Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5203 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5203 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
Oggetto: impugnazione estratto di ruolo
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13832/2023 R.G. proposto da COGNOME nella sua qualità di ex liquidatore sociale della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in atti dall’ avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL
-ricorrente – contro
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 5092/15/2022 depositata in data 19/12/2022;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 28/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
COGNOME NOME, liquidatore sociale della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, dichiarata fallita dal Tribunale di Milano con sentenza n. 522/2020, richiedeva, in sede di ricorso di primo grado, l’annullamento degli atti della riscossione in carico alla società constatando in particolare l’omessa notifica di tutti gli atti richiamati in epigrafe, asserendo di essere venuto a conoscenza dell’esistenza di posizioni debitorie in carico alla società solo a seguito della richiesta di un estratto di ruolo presso l’Agenzia Entrate -Riscossione;
la CTP rigettava il ricorso;
appellava il contribuente;
con la sentenza qui gravata la CTR ha accolto l’impugnazione quanto alla legittimazione ad agire, rigettandola nel resto;
ricorre a questa Corte COGNOME NOME con atto affidato a due motivi di doglianza illustrato da memorie;
resiste con controricorso il Riscossore;
-il Consigliere delegato ha depositato proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c.; a fronte di ciò, la parte ricorrente ha chiesto la decisione del Collegio;
Considerato che:
il primo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 d. Lgs 546 del 1992, per aver ritenuto la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia oggetto di impugnazione un prospetto contenente l’elencazione delle posizioni debitorie a carico della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e non l’estratto di ruolo e/o le cartelle e i ruoli non notificati, dichiarando l’appello inammissibile; esso denuncia anche la violazione dell’art. 57 del c.d. Codice Tributario (d. Lgs. n. 546 del 1992) per non aver dichiarato inammissibile
l’eccezione di controparte sulla natura del provvedimento contenente l’elencazione delle posizioni a carico della Società;
il secondo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 3 bis del d.L. n. 146 del 2021, inserito in sede di conversione della L. 215 del 2021, che ha novellato l’art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973, inserendo il comma 4 bis, per aver ritenuto la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia oggetto di impugnazione l’estratto di ruolo e non la sentenza di primo grado e avere comunque ritenuto non impugnabile nel caso di specie l’estratto di ruolo, dichiarando l’ appello inammissibile;
entrambi i motivi sono inammissibili;
invero, la CTR ha accertato che (come si legge nella sentenza impugnata) l’atto impugnato ‘non è altro che un prospetto contenente l’elencazione delle posizioni esistenti a proprio carico’. La domanda di parte ricorrente è da ritenersi inammissibile in quanto proposta avverso atto non impugnabile ai sensi dell’art. 19 d. Lgs 546/92. Tale prospetto (l’estratto di ruolo) è atto destinato a ‘… a fornire informazioni sintetiche e riassuntive sull’esistenza, sulla consistenza, sulla natura e sullo stato dei debiti tributari per consentire di valutare l’affidabilità e la solvibilità del contribuente in sede contrattuale, amministrativa o giudiziaria.’ (Cass., Sezione V, Ordinanza n. 13536/2020);
neppure può ritenersi che l’impugnazione del contribuente, come si insiste in memoria, fosse rivolta avverso le cartelle di pagamento, alla luce della inequivoca affermazione della sentenza impugnata secondo la quale Rattà Luciano contestava ‘….l’omessa notifica di tutti gli atti richiamati in epigrafe, asserendo di essere venuto a conoscenza dell’esistenza di posizioni debitorie in carico alla società solo a seguito della richiesta di un estratto di ruolo presso l’Agenzia Entrate -Riscossione ‘;
– va qui ribadito, sul punto, che l’estratto di ruolo è un mero atto interno dell’Amministrazione finanziaria, di talché i vizi che lo concernono possono essere fatti valere soltanto con l’impugnazione di un atto impositivo in senso proprio, ossia della cartella di pagamento in cui è trasfuso. Al riguardo deve evidenziarsi, in adesione a quanto affermato da S.U. n. 26283 del 2022, che il d.L. n. 146/21, inserito in sede di conversione dalla I. n. 215/21, novellando l’art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973, intitolato alla “formazione e contenuto dei ruoli”, in cui ha inserito il comma 4-bis, ha stabilito non soltanto che «l’estratto di ruolo non è impugnabile», ma anche che «il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto per effetto di quanto previsto nell’art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al d. Lgs. n. 50 del 2016, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’art. 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione»;
– e l ‘ art. 12, comma 4-bis, come osservato dalle citate Sezioni Unite, trova, inoltre, applicazione nei processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata rispetto al ruolo e alla cartella non notificata o invalidamente notificata; sono quindi manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della predetta norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113 e 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione (ancora S.U. n. 26283/2022). L’impugnativa immediata del ruolo è allora ammessa
esclusivamente in determinate condizioni, normativamente disciplinate dal medesimo comma 4 bis del ridetto art. 12;
– premessa quindi l’applicabilità della disposizione alla fattispecie al vaglio di questa Corte deve osservarsi come, sempre le citate S.U. hanno affermato che in tema di impugnazione dell’estratto di ruolo, l’art. 12, comma 4 bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall’art. 3 bis del d.L. n. 146 del 2021, come convertito dalla l. n. 215 del 2021), selezionando specifici casi in cui l’invalida notificazione della cartella ingenera di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale e ha plasmato l’interesse ad agire, condizione dell’azione avente natura “dinamica” che, come tale, può assumere una diversa configurazione, anche per norma sopravvenuta, fino al momento della decisione. La citata disposizione, dunque, incide sulla pronuncia della sentenza e si applica anche nei processi pendenti, nei quali lo specifico interesse ad agire deve essere dimostrato, nelle fasi di merito attraverso il tempestivo ricorso alla rimessione nei termini (istituto applicabile anche al processo tributario), nel grado di legittimità mediante deposito di documentazione ex art. 372 c.p.c. o fino all’udienza di discussione (prima dell’inizio della relazione) o fino all’adunanza camerale oppure, qualora occorrano accertamenti di fatto, nel giudizio di rinvio’. A tale arresto hanno fatto seguito tra le tante: Cass. 3/02/2023, nn. 3400 e 3425; Cass. 23/03/2023, nn. 8330, 8374 e 8377; Cass. 12/04/2023, n. 9765) oltre a Corte Cost. n. 190 del 2023 e n. 81 del 2024 che hanno ritenuto entrambe manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento all’art. 12, comma 4bis, del d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dall’art. 3-bis del d.L. n. 146 del 2021;
nella specie ciò che è stato impugnato, come emerge dalla sentenza stessa sono gli estratti di ruolo e, per il loro tramite, gli atti presupposti: a fronte di ciò non risulta che il contribuente abbia dimostrato nei gradi
di merito -e neppure in questa sede – la sussistenza del proprio interesse ad agire nei termini innanzi specificati;
in conclusione, quindi, il ricorso va rigettato;
la soccombenza regola le spese;
infine, poiché la presente decisione fa seguito ad istanza di decisione proposta al Collegio in seguito alla comunicazione di proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c. va applicata la giurisprudenza di questa Corte (si vedano in termini le pronunce Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 28540 del 13/10/2023; Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; ancora, conforme alle precedenti risulta la recente Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 31839 del 15/11/2023) secondo la quale i n tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380 – bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d. Lgs. n. 149 del 2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente;
debbono quindi liquidarsi ex art. 96 terzo comma c.p.c. l’importo di euro 6.000,00 a carico di parte soccombente ed ex art. 96 quarto comma c.p.c. l’ulteriore importo di euro 3.000,00 sempre a carico di parte soccombente da versarsi quest’ultimo alla cassa delle ammende;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 12.000,00 oltre a spese prenotate a debito; condanna parte ricorrente
al pagamento della ulteriore somma di euro 6.000,00 ex art. 96 c. 3 c.p.c. sempre in favore di parte controricorrente e infine dell’ancora ulteriore somma di euro 3.000,00 ex art. 96 c. 4 c.p.c. in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2025.