Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24214 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 24214 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
sentenza impugnata dia conto delle ragioni della decisione, laddove il denunciato vizio di una insufficiente e contraddittoria motivazione integra un motivo inammissibile, non solo perché va esclusa (in seguito alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, comma 1, lett. b) del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134, ratione temporis applicabile) qualunque rilevanza al semplice difetto di “sufficienza” della motivazione , ma anche perché le riferite contestazioni mascherano, in realtà, la non condivisione delle valutazioni esposte dal Giudice dell’appello, ipotesi questa che all’evidenza – non è riconducibile al dedotto vizio.
Va osservato che la decisione del Giudice regionale poggia su tre statuizioni, costituite segnatamente:
dalla « applicazione, con riferimento all’anno 2001, di un’addizionale regionale all’imposta gravante sul gas metano utilizzato come combustibile per usi civili o industriali, applicata anche gas metano utilizzato per la produzione di energia elettrica (compreso tra le esenzioni sia a livello comunitario che nazionale) » (v. pagina n. 5 della sentenza);
dal rilievo secondo cui « in ogni caso, la previsione dell’addizionale regionale sul gas metano per la produzione di energia elettrica non potrebbe essere applicata su rapporti sorti a partire dal 2001, per espressa esclusione da parte della legge istitutiva dell’addizionale
regionale (L.R. 16/93), bensì dall’entrata in vigore della stessa (2004) » (v. pagine nn. 5 e 6 della sentenza);
dalla esplicita non condivisione dell’affermazione del primo Giudice secondo cui l’abrogazione delle direttive CEE (nn. 92/12, 92/81, 82/92) da parte della direttiva 2003/96/CE, recepita dal d.lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, renderebbe legittimo l’atto impugnato, osservando – di contro – il Giudice regionale che l’avviso di accertamento era stato emesso sotto la vigenza di una normativa regionale contrastante con disposizioni comunitarie e nazionali, come affermato dalla giurisprudenza prodotta in atti, concludendo quindi sul punto nel senso che « è incontestato che l’accertamento è retto dalla disciplina comunitaria e nazionale vigente sino all’anno 2003, rispetto alla quale la legge regionale n. 8/2003 (in vigore dal 2004) appare con essa contrastante, oltre che lesiva dei principi della certezza e dell’irretroattività dell’imposta applicata al contribuente» (v. pagina n. 6 della sentenza).
Alla luce di quanto precede, va, dunque, posto in evidenza -per quanto più direttamente occupa -che il Giudice dell’appello ha, in sintesi, ritenuto che:
-nell’anno di imposta 2001 l’utilizzo del gas metano per la produzione di energia elettrica era ricompreso tra le esenzioni, sia a livello comunitario che nazionale;
-l’avviso di accertamento era stato adottato sulla base di una normativa regionale, applicabile sino all’anno 2003, contrastante con le disposizioni comunitarie, così come contraria a tale disciplina è stata ritenuta essere anche la successiva (come tale non applicabile) legge regionale n. 8/2003.
Tanto premesso, non può non riconoscersi che -come eccepito anche dalla stessa difesa della contribuente -l’apparato argomentativo su cui è articolato l’unico motivo di ricorso non si è confrontato con le predette ragioni della decisione, non ha posto in discussione le menzionate statuizioni, quanto meno non ha impugnato l’affermazione secondo la quale l’avviso di accertamento era stato emesso in forza di
una disciplina regionale, applicabile sino all’anno 2003, contrastante con le disposizioni comunitarie, come ritenuto -a dire del Giudice regionale dalla «giurisprudenza prodotta in atti» (v. pagina n. 6 della sentenza), che la difesa della controricorrente ha chiarito essere costituita dalle plurime sentenze della Commissione tributaria provinciale e di quella regionale elencate a pagina n. 12 del controricorso.
Parimenti, non è stata oggetto di impugnazione l’ulteriore valutazione della Commissione regionale secondo la quale anche la legge regionale n. 8/2003, sebbene non ritenuta applicabile ratione temporis, pure è stata considerata dal Giudice a quo contraria alle predette direttive comunitarie.
Come sopra, infatti, l’intero impianto del motivo di impugnazione è stato sintetizzato dalla stessa Regione, sostenendo che « la C.T.R. abbia erroneamente ritenuto istituita con l’art. 3 della legge reg. n. 82003 l’addizionale gas metano per la produzione di energia elettrica, nel mentre detta legge ha solo determinato il quantum dovuto; viceversa, l’addizionale era vigente già prima del recepimento regionale e quindi esigibile nella misura stabilita dalle disposizioni istitutive. Così come la motivazione resa dalla RAGIONE_SOCIALE si presenta in violazione delle surrichiamate disposizioni di legge ed insufficiente, dal punto di vista della corretta applicazione del principio tempus regit actum » (così a pagina n. 2 del ricorso nella puntuale sintesi del motivo di impugnazione).
Correttamente, dunque, l’RAGIONE_SOCIALE ha sottolineato che « la sentenza oggetto di impugnazione -basata sul contrasto della normativa regionale con la normativa comunitaria -non è stata fatta oggetto di alcuna specifica critica, sostenendosi solamente la veduta tesi che nell’anno 2001 l’ARISGAM era già vigente e applicabile nel territorio calabrese» (v. pagina n. 20 del controricorso).
Soccorre, allora, l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui:
la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile
alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, che è rilevabile anche d’ufficio (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15517; Cass., Sez. 5^, 22 settembre 2020, n. 19787; Cass., Sez. 6^-5, 22 dicembre 2021, n. 41220; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10004; Cass., Sez. 5^, 31 maggio 2022, n. 17509);
l’esercizio del diritto di impugnazione può, difatti, considerarsi avvenuto in modo idoneo solo qualora i motivi per i quali si richiede la cassazione abbiano carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, contenendo, a pena di inammissibilità, oltre all’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnato, l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto;
l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può, in altre parole, considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi pertanto considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che difetti di tali requisiti (cfr., Cass., Sez. T., 12 aprile 2023, n. 9783, che richiama, tra le tante, Cass., Sez. 5^, 3 agosto 2007, n. 17125; Cass., Sez. 5^, 21 aprile 2009, n. 9388; Cass., Sez. 6^-5, 8 gennaio 2014, n. 187; Cass., Sez. 5^, 20 ottobre 2016, n. 21296; Cass., Sez. 5^, 28 febbraio 2018, n. 4611; Cass., Sez. 5^, 15 maggio 2019, n. 12982; Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15517; Cass., Sez. 5^, 15 luglio 2021, n. 20152; Cass., Sez. 6^-5, 7 settembre 2022, n. 26300; Cass., Sez. 6^-5, 5 ottobre 2022, n. 28884; nello stesso senso, Cass., Sez. T., 21 febbraio 2023, n. 5429, che richiama Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15517).
Alla stregua delle osservazioni svolte, con valutazione assorbente rispetto alle questioni sollevate, va, dunque, conclusivamente ritenuta l’inammissibilità del motivo d’impugnazione, perchè non correlatosi con le
ragioni della decisione, basate sull’illegittimità della disciplina regionale posta a base dell’imposizione, siccome contrastante con le disposizioni comunitarie considerate dal Giudice d’appello e su cui la Regione non ha sviluppato alcun esercizio difensivo per confutarne la fondatezza.
le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza.
va, infine, dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte del ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la Regione Calabria al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida a favore di RAGIONE_SOCIALE nella misura di 5.000,00 € per competenze, oltre a 200,00 € per spese vive, nonché accessori di legge.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 gennaio 2024.