Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20350 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20350 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25755/2020 R.G. proposto da : COGNOME con gli avvocati NOME COGNOME e NOME
COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 249/2020, depositata il 16/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso proposto in data 16/11/2017 avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, NOME COGNOME a seguito del rilascio, in data 11/09/2017, da parte dell’Agente della riscossione dei corrispondenti estratti di ruolo, impugnava le cartelle di pagamento nn. NUMERO_CARTA emesse a seguito di iscrizioni a ruolo disposte per il recupero dei d iritti camerali relativi all’anno 2006 e per il recupero dell’Irpef, con le relative addizionali, riferite all’anno
2004.
1.2. Il contribuente, in particolare, contestava l’intervenuta prescrizione quinquennale dei crediti e delle sanzioni pecuniarie; l’assenza di attività istruttoria e di verifica in merito alla fondatezza della pretesa tributaria; l’insufficienza di motivazione degli atti impugnati; la nullità delle cartelle per illegittima applicazione dell’aggio , in contrasto con l’art. 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
L’Agente della riscossione non si costituiva nel giudizio di primo grado.
La CTP accoglieva il ricorso e, avverso tale decisione, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione proponeva appello, producendo in giudizio documentazione ritenuta idonea a dimostrare la regolare notifica delle cartelle di pagamento, come risultanti dagli estratti di ruolo depositati, e sostenendo che la prescrizione decennale era stata interrotta dalla notificazione dell’intimazione di pagamento.
La Commissione regionale, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello dell’Agenzia.
Avverso la sentenza indicata in epigrafe, il contribuente propone ricorso per cassazione sorretto da sei motivi, illustrati con il deposito di memoria difensiva ex art. 380-bis.1 c.p.c., e resiste l’A mministrazione con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia, in relazione a ll’art. 360 , comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c., la nullità e/o inammissibilità dell’atto di appello notificato da Agenzia delle Entrate Riscossione a mezzo PEC ed iscritto a ruolo telematicamente in un giudizio introdotto con modalità cartacee.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Va premesso che l’articolo 39, comma 8, del decreto -legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha introdotto specifiche disposizioni per una completa informatizzazione del processo tributario telematico (PTT), anche in attuazione dei
principi previsti dal codice dell’amministrazione digitale, con l’obiettivo di conseguire maggiore efficienza, celerità nella definizione dei giudizi e risparmi gestionali per gli operatori del settore.
1.3. L’attuazione di tale obiettivo è stata affidata all’adozione di un Regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che è stato poi emanato nel 2013 con il D.M. 23 dicembre 2013, n. 163.
1.4. Il predetto Regolamento rinviava la concreta attuazione della digitalizzazione delle varie fasi del processo ai decreti attuativi di adozione delle regole tecniche. Quest’ultime sono state definite con il decreto del Direttore Generale delle finanze del 4 agosto 2015, con la specifica dei formati gestiti, della tipologia di firma digitale ammessa e della procedura da seguire per la registrazione al PTT e per il deposito degli atti e documenti.
1.5. In seguito, il processo telematico è stato gradualmente esteso sul territorio nazionale, in base all’adozione di appositi decreti direttoriali e, dal 15 luglio 2017, è divenuto operativo in tutte le Commissioni tributarie provinciali e regionali.
1.6. Va parimenti osservato che l’art. 9, comma 1, lett. h) del d. lgs. n. 156/2015 ha introdotto l’art. 16 bis del decreto legislativo n. 546/1992. Il comma 3 del suddetto articolo, nel testo applicabile fino al 30 giugno 2019 (giorno antecedente l’obbligatorietà del PTT) stabiliva che «le notificazioni tra le parti e i depositi presso la competente Commissione tributaria possono avvenire in via telematica secondo le disposizioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, e dei successivi decreti di attuazione».
1.7. Nel periodo in considerazione vigeva, pertanto, un regime di facoltatività, che consentiva alle parti del processo tributario di scegliere se notificare e depositare gli atti, i documenti e i provvedimenti del giudizio tributario avvalendosi delle modalità
telematiche, ovvero di utilizzare il supporto cartaceo per la redazione degli atti e le modalità tradizionali per la loro trasmissione alla controparte e al giudice.
1.8. In particolare, il D.M. n. 163/2013 prevedeva, tra l’altro, all’art. 2, comma 2, che la parte che avesse utilizzato in primo grado le modalità telematiche fosse tenuta ad utilizzare le medesime modalità per l’intero grado del giudizio, nonché per l’appell o, salvo sostituzione del difensore.
1.9. Ancora, con norma di interpretazione autentica, l’art. 16 del D.L. 119/218, dispose che «L’articolo 16-bis, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, nel testo vigente antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, si interpreta nel senso che le parti possono utilizzare in ogni grado di giudizio la modalità prevista dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, e dai relativi decreti attuativi, indipendentemente dalla modalità prescelta da controparte nonché dall’avvenuto svolgimento del giudizio di primo grado con modalità analogiche.
1.10. A tale riguardo, la relazione illustrativa al D.L. 119/2018 aveva chiarito che «Il comma 2 dell’articolo 16 in esame interviene per fornire una corretta interpretazione delle disposizioni attualmente vigenti contenute nell’articolo 16-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992, in relazione al regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze n. 163 del 2013 in materia di processo tributario telematico. Ciò al fine di garantire il corretto svolgimento del processo e quindi la tutela del diritto alla difesa, nel rispetto del principio del giusto processo di cui all’articolo 111 della Costituzione. Con la disposizione ivi contenute, viene, infatti, stabilito che le parti, nei due gradi di giudizio di merito e nelle more dell’introduzione dell’obbligatorietà del processo tributario telematico, possono liberamente utilizzare le procedure informatiche per le notifiche e i depositi degli atti processuali, dei documenti e dei provvedimenti
indipendentemente dalla modalità prescelta dalla controparte (carta o telematico). Tale facoltà è prevista, pertanto, in ogni grado di giudizio e anche se il giudizio di primo grado si è svolto interamente con modalità cartacea in quanto il telematico non era attivo nella regione, ovvero nessuna delle parti, nonostante l’attivazione del processo tributario telematico, abbia esercitato detta facoltà. Restano ferme le disposizioni contenute nell’articolo 2, comma 3, del regolamento di cui al citato decreto n. 163 del 2013, laddove viene stabilita l’obbligatorietà per la parte di utilizzare le modalità telematiche in secondo grado laddove la stessa modalità sia stata utilizzata in primo grado».
1.11. In sintesi, l’obbligo di seguire una determinata modalità nello svolgimento del giudizio, nel periodo in cui vigeva la facoltatività del processo telematico, non riguardava l’ipotesi dell’utilizzo iniziale della modalità cartacea, che ben poteva essere limitata al primo grado di giudizio, ma era espressamente previsto nel caso di giudizio telematico ab initio (sul punto v. Cass. 21/11/2022, n. 34224). Per completezza, va ricordato che, ad ogni buon conto, questa Corte ha affermato , con riguardo all’ip otesi inversa, che «Nella vigenza del regime di facoltatività del processo telematico tributario, dalla sua graduale introduzione sino al 30 giugno 2019, e con riguardo alla prescrizione contenuta nell’art. 2, comma 3, del d.m. n. 163 del 2013, secondo cui la parte è tenuta all’utilizzo della modalità telematica in secondo grado laddove la stessa modalità sia stata utilizzata in primo grado, è ammessa la notificazione del ricorso con modalità non telematica ed il suo deposito in forma cartacea, salvo che tale errore abbia comportato una lesione del diritto di difesa della controparte o altro pregiudizio per la decisione finale del giudice. (Cass. Sez. 5, 06/02/2025, n. 2937)».
2. Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce, in relazione a ll’art. 360, comma 1, nn. 1, 3 e 5 c.p.c., l’inammissibilità dell’appello proposto da Agenzia delle Entrate -Riscossione per violazione
dell’art. 22 del D .lgs. 546/92, sostenendo che l’atto di appello deve ritenersi nullo in conseguenza dei vizi afferenti alla procura alle liti. Osserva il ricorrente che, nel caso di specie, sarebbe evidente la difformità tra l’atto notificato al sig. NOME COGNOME e quello iscritto a ruolo innanzi alla CTR Lazio, atteso che il primo riportava la procura alle liti che una certa Dr.ssa NOME COGNOME nella qualità di curatore del RAGIONE_SOCIALE nr. 6/2016 ha conferito all’Avv. NOME COGNOME non conferente con la posizione oggetto del presente giudizio mentre al secondo è stata allegata la procura conferita dal Dipendente Delegato di AdERiscossione all’Avv. COGNOME GiuseppeCOGNOME
Con il terzo motivo, il contribuente eccepisce, in relazione al l’art. 360, comma 1, nn. 1, 3 e 5 c.p.c., l’i nammissibilità dell’appello proposto da Agenzia delle Entrate -riscossione per violazione dell’art. 82 terzo comma e dell’ art. 83 c.p.c. in assenza di valida procura alle liti.
Il secondo e terzo motivo, da trattarsi unitariamente stante la stretta connessione, come da eccezione dell’Amministrazione resistente sono inammissibili per novità delle censure, aventi ad oggetto una eccezione in senso stretto che non risulta proposta nei precedenti gradi di giudizio, né il ricorrente, ai fini dell’autosufficienza, ha trascritto o indicato alcun atto processuale dal quale risulti che la doglianza fosse stata proposta nel giudizio di merito.
Con il quarto strumento di impugnazione il ricorrente denuncia la N ullità e/o inammissibilità dell’appello proposto da AdE -Riscossione, in violazione degli articoli 82 e 182 c.p.c., dell’art. 4 -novies del D.L. n. 34/2019, del Dlgs. n. 156/2015 che ha modificato l’art. 11, comma 2, del D lgs. n. 546/92 e del Dlgs. n. 193/2016 convertito con modificazioni dalla L. n. 225/2016 . Lamenta, in particolare, che l’appello dell’Agenzia delle entrate sia stato proposto con il patrocinio di un avvocato del libero foro.
5.1. Il motivo è infondato, alla luce del costante orientamento di questa Corte secondo cui «In tema di difesa e rappresentanza in giudizio, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate -Riscossione si avvalgono dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti dalle convenzioni con quest’ultima stipulate, fatte salve le ipotesi di conflitto, quali le condizioni di cui art. 43, comma 4, del R.d. n. 1611 del 1933 oppure l’indisponibilità dell’Avvocatura; ne consegue che non è richiesta l’adozione di apposita delibera o alcun’altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di avvocati del libero foro quando la convenzione non riserva all’Avvocatura erariale la difesa, come nel contenzioso tributario, per il quale la convenzione esime le predette Agenzie dal ricorso alla difesa erariale per i giudizi innanzi alle corti di giustizia tributaria, prevedendola espressamente, invece, per quello di legittimità, rispetto al quale, dunque, in difetto delle condizioni ricordate (conflitto, indisponibilità o apposita delibera) la procura conferita ad un legale del libero foro deve ritenersi affetta da invalidità, con conseguente inammissibilità del ricorso (da ultimo v. Cass. Sez. 5, 31/10/2024, n. 28199)».
Con il quinto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c., l’e rronea applicazione dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973, dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973, degli art t. 137 e seguenti c.p.c., e dell’art. 37, comma 27, lettera a), del D.L. n. 223/2006 (cosiddetto ‘Decreto Bersani’) , con riguardo alla notifica delle cartelle di pagamento n. NUMERO_CARTA e n. n. NUMERO_CARTA.
Con il sesto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’ art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c ., l’i nesigibilità delle cartelle esattive impugnate iscritte a ruolo per intervenuta prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c.
Preliminarmente rispetto all’esame delle ultime due doglianze, attinenti al merito della controversia , deve rilevarsi d’ufficio quanto segue.
8.1. E’ noto che questa Corte, con sentenza delle Sezioni unite del 2 ottobre 2015, n. 19704, ha affermato che «il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale -a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l’ultima parte del comma 3 dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato – impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione».
8.2. Ciò posto, nelle more del giudizio è intervenuto il d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, conv. dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, che, all’art. 3 -bis, ha modificato l’art. 12 del d.P.R. 29 settembre 1973, mediante l’aggiunta, a tale norma, del comma 4 -bis, che testualmente dispone: «L’estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione».
8.3. La norma in questione, dunque, ha limitato l’accesso alla tutela immediata avverso il ruolo e la cartella di pagamento non notificata, configurata dalle sezioni unite di questa Corte come alternativa e rimessa alla facoltà della parte, rispetto alla tutela differita prevista dall’art. 19, comma 3, ultima parte, del d.lgs. n. 546/1992.
8.4. Il problema che si è quindi posto è stato quello di stabilire se la nuova norma si applichi anche ai giudizi pendenti, qual è il presente, e se quindi essa vada ad incidere sull’ammissibilità dei ricorsi già proposti avverso estratti di ruolo e cartelle non notificate, nei quali -come nel caso di specie -non sia allegato un concreto pregiudizio in merito alla partecipazione ad appalti pubblici, ovvero alla riscossione di somme dovute da soggetti pubblici.
8.5. Sul punto, sono intervenute nuovamente le sezioni unite di questa Corte, le quali, con sentenza n. 26283 del 6 settembre 2022, hanno affermato il seguente principio di diritto: «In tema di riscossione a mezzo ruolo, il d.l. n. 146 del 21 ottobre 2021, art. 3bis, inserito in sede di conversione dalla l. 17 dicembre 2021, n. 215, col quale, novellando il d.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, è stato inserito il comma 4-bis, si applica ai processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113, 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione».
La disciplina in questione – specificano le SS.UU. – non è difatti irragionevole, né arbitraria. Essa asseconda non soltanto l’esigenza di contrastare la prassi di azioni giudiziarie proposte anche a distanza di tempo assai rilevante dall’emissione delle cartelle, e al cospetto
dell’inattività dell’agente per la riscossione, ma anche quella di pervenire a una riduzione del contenzioso. In particolare, le finalità deflattive rispondono alla consapevolezza, già sottolineata dalla Corte costituzionale (in particolare con la sentenza 19 aprile 2018, n. 77), che, «a fronte di una crescente domanda di giustizia, anche in ragione del riconoscimento di nuovi diritti, la giurisdizione sia una risorsa non illimitata e che misure di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in opera».
8.6. Ciò, del resto, è coerente con la natura di atto meramente interno dell’estratto di ruolo, per la cui impugnazione il contribuente non ha uno specifico interesse, trattandosi di atto di per sé non ‘lesivo’, nel mentre, con riferimento alle cartelle di pa gamento non notificate o invalidamente notificate, l’interesse sussiste unicamente allorquando tale situazione determina un concreto pregiudizio economico, come specificato dalla stessa norma.
8.7. La norma in questione, nel regolamentare le ipotesi di azione diretta (così come la definisce la stessa Corte), stabilisce quando l’invalidità della notificazione della cartella esattoriale provochi di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, dimostrato dalla presenza dell’interesse ad agire che, quale condizione dell’azione, assume diverse configurazioni. Ne deriva che di questo interesse ad agire -che conforma il bisogno di tutela giurisdizionale -è necessario fornire una dimostrazione, che si può dare anche nel corso dei giudizi pendenti e che può essere allegato anche nel giudizio di legittimità. 8.8. Né, secondo la Corte, possono ritenersi fondati i dubbi di legittimità costituzionale della norma, in relazione agli artt. 3, 24, 113 e 117 Cost., né la prospettata intrinseca irrazionalità della norma stessa. Tali dubbi devono essere superati considerando l’ampia discrezionalità di cui il legislatore gode nell’ambito della disciplina del processo, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà.
8.9. Ancora, la Corte costituzionale, con sentenza 17 ottobre 2023, n. 190, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità dell’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, così come modificato dall’art. 3-bis del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, rilevando come il rimedio alla situazione che si è prodotta per effetto della norma censurata coinvolga profili rimessi – quanto alle forme e alle modalità – alla discrezionalità del legislatore e non spetti, almeno in prima battuta, alla Corte medesima.
8.10. Da ultimo, le Sezioni unite di questa Corte di cassazione hanno ulteriormente ribadito che «In tema di riscossione coattiva mediante ruolo, i limiti alla impugnabilità della cartella di pagamento, che si assuma invalidamente notificata e conosciuta solo attraverso la notificazione dell’estratto di ruolo, previsti dal comma 4-bis dell’art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973, inserito dall’art. 3-bis del d.l. n. 146 del 2021, conv. con modif. dalla l. n. 215 del 2021, non comportano un difetto di tutela per il contribuente, grazie al riconoscimento di una sua tutela più ampia nella fase esecutiva e tenuto conto che, come affermato dalla Corte costituzionale nella sent. n. 190 del 2023, i rimedi ad un eventuale vulnus richiedono un intervento normativo di sistema, implicante scelte di fondo tra opzioni tutte rientranti nella discrezionalità del legislatore» (Cass. S.U. Sez. U – , Sentenza n. 12459 del 07/05/2024).
8.11. I casi previsti dalla nuova disciplina, peraltro, sono ‘tassativi’ e ‘non esemplificativi’ e, pertanto, insuscettibili di interpretazione e applicazione analogica o anche semplicemente estensiva. Con la conseguenza che la norma in esame non provoca alcuna compressione della effettività della tutela giurisdizionale dato che, almeno rispetto al giudizio tributario, essa ne provoca un ampliamento; in secondo luogo, perché il potere cautelare di cui è fornito il giudice tributario e quello ordinario, anche dell’esecuzione, evita il rischio che si creino zone non coperte dalla tutela giurisdizionale stessa. Infatti, anche laddove la notificazione della
cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento sia stata omessa o sia invalida, vi è sempre un giudice che può pronunciarsi sulle doglianze avanzate dal contribuente che impugni l’atto successivo, pur se esecutivo, o alternativo all’esecuzione (come, ad esempio, nel caso concreto che ha originato la pronuncia in commento, l’impugnazione dell’iscrizione ipotecaria).
8.12. Non interferisce con il presente giudizio la novella dell’art. 12, comma 4 bis del DPR n. 602/1973 che ha ampiato le ipotesi di diretta impugnabilità dell’estratto di ruolo e della cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata, sia perché non applicabile ratione temporis, sia perché il contribuente non ha comunque dedotto che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio ricompreso nel tassativo elenco normativo.
Per quanto esposto è, dunque, irrilevante la disamina delle censure svolte dal ricorrente con il quinto e sesto motivo di ricorso per cassazione, perché, quand’anche fossero fondate, a norma dell’art. 12, comma 4 -bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 (come interpretato da Cass., Sez. U, Sentenza n. 26283 del 06/09/2022), l’azione non poteva essere iniziata e proseguita in difetto di allegazione e dimostrazione di un interesse ‘qualificato’ alla contestazione delle cartelle di pagamento, in tesi invalidamente notificate.
10. Le ragioni evidenziate impongono la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, in applicazione dell’art. 382 comma 3, ultima parte, c.p.c., perché la domanda non poteva essere proposta né proseguita, in mancanza dell’interesse ad agire, con riferimento alle ipotesi del sopravvenuto art. 12, comma 4-bis, DPR n. 602/1973.
Tenuto conto della causa di inammissibilità, determinata dallo ius superveniens, cioè dall’entrata in vigore medio tempore di una norma applicabile (anche) ai procedimenti pendenti per la specifica pertinenza alle questioni dedotte nel ricorso per cassazione, ancorché limitativa (con incidenza postuma) delle condizioni per
l’accesso alla tutela giudiziaria, sussistono le condizioni per la compensazione, tra le parti, delle spese di tutti i gradi di giudizio. Va dato atto, però, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
La Corte, decidendo il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata dichiarando inammissibile il ricorso originale e compensa integralmente tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18/06/2025.