Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6032 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 6032 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22680 -20 20 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio legale, sito in Roma, alla INDIRIZZO, è elettivamente domiciliato (pec: EMAIL);
– ricorrente –
Oggetto:
Tributi
–
estratto di ruolo
RAGIONE_SOCIALE , C.F. 13756881002,
in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6491/09/2019 della Commissione tributaria regionale del LAZIO, depositata in data 21/11/2019; udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 23/01/2024 dal AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo rigettarsi o, comunque, dichiararsi inammissibile il ricorso.
Rilevato che:
In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un estratto di ruolo relativo ad alcune cartelle di pagamento che il contribuente NOME COGNOME sosteneva di non aver mai ricevuto stente l’irregolarità della loro notificazione, con la sentenza impugnata la CTR del Lazio, con riferimento ad una delle cartelle di pagamento impugnate (n. NUMERO_CARTA), dichiarava l’intervenuta cessazione della materia del contendere per effetto dell’art. 4 del d.l. 119 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 136 del 2018, mentre, con riferimento ad altre due cartelle di pagamento, rigettava l’appello del contribuente sul rilievo che l’agente della riscossione aveva « dimostrato il rituale espletamento delle procedure notificatorie ».
Avverso tale statuizione il COGNOME proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replicava l’intimata con controricorso.
Sulla proposta del AVV_NOTAIO ex art. 380-bis cod. proc. civ. vigente ratione temporis , di dichiarare l’inammissibilità dell’originario ricorso del contribuente alla stregua del principio
affermato dalle Sezioni unite n. 26283 del 2022 sull’applicabilità anche ai processi pendenti del comma 4-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall’art. 3 -bis inserito in sede di conversione del d.l. n. 146 del 2021 dalla legge n. 215 del 2021), che prevede la non impugnabilità dell’estratto di ruolo, i l ricorrente depositava memoria chiedendo di sollevare dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale del citato art. 3bis « per diretta violazione dell’art. 77 Cost. comma 1° per assenza del requisito di specificità ed urgenza ».
Con ordinanza interlocutoria del 30 novembre 2022, n. 35175, la Sezione sesta di questa Corte rimetteva la causa alla pubblica udienza di questa Corte sulla questione dell’efficacia del giudicato interno formatosi sulla statuizione, non impugnata, di cessazione della materia del contendere in relazione ad una delle cartelle impugnate «per effetto dell’art. 4 D.L. 119/18» .
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dagli artt. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 e 140, 148, 149 cod. proc. civ., 48 disp. att. cod. proc. civ, 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, 3, 8 e 14 della legge n. 890 del 1982, 2727 e 2769 cod. civ. nonché 115 e 116 cod. proc. civ., per avere i giudici di appello, nel ritenere regolare la procedura notificatoria di quattro delle cartelle impugnate, erroneamente interpretato ed applicato le norme « regolanti le c.d. ‘successive ricerche’ che avrebbe dovuto eseguire l’Ufficiale postale », nonché per l’illegittimità della decisione in quanto « assunta in carenza di prova ostensibile in ordine all’effettivo inoltro e consegna della successiva comunicazione di avvenuto deposito dell’atto a mezzo raccomandata a.r. ».
Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dagli artt. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, 2697 cod. civ. 3, 8 e 14 della legge n. 890 del 1982, 2727 e 2769 cod. civ. nonché 115 e 116 cod. proc. civ., per avere i giudici di appello erroneamente ritenuto regolare la notifica di una delle cartelle impugnate nonostante l’insufficienza allo scopo della documentazione prodotta dal concessionario per la riscossione.
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di alcune cartelle di pagamento di cui il contribuente è venuto a conoscenza attraverso l’autonoma acquisizione di un estratto di ruolo.
3.1. Orbene, sull’ammissibilità di ricorso avverso il ruolo e la cartella di pagamento non notificati o non validamente notificati, è intervenuto l’art. 3 bis del D.L. 21/10/2021 n. 146, introdotto dalla Legge di conversione n. 215 del 17/12/2021, che, novellando l’art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973, rubricato “Formazione e contenuto dei ruoli”, ha inserito il comma 4 bis , che prevede, nella prima parte, che «L’estratto di ruolo non è impugnabile», e nella seconda parte che «Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto per effetto di quanto previsto nell’art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’art. 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione».
3.2. L’interpretazione della citata disposizione, anche in ordine alla sua applicabilità nei giudizi pendenti e alle entrate extratributarie, è stata fornita dalle Sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 26283 del 6 settembre 2022.
3.3. La Corte, nella sua massima espressione nomofilattica, ha precisato che «La prima disposizione del comma 4-bis dell’art. 12 del d.P.R. n. 602/73 è ricognitiva della natura dell’estratto di ruolo, mero elaborato informatico contenente gli elementi della cartella, ossia gli elementi del ruolo afferente a quella cartella, che non contiene pretesa impositiva alcuna, a differenza del ruolo, il quale è atto impositivo, in quanto tale annoverato dall’art. 19 del d.lgs. n. 546/92 tra quelli impugnabili», osservando che «Quel che s’impugna è quindi l’atto impositivo o riscossivo menzionato nell’estratto di ruolo; di modo che inammissibile è l’impugnazione dell’estratto di ruolo che riporti il credito trasfuso in una cartella di pagamento che sia stata precedentemente notificata, e non impugnata (tra varie, Cass. n. 21289/20), o che sia rivolta a far valere l’invalidità di un’intimazione, regolarmente notificata e non contestata, per l’omessa notificazione delle cartelle di pagamento (sempre tra varie, v. Cass. n. 31240/19)».
3.4. Esaminando, poi, la questione della retroattività di tale disposizione, le Sezioni unite hanno affermato che «il legislatore, nel regolare», nella seconda parte della disposizione in esame, «specifici casi di azione “diretta”, stabilisce quando l’invalida notificazione della cartella ingeneri di per sé bisogno di tutela giurisdizionale e, quindi, tenendo conto dell’incisivo rafforzamento del sistema di garanzie, di cui si è detto, plasma l’interesse ad agire»; «Questa condizione dell’azione ha difatti natura dinamica, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti (tra varie, Cass. n. 9094/17; sez. un., n. 619/21), e può assumere una diversa configurazione, anche per volontà del legislatore, fino al momento
della decisione. La disciplina sopravvenuta si applica, allora, ai processi pendenti perché incide sulla pronuncia della sentenza (o dell’ordinanza), che è ancora da compiere, e non già su uno degli effetti dell’impugnazione».
3.5. Ha quindi affermato il seguente principio di diritto: «In tema di riscossione a mezzo ruolo, l’art. 3-bis del d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, inserito in sede di conversione dalla I. 17 dicembre 2021, n. 215, col quale, novellando l’art. 12 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, è stato inserito il comma 4-bis, si applica ai processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113, 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione».
3.6. Pertanto, «la carenza RAGIONE_SOCIALE specifico interesse indicato dalla norma determina l’inammissibilità dell’impugnazione ‘diretta’ o ‘anticipata’, senza con ciò comprimere o impedire la tutela ‘successiva’, che può esplicarsi (anche) nelle forme delle opposizion i esecutive (necessariamente, dopo che un’esecuzione forzata sia stata quantomeno minacciata)» (Cass. 8 febbraio 2023, n. 3812)
Nella specie, non viene in rilievo alcuna delle ipotesi di azione ‘diretta’ o ‘anticipata’ di cui alla seconda parte del comma 4 bis dell’art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973 , la cui sussistenza il ricorrente neppure ha dedotto, come avrebbe potuto fare, nella memoria del 27 settembre 2022, depositata ai sensi dell’art. 380 bis , secondo comma, cod. proc. civ. vigente ratione temporis , essendosi con essa limitato a prospettare l’illegittimità costituzionale della citata disposizione per contrasto con l’art. 77,
secondo comma, Cost., stante l’assenza del requisito di specifica necessità ed urgenza all’emanazione di tale norma, nonché con gli artt. 2, 3 e 24 Cost. «nella parte in cui non permette il ricorso avverso la cartella a cittadini che non hanno un rapporto con la PA, e pone limitazioni immotivate all’accesso alla giustizia».
Il profilo di illegittimità prospettato con riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., è manifestamente infondato atteso che il comma 4 bis è stato introdotto ne ll’art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973, non dal d.l. n. 146 del 2021, ma dalla legge n. 215 del 2021, di conversione del predetto decreto-legge e, quindi, da una legge ordinaria.
Quanto agli altri profili di illegittimità evidenziati nella memoria, è sufficiente richiamare la citata pronuncia delle Sezioni unite che ha ritenuto «manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113, 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione». A tale convincimento la Corte è giunta considerando l’ampia discrezionalità di cui dispone il legislatore in tema di disciplina del processo, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà (tra varie, Corte cost. nn. 58 e 80/20; 13/22; n. 73/22), nella specie ritenuta insussistente in quanto la novella, da un lato, mira a contrastare la prassi di azioni giudiziarie proposte, oltre che a distanza di tempo assai rilevante dall’emissione delle cartelle, anche al cospetto dell’inattività dell’agente per la riscossione, e dall’altro ha chiara finalità di deflazione del contenzioso, che ha espresso riconoscimento costituzionale. La Suprema Corte ha evidenziato, inoltre, che la nuova norma assicura comunque la tutela del contribuente non solo perché è prevista l’azione diretta nelle ipotesi tassativamente indicate, ma anche perché rimane comunque ferma la possibilità per il contribuente, a fronte
dell’invalida o dell’omessa notificazione della cartella o dell’intimazione di pagamento, di impugnare l’atto successivo, anche se esecutivo, o alternativo all’esecuzione, volto a indurre il debitore all’adempimento. Tanto che «almeno quanto al giudizio tributario, si discute di un ampliamento, e non di una compressione della tutela ordinariamente esperibile; inoltre, perché il potere cautelare del quale sono muniti il giudice tributario e quello ordinario, anche dell’esecuzione, scongiura il rischio che si configurino zone franche da interventi giurisdizionali» (Cass., Sez. U., cit., par. 23.1).
Da quanto fin qui detto, consegue, dunque, che la sentenza impugnata va cassata senza rinvio ex art. 382, ultimo comma, cod. proc. civ., dichiarandosi l’inammissibilità dell’originario ricorso del contribuente per difetto di interesse all’impugnazione , limitatamente alla statuizione di rigetto dell’appello proposto avverso le cartelle di pagamento diverse da quella avente n. NUMERO_CARTA, in relazione alla quale rimane ferma la statuizione, pure contenuta nella sentenza impugnata, di cessazione della materia del contendere.
Al riguardo, va osservato che l’intangibilità di tale statuizione non discende dal giudicato interno formatosi sulla stessa, in quanto non impugnata, bensì sulla diretta applicazione dell’art. 4 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, che dispone l’annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, che è la norma applicata dai giudici di appello e su cui è basata la dichiarazione di cessazione della materia del contendere. A conferma di ciò si deve considerare che risulta dal ricorso (pag. 3), senza che sul punto vi sia stata contestazione
alcuna da parte della controricorrente, che la cartella sopra indicata era stata emessa per un importo di 728,35 euro per contributo sanitario nazionale non versato per l’anno 1993 ed era stata notificata in data 13 giugno 2001. Pertanto, ricorrendo tutti i presupposti di cui alla citata disposizione, il debito risultante da detta cartella avrebbe dovuto essere annullato ex lege a prescindere dall’inammissibilità dell’originario ricorso.
La circostanza che la disposizione innovativa e la pronuncia delle Sezioni unite sono intervenute nel corso del giudizio di legittimità costituisce valido motivo di integrale compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
la Corte, decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, nei termini di cui in motivazione, dichiarando inammissibile l’originario ricorso del contribuente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma in data 23 gennaio 2024