Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34546 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34546 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ESTRATTO DI RUOLO -IRPEF 2007-2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25057/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso,
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia n. 4508/15/2023, depositata il 24 maggio 2023;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 1° ottobre 2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
COGNOME Rosario, in data 10 novembre 2016, a seguito del rilascio, da parte di Riscossione Sicilia s.p.a. , dell’estratto di ruolo, veniva a conoscenza dell’esistenza di due accertamenti esecutivi a lui asseritamente non notificati, riguardanti IRPEF per gli anni 2007 e 2008.
Il contribuente impugnava i suddetti estratti di ruolo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa la quale, con sentenza n. 1488/02/2017, depositata il 12 ottobre 2017, accoglieva il ricorso, annullando gli atti impugnati e compensando le spese di lite.
Interposto gravame dall’Agenzia delle Entrate , ed appello incidentale dal contribuente, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (nuova denominazione della Commissione Tributaria Regionale) della Sicilia, con sentenza n. 4508/15/2023, pronunciata il 12 maggio 2022 e depositata in segreteria il 24 maggio 2023, rigettava entrambi gli appelli, confermando la sentenza impugnata e compensando le spese.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione L’Agenzia delle Entrate , sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 6 dicembre 2023).
Resiste con controricorso COGNOME Rosario COGNOME
Con decreto del 12 giugno 2024 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 1° ottobre 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
Il controricorrente ha depositato memoria.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 1, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 12, comma 4bis , del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (come introdotto dall’art. 3 -bis del d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, conv. dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215), in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, l’Ufficio ricorrente che , avendo il contribuente impugnato un estratto di ruolo, tale impugnazione non sarebbe stata più ammissibile, in forza dello ius superveniens di cui al citato art. 3bis d.l. n. 146/2021, mancando, peraltro, nella specie, uno specifico interesse del contribuente in relazione alle ipotesi tipizzate nella normativa sopravvenuta.
Preliminarmente, deve ritenersi infondata l’eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso, sollevata dalla difesa del controricorrente, in quanto il motivo è sufficientemente specifico e ben delineato, avendo l’Ufficio ricostruito correttamente la fattispecie, ed indicato specificamente le norme che si assumono violate, ed i motivi di tale violazione.
Il ricorso deve tuttavia ritenersi inammissibile sotto altro profilo.
E’ pacifico che, nel caso di specie, si versi nell’ipotesi di impugnazione degli estratti di ruolo e degli atti presupposti, dei quali il contribuente assume di essere venuto a conoscenza a seguito di rilascio su istanza da parte dell’Agente della riscossione.
Orbene, è noto che questa Corte, con sentenza delle Sezioni Unite del 2 ottobre 2015, n. 19704, ha affermato che «il
contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l’ultima parte del comma 3 dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato -impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione».
Ciò posto, nelle more del giudizio è intervenuto il d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, conv. dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, che, all’art. 3 -bis , ha modificato l’art. 12 del d.P.R. n. 602/1973 , mediante l’aggiunta, a tale norma, del comma 4 -bis , che testualmente dispone: «L’estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del
codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a ), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione».
La norma in questione, dunque, ha limitato l’accesso alla tutela immediata avverso il ruolo e la cartella di pagamento non notificata (ovvero agli altri atti presupposti), configurata dalle sezioni unite di questa Corte come alternativa, e rimessa alla facoltà della parte, rispetto alla tutela differita prevista dall’art. 19, comma 3, ultima parte, del d.lgs. n. 546/1992.
Il problema che si pone, pertanto, in questo caso, è quello di stabilire se la nuova norma si applichi anche ai giudizi pendenti, qual è il presente, e se quindi essa vada ad incidere sull’ammissibilità dei ricorsi già proposti avverso estratti di ruolo e cartelle non notificate, nei quali -come nel caso di specie -non sia allegato un concreto pregiudizio in merito alla partecipazione ad appalti pubblici, ovvero alla riscossione di somme dovute da soggetti pubblici.
Sul punto, sono intervenute nuovamente, di recente, le sezioni unite di questa Corte, le quali, con sentenza n. 26283 del 6 settembre 2022, hanno affermato il seguente il seguente principio di diritto: «In tema di riscossione coattiva delle entrate pubbliche (anche extratributarie) mediante ruolo, l’art. 12, comma 4bis , del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall’art. 3-bis del d.l. n. 146 del 2021, come convertito dalla l.
n. 215 del 2021) trova applicazione nei processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata rispetto al ruolo e alla cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della predetta norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113 e 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione».
La disciplina in questione – specificano le SS.UU. – non è difatti irragionevole, né arbitraria. Essa asseconda non soltanto l’esigenza di contrastare la prassi di azioni giudiziarie proposte anche a distanza di tempo assai rilevante dall’emissione delle cartelle, e al cospetto dell’inattività dell’agente per la riscossione, ma anche quella di pervenire a una riduzione del contenzioso. In particolare le finalità deflattive rispondono alla consapevolezza, già sottolineata dalla Corte costituzionale (in particolare con la sentenza 19 aprile 2018, n. 77), che, «a fronte di una crescente domanda di giustizia, anche in ragione del riconoscimento di nuovi diritti, la giurisdizione sia una risorsa non illimitata e che misure di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in opera».
Ciò, del resto, è coerente con la natura di atto meramente interno dell’estratto di ruolo, per la cui impugnazione il contribuente non ha uno specifico interesse, trattandosi di atto di per sé non ‘lesivo’, nel mentre, con riferimento alle cartelle di pagamento non notificate o invalidamente notificate, l’interesse sussiste unicamente allorquando tale situazione determina un concreto pregiudizio economico, come specificato dalla stessa norma.
La norma in questione, nel regolamentare le ipotesi di azione diretta (così come la definisce la stessa Corte), stabilisce quando l’invalidità della notificazione della cartella esattoriale provochi di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, dimostrato dalla presenza dell’interesse ad agire che, quale condizione dell’azione, assume diverse configurazioni. Ne deriva che di questo interesse ad agire -che conforma il bisogno di tutela giurisdizionale -è necessario fornire una dimostrazione che si può dare anche nel corso dei giudizi pendenti e che può essere allegato anche nel giudizio di legittimità. Né, secondo la Corte, possono ritenersi fondati i dubbi di legittimità costituzionale della norma, in relazione agli artt. 3, 24, 113 e 117 Cost., né la prospettata intrinseca irrazionalità della norma stessa. Tali dubbi devono essere superati, considerando l’ampia discrezionalità di cui il legislatore gode nell’ambito della disciplina del processo, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà.
I casi previsti dalla nuova disciplina, peraltro, sono ‘tassativi’ e ‘non esemplificativi’ e, pertanto, insuscettibili di interpretazione e applicazione analogica o anche semplicemente estensiva. Con la conseguenza che la norma in esame non provoca alcuna compressione della effettività della tutela giurisdizionale dato che, almeno rispetto al giudizio tributario, essa ne provoca un ampliamento; in secondo luogo, perché il potere cautelare di cui è fornito il giudice tributario e quello ordinario, anche dell’esecuzione, evita il rischio che si creino zone non coperte dalla tutela giurisdizionale stessa. Infatti, anche laddove la notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento sia stata omessa o sia invalida,
vi è sempre un giudice che può pronunciarsi sulle doglianze avanzate dal contribuente che impugni l’atto successivo, pur se esecutivo, o alternativo all’esecuzione (come, ad esempio, nel caso concreto che ha originato la pronuncia in commento, l’impugnazione dell’iscrizione ipotecaria).
Orbene, ciò posto, mette conto evidenziare che sussiste tuttavia l’interesse del contribuente alla proposta impugnazione, avendo egli interesse alla riscossione di somme dovute dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lett. a ), del D.M. 18 gennaio 2008, n. 40, e che a causa dei carichi iscritti a ruolo non può incassare.
Il COGNOME‘COGNOME a, infatti, a seguito di un esproprio da parte del Comune di Vittoria di un proprio terreno, ha diritto a percepire un indennizzo, che è stato liquidato, ma che non è stato versato al contribuente proprio per la presenza di carichi nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria, che ha anzi incamerato tali somme, e per le quali è quindi interesse del COGNOME ottenerne la restituzione.
Consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza della ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1quater .
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione, in favore di COGNOME Rosario, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 7.300,00 per compensi, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A.
Così deciso in Roma, il 1° ottobre 2024.