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Impugnazione estratto di ruolo: quando è inammissibile

Una società ha contestato una cartella di pagamento di cui era venuta a conoscenza solo tramite un estratto di ruolo, sostenendo la mancata notifica dell’atto. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23422/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha stabilito che l’impugnazione dell’estratto di ruolo non è permessa, e la cartella sottostante può essere contestata solo se il contribuente dimostra un pregiudizio concreto e attuale, come l’esclusione da appalti pubblici, requisito non provato nel caso di specie. La decisione si fonda sul principio della carenza di interesse ad agire.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Impugnazione estratto di ruolo: la Cassazione chiarisce i limiti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 23422/2024) torna a pronunciarsi su un tema cruciale per i contribuenti: l’impugnazione estratto di ruolo. Il caso analizzato offre spunti fondamentali per comprendere quando è possibile agire legalmente contro una pretesa fiscale di cui si è venuti a conoscenza in modo indiretto. La Corte ha stabilito che, in assenza di un pregiudizio concreto, l’azione è inammissibile per carenza di interesse ad agire, anche se la notifica della cartella originaria è contestata.

I fatti del caso

Una società operante nel settore dell’impiantistica tecnologica scopriva l’esistenza di un debito fiscale di oltre 44.000 Euro richiedendo un estratto di ruolo all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Sostenendo di non aver mai ricevuto la notifica della relativa cartella di pagamento, la società decideva di impugnare l’estratto di ruolo dinanzi alla Commissione Tributaria.

Nei primi gradi di giudizio, i ricorsi della società venivano respinti. I giudici di merito ritenevano che la presunta regolarità della notifica della cartella di pagamento precludesse la possibilità di contestare l’estratto di ruolo, un atto considerato non autonomamente impugnabile. La società, non soddisfatta, portava il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente due vizi:

1. Violazione delle norme sulla notifica telematica: la prova della notifica via PEC sarebbe stata insufficiente, in quanto l’Agenzia aveva depositato solo stampe delle ricevute senza valore probatorio e non i file originali (.eml o .msg).
2. Errata applicazione della legge: la nullità della notifica avrebbe dovuto rendere ammissibile l’impugnazione dell’estratto di ruolo, contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di merito.

La decisione della Corte sull’impugnazione estratto di ruolo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ma per una ragione preliminare e assorbente: la carenza di interesse ad agire del contribuente. I giudici supremi hanno basato la loro decisione sulla normativa introdotta con il D.L. n. 146 del 2021 (art. 12, comma 4-bis, D.P.R. n. 602/1973).

Questa norma stabilisce in modo chiaro che l’estratto di ruolo non è un atto impugnabile. La cartella di pagamento, anche se si assume non validamente notificata, può essere oggetto di impugnazione diretta solo in casi specifici e tassativi.

Le motivazioni della Cassazione

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’interesse ad agire. La Corte, richiamando le pronunce delle Sezioni Unite (in particolare la n. 26283/2022), ha chiarito che il contribuente che viene a conoscenza di un debito tramite l’estratto di ruolo non può agire in giudizio per il solo fatto di contestare la pretesa. Per avere un interesse giuridicamente rilevante, deve dimostrare che dall’iscrizione a ruolo derivi un pregiudizio concreto e attuale.

La legge stessa elenca tali pregiudizi:

* Il rischio di non poter partecipare a una procedura di appalto pubblico.
* L’impossibilità di riscuotere somme dovute da soggetti pubblici.
* La perdita di un beneficio nei rapporti con la pubblica amministrazione.

Nel caso in esame, la società si era limitata a contestare la mancata notifica della cartella, senza allegare né dimostrare di subire uno di questi specifici pregiudizi. La semplice conoscenza del debito tramite l’estratto di ruolo non è sufficiente a fondare l’interesse ad agire. Di conseguenza, il ricorso originario è stato ritenuto inammissibile fin dall’inizio, e la Corte ha cassato la sentenza senza rinvio, chiudendo definitivamente la questione.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e restrittivo in materia di impugnazione estratto di ruolo. Per i contribuenti, le implicazioni sono significative:

1. Non basta contestare: Non è più sufficiente affermare di non aver ricevuto una cartella per poter impugnare l’estratto di ruolo. È necessario un passo in più.
2. Dimostrare il pregiudizio: L’onere della prova è a carico del contribuente, che deve dimostrare di subire un danno concreto e immediato a causa di quel debito iscritto a ruolo, rientrante nelle categorie previste dalla legge.
3. Rilevabilità d’ufficio: La carenza di interesse ad agire è una questione che il giudice può rilevare in qualsiasi stato e grado del processo, anche d’ufficio, portando a una declaratoria di inammissibilità del ricorso.

È possibile impugnare un estratto di ruolo se si ritiene di non aver mai ricevuto la cartella di pagamento?
No, la normativa attuale (art. 12, comma 4-bis, d.P.R. 602/1973) e l’interpretazione della Cassazione stabiliscono che l’estratto di ruolo non è un atto autonomamente impugnabile. L’azione è considerata inammissibile.

Quali sono le uniche condizioni in cui si può contestare una cartella non notificata, scoperta tramite l’estratto di ruolo?
È possibile impugnare direttamente la cartella di pagamento solo se il contribuente dimostra che l’iscrizione a ruolo gli sta causando un pregiudizio concreto e attuale, come l’impossibilità di partecipare ad appalti pubblici, difficoltà nella riscossione di crediti da enti pubblici, o la perdita di benefici con la P.A.

Perché la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile anche se la notifica della cartella poteva essere nulla?
La Corte ha ritenuto la questione della nullità della notifica assorbita da una valutazione preliminare: la carenza di interesse ad agire. Poiché il contribuente non ha dimostrato di subire uno dei pregiudizi specifici richiesti dalla legge, non aveva il diritto di avviare l’azione legale, a prescindere dalla validità o meno della notifica originaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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