Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21510 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21510 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 31/07/2024
ICI IMU Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22834/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (c.f.05837260636), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’ avvocato NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE; pec: EMAIL) con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio del AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (c.f. 80014890638), in persona del suo Sindaco p.t. , rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (cf CODICE_FISCALE; pec. EMAIL) e NOME COGNOME (cf CODICE_FISCALE; pec EMAIL), ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio legale RAGIONE_SOCIALE (pec EMAIL);
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 732/2020, depositata il 21 gennaio 2020, della Commissione tributaria regionale della Campania; udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 4 luglio 2024, dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
1. -con sentenza n. 732/2020, depositata il 21 gennaio 2020, la Commissione tributaria regionale della Campania ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento (n. 312651/254) emesso dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per il recupero a tassazione della maggiore imposta (IMU ) dovuta dalla contribuente (per l’anno 2015) in relazione alla rettificata rendita catastale dell’unità immobiliare posseduta (RAGIONE_SOCIALE);
il giudice del gravame ha rilevato la tardività dell’atto d’appello «atteso che la sentenza impugnata risulta essere stata depositata in Segreteria in data 16 maggio 2018 mentre l’atto d’appello risulta essere stato notificato direttamente al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in data 10 aprile 2019 ossia oltre i sei mesi previsti dall’articolo 327 (decadenza dall’impugnazione) co. 1 cpc»;
– RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi;
il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Considerato che:
1. -il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità per violazione dell’art. 111, sesto comma, Cost., dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. , dell’art. 118, d.a. cod. proc. civ., e del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, assumendo la ricorrente che il decisum della gravata sentenza si fondava su di una
motivazione apparente che non dava conto delle relative ragioni giustificative;
-il motivo è destituito di fondamento;
2.1 -come le Sezioni unite della Corte hanno statuito, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053);
si è, quindi, ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n.
9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599);
2.2 -nella fattispecie, la gravata sentenza ha dato compiutamente conto delle ragioni decisorie, precisando il contenuto della sentenza (allora) impugnata e dei motivi di appello proposti, e rilevando che l’inammissibilità del gravame conseguiva dalla scadenza del termine lungo (semestrale) previsto per la relativa proposizione;
-il secondo motivo reca la denuncia di violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 3, assumendo la ricorrente che, nella fattispecie, il giudice del gravame avrebbe dovuto rilevare l’ammissibilità dell’impugnazione tardiva siccome essa esponente non aveva ricevuto in comunicazione né l’avviso di trattazione del ricorso né il dispositivo della sentenza pronunciata, così ricorrendo ipotesi di «mancata conoscenza del processo a causa della nullità oggettiva;
-il terzo motivo espone anch’esso la denuncia di violazione dell’art. 327 cod. proc. civ., del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 22 e 37, dell’art. 111 Cost., sull’assunto che il termine (lungo) per impugnare deve ritenersi decorrere dalla data di conoscenza della sentenza pronunciata, qualora la parte non abbia ricevuto comunicazione dell’avviso di trattazione di cui all’art. 22, cit. ( recte art. 31) né del dispositivo della sentenza;
-i due motivi -che vanno congiuntamente esaminati in quanto connessi -sono destituiti di fondamento;
4.1 -occorre premettere, al riguardo, che nemmeno la stessa parte ricorrente prospetta la sussistenza dei presupposti di applicabilità, nella fattispecie, del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6, comma 11, conv. in l. 17 dicembre 2018, n. 136 che -con riferimento ai tributi locali -presuppone un’espressa applicazione, secondo i poteri regolamentari propri dell’Ente locale, delle disposizioni introdotte dallo stesso art. 6 per la definizione agevolata delle «controversie attribuite alla
giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale» (art. 6, comma 16, cit.); né, pertanto, viene sollevata una qualche censura sussumibile sotto la denuncia di violazione di delibera adottata dall’Ente locale;
4.2 -come, poi, risulta da un consolidato orientamento interpretativo della Corte (v., ex plurimis , Cass., 14 ottobre 2019, n. 25727; Cass., 9 ottobre 2018, n. 24899; Cass., 13 giugno 2017, n. 14746; Cass., 11 aprile 2017, n. 9330; Cass., 15 ottobre 2013, n. 23323; Cass., 10 giugno 2011, n. 12761), l’ammissibilità dell’impugnazione tardiva presuppone l’ignoranza del processo , ignoranza, questa, che, peraltro, non si identifica con la nullità delle comunicazioni prescritte dalla disciplina processuale del rito (d.lgs. n. 546 del 1992, artt. 31, 37, 43, comma 3, 61) in quanto dette nullità sono deducibili quale motivo di impugnazione ai sensi dell’art. 161, primo comma, cod. proc. civ., in mancanza della quale la decisione assume valore definitivo in conseguenza del principio del giudicato;
4.3 -la Corte ha, in particolare, rimarcato che:
-l’impugnazione tardiva presuppone la ricorrenza di un duplice requisito, l’uno oggettivo, costituito dalla nullità della notificazione, l’altro soggettivo, correlato all’ignoranza del processo in ragione di detta nullità;
-l’impugnante è onerato della prova della ricorrenza di entrambi i requisiti, a meno che non ricorra l’ipotesi della inesistenza della notifica, nel qual caso l’ignoranza del processo si presume iuris tantum e grava sulla controparte, che deduca l’inammissibilità dell’impugnazione, l’onere della prova della conoscenza del processo (v. Cass., 3 gennaio 2019, n. 8; Cass., 30 settembre 2015, n. 19574;
Cass., 23 giugno 2014, n. 14232; Cass., 20 novembre 2012, n. 20307; Cass., 3 luglio 2008, n. 18243; Cass. Sez. U., 22 giugno 2007, n. 14570; v. altresì, – nella giurisprudenza della Sezione tributaria, e con riferimento al d.lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, – Cass., 14 ottobre 2015, n. 20672; Cass., 5 febbraio 2009, n. 2817; Cass., 22 maggio 2006, n. 11991);
– nel processo tributario, l’ammissibilità dell’impugnazione tardiva, oltre il termine lungo dalla pubblicazione della sentenza, previsto dall’art. 38, comma 3, cit., presuppone che la parte dimostri l’ignoranza del processo, ossia di non averne avuto alcuna conoscenza per nullità della notificazione del ricorso, situazione che non si ravvisa in capo al ricorrente costituito in giudizio, cui non può dirsi ignota la proposizione dell’azione, dovendosi ritenere tale interpretazione conforme ai principi costituzionali e all’ordinamento comunitario, in quanto diretta a realizzare un equilibrato bilanciamento tra le esigenze del diritto di difesa e il principio di certezza delle situazioni giuridiche; né diversamente rileva l’omessa comunicazione della data di trattazione, che è deducibile quale motivo di impugnazione ai sensi dell’art. 161, primo comma, cod. proc. civ., in mancanza della quale la decisione assume valore definitivo in conseguenza del principio del giudicato (Cass., 9 ottobre 2018, n. 24899, cit.; Cass., 13 giugno 2017, n. 14746, cit.; Cass., 11 aprile 2017, n. 9330, cit.; Cass., 15 ottobre 2013, n. 23323, cit.);
5. -le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte
-rigetta il ricorso;
-condanna la ricorrente al pagamento, in favore del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 2.200,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 luglio 2024.