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Impugnazione estratto di ruolo: il curatore può?

La Corte di Cassazione ha stabilito che le restrizioni normative sull’impugnazione dell’estratto di ruolo non si applicano al curatore fallimentare. In un caso riguardante crediti fiscali prescritti, l’Agenzia delle Entrate sosteneva l’inammissibilità del ricorso del curatore basato su una nuova legge. La Corte ha rigettato tale tesi, affermando che il curatore ha sempre interesse a contestare immediatamente i crediti tramite l’impugnazione estratto di ruolo, poiché questa rappresenta l’unica difesa possibile all’interno della procedura concorsuale, dove la normale riscossione è sospesa.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Impugnazione Estratto di Ruolo: La Tutela del Curatore nel Fallimento

L’impugnazione estratto di ruolo rappresenta da tempo un tema dibattuto, specialmente dopo le recenti modifiche legislative che ne hanno limitato l’ammissibilità. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: queste restrizioni non si applicano quando ad agire è il curatore di una procedura fallimentare. Vediamo perché questa decisione è cruciale per la tutela dei creditori e il corretto svolgimento delle procedure concorsuali.

I Fatti del Caso

Una società, dichiarata fallita, si opponeva a una serie di crediti fiscali che l’Agenzia delle Entrate intendeva insinuare nel passivo fallimentare. Il curatore, venuto a conoscenza di tali debiti solo tramite l’estratto di ruolo presentato dall’Agenzia, contestava l’avvenuta prescrizione dei crediti. Sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari davano ragione al fallimento, annullando i ruoli e le cartelle di pagamento per mancata prova degli atti interruttivi della prescrizione da parte dell’amministrazione finanziaria.

L’Argomento dell’Agenzia e l’Impugnazione Estratto di Ruolo

L’Agenzia delle Entrate ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il suo ricorso su un unico motivo: l’inammissibilità dell’azione del curatore. Secondo la tesi dell’Agenzia, una nuova norma (l’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602/1973) preclude l’impugnazione autonoma dell’estratto di ruolo, consentendola solo in casi tassativi in cui il contribuente dimostri un pregiudizio specifico (ad esempio, l’impossibilità di partecipare a un appalto). L’Agenzia sosteneva che tale norma, avendo carattere procedurale, dovesse applicarsi retroattivamente anche ai giudizi in corso, rendendo quindi inammissibile l’originaria opposizione del curatore.

La Normativa in Discussione

La norma citata dall’Agenzia mira a ridurre il contenzioso, stabilendo che l’estratto di ruolo, essendo un mero documento informativo, non è di per sé un atto impugnabile. La tutela è ammessa solo contro il ruolo o la cartella non notificata, e solo se il debitore prova che l’iscrizione a ruolo gli causa un danno concreto e attuale. La questione giuridica era quindi stabilire se questo principio restrittivo potesse valere anche nel contesto di una procedura fallimentare.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, fornendo motivazioni chiare e decisive. Il cuore della decisione risiede nella specificità della procedura fallimentare, che rende inapplicabile la logica della norma restrittiva.

I giudici hanno spiegato che, una volta dichiarato il fallimento, le procedure di riscossione individuali sono sospese. L’unico modo per un creditore, inclusa l’Agenzia delle Entrate, di far valere le proprie pretese è attraverso la domanda di insinuazione al passivo. In questo contesto, l’estratto di ruolo non è un atto preliminare a una futura esecuzione forzata, ma il documento stesso su cui si fonda la richiesta di ammissione del credito tributario.

Di conseguenza, per il curatore, l’impugnazione estratto di ruolo (o meglio, del credito che esso documenta) non è una tutela anticipata, ma l’unica e immediata difesa possibile. Il curatore ha sempre un interesse concreto e attuale a contestare i crediti tributari per tutelare la massa dei creditori. L’interesse ad agire del curatore è in re ipsa, cioè evidente di per sé, e non richiede la dimostrazione di un pregiudizio specifico come richiesto dalla norma generale.

Le Sezioni Unite avevano già tracciato questo percorso, sottolineando come nel fallimento la notifica della cartella sia irrilevante; è il deposito della domanda di insinuazione, corredata dall’estratto di ruolo, che consente al curatore di venire a conoscenza della pretesa e di contestarla nelle sedi competenti.

Le Conclusioni

La Corte ha concluso che la norma che limita l’impugnazione dell’estratto di ruolo non è applicabile al fallimento del contribuente. Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è stato quindi rigettato. La decisione rafforza un principio fondamentale: le regole procedurali devono essere interpretate alla luce del contesto specifico in cui si applicano. Nel fallimento, dove le normali azioni esecutive sono bloccate, la difesa del curatore contro le pretese creditorie deve essere piena e immediata. Tale principio è stato peraltro recepito dal legislatore, che ha modificato la norma includendo esplicitamente tra i casi di impugnabilità le procedure previste dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, confermando così l’orientamento della giurisprudenza.

Il curatore fallimentare può impugnare un estratto di ruolo per contestare un credito tributario?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il curatore fallimentare ha sempre il diritto di impugnare l’estratto di ruolo (e il credito sottostante) presentato dall’Agenzia delle Entrate nella domanda di insinuazione al passivo. Questa è considerata l’unica via per contestare il credito all’interno della procedura.

Le nuove norme che limitano l’impugnazione dell’estratto di ruolo si applicano anche alle procedure fallimentari?
No. La Corte ha stabilito che le restrizioni introdotte dall’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602/1973 non si applicano al fallimento, poiché la logica di tale norma (evitare impugnazioni premature) non è compatibile con la procedura concorsuale, dove la contestazione è immediata e necessaria.

Perché il curatore ha sempre interesse ad agire contro l’estratto di ruolo nel fallimento?
Il suo interesse è considerato in re ipsa (cioè implicito nella situazione stessa), perché ha il dovere di proteggere l’attivo fallimentare a vantaggio di tutti i creditori. L’impugnazione non è una tutela anticipata contro una futura esecuzione (impossibile in pendenza di fallimento), ma la difesa diretta contro una richiesta di pagamento attuale, ovvero l’insinuazione al passivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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