Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15548 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15548 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13025/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO-ROMA n. 3534/2020 depositata il 16/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Dalla sentenza in epigrafe si evince quanto segue:
NOME COGNOME impugnava la cartella di pagamento n. 09720170107709412000, emessa per IVA, IRAP, IRPEF e relative addizionali, oltre interessi e sanzioni, relativamente agli anni di imposta 2000, 2002, 2003, 2004, per la complessiva somma di € 863.939,37, cartella fondata su quattro avvisi di accertamento relativi a ciascuno degli anni di imposta interessati ed emessi ai sensi dell’art. 32, comma 1, n. 2, d.P.R. n. 600/1973. Avverso detti avvisi di accertamento era stata proposta impugnativa allo stato pendente in sede di legittimità, dopo che la C.T.P. aveva respinto le doglianze del contribuente e la C.T.R., con sentenza 6719/10/2014, parzialmente accolte, con riferimento alle somme da assumere come base imponibile ai fini della determinazione del reddito, effettuando dei distinguo sia in riferimento alle operazioni a debito sia riferimento alle operazioni a credito, ritenendo gli avvisi di accertamento solo parzialmente corretti ed annullando in toto le sanzioni. Nell’impugnare la cartella di pagamento suindicata, il ricorrente lamentava 2) violazione dell’art. 68, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 546/1992, poiché gli importi iscritti a ruolo e pretesi dall’agente della riscossione erano maggiori e diversi rispetto a quelli indicati come dovuti nella sentenza C.T.R. Lazio, n. 6719/10/2014, 3) pendenza del ricorso in cassazione presentato da esso contribuente avverso la sentenza C.T.R. Lazio, n. 6719/10/2014, con eventuale ulteriore riduzione RAGIONE_SOCIALE pretese impositive contenute negli avvisi di accertamento presupposti.
.
Con sentenza n. 15893/12/18, in data 23.05-18.09.2018, l’adita Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso, annullando la cartella di pagamento impugnata limitatamente alle somme riferibili ai prelevamenti effettuati con assegno, alle somme riferibili ai maggiori costi connessi ai maggiori ricavi accertati, alle somme richieste in più a titolo di IRAP nella cartella di pagamento rispetto a quelle indicate allo stesso titolo negli avvisi di accertamento richiamati nella cartella stessa, a tutte le somme richieste a titolo di sanzione. Le spese di lite venivano compensate.
NOME COGNOME proponeva appello avverso detta sentenza, affidandosi a due motivi: 1) violazione dell’art. 68, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 546/1992, nella parte in cui i primi giudici avevano ritenuto non scomputabili dai ricavi le somme oggetto dei conti correnti ; 2) violazione dell’art. 68, comma l, lett. c), d.lgs. n. 546/1992, nella parte in cui in cui i primi giudici avevano ritenuto scomputabili dai ricavi le sole somme riferibili ai prelevamenti effettuati con assegni anziché a tutti i prelevamenti qualora il beneficiario fosse identificato o identificabile , dovendosi comunque estendere la scomputabilità a tutti i prelevamenti di qualsivoglia natura, a tutte le disposizioni in genere, sulla base della sentenza Corte Cost., n. 228/2014, che aveva inteso sottrarre alla presunzione normativa di cui all’art. 32 d.P.R. n. 602/1973 tutte le operazioni a debito sui conti correnti dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti.
Con atto telematicamente notificato in data 15.03.2019 , l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, lamentando la erroneità della sentenza di primo grado con esclusivo riferimento al capo concernente l’annullamento RAGIONE_SOCIALE somme richieste a titolo di sanzioni .
La CTR, con la sentenza in epigrafe, accoglieva entrambi gli appelli riuniti, nei limiti di cui in motivazione.
2.1. In particolare, per quel che residualmente rileva nel presente grado di giudizio, essa,
> premesso che:
-se il giudice tributario annulla, totalmente o parzialmente, l’atto impositivo (pur se in via non definitiva in attesa dell’eventuale giudizio di impugnazione), quest’ultimo, rispettivamente ‘in toto’ o nei limiti della parte annullata, non può che perdere efficacia quale titolo idoneo a legittimare, in radice, l’inizio o la prosecuzione di un’azione di riscossione provvisoria (Cass., SS.UU., n. 758/2017) ;
-nello specifico caso esaminato, la sentenza della C.T.R. Lazio n. 6719/10/2014 ha accolto parzialmente l’appello, riformando in misura corrispondente la sentenza di primo grado. Cosicché l’art. 68 d.lgs. n. 546/1992 consente all’Amministrazione erariale di iscrivere a ruolo la pretesa impositiva riconosciuta come legittima dai giudici tributari regionali, anche in pendenza di ricorso per cassazione ;
> e compiuto il raffronto tra detta sentenza n. 6719/10/2014 e la cartella,
osserva:
a sentenza della C.T.P. oggetto di appello, nell’escludere dalla base imponibile “le somme riferibili ai prelevamenti effettuati con assegni”, ha rispettato il titolo costituito dalla più volte citata sentenza C.T.R. n. 6719/10/2014.
Questa Commissione, tuttavia, ritiene prudenzialmente che, allo stato e impregiudicata ogni diversa valutazione nell’ambito del giudizio di legittimità avente ad oggetto gli avvisi di accertamento presupposti, debbano essere esclusi dal computo della base imponibile tutti i prelevamenti, in
forza della pronuncia della Corte Costituzionale n. 228/2014 (intervenuta in epoca successiva rispetto alla emissione della sentenza 6719/10/2014) secondo la-quale le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, non anche per i professionisti e per i lavoratori autonomi (come l’odierno appellante che, negli anni di imposta considerati, svolgeva attività. di “intermediario del commercio di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per RAGIONE_SOCIALE casa”), mentre i versamenti mantengono valore presuntivo nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che gli stessi sono già inclusi nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti. Pertanto, nelle more della pronuncia della Corte di Cassazione sul ricorso proposto avverso la sentenza C.T.R. Lazio, n. 6719/10/2014, si reputa di dover accogliere la seconda parte del secondo motivo d’appello eliminando dalla base imponibile tutte le operazioni di prelevamento considerate dall’Amministrazione erariale ai fini della base imponibile.
L’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione con due motivi. Resiste il contribuente con controricorso.
Con nota del 22 gennaio 2024, l’RAGIONE_SOCIALE deposita telematicamente ‘Ordinanza Cassazione n. 13559 -22 COGNOME R.G. 2526915′.
4.1. Cass., Sez. 5, n. 13559 del 14/05/2021, dep. il 29/04/2022, di cui a detto deposito, risulta aver accolto l’unico motivo del ricorso principale dell’RAGIONE_SOCIALE e rigettato tutti i motivi del ricorso incidentale del contribuente, cassando la sentenza della CTR del Lazio n. 6719/10/2014 limitatamente al profilo della violazione dell’art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 472 del 1997, ravvisabile in tale sentenza laddove afferma l’esclusiva responsabilità del consulente fiscale per le sanzioni in riferimento all’omessa
presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni fiscali dal 2000 al 2004 (2001 escluso).
Con riguardo, invece, alla violazione dell’art. 32 DPR n. 600 del 1973 nella versione ‘post’ Corte cost. n. 228 del 2014, dedotta dal contribuente nel primo motivo del ricorso incidentale, Sez. 5, n. 13559 del 2022, osserva:
uesta Sezione, con sentenza n. 28580 del 18/10/2021 ha ribadito l’orientamento prevalente espresso a partire da Cass. SS.UU. n. 12108 del 2009, secondo cui ciò che costituisce la base dell’applicazione della presunzione di cui all’art. 32 cit. nei confronti dell’imprenditore, sia pure individuale, è la qualificazione del reddito prodotto come di impresa ai sensi dell’art. 55 del T.U. n. 917 del 1986 . Orbene, le Sezioni Unite hanno ricondotto la figura dell’agente di commercio, del promotore finanziario, l’equiparabile posizione dell’agente in affari di mediazione imRAGIONE_SOCIALEare, alle figure ausiliarie di cui all’art. 2195 primo comma n. 5 cod. civ.
Pertanto, come ribadito da Cass. Sez. 5, Sentenza n. 28580 del 18/10/2021, quello che giustifica l’applicazione della presunzione di ricavi di cui all’art. 32 cit., in capo all’imprenditore, sia pure individuale, come definito dall’art. 2195 c.c., è la produzione del reddito di impresa, in quanto esercente impresa commerciale (anche di carattere ausiliario), a prescindere dalla sussistenza di una autonoma organizzazione , sicché, opera la presunzione legale di cui all’art. 32 cit. non solo riguardo ai “versamenti” ma anche ai “prelevamenti” non giustificati.
Con atto datata 13 marzo 2024 e depositato telematicamente il 20 successivo (primo giorno di una serie di reiterati depositi identici), la difesa del contribuente formula ‘istanza di differimento’ così argomentata:
Come esposto nel controricorso del AVV_NOTAIO COGNOME, alle pagine n. 2 e 3, sono ancora pendenti innanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio i giudizi di merito relativi agli avvisi di accertamento sottesi alla cartella esattoriale n. 09720170107709412000, la cui impugnazione ha originato il contenzioso tributario oggi pendente innanzi alle S.V. Ill.me.
In particolare pende innanzi alla CTG di secondo grado del Lazio sezione n. 13 il giudizio di riassunzione n. 5955/2022, incardinato a seguito della cassazione con rinvio della pronuncia n. 6719/10/2014 della CTR Lazio relativa agli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/2006 n. NUMERO_DOCUMENTO n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO emessi dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rispettivamente per gli anni di imposta 2000, 2002, 2003 e 2004.
-Inoltre pende , per ragioni analoghe, il giudizio di riassunzione n. 5957/2022, incardinato a seguito di cassazione con rinvio della sentenza n. 6852/02/2014 della CTR Lazio, relativa all’omologo avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, emesso dall’RAGIONE_SOCIALE nei confronti del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, per gli stessi tributi, per l’anno di imposta 2001, che non è stato riunito con gli altri solo ‘ratione temporis’.
Per tutte le annualità di imposta sopra richiamate, prescindendo dai punti RAGIONE_SOCIALE sentenze che sono ancora oggetto dei giudizi di riassunzione in essere, vi sono dei giudicati interni irrevocabili parzialmente favorevoli al contribuente che annullano parzialmente gli avvisi.
-Per le citate ragioni è attualmente in corso -in contraddittorio tra il NOME COGNOME rappresentato dal suo commercialista Dott. NOME COGNOME e l’RAGIONE_SOCIALE, Ufficio
Provinciale INDIRIZZO – il ricalcolo globale RAGIONE_SOCIALE imposte dovute per le annualità 2000, 2001, 2002, 2003 e 2004 e RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni.
La sezione n. 13 della CGT di 2° del Lazio, con riferimento al giudizio di riassunzione n. 5955/2022 RG, con ordinanza interlocutoria n. 2415/2023 del 20.12.2023, in accoglimento di istanza analoga alla presente, ha già disposto (con riferimento alle annualità di imposta 2000, 2002, 2003 e 2004) il rinvio dell’udienza di trattazione del merito .
-La sezione n. 1 della CGT di 2° del Lazio, con riferimento al giudizio di riassunzione n. 5957/2022 RG, con ordinanza interlocutoria n. 458/2024 del 13.03.2023 , ha già disposto (con riferimento all’annualità di imposta 2001) il rinvio dell’udienza di trattazione del merito .
Il completamento della procedura di riconteggio (con ridefinizione in riduzione dei redditi accertati, RAGIONE_SOCIALE imposte per essi dovute e RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni), comporterà la chiusura tombale della lite tributaria in corso per tutte le più volte richiamate annualità di imposta e di conseguenza la definizione anche della procedura di esecuzione tributaria avviata con la cartella esattoriale n. 09720170107709412000, la cui impugnazione ha originato il presente contenzioso.
In conformità e per omogeneità, sarebbe auspicabile un rinvio a nuovo ruolo anche del presente giudizio di cassazione per consentire la definizione del merito e per l’effetto dei conseguenti profili esecutivi.
Considerato che:
Preliminarmente deve rilevarsi come l’istanza di rinvio dell’udienza formulata dalla difesa del contribuente, in assenza di alcuna presa di posizione dell’RAGIONE_SOCIALE, non meriti accoglimento, essendo del tutto sfornita di documentazione in
riferimento al profilo essenziale della pendenza di un procedimento stragiudiziale pur informale di composizione di tutte le controversie pendenti, compresa la presente, ed altresì di indicazioni temporali circa la sua conclusione.
Deve dunque procedersi alla disamina del ricorso.
Con il primo motivo si denuncia: ‘Nullità della sentenza per violazione dell’art. 19 dlgs 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’.
3.1. ‘È pacifico che il presente giudizio ha per oggetto una cartella di pagamento emessa ex art. 68 dlgs 546/92 sulla base di una sentenza di secondo grado parzialmente sfavorevole al contribuente. La CTR, benché consapevole dei limiti di cognizione propri del giudizio vertente sulla cartella, annulla la cartella anche . Tale ‘ratio decidendi’ esula dai limiti ll’oggetto del giudizio avverso la cartella di pagamento desumibili dall’art. 19 comma 3 del dlgs 546/1992′. ‘All’evidenza una censura relativa alla estensione della presunzione di legge in tema di indagini finanziarie nei confronti dei lavoratori autonomi si riferisce ad un preteso vizio dell’atto presupposto, che nel presente caso è una sentenza, e non della cartella’.
Con il secondo motivo si denuncia: ‘Nullità della sentenza per violazione dell’art. 57 del dlgs 546/1992 e dell’art. 345 cpc, nonché dei principi in tema di ultrapetizione, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 cpc’.
4.1. ‘Risulta ‘per tabulas’ che nel ricorso introduttivo innanzi alla CTP il contribuente non ha censurato il merito della ripresa a tassazione ma nell’ultimo paragrafo ha voluto ricordare i contenuti del ricorso incidentale da proposto avverso la sentenza della CTR 6719/10/2014 posta a base della cartella impugnata. In tale parte del ricorso di primo grado il contribuente ha tra l’altro riferito di avere lamentato davanti alla Corte di
cassazione la violazione dell’art. 32 nn. 2 e 7 dlgs 600/73 con riferimento ai principi affermati dalla nota sentenza 228/14 della Corte costituzionale. Ai fini del rispetto del principio di autosufficienza si riporta il pertinente brano del ricorso di primo grado del contribuente (pag. 14-15): ‘. Soltanto in appello il contribuente ha formulato una censura diretta al merito dell’avviso di accertamento sulla base dei predetti argomenti, sostenendo (pag. 14-15): ‘. La decisione della CTR ‘contrasta pertanto con le norme in epigrafe, che non consentono l’introduzione di nuovi motivi in appello nel giudizio tributario’.
Entrambi i motivi sono fondati e meritano accoglimento.
Assume priorità logica il secondo, che si sottrae ai rilievi di inammissibilità formulati in controricorso per contraddittorietà intrinseca, dal momento che, nell’economia del motivo, la denunciata violazione dei ‘principi in tema di ultrapetizione’ è riferita alla preclusione, per il giudice di appello, di pronunciare su domanda nuova, siccome introdotta solo dinanzi a lui e non anche dinanzi al primo giudice: sicché una tale argomentazione non entra in conflitto con la parimenti denunciata violazione degli art. 57 D.Lgs. n. 546 del 1992 e 345 cod. proc. civ.
6.1. Come dicevasi, il motivo è fondato.
Non risulta introdotta dal contribuente, nel ricorso di primo grado, la questione di merito della scomputabilità dall’imponibile dei prelevamenti in forza di Corte cost. n. 228 del 2014, essendosi il medesimo limitato a richiamare il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza della CTR del Lazio n. 6719/10/2014 onde ricavarne argomenti ‘ad abundatiam’
per sottolineare che ‘appare viepiù abnorme e del tutto spropositata la pretesa impositiva dedotta nella cartella, volta ad ottenere il pagamento integrale degli avvisi’ (p. 16 ric. cass.). Pertanto, né era consentito al medesimo di allargare sul punto il ‘thema decidendum’ in appello, deducendo ‘funditus’ l’illegittimità della cartella per contrasto della stessa (e non della sentenza della CTR del Lazio n. 6719/10/2014) con il ‘dictum’ della Corte costituzionale, né alla sentenza impugnata di pronunciare al riguardo.
Fondato è anche il primo motivo, che sfugge ai rilievi di ‘grossolana inammissibilità’ avanzati in controricorso in ragione di una supposta mancata articolazione di ‘ un percorso motivazionale chiaro ed intellegibile’, perché, al contrario, rende adeguatamente conto della censura in diritto formulata, che poggia sulla ritenuta illegittimità dell’annullamento ‘in parte qua’ della cartella siccome pronunciato in un caso non consentito dall’art. 19, comma 3, D.Lgs. n. 546 del 1992, laddove prescrive che ‘ognuno degli atti autonomamente impugnabili’, qual è la cartella, può essere impugnato solo per vizi propri’.
7.1. Detto ciò, può procedersi alla disamina del motivo.
Nella prima parte della sentenza impugnata la RAGIONE_SOCIALE si dimostra avvertita della funzione meramente ancillare della cartella di pagamento volta alla riscossione provvisoria in ragione RAGIONE_SOCIALE evoluzioni, nei vari gradi, del giudizio sugli avvisi di accertamento fondanti le pretese.
Nonostante ciò, in punto di dedotta (inammissibilmente solo in appello) illegittimità della cartella in sé e per sé per violazione di Corte cost. n. 228 del 2014, essa, abbandonando il criterio del parallelismo tra giudizio riguardante gli avvisi (in riferimento ai quali la questione della violazione di Corte cost. n. 228 del 2014, non ritenuta dalla sentenza della CTR del Lazio n. 6719/10/2014, era ‘sub iudice’, perché dal contribuente devoluta, in allora, alla
Corte di cassazione) e cartella, ha ritenuto di poter, sia pure prudenzialmente e provvisoriamente (in attesa cioè della pronuncia della Corte di cassazione), sindacare direttamente la cartella, a prescindere dalla corrispondenza con l’effettivo contenuto dei titoli presupposti, cioè gli avvisi, siccome allo stato conformati solo dalla sentenza della CTR del Lazio n. 6719/10/2014.
Talché la CTR ha esorbitato dai poteri di sindacato della sola cartella, di fatto attingendo il ‘thema’, alla medesima precluso ex art. 68 D.Lgs. n. 546 del 1992 perché devoluto al giudice proprio, ossia la Corte di cassazione (arg. ‘a contrario’ ad es. da Sez. 5, n. 740 del 15/01/2019, Rv. 652157 -01: ‘In tema di riscossione dei tributi, l’accertamento emesso a tutela di un credito tributario diviene illegittimo a seguito della sentenza che, accogliendo il ricorso proposto dal contribuente, annulla l’atto impositivo dal momento che tale pronuncia fa venir meno, indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, il titolo sul quale si fonda la pretesa tributaria, privandola del supporto dell’atto amministrativo che la legittima, ed escludendo quindi che essa possa formare ulteriormente oggetto di alcuna forma di riscossione provvisoria’) , della legittimità degli avvisi presupposti.
In definitiva, entrambi i motivi di ricorso devono essere accolti ed in relazione la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 12 aprile 2024.