALE alla località Idroscalo di Ostia per la realizzazione e la gestione di un porto turistico, con la «facoltà di provvedere all’assegnazione dei posti di ormeggio e RAGIONE_SOCIALE aree di servizio a terra, entro il limite di nove decimi dei posti barca disponibili», secondo le prescrizioni del ‘regolamento per l’esercizio e l’uso del porto di RAGIONE_SOCIALE‘ (già approvato con decreto reso dalla RAGIONE_SOCIALE il 12 dicembre 2000, n. 53);
che, anche in forza del successivo accordo di programma tra la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il Comune RAGIONE_SOCIALE, il RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE il 27 luglio 2000, la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva realizzato il c.d. ‘RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘, costituito da posti -barca, box, posti-auto e locali commerciali, acquisendo sui manufatti realizzati sull’area demaniale ottenuta in concessione la proprietà superficiaria per una durata corrispondente a quella della concessione stessa;
-che, con una serie di atti notarili di cessione, la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva trasferito a terzi «la proprietà superficiaria e/o il diritto di utilizzo» (sempre per la durata di 50 anni) sulla quasi totalità dei beni facenti parte del c.d. ‘RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘;
che, con determinazione resa dal dirigente responsabile del Dipartimento del RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’1 marzo 2007, n. NUMERO_DOCUMENTO, la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (all’epoca, in bonis) era
stata autorizzata a subentrare in luogo della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nella predetta concessione;
che, con decreto reso dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE -Sezione Misure di Prevenzione il 19 luglio 2016, n. 145, la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ era stata sottoposta alla misura preventiva del sequestro del capitale (a fini di confisca) con la nomina di un amministratore giudiziario;
che, con decreto reso dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE -Sezione Misure di Prevenzione il 20 dicembre 2018, n. 201, il sequestro era stato tramutato in confisca.
3.3. Secondo la prospettazione della ricorrente, soggetto passivo di imposta è il titolare del diritto di superficie, nel caso di specie trasferito a terzi con gli atti di cessione indicati in ricorso e ad esso allegati, in guisa che la titolarità passiva dell’imposta risulta traslata sugli acquirenti, alla stregua del disposto dell’art. 9, comma 1, primo periodo, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (al pari dell’art. 5, comma 1, del regolamento IMU di RAGIONE_SOCIALE Capitale), a tenore del quale: «Soggetti passivi dell’imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi».
3.4. L’argomentazione non è condivisibile.
3.5. In primo luogo, con riguardo all’ICI, l’art. 3, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nel testo introdotto -con decorrenza dall’1 gennaio 2001 – dall’art. 18, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dispone che: «Nel caso di concessione su aree demaniali soggetto passivo è il concessionario».
3.6. In proposito, questa Corte ha affermato che il cit. art. 18, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nel modificare l’art. 3, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, ha reso
quest’ultimo, a partire dalla data di applicabilità della nuova disciplina (cioè, dall’annualità 2001), obbligato non solo sostanziale, in sede di rivalsa del concedente, ma anche formale, facendo venir meno la necessità di accertare se la concessione attributiva del diritto di costruire immobili sul RAGIONE_SOCIALE avesse effetti reali, con la conseguente tassabilità degli immobili ai fini dell’ICI in capo al concessionario, od obbligatori, con l’opposta conseguenza dell’intassabilità (Cass., Sez. 5^, 10 dicembre 2010, n. 24969; Cass., Sez. 5^, 23 novembre 2018, n. 30361; Cass., Sez. 5^, 4 aprile 2019, n. 9429; Cass., Sez. 5^, 10 aprile 2019, n. 10006; Cass., Sez. 5^, 15 aprile 2019, n. 9978; Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2020, n. 28563; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9978; Cass., Sez. Trib., 13 aprile 2023, nn. 9906, 9918, 9928, 9943, 9948 e 9951; Cass., Sez. Trib., 19 aprile 2023, n. 10577; Cass., Sez. Trib., 12 novembre 2024, n. 29225; Cass. 24 aprile 2025, n. 11000).
3.7. Come è reso palese dal tenore letterale della disposizione normativa, con decorrenza dal primo gennaio 2001, la platea dei soggetti passivi dell’ICI è stata allargata con l’inserimento anche del concessionario di area demaniale che precedentemente non era soggetto di imposta. É, quindi, chiaro che il legislatore ha voluto riconoscere la soggettività passiva ai fini dell’ICI anche al rapporto concessorio avente natura obbligatoria, in quanto il concessionario che fosse titolare di un diritto reale di superficie sull’area demaniale si riteneva, secondo il precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità, già soggetto ad ICI (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 3 dicembre 2004, n. 22757; Cass., Sez. 5^, 20 novembre 2009, n. 24498; Cass., Sez. 5^, 30 giugno 2010, n. 15479; Cass., Sez. 5^, 12 novembre 2010, n. 22972; Cass., Sez. 5^, 19 novembre 2010, nn. 23408, 23409, 23410, 23411, 23412 e 23413; Cass., Sez. 5^, 10 ottobre 2011, nn. 20786, 20787,
20788, 20789, 20790, 20791, 20792, 20793 e 20794; Cass., Sez. 5^, 21 giugno 2016, nn. 12797 e 12798).
3.8. In definitiva, il concessionario è soggetto passivo del tributo indipendentemente dagli effetti giuridici della concessione ovvero dalla titolarità di un diritto di superficie sulle aree oggetto di imposta, così che non è necessario accertare se la concessione sia attributiva del diritto di costruire immobili sul RAGIONE_SOCIALE con effetti reali o con effetti obbligatori.
3.9. In seguito, con riguardo all’IMU, l’art. 9, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, ha confermato che: «Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario». Analogamente, con riguardo alla nuova IMU, l’art. 1, comma 743, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha pedissequamente ribadito che «Nel caso di concessione di aree demaniali, il soggetto passivo è il concessionario».
3.10. Vale, poi, osservare che, nel caso di concessione avente ad oggetto il fabbricato edificato (o edificando) su un’area demaniale, di cui lo stesso costituisce (o costituirà) accessione (art. 934 cod. civ.), il concessionario acquista anche la titolarità di un diritto reale assimilabile, rispettivamente, al diritto di superficie o alla proprietà superficiaria (art. 952, primo comma e secondo comma, cod. civ.), a seconda che il fabbricato non sia ancora ovvero sia già esistente. Per cui, in tale evenienza, la soggettività passiva ai fini dell’IMU trova fondamento anche nell’art. 9, comma 1, primo periodo, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, a tenore del quale: «Soggetti passivi dell’imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi» (in termini: Cass., Sez. Trib., 19 aprile 2023, n. 10577).
3.11. Al riguardo, il P.M. ha ipotizzato -nelle conclusioni scritte -che la traslazione del diritto di superficie a terzi, predicato dalla società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ sarebbe assimilabile a sub -concessioni avvenute con l’assenso dell’amministrazione concedente (come evidenziato dai ‘nulla osta’ della RAGIONE_SOCIALE e dal collegamento funzionale al servizio del porto turistico); ragion per cui potrebbe sostenersi che è il terzo acquirente del diritto di superficie (il ‘cessionario’) che diventa il soggetto passivo dell’IMU per quella porzione di bene, e non più la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in quanto concessionario principale.
3.12. Con specifico riguardo alla ‘sub -concessione’, un recente arresto di questa Corte ha precisato che, ai fini dell’ICI, con riguardo all’art. 3, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nel testo introdotto dall’art. 18, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, così come ai fini dell’IMU e della nuova IMU, con riguardo, rispettivamente, agli artt. 9, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, e 1, comma 743, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, in caso di concessione su aree demaniali (con relative accessioni e pertinenze), la previsione normativa della soggettività passiva in capo al ‘concessionario’ vale, per identità di ratio legis e simmetria di causa negoziale, anche per il sub-concessionario, al quale il godimento dei beni demaniali sia stato affidato -con l’assenso (preventivo o successivo) dell’amministrazione concedente – dal concessionario per concorrere con quest’ultimo, nell’esercizio di attività ausiliarie, sussidiarie e complementari, alla gestione del medesimo servizio pubblico; ciò in quanto, l’autorizzazione dell’amministrazione concedente consente al sub-concessionario di subentrare (mediante l’attribuzione di un diritto reale o personale) nella medesima posizione del concessionario rispetto all’uso di beni demaniali costituenti oggetto della precedente concessione e di compartecipare, mediante l’utilizzo vincolato di tali beni, alla
gestione del servizio pubblico affidato al concessionario, restando soggetto alla vigilanza (sia pure indiretta, per il tramite del concessionario) dell’amministrazione concedente, che ne ha preventivamente valutato l’idoneità al subingresso (in termini: Cass., Sez. Trib., 27 aprile 2025, n. 11006).
3.13.Tale principio -che, per la sua eccezionalità, non contraddice la regola generale dell’art. 9, comma 1, primo periodo, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, a tenore del quale, per l’IMU, il concessionario è l’unico soggetto passivo d’imposta in caso di concessione di aree demaniali – è stato enunciato da questa Corte in relazione alle specifiche peculiarità della fattispecie allora decisa (concessioni aeroportuali), nella quale veniva in rilievo una subconcessione, che, avendo una finalità pubblicistica, determinava il concorso del sub-concessionario nella gestione del servizio pubblico sotto la direzione, la vigilanza ed il controllo del concessionario/sub-concedente (pur sempre in veste di longa manus dell’amministrazione concedente), laddove, nella vicenda in disamina, si è in presenza di una pluralità di cessioni di un diritto di utilizzo temporaneo su singoli immobili demaniali dal concessionario (da intendersi, in questa sede, anche il subentrante nella concessione con l’assenso dell’amministrazione concedente ex art. 46 cod. nav.) a terzi, soddisfacendo un interesse personale di questi ultimi al loro godimento esclusivo.
3.14. La natura dell’atto con il quale il concessionario cede a terzi l’uso di terreni o fabbricati facenti parte del RAGIONE_SOCIALE, può, in tesi, essere riconducibile alla sub-concessione, solo quando la cessione in uso al terzo del bene demaniale, che abbia ricevuto l’autorizzazione dell’ente concedente, non tenda perseguire scopi propri (egoistici) del cessionario, ma sia funzionale allo svolgimento di attività inerenti alle finalità pubbliche per le quali era stato rilasciato il provvedimento concessorio, e quindi per lo svolgimento di un’attività compresa tra quelle che il concessionario avrebbe
svolto direttamente (Cass. 27 marzo 2009 n. 7532; Cass. 17 gennaio 2007 n. 972; Cass. S.U. 4 luglio 2006 n. 15127; Cass. 3 luglio 2006 n. 15198; Cass. 11 febbraio 2005 n. 2852; Cass. 29 novembre 2001 n. 15190; Cass. 26 aprile 2000 n. 5346).
3.15. Questa Corte ha già affermato che la concessionaria del tratto di suolo demaniale marittimo e dello specchio acqueo antistante ha una situazione giuridica soggettiva di detenzione relativamente all’intera area oggetto della concessione ed anche a tutte le superfici acquee coinvolte (Cass., Sez. 5, 18/02/2009, n. 3829) e che la natura demaniale di un bene non costituisce ostacolo giuridico alla circolazione in favore di privati di diritti reali o personali che abbiano ad oggetto la fruizione del bene medesimo (Cass. 4 dicembre 2019, n.31462; Cass. 29/05/2023, n. 15066, massimate)
3.16. La stipula di contratti con terzi, aventi ad oggetto l’utilizzazione di tali aree, non comporta, a prescindere dagli effetti reali o obbligatori e dall’opponibilità o meno al soggetto pubblico concedente, l’estinzione di tale detenzione, posto che la possibilità, da parte del concessionario, di consentire a terzi l’utilizzazione dell’area oggetto di concessione si fonda proprio sul provvedimento pubblico di concessione e deriva, pertanto, proprio dalla situazione giuridica attiva (di detenzione) che tale provvedimento costituisce. In altre parole, il contratto stipulato con il terzo ed avente ad oggetto il posto barca, a prescindere dal suo contenuto, dalla sua struttura e dai suoi effetti, può comportare la costituzione di una situazione di sub-detenzione a favore del terzo: situazione che non esclude ed anzi presuppone la detenzione del concessionario. Quest’ultimo resta, pertanto, soggetto passivo del tributo in esame, in quanto la cessione frazionata del dell’utilizzo temporaneo di detti posti barca ad una pluralità di aventi causa non elide i diritti del concessionario dei beni del RAGIONE_SOCIALE marittimo, che restano, comunque, nella disponibilità (mediata) del concessionario del
porto turistico (Cass., Sez. Trib., 28 novembre 2023, n. 33106; Cass. 4 dicembre 2023, n. 33701).
3.17. In particolare, con riferimento alla Tarsu, è stato reiteratamente ribadito che la sola stipulazione – da parte del soggetto titolare di una concessione demaniale all’interno di un porto turistico per l’espletamento dei servizi connessi all’uso dei posti barca – del contratto di “ormeggio” con il diportista (anche qualora, per le concrete pattuizioni intervenute, sia equiparabile ad un contratto di locazione e non di mero deposito) non è idonea a sottrarre al concedente la detenzione dell’area concessa in uso alla controparte ed a trasferire in capo a questa l’obbligo tributario, risolvendosi tale contratto nell’attribuzione al diportista del diritto di utilizzare lo spazio ed i servizi connessi, senza sottrarre quello spazio alla detenzione del concedente (Cass., Sez. 5, 18 febbraio 2009, n. 3829; più recentemente Cass., Sez. 5, 16 febbraio 2018, n. 3798, Cass 5 dicembre 2023, n.34021; Cass., Sez. Trib., 28 novembre 2023, n. 33106, secondo cui, nell’ipotesi di concessione demaniale, il soggetto tenuto al pagamento del tributo è il concessionario, in quanto detentore, in virtù del titolo concessorio, di un’area scoperta sulla quale, ai sensi del d.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62 , si producono rifiuti solidi urbani, e che detto obbligo non si trasferisce su coloro i quali, anche tramite contratti conclusi con il concessionario, abbiano concretamente prodotto detti rifiuti, avendo in tutto o in parte l’effettiva disponibilità dell’area). Ciò, in quanto la posizione del terzo cd. acquirente resta, comunque, condizionata dalla concessione amministrativa, in forza della quale il concessionario ha potuto disporre del bene demaniale; risulta, dunque, irrilevante la ricerca di un (inconferente) diritto di superficie in capo al concessionario ovvero ai diportisti.
3.18. Sotto altro versante, rileva la disciplina RAGIONE_SOCIALE concessioni demaniali secondo cui il concessionario è tenuto ad esercitare direttamente l’attività principale (art. 30 reg. nav. mar.), potendo
‘sub -concedere’, previo gradimento dell’ente concedente data la natura fiduciaria del rapporto e la necessità di evitare violazioni dei principi di selezione pubblica, la gestione RAGIONE_SOCIALE attività date in concessione ovvero la gestione RAGIONE_SOCIALE attività accessorie (art. 45-bis cod. nav.). In particolare, l’affidamento della realizzazione e della gestione di un porto turistico si caratterizza, secondo la giurisprudenza amministrativa, per il fatto che, nell’ambito della concessione di beni demaniali marittimi, si erogano prestazioni di servizi funzionali all’esercizio della nautica da diporto (ormeggio, disormeggio, alaggio, varo, etc.), intersecandosi, quindi, profili in tema di concessione di beni pubblici e quelli attinenti all’affidamento di servizi pubblici (Cons. Stato, Sez. 6^, 18 dicembre 2012, n. 6488). Per cui, nel quadro RAGIONE_SOCIALE fattispecie tipizzate, dapprima, dal d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, e, poi, dal d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (c.d. ‘Codice dei contratti pubblici’), essa è ricondotta alla categoria mista RAGIONE_SOCIALE ‘concessioni di lavori e servizi’ (art. 169 del primo decreto; art. 180 del secondo decreto). 3.19. Alla luce della trama normativa che regola la materia RAGIONE_SOCIALE concessioni demaniali, dunque, l’assegnazione a terzi dell’uso individuale dei singoli punti d’ormeggio, verso il corrispettivo di un canone periodico, costituisce un’attività coerente con la destinazione funzionale del porto turistico, trattandosi di una tipica modalità di godimento ‘imprenditoriale’ dei beni demaniali da parte del concessionario, che, in tal modo, non si spoglia del diritto derivantegli dalla concessione, ma esercita la gestione del porto turistico in osservanza ed in attuazione della concessione, tant’è che il concessionario conserva il controllo e la vigilanza sull’uso dei punti d’ormeggio da parte degli assegnatari, amministrando anche il condominio di godimento che viene ad instaurarsi tra i medesimi sulle parti comuni del porto turistico in conformità all’apposito regolamento (allegato al ricorso). E tale rapporto non assume la veste giuridica della sub-concessione, atteso che l’utilizzazione del
bene da parte del concessionario avviene attraverso la stipula di atti negoziali propri del diritto privato e ciò anche se il terzo beneficiario sia, a sua volta, un soggetto pubblico, circostanza che nel caso sub iudice nemmeno ricorre (Cass., Sez. 3^, 26 aprile 2000, n. 5346; Cass., Sez. 1^, 29 novembre 2001, n. 15190).
3.20. E’ stato, difatti, affermato da questa Corte che il contratto, in forza del quale il concessionario per l’occupazione di un’area demaniale e dello spazio d’acqua antistante ceda ad un terzo l’utilizzazione esclusiva, per un certo periodo di tempo e per un determinato corrispettivo, di un posto barca di un pontile compreso nella concessione, configura un contratto di ormeggio e non costituisce un diritto d’uso, con conseguente inapplicabilità del divieto di cessione di cui all’art. 1024 cod. civ. (Cass., Sez. 2^, 18 luglio 2013, n. 17643; Cass., Sez. 3^, 2 agosto 2000, n. 10118; Cass., Sez. 3^, 1 giugno 2004, n. 10484; Cass., Sez. Un., 3 aprile 2007, n. 8224; Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2009, n. 3829; Cass., Sez. 3^, 13 febbraio 2013, n. 3554; Cass., Sez. 3^, 14 marzo 2024, n. 6839).
4.Nella concreta fattispecie, il trasferimento di diritto d’utilizzo sui beni demaniali, non sradica ai sensi de ll’art. 9, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (al pari dell’art. 5, comma 3, del regolamento IMU di RAGIONE_SOCIALE Capitale), la soggettività passiva ai fini dell’IMU del concessionario del porto turistico, non rilevando nemmeno che essa sia associata alla titolarità di un diritto reale o personale di godimento, anche con riguardo ai punti d’ormeggio, il cui diritto di utilizzo temporaneo sia stato ceduto a terzi, essendo irrilevante a tal fine la qualificazione e l’efficacia dei contratti all’uopo stipulati tra le parti.
5.Su tale premessa, dunque, la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che «è il concessionario ad essere soggetto passivo di imposta, a prescindere dalla natura del suo diritto sul bene demaniale».
6.Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la mancata applicazione del cumulo giuridico RAGIONE_SOCIALE sanzioni nonostante RAGIONE_SOCIALE Capitale abbia notificato sei avvisi di accertamento d’ufficio ai fini ICI ed IMU per le annualità dal 2011 al 2016, contestando la medesima violazione, vale a dire l’omessa dichiarazione per annualità dal 2011 al 2015 concernenti Ici ed IMU.
6.1. Il motivo è fondato.
6.2.Secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, in tema di ICI, l’omessa presentazione della dichiarazione, seguita dall’omesso versamento dell’imposta, è sanzionata per tutte le annualità per cui si protrae, in quanto, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, a ciascuno degli anni solari corrisponde un’autonoma obbligazione (inadempiuta non solo in relazione al versamento dell’imposta, ma anche all’obbligo dichiarativo), fermo restando che, trattandosi di violazioni della stessa indole commesse in periodi d’imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo, in forza della continuazione ex art. 12, comma 5, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, il cui riconoscimento è collegato all’oggettivo perpetrarsi dell’illecito tributario in periodi d’imposta diversi, anche nell’evenienza in cui le violazioni abbiano avuto ad oggetto plurimi immobili (Cass., Sez. Trib., 9 settembre 2024, n. 24234).
6.3.Analogamente, è stato affermato che, in tema di ICI, in ipotesi di più violazioni per omesso o insufficiente versamento dell’imposta relativa ad uno stesso immobile, conseguenti a identici accertamenti per più annualità successive, si applica il regime della continuazione attenuata di cui all’art. 12, comma 5, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, che consente di irrogare un’unica sanzione, pari alla sanzione base aumentata dalla metà al triplo (Cass., Sez. 5^, 8 aprile 2022, n. 11432), ovvero che, in tema di ICI, l’omessa presentazione della dichiarazione per più periodi, fino al regolare adempimento, oltre a comportare l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE sanzioni per
ciascuna annualità, non osta all’applicazione del regime della continuazione previsto dall’art. 12, comma 5, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, venendo in rilievo condotte che, traducendosi nel reiterato ostacolo alla determinazione dell’imponibile ed alla liquidazione dell’imposta con riferimento allo stesso tributo, sono tra loro oggettivamente e strettamente collegate (Cass., Sez. 5^, 30 giugno 2021, n. 18447).
6.4.Per identità di ratio, i medesimi principi sono destinati a valere anche per l’IMU. Ne discende che la sentenza impugnata ha erroneamente escluso l’applicabilità dell’art. 12, comma 5, d.lgs. n. 472/1997.
6.5.Alla stregua RAGIONE_SOCIALE suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la fondatezza del terzo motivo e l’infondatezza dei restanti motivi, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, cui si demanda la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il terzo motivo, respinti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione tributaria della Corte di cassazione il 17 settembre 2025.
Il Consigliere rel.
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME