Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23488 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23488 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18004-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE rappresentato
Oggetto
R.G.N.18004/2021
COGNOME
Rep.
Ud 11/06/2025
CC
e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistenti con mandato –
avverso la sentenza n. 907/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 22/12/2020 R.G.N. 270/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
11/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza n. 907/2020 della Corte d’appello di Milano che ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede che aveva respinto il ricorso volto a far valere la prescrizione dei crediti di cui ad una serie di cartelle di pagamento (prescrizione che sarebbe stata fondata sul fatto che: per alcune cartelle la notifica era da considerarsi nulla, per altre erano trascorsi più di 5 anni dalla notifica senza che fossero intervenuti atti interruttivi della prescrizione, infine altre dovevano essere sgravate ai sensi della legge n. 136/2018).
Sono proposti quattro motivi censura.
Resiste Agenzia delle Entrate -Riscossione con controricorso mentre INPS non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Chiamata la causa all’adunanza camerale dell’11 giugno 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
RAGIONE_SOCIALE censura la sentenza sulla base di quattro motivi, così rubricati.
‘I: violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione alla falsa applicazione dell’art. 3, comma 9, della L. 335/1995 -Prescrizione breve ed estintiva dei crediti previdenziali.
II: Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 c.p.c. in relazione alla falsa applicazione dell’art. 24, comma 5, del D.lgs. 46/1999 -Il decorso del termine di opposizione all’Avviso di Accertamento INPS o alla cartella di pagamento non preclude l’accert amento successivo in punto esistenza del credito quando è intercorsa la prescrizione. Omesso esame di un fatto discusso tra le parti.
III: violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione alla falsa applicazione dell’art. 19 d.p.r. n. 602/1973 Il rateizzo non significa acquiescenza né atto interruttivo del debito.
IV Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione all’art. 2 della l. 241/1990 -L’interesse ad agire e l’accertamento negativo del credito – Sussistenza – Legittima l’impugnazione del rigetto del ricorso in autotutela’.
Emerge dalla sentenza che parte ricorrente aveva agito in giudizio esponendo di aver richiesto in data 19 settembre 2019 un estratto di ruolo e di essere, così, venuta a conoscenza dell’esistenza di cartelle/avvisi, asseritamente mai notificati. La Corte ha affermato che, in base ai documenti, le cartelle/avvisi risultavano, invece, tutti notificati, come già accertato in primo grado e, ‘considerato che nessuna censura sul punto è stata proposta in appello’, il relativo accertamento era da ritenersi definitivo, con conseguente irretrattabilità dei crediti, perché i titoli non erano stati opposti nei termini perentori di legge.
Quanto alla prescrizione che sarebbe maturata dopo la notifica delle cartelle, su cui sola si appuntavano i motivi di gravame,
che contestavano la sussistenza di atti interruttivi e la qualificabilità dell’istanza di rateizzazione come riconoscimento di debito, la Corte ha osservato, con decisione conforme al primo giudice, che ADER aveva documentato molteplici atti interruttivi regolarmente notificati, che ha apprezzato anche alla luce della giurisprudenza di legittimità, tra cui diverse intimazioni di pagamento, una istanza di rateazione avanzata il 27 febbraio 2014 e pagamenti parziali effettuati negli anni.
Tanto premesso, in via preliminare rispetto ai motivi di gravame, la questione che questo Collegio è chiamato a dirimere concerne la possibilità per il contribuente, che assuma di non aver ricevuto rituale notificazione di atti di riscossione, e che ne scopra l’esistenza, di impugnarli immediatamente, anche insieme col ruolo.
Sul punto è intervenuto il legislatore con l’art. 3-bis del d.l. n. 146/2021, inserito in sede di conversione dalla legge n. 215/2021 che ha novellato l’art. 12 del d.P.R. n. 602/1973, intitolato “Formazione e contenuto dei ruoli”, aggiungendo a detto articolo un comma 4- bis in forza del quale «l’estratto di ruolo non è impugnabile», con l’unica eccezione, indicata nella seconda parte della norma, per cui «il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione».
Quanto all’applicabilità della norma ai procedimenti in corso, deve essere data continuità ai principi di diritto espressi da questa Corte con orientamento ormai consolidato, come ricordato, da ultimo, ex plurimis , da Cass. n. 3511/2024 che, concludendo per l’inammissibilità per carenza di interesse all’impugnazione, ha osservato: «si tratta di opposizione ad un estratto di ruolo dalla cui presa visione il ricorrente venne a conoscenza degli avvisi di addebito. L’a rt. 12, co.4 bis, d.P.R. n.602/73 (introdot to dall’art. 3 bis d.l. n. 146/21, come convertito dalla l. n. 215/21) stabilisce che l’estratto di ruolo è suscettibile di diretta impugnazione insieme alla cartella esattoriale -cui è equiparato l’avviso di addebito (art.30, co.14 d.l. n.78/10, conv. con mod. dalla l. n.122/10) -‘nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione’. Questa Corte, con sentenza a sezioni unite (Cass., S.U., n.26283/22), ha affermato che: a) la norma si applica anche ai debiti previdenziali (sul punto v. poi Cass.7348/23); b) al di fuori delle
tre ipotesi menzionate dalla norma, l’opposizione all’estratto di ruolo è inammissibile per difetto di interesse; c) trattandosi di condizione dell’azione, la verifica della sussistenza dell’interesse va compiuta al tempo della sentenza sicché, a quel momento, il giudice deve tener conto della sopravvenienza rappresentata dal citato art.12, co.4 bis. La Corte Costituzionale, con la sentenza n.190/23 ha riconosciuto la legittimità costituzionale della norma, avendo il legislatore discrezionalità nell’individ uare i casi di tutela giurisdizionale ‘anticipata’ ritenuti meritevoli, pur auspicando un intervento del legislatore stesso volto a rimediare alla grave vulnerabilità e inefficienza che ancora affligge il sistema italiano della riscossione, anche riguardo al profilo delle notificazioni».
Ne deriva che, dovendosi fare applicazione al caso di specie dell’art.12, comma 4 bis, del d.P.R. n.602/1973, aggiunto dall’art. 3-bis del d.l. n. 146/2021, inserito in sede di conversione dalla legge n. 215/2021, e non essendo allegata alcuna delle tre ipotesi ivi previste di impugnazione diretta dell’estratto di ruolo, mancava ab origine l’interesse ad un’opposizione che, in assenza di successivi atti d’esecuzione posti in essere dall’Inps, è volta unicamente e direttamente contro detto estratto.
Di conseguenza, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, perché l’azione non poteva essere proposta per difetto di interesse ad agire, risultando, pertanto, inammissibile l’originaria domanda.
Le spese di lite dell’intero processo sono compensate attesa la sopravvenienza rispetto all’introduzione della vertenza dell’art. 3-bis del d.l. n. 146/2021, inserito in sede di conversione dalla legge n. 215/2021, che ha novellato l’art.12, comma 4 bis, d el
d.P.R. n.602/1973, e delle citate sentenze di questa Corte e della Corte Costituzionale.
PQM
La Corte, decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata perchè la causa non poteva essere proposta per difetto di interesse ad agire.
Compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’11 giugno