Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24689 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24689 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26883/2018 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME in virtù procura speciale in calce al ricorso,
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita,
-intimata – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 1923/02/2018, depositata il 26 aprile 2018; udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza in camera di consiglio del 10 maggio 2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
CARTELLA DI PAGAMENTO – IRPEF 1997
NOME impugnava, dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, l’ estratto di ruolo del concessionario della riscossione RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE, dal quale emergeva l’esistenza di una cartella di pagamento n. 068 –NUMERO_CARTA–NUMERO_CARTA-000, che sarebbe stata notificata il 4 marzo 2006 e relat iva ad IRPEF per l’anno d’imposta 1997.
La contribuente eccepiva l’inesistenza della notifica della cartella di pagamento e, in ogni caso, la decadenza ex art. 25 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e la prescrizione del credito tributario per decorso del termine di cinque anni.
La C.T.P. adìta, con sentenza n. 1466/02/2017, depositata il 20 febbraio 2017, accoglieva il ricorso, annullando la cartella di pagamento suindicata e compensando le spese.
Interposto gravame dall’RAGIONE_SOCIALE, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n. 1923/02/2018, pronunciata il 16 aprile 2018 e depositata in segreteria il 26 aprile 2018, accoglieva l’appello, condannando l a contribuente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME, sulla base di quattro motivi (ricorso notificato il 12 settembre 2018).
Non si è costituita in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE, rimata intimata.
Con decreto del 16 febbraio 2024 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 10 maggio 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
La ricorrente ha depositato memoria.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo si eccepisce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato), in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, la ricorrente che la C.T.R. aveva omesso di pronunciare sull’appello incidentale da lei proposto, con il quale aveva chiesto la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuta perfezionata la notifica della cartella esattoriale entro il termine decadenziale di cui all’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso la contribuente eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 602/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), cod. proc. civ.
Rileva, in particolare, che erroneamente la C.T.R. aveva ritenuto che la cartella di pagamento indicata nell’estratto di ruolo fosse stata correttamente notificata, in quanto il tentativo di notifica era stato effettuato secondo la procedura dichiarata illegittima a seguito della sentenza della Corte cost. n. 258 del 22 novembre 2012, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 3 (corrispondente all’attualmente vigente comma 4) dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione RAGIONE_SOCIALE imposte sul reddito), nella parte in cui stabilisce che «la notificazione della cartella di pagamento “Nei casi previsti dall’art. 140 del codice di
procedura civile si esegue con le modalità stabilite dall’art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600”, anziché “Nei casi in cui nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi sia abitazione, ufficio o azienda del destinatario si esegue con le modalità stabilite dall’art. 60, comma 1, alinea e lettera e), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600».
1.3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 57, comma 1, lett. a ), del d.P.R. n. 602/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 5), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, che erroneamente la C.T.R. aveva ritenuto che l’impugnazione del ruolo non fosse ammissibile, in quanto la contribuente avrebbe dovuto impugnare l’avviso di intimazione notificato nell’anno 2015, e ciò in quanto, come ritenuto dalle SS.UU. di questa Corte, era comunque ammissibile l’impugnazione della cartella di pagamento non ritualmente notificata.
1.4. Con il quarto motivo, infine, si eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 25, comma 1, lett. b ), del d.P.R. n. 602/1973, dell’art. 20, comma 3, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, e dell’art. 2948 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, la ricorrente che erroneamente la C.T.R. aveva ritenuto che la notificazione, successivamente alla cartella di pagamento, dell’intimazione di pagamento avrebbe interrotto il decorso della prescrizione per ulteriori cinque anni, senza tenere conto del fatto che, al momento della
notificazione di tale atto di intimazione, il credito in questione era già prescritto.
Cosi delineati i motivi di gravame, ritiene questa Corte che tali motivi possano essere esaminati congiuntamente, e che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile.
2.1. Va innanzitutto evidenziato che la ricorrente ha impugnato un estratto di ruolo, rilasciato dal concessionario per la riscossione nel giugno 2016, e dal quale emergeva l’esistenza di una cartella di pagamento (n. 068 -20040015024614-000) notificata il 4 marzo 2006, relativamente ad IRPEF e relativi accessori per l’anno 1997.
Dalla sentenza impugnata si evince altresì che in data 7 novembre 2015 era stata notificata una intimazione di pagamento, relativamente alla cartella di pagamento suddetta.
Orbene, è noto che questa Corte, con sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni unite del 2 ottobre 2015, n. 19704, ha affermato che «il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l’ultima parte del comma 3 dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato -impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto
alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione».
Ciò posto, nelle more del giudizio è intervenuto il d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, conv. dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, che, all’art. 3 -bis , ha modificato l’art. 12 del d.P.R. 29 settembre 1973, mediante l’aggiunta, a tale norma, del comma 4bis , che testualmente dispone: «L’estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a ), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e RAGIONE_SOCIALE finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto RAGIONE_SOCIALE verifiche di cui all’articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione».
La norma in questione, dunque, ha limitato l’accesso alla tutela immediata avverso il ruolo e la cartella di pagamento non notificata, configurata dalle sezioni unite di questa Corte come alternativa, e rimessa alla facoltà della parte, rispetto alla
tutela differita prevista dall’art. 19, comma 3, ultima parte, del d.lgs. n. 546/1992.
Il problema che si pone, pertanto, in questo caso, è quello di stabilire se la nuova norma si applichi anche ai giudizi pendenti, qual è il presente, e se quindi essa vada ad incidere sull’ammissibilità dei ricorsi già proposti avverso estratti di ruolo e cartelle non notificate, nei quali -come nel caso di specie -non sia allegato un concreto pregiudizio in merito alla partecipazione ad appalti pubblici, ovvero alla riscossione di somme dovute da soggetti pubblici.
Sul punto, sono intervenute nuovamente, di recente, le sezioni unite di questa Corte, le quali, con sentenza n. 26283 del 6 settembre 2022, hanno affermato il seguente il seguente principio di diritto: «In tema di riscossione coattiva RAGIONE_SOCIALE entrate pubbliche (anche extratributarie) mediante ruolo, l’art. 12, comma 4bis , del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall’art. 3-bis del d.l. n. 146 del 2021, come convertito dalla l. n. 215 del 2021) trova applicazione nei processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata rispetto al ruolo e alla cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della predetta norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113 e 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione».
La disciplina in questione – specificano le SS.UU. – non è difatti irragionevole, né arbitraria. Essa asseconda non soltanto l’esigenza di contrastare la prassi di azioni giudiziarie proposte anche a distanza di tempo assai rilevante dall’emissione RAGIONE_SOCIALE
cartelle, e al cospetto dell’inattività dell’agente per la riscossione, ma anche quella di pervenire a una riduzione del contenzioso. In particolare le finalità deflattive rispondono alla consapevolezza, già sottolineata dalla Corte costituzionale (in particolare con la sentenza 19 aprile 2018, n. 77), che, «a fronte di una crescente domanda di giustizia, anche in ragione del riconoscimento di nuovi diritti, la giurisdizione sia una risorsa non illimitata e che misure di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in opera».
Ciò, del resto, è coerente con la natura di atto meramente interno dell’estratto di ruolo, per la cui impugnazione il contribuente non ha uno specifico interesse, trattandosi di atto di per sé non ‘lesivo’, nel mentre, con riferimento alle cartelle di pagamento non notificate o invalidamente notificate, l’interesse sussiste unicamente allorquando tale situazione determina un concreto pregiudizio economico, come specificato dalla stessa norma.
La norma in questione, nel regolamentare le ipotesi di azione diretta (così come la definisce la stessa Corte), stabilisce quando l’invalidità della notificazione della cartella esattoriale provochi di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, dimostrato dalla presenza dell’interesse ad agire che, quale condizione dell’azione, assume diverse configurazioni. Ne deriva che di questo interesse ad agire -che conforma il bisogno di tutela giurisdizionale -è necessario fornire una dimostrazione che si può dare anche nel corso dei giudizi pendenti e che può essere allegato anche nel giudizio di legittimità. Né, secondo la Corte, possono ritenersi fondati i dubbi di legittimità costituzionale della norma, in relazione agli
artt. 3, 24, 113 e 117 Cost., né la prospettata intrinseca irrazionalità della norma stessa. Tali dubbi devono essere superati, considerando l’ampia discrezionalità di cui il legislatore gode nell’ambito della disciplina del processo, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà.
I casi previsti dalla nuova disciplina, peraltro, sono ‘tassativi’ e ‘non esemplificativi’ e, pertanto, insuscettibili di interpretazione e applicazione analogica o anche semplicemente estensiva. Con la conseguenza che la norma in esame non provoca alcuna compressione della effettività della tutela giurisdizionale dato che, almeno rispetto al giudizio tributario, essa ne provoca un ampliamento; in secondo luogo, perché il potere cautelare di cui è fornito il giudice tributario e quello ordinario, anche dell’esecuzione, evita il rischio che si creino zone non coperte dalla tutela giurisdizionale stessa. Infatti, anche laddove la notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento sia stata omessa o sia invalida, vi è sempre un giudice che può pronunciarsi sulle doglianze avanzate dal contribuente che impugni l’atto successivo, pur se esecutivo, o alternativo all’esecuzione (come, ad esempio, nel caso concreto che ha originato la pronuncia in commento, l’impugnazione dell’iscrizione ipotecaria).
Ne consegue che, nel caso di specie, il ricorso proposto in primo grado dal contribuente deve essere dichiarato inammissibile, non essendo stato precisato dal contribuente lo specifico interesse all’impugnazione, con riferimento alle ipotesi del sopravvenuto art. 12, comma 4bis , d.P.R. n. 602/1973. Ciò rende inammissibile anche il ricorso per cassazione, non avendo specificato la ricorrente neanche in
questa sede lo specifico interesse all’impugnazione della cartella di pagamento che si assume non ritualmente notificata.
Consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Nulla per le spese, stante la mancata costituzione in giudizio dell’RAGIONE_SOCIALE.
Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare parte ricorrente tenuta al pagamento di un importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dichiara parte ricorrente tenuta al pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, il 10 maggio 2024.