Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19886 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19886 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
Estratto di ruolo impugnazione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22201/2022 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del responsabile pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato ;
–
contro
ricorrente
–
avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. SICILIA, SEZIONE STACCATA di CATANIA n. 1092/2022, depositata l’8 febbraio 2022. udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione nei confronti dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle entrate -Riscossione, che hanno resistito con distinti controricorsi, avverso la sentenza riportata in epigrafe.
Con quest’ultima la C TR ha rigettato l’appello del contribuente avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile il ricorso avverso il ruolo e la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA emessa a seguito di procedura automatizzata ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 -bis d.P.R. n. 633 del 1972 per omesso e/o ritardato versamento delle imposte relative al 2003.
La CTR rilevava che la notifica della cartella si era perfezionata in data 25 giugno 2007 mediante consegna a NOME COGNOME qualificatasi come la figlia del contribuente e che il ricorso, notificato il 28 luglio 2014 e depositato il 13 ottobre 2014, doveva ritenersi tardivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il contribuente propone cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la violazione delle norme in tema di prescrizione.
Censura la sentenza impugnata per aver implicitamente ritenuto che il rilascio dell’estratto di ruolo e la proposizione del ricorso fossero atti interruttivi della prescrizione. Aggiunge che doveva riconoscersi l’interesse del contribuente ad impugnare il ruolo esperendo azione di accertamento negativo volta a far valere la prescrizione del credito maturata dopo la notifica della cartella.
1.2. Con il secondo motivo deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione degli artt. 2946, 2948, n. 4, 2953 cod. civ. e dell’art. 20 d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472.
Censura la sentenza impugnata per non aver valutato il termine di prescrizione in ragione alla diversa natura del credito azionato il quale aveva ad oggetto anche sanzioni ed interessi, soggetti a prescrizione quinquennale.
1.3. Con il terzo motivo lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione de degli artt. 115, 116 e 140 cod. proc. civ., nonché dell’art. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto regolare la notifica dell’atto impositivo ed assume che la CTR non ha esaminato la documentazione prodotta ed ha errato nell’applicare il principio di esame delle prove e nel non rapportare le produzioni alle norme che disciplinano la notifica ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. a ll’ambito tributario, così non rilevando che si era in presenza di notifiche inesistenti.
1.4. Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ. con riferimento agli artt. 25 e 26 d.P.R. 26 ottobre 1973, n. 602 per omessa motivazione in ordine alla rituale notifica della cartella.
1.5. Con il quinto motivo prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l ‘errata applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ.
Il contribuente si duole della condanna alle spese ed osserva che sarebbe stato equo compensare le medesime tenendo conto delle eccezioni formulate dalla sua difesa.
Preliminarmente deve rilevarsi di ufficio l’inam missibilità del controricorso dell’ Agenzia delle entrate-Riscossione.
Questa Corte ha chiarito che, in mancanza di regole speciali e differenti, anche nella successione nei rapporti processuali di Agenzia delle Entrate-RAGIONE_SOCIALE (AdER) a RAGIONE_SOCIALE
avvenuta in forza dell’art. 76, d.l. n. 73 del 2021, convertito dalla l. n. 106 del 2021, con decorrenza dal 1° ottobre 2021 – trovano applicazione l’art. 1, comma 8, d.l. n. 193 del 2016 e il Protocollo 22 giugno 2017 tra AdER e l’Avvocatura Generale dello Stato, secondo il quale il patrocinio della prima davanti alla Corte di cassazione è convenzionalmente affidato all’Avvocatura, salvo il caso di conflitto o di dichiarazione di indisponibilità ad assumerlo, a meno che non intervenga l’apposita motivata delibera dell’Agenzia prevista dal comma 4 dell’art. 43 del r.d. n. 1611 del 1933; ne consegue che, in difetto di tali presupposti, la procura speciale rilasciata da RAGIONE_SOCIALE, subentrata a Riscossione Sicilia, ad un avvocato del libero foro è invalida (Cass. 17/01/2024, n. 1806).
Ne consegue che, verificandosi tale evenienza, il ricorso (principale o incidentale) o il controricorso (come nel caso di specie) per cassazione proposti da AdER vanno dichiarati inammissibili.
Sempre in via preliminare, deve dichiararsi di ufficio l’inammissibilità del ricorso originario del contribuente, proposto avverso l’estratto di ruolo del quale assume di essere venuto a conoscenza a seguito di accesso all’Ufficio per la verifica della propria posizione retributiva, deducendo l’irregolare notifica delle cartelle pure impugnate.
3.1. Va evidenziato sul punto che, sussistendone i presupposti, la Corte di cassazione ha il potere-dovere, in difetto di un’espressa pronuncia sulla questione dell’impugnabilità dell’estratto di ruolo -nella specie mancante -di rilevare d’ufficio il difetto di interesse ad agire del contribuente (Cass. 03/12/2024, n. 30952; Cass. 26/10/2023, n. 29729).
Inoltre, la decisione della causa nel merito non comporta la formazione del giudicato implicito sulla questione che pure costituisca la premessa logica della statuizione di merito quando -come accaduto
nella fattispecie in esame -la questione pregiudiziale non possa ritenersi implicitamente decisa dal giudice di merito, ove abbia formato oggetto di discussione in contraddittorio (cfr. Cass. 08/01/2025, n. 292).
Che la questione sia tuttora sub judice trova conferma in quanto argomentato dal ricorrente nel primo motivo di ricorso in ordine alla sussistenza dell’interesse del contribuente ad esperire, attraverso l’impugnazione del ruolo, azione di accertamento negativo della pretesa dell’Amministrazione.
3.2. Sul punto controverso è intervenuto il legislatore il quale, con l’art. 3bis d.l. 21 ottobre 2021 n. 146, ha inserito in sede di conversione di cui alla legge 17 dicembre 2021 n. 215, così novellando l’art. 12 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, il comma 4bis , ed ha stabilito non soltanto che « l’estratto di ruolo non è impugnabile», ma anche che «il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto per effetto di quanto previsto nell’art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’art. 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione ». La disposizione, da ultimo, è stata modificata dall’art. 12, comma 1, d.lgs. 29 luglio 2024, n. 110 che ha ampliato le ipotesi di immediata giustiziabilità del ruolo.
3.3. La Corte, poi, a Sezioni unite (con la sentenza 6 settembre 2022, n. 26283) ha affermato sul punto i seguenti principi di diritto:
l’art. 3bis d.l. 146 del 2021 si applica ai processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata;
-sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113, 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione;
l’art. 12, comma 4bis , d.P.R. n. 602 del 1973, selezionando specifici casi in cui l’invalida notificazione della cartella ingenera di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, ha plasmato l’interesse ad agire, condizione dell’azione avente natura dinamica che, come tale, può assumere una diversa configurazione, anche per norma sopravvenuta, fino al momento della decisione; la citata disposizione, dunque, incide sulla pronuncia della sentenza e si applica anche nei processi pendenti, nei quali lo specifico interesse ad agire deve essere dimostrato, nelle fasi di merito, attraverso il tempestivo ricorso alla rimessione nei termini (istituto applicabile anche al processo tributario), nel grado di legittimità, mediante deposito di documentazione ex art. 372 cod. proc. civ. o fino all’udienza di discussione (prima dell’inizio della relazione) o fino all’adunanza camerale oppure, qualora occorrano accertamenti di fatto, nel giudizio di rinvio;
proprio perché la tutela riguarda atti invalidamente notificati o non notificati, e quindi inefficaci, è ultronea la ricerca di un termine al quale ancorare il dies a quo per l’impugnazione. Questa ricerca, che ha senso soltanto se il termine sia da ritenere perentorio, è volta a ricavare la certezza della definitività dell’atto dall’omessa impugnazione entro quel termine. La definitività è, tuttavia, predicato degli effetti dell’atto, laddove gli effetti dell’atto non notificato o invalidamente notificato, o che si assume sia stato tale, mai prodottisi, mai a maggior ragione possono divenire definitivi.
Pertanto, pure a fronte della prospettazione dell’invalidità o della mancata notificazione della cartella o dell’intimazione di pagamento, c’è sempre un giudice chiamato a pronunciarsi sulle doglianze del contribuente (ivi incluse quelle relative alla eventuale prescrizione del diritto di credito) che impugni l’atto successivo, anche se esecutivo, o alternativo all’esecuzione, perché volto a indurre il debitore all’adempimento.
3.4. I principi espressi hanno trovato conferma anche nell’intervento della Corte costituzionale, che ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate in tema, con sentenza n. 190 del 17 ottobre 2023, evidenziando come la norma impugnata innalzi la soglia del bisogno di tutela giurisdizionale dei contribuenti ai fini della impugnazione diretta del ruolo e della cartella (Cfr. Cass. Sez. U., 7 maggio 2024, n. 12459).
In conclusione, il ricorso va deciso ai sensi dell’art. 382 , terzo comma, ult. cod. proc. civ. stante l’inammissibilità ex se e ab origine dell’azione impugnatoria, esperita con il ricorso introduttivo del giudizio, perché la causa non poteva essere proposta e, quindi, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza (quindi devono essere poste a carico del contribuente proprio in virtù dell’inammissibilità ab initio dell’esperita impugnazione) e vanno liquidate -nei sensi di cui in dispositivo – in favore della sola Agenzia delle entrate che ha depositato rituale controricorso.
In virtù dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte, decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio, ex art. 382, comma 3, cod. proc. civ., la sentenza impugnata e dichiara inammissibile l’originari a domanda del contribuente.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della sola Agenzia delle entrate, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2025.