Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21599 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21599 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13373/2024 R.G. proposto da: STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO -ricorrente- contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in REGGIO NELL’EMILIA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende -controricorrente- nonché contro RAGIONE_SOCIALERISCOSSIONE
-intimata- avverso la SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO LOMBARDIA n. 999/19/24 depositata il 05/04/2024.
Udita la relazione svolta nella PUBBLICA UDIENZA del 15/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udita la requisitoria del P.G., in persona del sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
Sentiti l’avv. NOME COGNOME per la ricorrente e l’avv. NOME COGNOME per il controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 999/19/24 del 05/04/2024, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia (di seguito CGT2) rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 19/15/23 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano (di seguito CGT1), che aveva accolto il ricorso di NOME COGNOME avverso le cartelle di pagamento emesse nei suoi confronti quale coobbligato di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, le cartelle di pagamento erano state emesse a titolo di riscossione provvisoria, per euro 61.687,00, in pendenza del giudizio di primo grado, che aveva visto soccombere il contribuente, in ragione della sua qualità di socio e della partecipazione all’attività fraudolenta delle menzionate società, posta in essere a mezzo dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
1.2. La CTR rigettava l’appello di AE evidenziando, per quanto interessa in questa sede, che: a) la riscossione era avvenuta «ai sensi dell’art. 15 del DPR 60273 per le imposte dirette e dell’art. 23 del D. Lgs. 46/99 per l’IVA» e che trattavasi «di riscossione a titolo provvisorio o, meglio, di riscossione del tributo nella fase amministrativa, (…) e non già della riscossione a titolo frazionato di cui all’art. 68 del D.Lgs. 546/92, contrariamente a quanto affermato
dall’ufficio»; b) diversamente da quanto previsto per la riscossione frazionata, la riscossione provvisoria consegu dall’accertamento e intrinsecamente connessa con la pretesa contenuta nell’avviso. Assume rilievo, in questa prospettiva, l’esito del procedimento penale instaurato a carico del contribuente, presso il Tribunale Ordinario di Firenze innanzi al GUP del Procedimento, R.G.N.R. n° 14543/19, quale legale rappresentante delle società RAGIONE_SOCIALE (dal 25.3.2015 al 9.8.2016) e RAGIONE_SOCIALE s.r.l.s. (dal 25.3.2015 al 10.5.2016) per il reato di emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti negli anni di imposta 2015 e 2016, coincidenti dunque con le condotte contestata dall’ufficio con gli avvisi impugnati»; c) il predetto procedimento si era concluso con l’assoluzione di NOME COGNOME perché il fatto non costituiva reato e le conclusioni «a cui è pervenuto il giudice penale precludno che le presunzioni dell’ufficio avere fondamento».
AE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati da memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
NOME COGNOME resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
L’Agenzia delle entrate – Riscossione (di seguito AER) restava, invece, intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata da NOME COGNOME secondo il quale la ricorrente non avrebbe impugnato una delle due rationes decidendi espresse dalla CGT2, vale a dire quella concernente l’autonomia patrimoniale delle società amministrate dal contribuente.
1.1. In realtà, a parte la difficoltà di configurare nella specie un’autonoma ratio decidendi , la censura dell’Amministrazione finanziaria riguarda, in generale, l’impossibilità di far valere, in sede
di impugnazione della cartella di pagamento, le eccezioni di merito concernenti l’atto prodromico (l’avviso di accertamento) regolarmente notificato al contribuente.
1.2. Tale rilievo si rivela assorbente di ogni ulteriore affermazione di merito formulata dal giudice di appello.
Il ricorso di AE è affidato a due motivi, di seguito riassunti.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15, co. 1, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), dell’art. 23 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 e degli artt. 19, comma 3, e 68 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CGT2 accolto rilievi che avrebbero potuto essere proposti solo avverso l’avviso di accertamento notificato al contribuente, distinguendo erroneamente tra iscrizione a titolo provvisorio e riscossione frazionata.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 20 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, dell’art. 2729 cod. civ. e dell’art. 116 cod. proc. civ., per avere la CGT2 deciso la controversia trasponendo pedissequamente, in sede tributaria, le risultanze del giudizio penale, senza tenere in debito conto l’autonomia dei due giudizi.
Il primo motivo di ricorso è fondato con assorbimento del secondo motivo.
3.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, la responsabilità del ricorrente è fondata su due avvisi di accertamento allo stesso notificati quale socio delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE a seguito dei quali erano state notificate le cartelle di pagamento a titolo di riscossione provvisoria (e non già a titolo di riscossione frazionata come ritenuto dall’Ufficio).
3.2. La CGT2 ritiene che «la riscossione provvisoria consegue dall’accertamento e è intrinsecamente connessa con la pretesa contenuta nell’avviso» (pag. 4), il che legittimerebbe (sembra di capire) l’esame del merito della pretesa.
3.3. In realtà, come correttamente evidenziato dalla difesa erariale, il contribuente -al fine di contestare la propria responsabilità quale amministratore e/o socio delle menzionate società -avrebbe dovuto impugnare gli atti impositivi allo stesso regolarmente notificati e non rivolgere le proprie istanze nei confronti delle cartelle di pagamento che su detti avvisi di accertamento si fondano e che, pertanto, non hanno natura (anche) di atto impositivo.
3.4. La circostanza, poi, che dette cartelle di pagamento siano state emesse a titolo provvisorio e non già a titolo di riscossione frazionata non ha alcun rilievo, trattandosi, comunque, in entrambi i casi, di atti contenenti intimazioni di pagamento, avverso i quali possono essere fatte valere in sede di impugnazione solo eccezioni concernenti gli atti medesimi (cd. vizi propri) e non anche eccezioni riguardanti il merito della pretesa, da proporre avverso gli atti impositivi (cfr. Cass. n. 25995 del 31/10/2017; Cass. n. 8704 del 10/04/2013).
3.5. L’accoglimento del primo motivo rende del tutto superfluo l’esame del secondo motivo, anch’esso riguardante il merito della pretesa.
In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata con riferimento al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente procedimento.
Così deciso in Roma, il 15/01/2025.