Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 292 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 292 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21340/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 449/2021 depositata il 27/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso depositato il 14.05.2019 NOME COGNOME impugnava, dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, l’estratto di ruolo relativo alle cartelle di pagamento nn. NUMERO_CARTA,NUMERO_CARTA,NUMERO_CARTA,NUMERO_CARTA,0682
NUMERO_CARTA, chiedendone l’annullamento.
In particolare, il contribuente eccepiva la decadenza e la prescrizione quinquennale delle pretese erariali e la loro illegittimità per mancata e/o irregolare notifica delle cartelle di pagamento indicate.
Si costituiva in giudizio l’Agente della riscossione eccependo l’inammissibilità del ricorso per non essere autonomamente impugnabile l’estratto di ruolo, nonché contestando le avversarie deduzioni in merito ai vizi di notifica delle cartelle esattoriali, e producendo documentazione a prova della loro rituale notificazione.
Con sentenza n. 4541/2019, depositata in data 30.10.2019, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano accoglieva parzialmente il ricorso, limitatamente alle cartelle nn. NUMERO_CARTA, respingendolo nel resto.
Con sentenza n. 449/2021, depositata in data 27.01.2021, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettava quindi l’appello del contribuente.
Avverso detta sentenza ricorre NOME COGNOME con cinque motivi e resiste l’Agenzia della entrate -Riscossione con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, va ribadito il principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui «In tema di impugnazione dell’estratto di ruolo, l’applicabilità, anche nei giudizi pendenti, dell’art. 12, comma 4-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto con l’art. 3-bis del d.l. n. 146 del 2021, convertito con l. n. 215 del 2021), e della configurazione assunta dall’interesse ad agire in virtù della norma sopravvenuta, rilevante, secondo una concezione dinamica, fino al momento della decisione, trova il suo limite nell’espresso giudicato interno sulla sussistenza dell’interesse. (Nella specie la SRAGIONE_SOCIALE. ha
affermato la inidoneità dello “ius superveniens” a superare il giudicato formatosi sull’ammissibilità dell’azione esercitata, e quindi della sussistenza dell’interesse ad agire, espressamente riconosciuta dal giudice di appello in accoglimento del gravame sul punto, senza che tale statuizione sia stata oggetto di impugnazione)» (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4448 del 14/02/2023).
1.1. Va, ancora, evidenziato che, per orientamento di questa Suprema Corte (Cass. S.U. n. 7925/2019, di recente richiamata da Cass. Sez. 2. n. 12936/2024), «la decisione della causa nel merito non comporta la formazione del giudicato implicito sulla questione che pure costituisca la premessa logica della statuizione di merito, ma ciò quando la questione pregiudiziale non possa ritenersi implicitamente decisa dal giudice di merito, ove abbia formato oggetto di discussione in contraddittorio».
1.2. Nel caso di specie, come risulta dal ricorso erariale, l’Amministrazione ricorrente ha eccepito, nei termini che precedono, l’inammissibilità del ricorso proposto avverso l’estratto di ruolo avanti al giudice di primo grado che, peraltro, pur non affrontando la specifica questione, ha ritenuto il ricorso ammissibile e, quindi, parzialmente fondato, con annullamento di alcune delle cartelle impugnate.
1.3. Non essendo stata proposto, sul punto, motivo di appello da parte dell’Agenzia delle entrate, deve ritenersi che in merito alla ammissibilità del ricorso si sia formato il giudicato implicito.
1.4. In fattispecie analoga, seppure non del tutto sovrapponibile, è stato affermato che «Nel caso in cui venga proposta opposizione avverso una cartella di pagamento invalidamente notificata e della quale l’interessato sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo, l’inammissibilità della tutela giurisdizionale anticipata, ai sensi dell’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall’art. 3-bis del d.l. n. 146 del 2021), non può incidere sul giudicato già formatosi nelle ipotesi in cui il giudice di merito,
senza censure delle parti, si sia positivamente espresso sulla sussistenza di un interesse idoneo a rendere ammissibile l’azione, oppure nel caso in cui le parti abbiano prestato acquiescenza alla decisione sul merito delle pretese creditorie e la controversia prosegua soltanto per le spese» (Cass. Sez. 3, n. 25639 del 25/09/2024; Cass. Sez. 3 n. 3812 del 08/02/2023).
1.5. Deve pertanto formularsi il seguente principio di diritto: « Nel caso in cui venga proposta opposizione avverso una cartella di pagamento invalidamente notificata e della quale l’interessato sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo, l’inammissibilità della tutela giurisdizionale anticipata, ai sensi dell’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall’art. 3-bis del d.l. n. 146 del 2021, come modificato con il D. Lgs. n. 110 del 2024) e della configurazione assunta dall’interesse ad agire in virtù della norma sopravvenuta, non può incidere sul giudicato già formatosi nella ipotesi in cui il giudice di merito accolga parzialmente il ricorso del contribuente con decisione non impugnata, sul punto, dall’Amministrazione , non potendosi ipotizzare che un ricorso, a prescindere dalle ragioni inerenti all’oggetto del contendere, possa essere dichiarato solo in parte inammissibile per difetto di interesse, pur avendo prodotto effetti irrevocabili per l’Amministrazione resistente ».
1.6. Si procede quindi all’esame dei motivi di ricorso formulati dal contribuente.
Con il primo motivo di ricorso il contribuente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc, dell’art. 2702 cod. civ. e degli art. 214, 215 e 216 c.p.c., con riguardo al tempestivo disconoscimento de ll’autenticità delle scritture e delle sottoscrizioni poste sui referti di notifica.
2.1. Il motivo è infondato.
A tale proposito questa Suprema Corte ha, ancora di recente, affermato che «In tema di disconoscimento di conformità della copia prodotta in giudizio, il “diniego di originale” non attiene alla contestazione del contenuto, ma dell’esistenza stessa del documento, con la finalità di espungerlo dall’ordinamento in quanto artificiosamente creato, e richiede la querela di falso, proponibile anche avverso la copia prodotta in giudizio, per rimuovere la sua efficacia probatoria di scrittura privata, mentre il disconoscimento di conformità, che attiene al contenuto del documento prodotto in copia e non alla sua provenienza o paternità, presupponendo l’esistenza di un originale, consente l’utilizzazione della scrittura e, in particolare, l’accertamento della conformità all’originale della copia prodotta anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni». (Cass. Sez. 5, 24029 del 06/09/2024, Rv. 672257). Risultando pacificamente non proposta la querela di falso, in relazione al ‘diniego di originale’ i giudici di appello, conformandosi ai principi ora richiamati, hanno da un lato rilevato la genericità dell a contestazione del contribuente, dall’altro la sussistenza di plurimi e convergenti elementi indiziari ritenuti idonei a comprovare la conformità delle copie fotostatiche prodotte agli originali, con accertamento di fatto riservato al giudice del merito e non sindacabile, in questa sede, sotto il profilo del vizio di violazione di legge.
3 . Con il secondo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., l’ omessa pronuncia in merito al disconoscimento ex art. 214, 215, 216 c.p.c., de ll’ autenticità delle scritture e delle sottoscrizioni poste sui referti di notifica prodotti in fotocopia da ll’Agenzia e al mancato procedimento di verificazione. 3.1. Il motivo è infondato.
Nel caso di specie non si versa in ipotesi di omessa pronuncia, ricorrendo invece un’ipotesi di implicita pronuncia di rigett o. La CTR, nel rigettare la censura sollevata con riguardo alla asserita
difformità tra copia ed originale ha, implicitamente -e correttamente, per quanto si è appena osservato -rigettato anche la preliminare questione del ‘diniego di originale’ qui evocata.
Deve richiamarsi, in proposito, l’orientamento di questa Corte secondo cui il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e il pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., si ha quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass., 26 gennaio 2021, n. 1616; Cass., 27 novembre 2017, n. 28308).
Inoltre, secondo costante giurisprudenza, «ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia» (Cass., 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass., 10 maggio 2007, n. 10696; Cass., 26 novembre 2013, n. 26397; Cass., 18 giugno 2018, n. 15936).
Con il terzo strumento di impugnazione si denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 139 comma 4, cpc e 60, co. 1 lett. b -bis), del DPR n. 600/73, per avere la CTR ritenuto regolari le notifiche delle
cartelle di pagamento nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA effettuate tramite messo notificatore in caso di c.d. irreperibilità relativa e non essendo state prodotti gli avvisi di ricevimento della raccomandata informativa.
4.1. Il motivo è infondato, ravvisandosi non una ipotesi di c.d. ‘irreperibilità relativa’ ma, come del resto affermato nel motivo stesso, di consegna a persona diversa dal destinatario e segnatamente, come emerge dai referti di notifica delle suddette cartelle, integralmente trascritti nel ricorso, a ‘NOME NOME che si è qualificata convivente’ . Dai predetti estratti, inoltre, emerge che il messo ha annotato che ‘ Della consegna ho informato il destinatario con raccomandata’.
Tanto rilevato, si deve ribadire che la notificazione della cartella esattoriale, eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati ex art. 60, comma 1, lett. a, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 mediante consegna nelle mani di persona diversa dal destinatario dell’atto, deve essere seguita dalla spedizione della raccomandata informativa di cui all’art. 139, comma 4, cod. proc. civ. (Cass., Sez. 5, 30 gennaio 2020, n. 2229; Cass., Sez. 5, 9 aprile 2021, n. 9393).
Questa Corte, come ritenuto in plurime decisioni, ha però espressamente precisato che l’art. 60, comma 1, lett. b-bis, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 prevede esclusivamente la spedizione di una «lettera raccomandata», non, quindi, di una lettera raccomandata con avviso di ricevimento come sostenuto dal ricorrente’ (Cass. n. 2868/2017; Cass. n. 17235/2017; Cass. n. 20863/2017; Cass. n. 2377/2022; Cass. n. 6243/2024), che viene a costituire un adempimento superfluo ed ultroneo ai fini del perfezionamento del procedimento notificatorio.
Con il quarto motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per avere
la CTR ritenuto notificate le predette cartelle di pagamento n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA
5.1. Il motivo è inammissibile in quanto, sotto il profilo del vizio di motivazione si ripropongono, in concreto, le censure di violazione di legge di cui ai precedenti motivi, dolendosi il contribuente non della omessa o apparente motivazione, ma bensì del contenuto della decisione a lui avversa. D’altro canto, a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. disposta dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel giudizio di cassazione censure incentrate sulla pretesa insufficienza dell’apparato argomentativo sorreggente il decisum .
Con il quinto motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’a rt. 360, primo comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 53, comma 1, D.Lgs. 546/92 , per avere la CTR ritenuto non riproposte le questioni relative alla prescrizione e alla decadenza già affrontate dai primi giudici in relazione ai medesimi atti.
6.1. Il motivo è inammissibile, per difetto di autosufficienza.
Il ricorrente non dimostra di avere riproposto con l’appello le questioni sollevate in relazione alle cartelle ancora oggetto di impugnazione, a tal fine non essendo utili gli estratti dell’ atto di appello trascritti nel ricorso (v. p. 26), che in parte richiamano genericamente le deduzioni di primo grado, in parte riguardano due cartelle di pagamento (n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA) non più oggetto del giudizio perché annullate dalla Commissione tributaria provinciale.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.400,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 17/12/2024.