Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10717 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10717 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16813/2022 R.G. proposto da
COGNOME, Avvocato, in proprio Vaglio
: e con l’Avvocato NOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentate e difese ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrenti- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio -Roma n. 133/2022 depositata il 13/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Avv. NOME COGNOME proponeva, dinanzi alla CTP di Roma, ricorso avverso agli estratti di ruolo di plurime cartelle di pagamento e di due avvisi di accertamento esecutivi. Il ricorrente contestava il vizio di notifica dei presupposti atti impositivi e della comunicazione preventiva del fermo amministrativo, iscritto a suo carico. Eccepiva inoltre il giudicato esterno, rappresentato dalla sentenza della CTP n. 1727/2018, con il quale erano stati annullati, a seguito
dell’accertata omissione della notifica degli stessi, gli atti presupposti ali ruoli oggetto del presente giudizio.
La CTP adita, con sentenza n. 18214/2019, dichiarava l’inammissibilità del ricorso , per comprovata ritualità della notificazione delle cartelle di pagamento e degli avvisi di accertamento presupposti.
Il contribuente proponeva appello, eccependo un ulteriore giudicato esterno, relativo alla sentenza n. 13510/2019 della CTP di Roma. Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle entrate eccependo a sua volta l’esistenza di giudicato esterno, formatosi in epoca antecedente a quello richiamato dalla parte privata, e rappresentato dalla sentenza n. 7480/2017 della CTR Lazio, che avrebbe confermato la regolarità della notifica degli avvisi di accertamento impugnati. Il ricorrente presentava, poi, memorie illustrative, con le quali ribadiva le proprie censure e richiamava un ulteriore giudicato esterno formatosi posteriormente a quello indicato dall’Ufficio.
La CTR, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la decisione dei giudici di prime cure.
Avverso la suddetta decisione il contribuente propone ricorso affidato a due motivi, illustrati con il deposito di memoria difensiva ex art. 380-bis.1 c.p.c.
Resistono con comune controricorso l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate – Riscossione, che preliminarmente chiedono dichiararsi la cessazione della materia del contendere in relazione alle cartelle di pagamento rientranti nel perimetro dell’annullamento ex lege disposto dall’art. 4, comma 1, del D.L. n. 119/2018.
Eccepiscono inoltre l’ inammissibilità dei motivi di ricorso, da un lato ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., in ragione della sussistenza di un’ipotesi di doppia conforme; dall’altro, stante la violazione del principio di autosufficienza che attiene al giudicato esterno, in quanto il contribuente, nel ricorso per cassazione, non ha riportato la sentenza invocata nella sua integralità.
Inoltre, affermano, l’eccezione di giudicato sollevata con riferimento alla sentenza della CTP n. 13510/2019 non sarebbe fondata anche in ragione della carenza di identità soggettiva ed oggettiva tra le parti dei diversi giudizi.
Il giudizio è stato fissato per l’adunanza camerale del 14/04/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 115 c.p.c. in relazione all’ art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c. il contribuente lamenta che la CTR non abbia accolto l’eccezione di giudicato ritualmente sollevata.
Con il secondo motivo viene contestata la «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 115 c.p.c. in relazione all’ art. 360, co.1, n.3, c.p.c. , in quanto il giudice del gravame avrebbe confermato gli atti impugnati, disattendendo il giudicato esterno, relativo alla sentenza della CTP di Roma, con la quale gli stessi erano stati annullati in via definitiva. In particolare, la Commissione si pronunciava nel merito, sostenendo che la presenza del giudicato esterno sugli stessi atti richiamati nel presente giudizio dimostrava che questi erano stati notificati al contribuente il quale, infatti, li aveva impugnati proprio perché ne era venuto a conoscenza. La CTR ha, pertanto, interpretato tale giudicato esterno come una prova dell’avvenuta notificazione degli atti contestati, nonostante nella sentenza eccepita dal ricorrente come giudicato esterno ne fosse stata dichiarata l’inefficacia in conseguenza dell’omessa notifica.
Preliminarmente, d’ufficio va rilevato che l’art. 3 bis d. L. n.146/2021, precisato in sede di conversione della l. n.215/21, novellando l’art.12 del d.P.R. n.602/73, ha previsto che dopo il comma 4 è inserito il comma 4 bis il quale ha stabilito che l’estratto di ruolo non è impugnabile, anche unitamente alle cartelle sottostanti che si assumono non legittimamente notificate, se non a determinate, specifiche, condizioni. La menzionata previsione di legge recita: «il ruolo e la cartella di pagamento che si assume
invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio ad una procedura di appalto per effetto di quanto previsto nell’ art. 80 comma 4 del codice dei contratti pubblici di cui al d. Lgs 18 aprile 2016 n.50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art.1 comma 1 lett. a) del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’econom ia e delle finanze 18 gennaio 2008 n.40, per effetto delle verifiche di cui all’art. 48 bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione».
La Corte di cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 26283/2022, ha poi fortemente circoscritto le impugnazioni attraverso l’estratto di ruolo dirette ad ottenere l’annullamento della sottesa cartella di pagamento, trattandosi di azione di accertamento negativo circa la decadenza del debito iscritto a ruolo, mentre il processo tributario ha natura di impugnazione -merito.
È conseguentemente presente l’interesse ad agire contro il ruolo solo se vi sia un pregiudizio da esso derivante come ad es. un pignoramento in corso o un’intimazione al pagamento, di cui non vi è evidenza in atti, ed anzi dalla stessa prospettazione di parte ricorrente si desume che tanto gli atti presupposti al ruolo, quanto l’iscrizione ipotecaria che si assume essere intervenuta in forza dei medesimi atti impositivi sarebbero state dichiarati nulli con sentenza passate in giudicato, da cui l’inammiss ibilità del ricorso originario della società contribuente rilevabile ex officio .
Si rileva ancora che, da ultimo, la Corte costituzionale, con sentenza 17 ottobre 2023, n. 190, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità dell’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, così come modificato dall’art. 3-bis del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, rilevando come il rimedio alla situazione che si è prodotta per effetto della norma censurata
coinvolga profili rimessi – quanto alle forme e alle modalità – alla discrezionalità del legislatore e non spetti, almeno in prima battuta, alla Corte medesima.
Va infine precisato che, con il recente D.Lgs. 110/2024, il legislatore è intervenuto sull’ambito di operatività dell’articolo 12, comma 4-bis, D.P.R. 602/1973, disponendo un ampliamento delle ipotesi in cui il contribuente è legittimato alla impugnazione diretta del ruolo e della cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata, ed ha introdotto nell’articolo 12, comma 4 -bis, D.P.R. 602/1973 le lettere d), e) ed f), le quali prevedono ulteriori condizioni che permettono l’impugnazione dirett a del ruolo e della cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata, quando il debitore dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio: i) nell’ambito delle procedure previste dal codice della crisi d’impresa e dell’insol venza, ii) in relazione ad operazioni di finanziamento da parte di soggetti autorizzati, iii) nell’ambito della cessione dell’azienda, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 14, D.Lgs. 472/1997.
Nel caso in esame, parte ricorrente, originario opponente, non ha allegato un interesse di tal fatta.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate ed all’Agenzia delle Entrate – Riscossione le spese processuali che si liquidano in euro 5.600, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14/04/2025.