Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30952 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30952 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25884/2021 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE
-intimata-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO-ROMA n. 3108/2021 depositata il 22/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con ricorso avanti la Commissione Tributaria Provinciale di Roma notificato ad Agenzia delle Entrate -Riscossione, COGNOME NOME impugnava ruolo esattoriale e cartella di pagamento ivi portata per un importo di € 1.773,80 per crediti di natura tributaria di cui era venuta a conoscenza a seguito di un accesso.
ADER non si costituiva in giudizio.
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con sentenza n. 3938/2019 depositata in data 19.3.2019, accoglieva integralmente il ricorso e – come da ricorso per cassazione – disponeva l’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti ‘sussistendone’ ‘le condizioni’.
La contribuente proponeva appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, eccependo l’illegittimità della immotivata compensazione delle spese.
COGNOME nuovamente, non si costituiva in giudizio.
La Commissione Regionale del Lazio, con sentenza n. 3108/2021 del 13.5.2021, depositata in data 22.6.2021, accoglieva il gravame, osservando che ‘la CTP, nell’accogliere pienamente il ricorso introduttivo della contribuente, ha disposto la compensazione delle spese processuali, senza tuttavia indicare le gravi ed eccezionali ragioni poste a suo fondamento. Gravi ed eccezionali ragioni che non appaiono ravvisabili da questa CTR. Pertanto in accoglimento dell’appello deve disporsi la condanna dell’Agenzia delle Entrate
Riscossione al pagamento delle spese processuali del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo’.
A termini di dispositivo, ‘la Commissione accoglie l’appello e condanna l’Agenzia delle Entrate Riscossione al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in complessivi € 600,00 da distrarsi in favore dell’Avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario’.
Propone la contribuente ricorso per cassazione con un motivo. ADER resta intimata.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione o falsa applicazione dell’art. 4 decreto ministeriale 5 aprile 2014 n. 55 del Ministero della Giustizia come modificato dal DM 37/2018 e delle tabelle 1 -2 dei parametri ad esso allegate, art. 15 D.Lgs. 546/1992 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’.
1.1. ‘L’odierna parte ricorrente intende censurare la sentenza impugnata proprio nella parte in cui, nell’accogliere l’appello, e nel condannare la parte soccombente al pagamento delle spese di lite nella misura complessiva di € 600 per il doppio grado di giudizio, ha violato, sotto un duplice profilo, l’art. 4 del DM 55/14 come aggiornato dal DM 37/2018 , e più precisamente, 1) nella parte in cui ha operato una liquidazione delle spese legali omnicomprensiva dei compensi dell’intero giudizio, e non già distinta per fasi (e tanto meno per gradi); 2) nella parte in cui ha operato, comunque, una liquidazione, nel suo importo complessivo, in misura evidentemente inferiore ai parametri medi, ed anche minimi , previsti nella tabella 1 -2 allegata al DM 55/2014 senza, ancorché non fosse in ogni caso consentito (attesa l’entrata in vigore del DM 37/2018 del
Ministero della Giustizia che ha reso espressamente inderogabili i minimi tariffari) motivare in alcun modo le ragioni di tale riduzione’.
L’esame del motivo rimane assorbito dall’originaria improponibilità dell’impugnazione della contribuente avverso l’estratto di ruolo, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, dunque anche in cassazione, ragion per cui l a sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio ed il ricorso introduttivo del giudizio deve essere dichiarato inammissibile.
2.1. Al riguardo, va rammentato che, giusta Sez. U, n. 26283 del 06/09/2022, Rv. 665660 -01, ‘in tema di impugnazione dell’estratto di ruolo, l’art. 12, comma 4 -bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall’art. 3 -bis del d.l. n. 146 del 2021, come convertito dalla l. n. 215 del 2021), selezionando specifici casi in cui l’invalida notificazione della cartella ingenera di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, ha plasmato l’interesse ad agire, condizione dell’azione avente natura ‘dinamica’ che, come tale, può assumere una diversa configurazione, anche per norma sopravvenuta, fino al momento della decisione; la citata disposizione, dunque, incide sulla pronuncia della sentenza e si applica anche nei processi pendenti, nei quali lo specifico interesse ad agire deve essere dimostrato, nelle fasi di merito attraverso il tempestivo ricorso alla rimessione nei termini (istituto applicabile anche al processo tributario), nel grado di legittimità mediante deposito di documentazione ex art. 372 c.p.c. o fino all’udienza di discussione (prima dell’inizio della relazione) o fino all’adunanza camerale oppure, qualora occorrano accertamenti di fatto, nel giudizio di rinvio’.
Va altresì rammentato che C. cost. n. 190 del 2023 ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 4 -bis, DPR n. 602 del 1973, così come modificato dall’art. 3 –
bis d.l. n. 146 del 2021, conv. in l. n. 215 del 2021, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 77, 111, 113 e 117 Cost.
2.2. La contribuente non allega, ancora dinanzi a questa Suprema Corte, alcun concreto interesse, anche ‘medio tempore’ sopravvenuto, ad impugnare l’estratto di ruolo.
2.3. Al rilievo d’ufficio della mancata allegazione ed ‘a fortiori’ dimostrazione di siffatto interesse non osta l’essere l’appello e di poi il ricorso per cassazione proposto dalla contribuente solo in punto di spese.
2.3.1. Posto che l’interesse ad agire è, come osservato dalle Sezioni Unite, una condizione dell’azione, viepiù dinamica, non può dirsi maturato alcun giudicato interno -solo implicito -per mancata impugnazione, da parte dell’Amministrazione, della sentenza di primo grado favorevole nel merito al contribuente, in punto di ammissibilità dell’impugnazione.
Ora, ‘il giudicato interno preclude la rilevabilità d’ufficio delle relative questioni solo se espresso, cioè formatosi su rapporti tra ‘questioni di merito’ dedotte in giudizio e, dunque, tra le plurime domande od eccezioni di merito, e non quando implicito, cioè formatosi sui rapporti tra ‘questioni di merito’ e ‘questioni pregiudiziali’ o ‘preliminari di rito o merito’ sulle quali il giudice non abbia pronunziato esplicitamente, sussistendo tra esse una mera presupposizione logico -giuridica’ (così Sez. 5, n. 25906 del 31/10/2017, Rv. 646160 -01, particolarmente significativa ai fini del presente giudizio, atteso che, sulla base dell’enunciato principio, questa Suprema Corte ‘ha ritenuto esente da critiche la rilevazione d’ufficio del difetto di legittimazione ad agire’, che è notoriamente un’altra condizione dell’azione, ‘in quanto in rapporto di mera
presupposizione logico -giuridica con il merito, nonostante il dedotto giudicato interno’).
2.3.2. Sotto altra prospettiva, ‘il giudicato implicito, non si forma, per omessa impugnazione, sulla questione afferente l’inammissibilità del ricorso, essendo limitato alle questioni ed agli accertamenti che costituiscono il presupposto logico indispensabile di una questione o di un accertamento sul quale si sia formato un giudicato esplicito, mentre non è configurabile in relazione alle questioni pregiudiziali all’esame del merito ovvero a quelle concernenti la proponibilità dell’azione giudiziaria’ (Sez. 5, n. 32805 del 19/12/2018, Rv. 652137 -01).
Siffatti insegnamenti – cui il Collegio ritiene di dover dare piena continuità -riposano su una sedimentata elaborazione giurisprudenziale, secondo cui ‘il potere di controllo delle nullità (non sanabili o non sanate), esercitabile in sede di legittimità, mediante proposizione della questione per la prima volta in tale sede, ovvero mediante il rilievo officioso da parte della Corte di cassazione, va ritenuto compatibile con il sistema delineato dall’art. 111 della Costituzione, allorché si tratti di ipotesi concernenti la violazione del contraddittorio ovvero di ipotesi riconducibili a carenza assoluta di ‘potestas iudicandi”, tra le quali ultime rilevano ‘il difetto di ‘legitimatio ad causam’ o dei presupposti dell’azione, la decadenza sostanziale dall’azione per il decorso di termini previsti dalla legge, la carenza di domanda amministrativa di prestazione previdenziale, od il divieto di frazionamento delle domande, in materia di previdenza ed assistenza sociale’: ‘in tutte queste ipotesi, infatti, si prescinde da un vizio di individuazione del giudice, poiché si tratta non già di provvedimenti emanati da un giudice privo di competenza giurisdizionale, bensì di atti che nessun giudice avrebbe potuto
pronunciare, difettando i presupposti o le condizioni per il giudizio. Tale compatibilità con il principio costituzionale della durata ragionevole del processo va, invece, esclusa in tutte quelle ipotesi in cui la nullità sia connessa al difetto di giurisdizione del giudice ordinario e sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della pronuncia sul merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello’ (Sez. U, n. 26019 del 30/10/2008, Rv. 604949 -01).
Come chiarito da Sez. 5, n. 25500 del 21/06/2011, in motiv., par. 4.2.2., p. 13 – richiamata da Sez. 5, n. 20509 26/04/2013, in motiv., par. 2, p. 5 – ‘il giudicato implicito si forma quando la questione risolta in modo esplicito sia collegata in modo indissolubile alla questione su cui il Giudice non si è pronunciato, sicché la statuizione contenta nel dispositivo non possa configurarsi senza la decisione implicita della questione presupposta. Tali principi in tema di giudicato sostanziale (inteso come accertamento incontrovertibile del regolamento di interessi ) trovano, tuttavia, applicazione esclusivamente in ordine ai rapporti che vengono ad istituirsi tra le ‘questioni di merito’ dedotte in giudizio (e dunque tra plurime domande od eccezioni di merito), mentre non è mai esistito dubbio alcuno in ordine alla relazione di ‘mera presupposizione logico -giuridica’ che si realizza tra ‘questioni pregiudiziali’ o ‘questioni preliminari di rito o di merito’ -sulle quali, anche se rilevabili di ufficio, il Giudice non ha pronunciato esplicitamente -e questione di merito risolta con pronuncia esplicita. L’apertura concessa dalle sentenze delle SS.UU. 9.10.2008 n. 24883 e 30.10.2008 n. 26019 alla ravvisabilità del giudicato implicito interno anche in ordine a questioni pregiudiziali di rito sulle quali il Giudice di merito non abbia statuito espressamente, rimane circoscritta (vedi Corte Cass. 5^ sez. 29.4.2009 n. 10027) alla sola questione di giurisdizione (sulla
quale, in caso di mancata impugnazione dello specifico ‘capo’ della sentenza di merito da quella dipendente, cade il giudicato, appunto, implicito, anche se trattasi di questione rilevabile ‘ex officio’ in ogni stato e grado), mentre per tutte le altre questioni preliminari di merito il passaggio in giudicato (con conseguente preclusione della deducibilità/rilevabilità di ufficio della questione nel successivo grado giudizio o nel giudizio di legittimità) è previsto solo nel caso in cui vi sia stata una pronuncia esplicita proprio su detta questione preliminare, e non anche nel caso in cui la questione preliminare è stata implicitamente risolta con la decisione sul merito della fondatezza del diritto (cfr. Corte Cass. SU 30.10.2008 n. 26019 -paragr. 3.8 e 3.9, pag. 32 motivazione -laddove viene affermato che rimane ‘salvo l’effetto preclusivo, ndr., alla rilevabilità di ufficio della questione preliminare derivante dalla esistenza di una specifica statuizione del giudice di merito, ndr., su tale questione preliminare e dalla mancata impugnazione al riguardo’)’.
2.4. A quanto precede, con specifico riferimento al caso di specie, in cui il ricorso per cassazione, nel silenzio della sentenza impugnata, non rappresenta essere stata la questione della diretta impugnabilità dell’estratto di ruolo agitata dinanzi al giudice di primo grado e da questi risolta con statuizione espressa suscettiva di evolvere in giudicato siccome non impugnata, è da aggiungersi che il ‘thema’ delle spese, siccome regolato dal criterio della soccombenza ex art. 91, comma 1, cod. proc. civ., è ‘ex se’ condizionato dall’idoneità della domanda di giustizia rassegnata nel ricorso introduttivo a fondare, superando la verifica d’ammissibilità, il dovere decisorio del giudice sul merito della pretesa: talché, vertendosi di spese, in difetto di positivo incontrovertibile accertamento riguardo l’ammissibilità della domanda sotto il profilo, che ne occupa, dell’interesse ad agire, la sussistenza o meno di questo costituisce ancora ‘res controversa’,
che fonda non solo il ‘potere’, ma anzi il ‘dovere’, di verifica in capo al giudice, anche in sede di legittimità.
2.5. Deve, conclusivamente enunciarsi il seguente principio di diritto:
In caso d’impugnazione dell’estratto di ruolo, accolta in primo grado senza appello dell’Amministrazione, la Corte di cassazione, chiamata a decidere della legittimità della sentenza d’appello che, su ricorso del contribuente, aveva statuito in ordine alle spese, ha il potere -dovere, in difetto di un’espressa pronuncia dei giudici di merito sulla questione dell’impugnabilità dell’estratto di ruolo, di rilevare d’ufficio il difetto di interesse ad agire in capo al contribuente che non abbia documentato, neppure in sede di legittimità, di versare in una delle ipotesi previste dall’art. 12, comma 4 -bis, del d.P.R. n. 602 del 1973, essendo il tema delle spese (ancora controverso) condizionato dall’idoneità della domanda di giustizia rassegnata nel ricorso introduttivo a superare il vaglio d’ammissibilità, senza che a ciò osti alcun inesistente giudicato interno sull’ammissibilità di detto ricorso, che non può formarsi implicitamente in relazione a questioni pregiudiziali ovvero a quelle concernenti la proponibilità dell’azione.
2.6. In ossequio al superiore principio, come anticipato, deve dichiararsi, ai sensi dell’art. 382, comma 3, secondo periodo, cod. proc. civ., l’inammissibilità ‘ex se’ ed ‘ab origine’ dell’azione impugnatoria, esperita con il ricorso introduttivo del giudizio, ai sensi del citato art. 12, comma 4 -bis, del d.P.R. n. 602 del 1973, perché la causa non poteva essere proposta.
2.6.1. In funzione di tale decisione, deve, ai sensi dell’art. 385, comma 2, cod. proc. civ., altresì provvedersi in ordine alle spese dell’intero processo, restando pertanto assorbito, come pure anticipato, l’unico motivo di ricorso.
2.6.2. Ora, valutato l’esito complessivo della lite, sussistono giusti motivi per la compensazione integrale delle spese dei due gradi di merito.
Nulla va parimenti statuito per il presente grado di legittimità non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
2.6.3. Stante l’assorbente rilievo, rispetto al ricorso, dell’originaria improponibilità dell’impugnazione dell’estratto di ruolo, nulla è a statuirsi agli effetti dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Pronunciando su ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata perché la causa non poteva essere proposta e, per l’effetto, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo del giudizio.
Compensa tra le parti le spese delle fasi di merito.
Così deciso a Roma, lì 13 settembre 2024.