Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26671 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 26671 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22210/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall ‘avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente- contro
COMUNE DI GENOVA, con l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA di II GRADO della RAGIONE_SOCIALE n. 177/2024 depositata il 07/03/2024.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME. Udita la requisitoria del Procuratore Generale e uditi altresì i difensori presenti.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE è proprietaria di un’area situata a Genova Sestri, in INDIRIZZO, che fino al 2014 è risultata censita al Catasto terreni. Per tale area la società ha versato l’IMU come area edificabile, calcolata secondo un valore imponibile autodichiarato. Il 20 agosto 2014 ha presentato una procedura DOCFA per frazionare e riclassificare l’area, che è stata in parte iscritta come area urbana (categoria F/1, priva di rendita) e in parte come immobile in categoria C/2. Nonostante ciò, RAGIONE_SOCIALE ha vers ato l’IMU per l’intero 2014, comprensiva della porzione accatastata in F/1 anche per il periodo successivo alla DOCFA.
Successivamente, il 24 dicembre 2015, ha presentato un’istanza al RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rimborso di 4.492,00 euro, ritenendo che l’IMU non fosse dovuta per l’area priva di rendita catastale dal 20 agosto al 31 dicembre 2014. Il RAGIONE_SOCIALE ha respinto la richiesta, sostenendo che per il 2014 l’IMU complessivamente dovuta non era stata integralmente versata. Ha infatti rilevato che, oltre agli immobili in F/1 e in C/2, la società aveva acquistato un ulteriore immobile nel luglio 2014 e non aveva versato l’impost a relativa a quel mese.
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato il diniego dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Genova. Il giudizio, dopo un percorso articolato, si è concluso con la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della RAGIONE_SOCIALE n. 409 del 2019, che ha accolto il ricorso della società, riformando la decisione di primo grado. Il RAGIONE_SOCIALE ha poi proposto ricorso per Cassazione, tuttora pendente e deciso alla udienza odierna.
Per quanto riguarda l’anno 2015, RAGIONE_SOCIALE ha invece effettuato un pagamento parziale dell’IMU. Il RAGIONE_SOCIALE ha emesso un avviso di accertamento, che la società ha impugnato il 30 ottobre 2020 davanti alla C.T.P. di Genova.
Quest’ultima, con sentenza n. 493 del 13 luglio 2021, ha accolto il ricorso, ritenendo infondata la pretesa impositiva in quanto l’immobile risultava classificato nella categoria F/1, priva di rendita.
Il RAGIONE_SOCIALE ha quindi proposto appello alla CTR RAGIONE_SOCIALE con atto dell’8 febbraio 2022 , che, con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto l’appello compensando le spese di lite, precisando che le aree classate in categoria F/1 sono esenti dall’IMU solo se non qualificabili come aree edificabili. Nel caso specifico, RAGIONE_SOCIALE aveva già dichiarato nel 2013, con riferimento all’anno d’imposta 2012, di possedere un’area fabbricabile, indicandone anche il valore imponibile. Inoltre, nella compravendita del 2016, la stessa area era stata qualificata come edificabile, con un valore di oltre 1,3 milioni di euro. Di conseguenza, il RAGIONE_SOCIALE, ad avviso del giudice del gravame, ha correttamente applicato l’imposizione sulla base di quanto dichiarato dalla stessa contribuente.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la parte contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 4 motivi, cui ha resistito con controricorso l’amministrazione comunale.
La Procura Generale ha depositato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso.
Successivamente ambedue le parti hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c .
In udienza le parti e il P.G. hanno concluso come da verbale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare si dà atto della esistenza di richiesta di trattazione congiunta di ricorso inerente il diniego di rimborso dell’IMU per l’anno 2014, relativo al medesimo immobile.
Trattandosi di annualità diversa e considerato che viene trattata nella odierna udienza dallo stesso collegio, ma con altro relatore, si ritiene di non accogliere tale richiesta, essendovi comunque una trattazione simultanea delle controversie.
Con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4, si deduce la nullità della sentenza impugnata in ragione della violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la CGT -2 omesso l’esame dell’eccezione sollevata dalla ricorrente in ordine alla violazione dall’art. 7 della Legge n. 212/2000, laddove il RAGIONE_SOCIALE indicava ma non produceva in allegato, tanto ne ll’avviso di accertamento emesso, quanto nel proprio atto di appello, i documenti e i fatti specifici su cui fondava la propria pretesa impositiva e la conseguente impugnazione della sentenza di primo grado che la dichiarava illegittima.
2.1. Il motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza. Vi è invero violazione delle disposizioni di cui agli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c., pur nella versione dell’onere di specificazione modulata in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), secondo i criteri di sinteticità e chiarezza (Cass., 28/05/2024, n. 14843), realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti per la parte in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (cfr. Cass. 04/02/2022 n. 3612).
Con specifico riferimento al processo tributario in Cassazione, è stato anche chiarito che il ricorrente, pur non essendo tenuto a produrre nuovamente i documenti, in ragione dell’indisponibilità del fascicolo di parte che resta acquisito, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, al fascicolo d’ufficio del giudizio svoltosi dinanzi alla commissione tributaria – del quale è sufficiente la richiesta
di trasmissione ex art. 369, comma 3, c.p.c. – deve rispettare, a pena d’inammissibilità del ricorso, il diverso onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (Cass. 15-01-2019, n. 777) (Cass 29/04/2024, n.11350).
2.2. Nella fattispecie ciò non è avvenuto.
2.3. Inoltre, come dedotto anche dal controricorrente, la censura di cui si lamenta la mancata risposta non era neanche oggetto del contenzioso in primo grado. Come da ricostruzione dello stesso ricorrente (pagg. 13 e 14 del ricorso), infatti, in sede di prime cure ‘ RAGIONE_SOCIALE impugnava tempestivamente il suddetto avviso di accertamento catastale con apposito ricorso (all. n. 7), attraverso il quale era fatta valere: i. In via pregiudiziale, con il primo motivo di diritto, ‘la nullità dell’atto di diniego di rimborso per violazione dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000 n. 212, in quanto medesimo atto non è stato preceduto da contraddittorio’; ii. In via principale, con il secondo motivo di diritto, la ‘corretta liquidazione dell’IMU dovuta per l’anno 2 015 e sulla declaratoria di illegittimità dell’avviso di accertamento per errata applicazione dell’art 5 comma 2 del D. Lgs. 504/1992 e per la non imponibilità IMU di fatto delle aree iscritte nel Catasto dei fabbricati nella categoria F/1 con rendita zero ‘ .
2.4. La censura inerente alla violazione dell’art. 7 della L. n. 212/2000 è dunque riportata dal ricorrente medesimo solo quale motivo di appello (cfr. pag. 16 del ricorso per cassazione), sicché la eventuale mancata risposta del giudice del gravame appare del tutto irrilevante.
2.5. Alla luce di tali argomentazioni, la doglianza non può dunque essere accolta.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta nuovamente, ma ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 212 del 27 luglio 2000 e dell’art. 3 della legge n. 241 del 7 agosto 1990, nella parte in cui la Corte di gravame avrebbe erroneamente ritenuto non compromesso il diritto di difesa del contribuente, nonostante l’omessa indicazione e allegazione da parte del RAGIONE_SOCIALE dei fatti specifici su lo stesso fondava la propria pretesa impositiva, tanto nell’avviso di accertamento impugnato quanto nell’a tto di appello avverso la sentenza di primo grado.
3.1. Valgono anche in questo caso le considerazioni sopra prospettate in ordine alla mancata formulazione del motivo di ricorso nel giudizio di prime cure, con conseguente rigetto della censura.
3.2. In ogni caso deve ritenersi che la soluzione offerta dal giudice del gravame sia conforme al principio espresso da questa Corte, in base al quale ‘In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita; mentre, ove vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate, al fine di consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e di delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso’. (Cass. 19/11/2024, n. 29754 (Rv. 673082 -01)).
3.3. La censura non può quindi essere accolta.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 1, n. 4), c.p.c. e 36, comma 2, n.
4), D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per aver il giudice di seconde cure fornito una motivazione meramente apparente, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4. La Corte si sarebbe limitata a riportare gli stessi contenuti degli scritti difensivi depositati agli atti dal RAGIONE_SOCIALE di Genova, senza null’altro specificare e senza in alcun modo aggiungere elementi idonei a far comprendere l’ iter logico sotteso alle conclusioni rassegnate all’esito del ragionamento svolto dal collegio giudicante.
4.1. Va rammentato che, per costante giurisprudenza (Cass. 20/07/2023 n. 2023), la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354); 2.2 peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘motivazione apparente’, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354).
4.2. Nella fattispecie, la posizione assunta dal giudice di secondo grado risulta del tutto chiara e si fonda sul principio che le aree urbane
classificate nella categoria F/1 non generano reddito e sono esenti dall’IMU solo nel caso in cui non possano essere qualificate come aree fabbricabili. Il giudice d’appello ha quindi manifestamente aderito all’interpretazione proposta dal RAGIONE_SOCIALE , come certamente è consentito anche riproducendo parte degli atti difensivi (cfr. Cass., sez. un., 16/01/2015, n. 642) : ‘Nel processo civile ed in quello tributario, in virtù di quanto disposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2 -non può ritenersi nulla la sentenza che esponga le ragioni della decisione limitandosi a riprodurre il contenuto di un atto di parte (ovvero di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari) eventualmente senza nulla aggiungere ad esso, sempre che in tal modo risultino comunque attribuibili al giudicante ed esposte in maniera chiara, univoca ed esaustiva, le ragioni sulle quali la decisione è fondata. È inoltre da escludere che, alla stregua delle disposizioni contenute nel codice di rito civile e nella Costituzione, possa ritenersi sintomatico di un difetto di imparzialità del giudice il fatto che la motivazione di un provvedimento giurisdizionale sia, totalmente o parzialmente, costituita dalla copia dello scritto difensivo di una delle parti.
4.3. In particolare ha fatto propria la prospettazione secondo cui la classificazione in F/1 non esclude automaticamente la natura edificabile dell’area. Di conseguenza, in applicazione dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 504/1992, il valore imponibile ai fini IMU, ad avviso della CTG-2, doveva essere determinato in base al valore venale in comune commercio, tenendo conto della zona territoriale, dell’indice di edificabilità e della destinazione d’uso consentita.
4.3. La censura va quindi rigettata.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce infine, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., l’il legittimità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 5, commi 2 e 5, del D.lgs. n. 504/1992, nonché del combinato disposto degli artt.
8 e 9 del D.lgs. n. 23/2011, dell’art. 13 del D.L. n. 201/2011, nella parte in cui la Corte ha erroneamente ritenuto corretta la liquidazione dell’IMU operata dal RAGIONE_SOCIALE di Genova per l’anno di imposta 2015 in relazione all’area urbana oggetto del caso di specie, basandosi sul criterio del ‘valore venale in comune commercio’ di cui l’art. 5, comma 5 del D.lgs. 504/1992; ciò nonostante la pacifica ed incontestata iscrizione di detto bene entro la categoria F/1 del Catasto dei Fabbricati, con conseguente attribuzione al medesimo di una rendita catastale ex se inidonea a far emergere un debito d’imposta .
5.1. La tesi non può essere condivisa.
5.2. Come già visto, in materia di IMU (Imposta Municipale Unica), la disciplina relativa alle aree classificate nella categoria catastale F/1 (cioè “aree urbane”) risulta strettamente connessa alla loro potenziale edificabilità.
La nozione fiscale di edificabilità, a sua volta, è strettamente collegata a quella di potenzialità edificatoria dell’area, secondo gli strumenti urbanistici adottati dal RAGIONE_SOCIALE (Cass. 15/05/2024, n. 13462).
5.3. Le aree F/1, per definizione, sono prive di rendita catastale e quindi, in linea generale, non soggette a imposizione se considerate aree inedificabili. Tuttavia, il solo classamento in F/1 non è di per sé sufficiente a escludere l’assoggettamento all’IMU. La soggezione o meno all’imposta dipende dal fatto che l’area, pur priva di rendita, presenti o meno le caratteristiche urbanistiche che ne consentano l’edificazione, secondo gli strumenti di pianificazione territoriale vigenti. Se il RAGIONE_SOCIALE riconosc e che un’area classificata in F/1 ha potenzialità edificatorie, essa viene considerata a tutti gli effetti un’area fabbricabile. In tal caso, si applica l’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 504/1992, che stabilisce che la base imponibile dell’IMU sia costituit a dal valore venale in comune commercio dell’area, valutato in relazione
alla zona di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione urbanistica e agli altri parametri urbanistici rilevanti.
Diversamente, qualora l’area F/1 non sia qualificabile come edificabile secondo gli strumenti urbanistici, essa non genera alcuna capacità contributiva e, conseguentemente, può essere esclusa dalla tassazione IMU. Pertanto, la natura edificabile dell’area rappresenta il presupposto fondamentale per l’assoggettamento all’imposta, indipendentemente dalla categoria catastale F/1 formalmente attribuita.
5.4. Tale valutazione è stata evidentemente operata dal giudice del gravame, costituendo il presupposto dell’esito stesso del giudizio, e tale valutazione nel merito non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità.
Va anche rammentato, in proposito, che ‘In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della determinazione del valore imponibile, il giudice di merito, investito della questione, non può esimersi dal verificare che la misura del valore venale in comune commercio, attribuito ad un’area fabbricabile, sia ricavata in base ai parametri vincolanti tassativamente previsti dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 504 del 1992, che, per le aree fabbricabili, devono avere riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche, tenuto conto dell’anno di imposizione (Cass., 07/04/2023, n. 9529 (Rv. 667667 -01)).
5.5. Ne consegue il ri getto anche dell’ultimo motivo di ricorso.
In conclusione, alla luce delle argomentazioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dov uto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 17/09/2025.
Il Presidente Il Consigliere estensore NOME COGNOME NOME COGNOME