Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9995 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9995 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5478/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SICILIA-PALERMO n. 257/2015 depositata il 26/01/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Dalla sentenza in epigrafe si apprende che la controversia trae origine dalla notificazione, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE delle entrate, dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO del 12.09.2001 relativo alla dichiarazione congiunta presentata dai coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME per il periodo d’imposta 2006 con riferimento all’impresa di “fabbricazione paste alimentari”, di cui la seconda era titolare, essendo stati determinati maggiori ricavi, con conseguente liquidazione di maggiori imposte ed irrogazione di sanzioni, di cui entrambi i coniugi erano responsabili in solido ex art. 17 l. n. 114 del 1977.
I contribuenti impugnavano l’avviso, affermando di averne avuto notizia solo il 17.11.2008, dopo una richiesta di carichi tributari pendenti.
Indi lamentavano: a) difetto di notifica, eseguito nelle mani della madre della COGNOME, familiare non convivente con la medesima quale destinatario, ma trovatasi solo occasionalmente in casa sua; b) mancanza di notifica al COGNOME, che invece avrebbe dovuto essere l’unico destinatario ai sensi dell’art. 17 l. n. 114 del 1977.
2.1. L’Ufficio, costituitosi in giudizio, eccepiva la decadenza dei contribuenti dall’impugnazione ex art. 21 D.Lgs. n. 546 del 1992: l’avviso era stato regolarmente notificato il 28.09.2001 alla madre della NOME, mentre il ricorso era stato proposto solo il 19.01.2009.
2.2. La CTP di Agrigento, con sentenza n. 324/10 depositata il 17 maggio 2010, rigettava il ricorso, ritenendo fondata l’eccezione di decadenza.
I contribuenti proponevano appello, accolto dalla CTR con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
Il terzo ed il quarto comma dell dispongono che le cartelle dell’imposta sul reddito delle persone fisiche siano notificate al marito, e che gli accertamenti in rettifica vengano effettuati a nome di entrambi i coniugi, ma notificat anch’ess nei confronti del marito.
Nel caso di specie, l’avviso di accertamento è stato notificato alla moglie COGNOME NOME (in realtà anche tale notifica è stata oggetto di contestazione da parte dei contribuenti perché eseguita a mani della madre non convivente della Sig.ra COGNOME) e non risulta che sia mai stato notificato al marito COGNOME NOME, e ciò in violazione del citato art. 17.
L’irregolarità della notifica rende nullo l’avviso di accertamento, così come le successive cartelle emesse che devono essere annullate.
Gli altri motivi di appello devono intendersi assorbiti.
Propone ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con quattro motivi. Resistono i contribuenti con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia: violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. ‘Le conclusioni del ricorso di 1° grado non inclusero le cartelle, che, pertanto, non potevano essere annullate dalla CTR’.
Con il secondo motivo si denuncia: violazione dell’art. 100 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. ‘L’Ufficio, controdeducendo in appello, produce come nn 4 e 5 ) i ruoli ovvero le cartelle notificate ai contribuenti e deduceva ‘resasi definitiva la pretesa, l’Ufficio procedeva anche alla relativa iscrizione a ruolo, con cartelle notificate dal concessionario
il 6.9.02 cartelle di cui non risulta l’impugnativa nemmeno tardiva, entro i 60 giorni dal 29.9.11”. Di conseguenza, ‘l’azione era divenuta improcedibile per carenza di interesse, le cartelle inopposte sostituendo l’avviso oggetto di causa’.
3. Con il terzo motivo si denuncia: violazione dell’art. 17 l. n. 114 del 1977 ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. ‘I secondi giudici sono stati fuorviati dalle difese degli appellanti, secondo cui la sig.ra NOME avrebbe ricevuto l’atto nell’interesse della figlia e non del genero. Tale ragionamento appare capzioso perché la norma di cui all’art. 17 della superiore legge non richiede la notifica di due accertamenti diversi ma di un unico accertamento da notificare al marito. L’Ufficio ha notificato l’avviso di accertamento nel luogo di residenza del sig. COGNOME (coincidente con la residenza della COGNOME), dove il messo comunale ha rinvenuto la sig.ra NOME, che, essendo la suocera di COGNOME, era pienamente legittimata a ricevere l’atto a norma dell’art. 139 del c.p.c.’. La sentenza impugnata si limita ‘a statuire, inaccettabilmente, che l’Ufficio non ha provato la notifica al COGNOME, che invece risulta dal piano ragionamento della CTP. Le due famiglie hanno lo stesso indirizzo, NOME è persona di famiglia e tale si dichiara. Notifica valida’. ‘La sentenza, laddove ritiene che il familiare non convivente non può ricevere validamente un atto impositivo, contrasta con l’orientamento della Cassazione espresso in materia di notifiche a persone di famiglia’.
4. Con il quarto motivo si denuncia: violazione dell’art. 17 l. n. 114 del 1977 ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. ‘È pacifico (ricorso alla CTP, pag. 2: ‘a sig.ra NOME, madre della ricorrente, risiede anch’essa nella INDIRIZZO, ma in appartamento distinto da quello che la COGNOME condivide con il marito’ che tanto i ricorrenti che la consegnataria vivevano in appartamenti diversi allo stesso indirizzo. Ora, la CTP aveva
ritenuto la notifica valida essendo sufficiente la parentela per assicurare la presunzione di consegna. Ebbene anche il COGNOME, affine di 1° grado della RAGIONE_SOCIALE, è coperto da questa presunzione’. ‘la COGNOME ha ricevuto, per redditi propri, l’avviso e non l’ha impugnato. Valga il vero: a pag. 4 del ricorso in CTP leggesi ‘l’A.F. ha effettuato i controlli dei ricavi d’impresa dichiarati nell’anno 1996 dalla sig.ra COGNOME NOME”.
Il primo motivo è infondato.
5.1. La CTR, cui pacificamente non era devoluta la legittimità delle cartelle emesse sul fondamento dell’avviso, non le ha annullate, perché l’affermazione della nullità consequenziale -delle cartelle rispetto all’avviso è contenuta solo in motivazione, alla stregua di un’aggiunta a quella riferita ‘funditus’ all’avviso (‘L’irregolarità della notifica rende nullo l’avviso di accertamento, così come le successive cartelle emesse che devono essere annullate’). La riprova di ha in ciò che, in dispositivo, la CTR si limita ad ‘accoglie l’appello dei contribuenti’, per l’effetto contenendosi sicuramento entro il limite del ‘devolutum’.
Il secondo motivo è fondato, con assorbimento degli altri.
6.1. L’RAGIONE_SOCIALE ha prodotto in appello le cartelle emesse sul fondamento dell’avviso, assumendole notificate già in data 6 settembre 2002 e non impugnate.
In disparte che tale allegazione non è specificamente contestata in controricorso , decisivo è il fatto in sé della produzione delle cartelle in giudizio.
La mancata impugnazione tardiva (anche) delle cartelle quantomeno a fronte di detta produzione, cui i contribuenti erano
onerati una volta avutane per la prima volta (nella loro prospettazione) conoscenza, costituisce un dato acquisito.
Essi, infatti, mai controdeducono di aver impugnato (anche) le cartelle.
6.2. A questo punto, per comprendere la progressione del ragionamento, occorre rammentare come si sia soliti affermare che, nella riscossione mediante ruolo, ‘ la cartella di pagamento, a mente dell’art. 25 del d.P.R. , assolve ‘uno actu’ alle funzioni svolte, ex art. 479 c.p.c., dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto nella espropriazione forzata codicistica’ (così, a mero titolo d’esempio, Cass. n. 3021 del 2018). Più propriamente, rispetto al primo profilo, essa costituisce la rappresentazione a rilevanza esterna del titolo esecutivo, che si identifica con il ruolo, siccome destinata a portare le risultanze del ruolo a conoscenza del destinatario. Un tanto corrisponde al fondamentale insegnamento di Cass., Sez. U, n. 19704 del 2015, che chiaramente identifica il titolo esecutivo con il ruolo:
‘Il ‘ruolo’, come noto, ha una sua precisa definizione legislativa, posto che, per il vigente testo dell’art. 10 lett. b) del d.p.r. n. 602 del 1973, esso è ‘l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’Ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario’ e che, per l’art. 11 del medesimo d.p.r., ‘nei ruoli sono iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi’. A norma del successivo articolo 12 l’Ufficio competente ‘forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari operano. In ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi nell’ambito territoriale cui il ruolo si riferisce’; nel ruolo ‘devono essere comunque indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la specie del ruolo, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all’eventuale precedente atto di
accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa; in difetto di tali indicazioni non può farsi luogo all’ iscrizione’; ‘il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’Ufficio o da un suo delegato’ e ‘con la sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo’, cioè costituisce titolo esecutivo. Dai riprodotti dati normativi discende che il ‘ruolo’ è un atto amministrativo impositivo (fiscale, contributivo o di riscossione di altre entrate allorché sia previsto come strumento di riscossione coattiva delle stesse) proprio ed esclusivo dell”Ufficio competente’ (cioè dell’ente creditore impositore), quindi ‘atto’ che, siccome espressamente previsto e regolamentato da norme legislative primarie, deve ritenersi ‘tipico’ sia quanto alla forma che quanto al contenuto sostanziale (cfr. le norme sopra richiamate laddove si precisa che esso deve indicare le ‘somme dovute’ in ‘riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento’ o, ‘in mancanza’ di questo, la ‘motivazione’ del debito).
In quanto titolo esecutivo, il ruolo sottoscritto dal capo dell’Ufficio o da un suo delegato, giusta il dettato del primo comma dell’art. 24 d.p.r. n. 602 del 1973, viene consegnato ‘al concessionario dell’ambito territoriale cui esso si riferisce’, esso pertanto non solo è atto proprio ed esclusivo dell’ente impositore (mai del concessionario della riscossione), ma, nella progressione dell”iter’ amministrativo di imposizione e riscossione, precede ogni attività del concessionario, della quale costituisce presupposto indefettibile. Il concessionario della riscossione, a sua volta, in forza del ruolo ricevuto, redige ‘in conformità al modello approvato’ (oggi dall’RAGIONE_SOCIALE delle entrate) ‘la cartella di pagamento’ che, per il secondo comma dell’art. 25 d.p.r. n. 602 del 1973, ‘contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro
il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata’) e provvede (ai sensi del successivo art. 26) alla ‘notificazione della cartella di pagamento’ al debitore’ (par. 1 delle ‘ragioni della decisione’, ffgg. 6 ss.).
6.3. Talché, tornando al caso che ne occupa, si coglie la ragione per cui a venire in linea di conto non sia tanto la previa notificazione, o meno, delle cartelle (notificazione che l’RAGIONE_SOCIALE afferma essere avvenuta già il 6 settembre 2002 ed i contribuenti affermano ‘non risultare’), quanto, di per sé, la produzione delle stesse in giudizio.
Infatti, a fronte dell’assunto dei contribuenti circa la mancata (prova della previa) notificazione delle cartelle ed altresì, nel contempo, circa l’asserita omessa notificazione dell’avviso al marito come prescrive l’art. 17 l. n. 114 del 1977, era loro onere, avuta conoscenza delle cartelle al momento (e per effetto) della loro produzione in giudizio, spiegare impugnazione anche avverso le cartelle, atteso che l’avviso era, nel ruolo e nelle cartelle, assunto come definitivo, ossia come ritualmente notificato.
6.4. L’omessa impugnazione comporta -più che (come sostiene l’RAGIONE_SOCIALE) la cristallizzazione della pretesa fiscale nella cartella in sostituzione dell’avviso, in quanto la cartella conseguente ad avviso non è e non diviene atto impositivo, che resta l’avviso -la mancata contestazione, e perciò il riconoscimento, della regolarità formale della sequenza procedimentale conducente alla cartella, a cominciare dalla notificazione dell’avviso, con conseguente sopravvenuto difetto dell’interesse a, separatamente, contestare proprio la notificazione dell’avviso.
6.4.1. Al riguardo, deve rammentarsi che l’interesse ad agire manifesta una dimensione dinamica, dovendo esso sussistere, quale condizione dell’azione, così al momento dell’introduzione del
giudizio come alla decisione (cfr. ‘funditus’ ad esempio Cass. n. 604 del 2022).
6.5. Deve, quindi, sinteticamente, enunciarsi il seguente principio di diritto:
In caso di impugnazione tardiva di un avviso di accertamento per irregolarità della notificazione, proposta dal contribuente a seguito di richiesta di carichi tributari pendenti, qualora il medesimo sia successivamente attinto da cartella di pagamento originante dall’avviso e non l’abbia impugnata, ‘in limine’ , al momento della produzione di questa in giudizio da parte dell’Amministrazione finanziaria, viene meno il suo interesse a coltivare il giudizio sull’avviso, atteso che la mancata impugnazione della cartella comporta la mancata contestazione, e perciò il riconoscimento, della regolarità formale della sequenza procedimentale conducente alla medesima, a cominciare dalla notificazione dell’avviso.
La CTR ha fatto malgoverno del superiore principio, giungendo, anzi, in motivazione, come visto, a paventare l’illegittimità derivata, oltreché dell’avviso, delle cartelle.
A fronte di quanto innanzi, in relazione al secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata.
8.1. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Suprema Corte è abilitata a decidere la causa nel merito, dichiarando l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per sopravvenuto difetto di interesse ad impugnare.
Conseguentemente, le spese dei grado di merito devono essere compensate, mentre quelle del presente grado di giudizio seguono, secondo tariffa, la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbiti gli altri.
Per l’effetto, in relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, dichiara l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per sopravvenuto difetto di interesse ad impugnare.
Compensa le spese dei gradi di merito.
Condanna COGNOME NOME e COGNOME NOME a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE delle entrate le spese relative al presente grado di giudizio, liquidate in euro 5.800, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso a Roma, lì 28 febbraio 2024.