Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6236 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6236 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/03/2025
Oggetto: impugnazione di estratto di ruolo
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5391/2024 R.G. proposto da COGNOME MARCO COGNOME in proprio e in qualità di socio unico e già legale rappresentante pro tempore della RAGIONE_SOCIALE COGNOME MARCO COGNOME RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso per cassazione dall’Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL
-ricorrente – contro
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE in persona del direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAILit)
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Lazio n. 4454/7/2023 del 19/6/2023 depositata in data 18/07/2023;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 28/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
la parte ricorrente si doleva che in data 12/2/2019, accedendo presso l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate Riscossione di Roma di essere venuto a conoscenza dell’esistenza di due cartelle esattoriali nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA relative ai seguenti tributi, interessi e sanzioni di cui ai rispettivi ruoli anno 2013 n. 250481 del 14/1/2013 e 250931 del 9/10/2012; impugnava quindi l’estratto di ruolo in quell’occasione rilasciato;
la CTP rigettava il ricorso; appellava COGNOME NOME COGNOME
con la sentenza gravata, la CTR ha rigettato l’appello;
ricorre a questa Corte il contribuente con atto affidato a tre motivi illustrati da memoria;
il riscossore resiste con controricorso;
-il Consigliere delegato ha depositato proposta di definizione accelerata del ricorso ex art. 380 bis c.p.c. a fronte della quale la parte ricorrente ha chiesto la decisione collegiale;
il ricorrente ha depositato memoria;
Considerato che:
va preliminarmente rilevato che, diversamente da quanto dedotto con la memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c., non si può ritenere formato, nei gradi di merito, alcun giudicato in ordine alla sussistenza di un interesse a ll’impugnazione dell’estratto di ruolo;
invero, per rilevare la sussistenza di tale giudicato parte ricorrente avrebbe dovuto produrre a questa Corte la pronuncia di primo grado che, trascritta, in parte, nella memoria, doveva esser riprodotta in
questa sede di Legittimità, onde consentire alla Corte di verificare in essa la effettiva esistenza della statuizione che parte ricorrente assume non esser stata impugnata dall’Ufficio in appello;
in ogni caso, dal tenore dell’affermazione (sola) trascritta da parte ricorrente nel proprio atto, non è dato desumere la sussistenza di un giudicato esplicito, mancando una espressa statuizione sulla sussistenza dell’interesse ad agire, avendo il giudice semplicemente affermato l’impugnabilità dell’estratto di ruolo, che pure nella vigente disciplina è possibile, ma non anche l’esistenza di un concreto interesse alla sua impugnazione; come è noto, solo la formazione di un giudicato interno espresso sulla questione del difetto di legittimazione ad causam preclude la riproposizione della questione, ovvero il rilievo di ufficio della stessa (Cass., Sez. V, 31 ottobre 2017, n. 25906; Sez. U, n. 26019 del 30/10/2008), principio questo di cui si è fatta applicazione anche nel caso di decadenza del contribuente dal diritto di agire in giudizio (Cass., Sez. V, 12 dicembre 2019, n. 32637; Cass., Sez. V, 13 settembre 2013, n. 20978);
ciò chiarito, il ricorso originario del contribuente va dichiarato allora inammissibile per difetto di interesse ad agire;
i motivi di impugnazione restano assorbiti dalla inammissibilità riguardante l’interpretazione, come vagliata dalla giurisprudenza di legittimità e costituzionale, dell’art. 3 bis del d.L. 21 ottobre 2021, n. 146 sull’impugnazione dell’estratto di ruolo e della cartella esattoriale in relazione all’invalida notifica. L’estratto di ruolo non è impugnabile se non nei casi elencati dalla summenzionata norma, ove il ricorrente dimostri la sussistenza di un pregiudizio per la partecipazione ad una procedura di appalto, ovvero per la riscossione di somme allo stesso dovute da parte della pubblica amministrazione ovvero, infine, per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione, casi insussistenti nel caso in esame. La suddetta norma è applicabile ai
giudizi in corso come affermato dal diritto vivente (Cass., Sez. Un. n. 26283/2022), sicché il contribuente ha interesse a impugnare una cartella di pagamento nei soli casi delineati dalla suddetta disciplina, benché sopravvenuta;
da ultimo, la Corte costituzionale si è espressa sulla legittimità del citato art. 3-bis d.L. cit. ribadendo che, eventuali modiche al sistema in esso previsto, spetterebbero ad un intervento del Legislatore e che, pertanto, le questioni di incostituzionalità relative alla non impugnabilità diretta dell’estratto di ruolo al di fuori delle ipotesi da essa previste, sono inammissibili (Corte Cost. sentenza n. 190/2023 e ordinanza n. 80/2024);
pertanto, poiché la norma citata delinea il contenuto dell’interesse ad agire in caso di impugnazione dell’estratto di ruolo in caso di cartella non notificata o invalidamente notificata; non ricorrono le ipotesi di cui all’art. 3-bis d.l. n. 146 del 2021; non vi è allora in capo al contribuente l’interesse ad agire;
le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
poiché la presente decisione fa seguito ad istanza di decisione proposta al Collegio in seguito alla comunicazione di proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c. va applicata la giurisprudenza di questa Corte (si vedano in termini le pronunce Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 28540 del 13/10/2023; Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; ancora, conforme alle precedenti risulta la recente Cass. Sez.3, Ordinanza n. 31839 del 15/11/2023) secondo la quale in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380 – bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d. Lgs. n. 149 del 2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma
dell’art. 96 c.p.c. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente;
debbono quindi liquidarsi ex art. 96 terzo comma c.p.c. l’importo di euro 1.200,00 a carico di parte soccombente ed ex art. 96 quarto comma c.p.c. l’ulteriore importo di euro 600,00, sempre a carico di parte soccombente, da versarsi quest’ultimo alla cassa delle ammende;
p.q.m.
decidendo sul ricorso, dichiara inammissibile l’originario ricorso del contribuente; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 2.400,00 oltre a spese prenotate a debito; condanna parte ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di euro 1.200,00 ex art. 96 c. 3 c.p.c. in favore di parte controricorrente e infine dell’ancora ulteriore somma di euro 600,00 ex art. 96 c. 4 c.p.c. in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2025.