Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5888 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5888 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22750/2023 proposto da:
NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, con residenza in Pomezia (RM), alla INDIRIZZO e con domicilio eletto in Roma, alla INDIRIZZO, presso COGNOME RAGIONE_SOCIALE. che, con l’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE), la rappresenta e difende in virtù di procura allegata al ricorso (posta elettronica: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO; posta elettronica certificata: EMAIL);
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate Riscossione;
– intimate –
-avverso la sentenza 2455/2023 emessa dalla CTR Lazio il 25/04/2023 e non notificata;
Cartella esattoriale imposta registro ordinanza assegnazione esecuzione
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
COGNOME NOME impugnava davanti alla CTP di Roma la cartella esattoriale n. 09720200046215127, avente ad oggetto l’asserito credito per un omesso pagamento dell’imposta di registro su ordinanze di assegnazione per gli anni 2015 – 2016.
L’adìta CTP rigettava il ricorso.
Sull’impugnazione della contribuente, la CTR del Lazio rigettava il gravame, affermando, per quanto qui ancora rileva, che <> e che <>.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME sulla base di tre motivi. L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle
Entrate-Riscossione non hanno svolto difese.
In prossimità dell’adunanza camerale la ricorrente ha deposit ato memoria illustrativa.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente deduce la <>, per non aver la CTR considerato che la circostanza che alcuni avvisi di liquidazione sottesi alla cartella di pagamento non fossero stati impugnati era irrilevante, atteso che era comunque tenuta a deliberare sulla legittimità dell’atto della pubblica amministrazione.
1.1. Il motivo è infondato.
Non è revocabile in dubbio che il processo tributario sia annoverabile tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia dell’accertamento dell’Ufficio, sicché il giudice, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi al suo annullamento, ma deve esaminare nel merito la pretesa e ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (fra le tante, Cass., sez. V, 10 settembre 2020, n. 18777).
Tuttavia, è la stessa contribuente a riconoscere (pag. 4 del ricorso) che <>. (la sottolineatura è dello scrivente)
Rappresenta un principio ormai consolidato quello secondo cui, in relazione alla natura impugnatoria del processo tributario, quantunque nella forma di impugnazione – merito, l’effetto del giudicato formale, ancorché
conseguito in forza di una pronuncia “in rito”, comporta la definitività dell’atto impugnato, che non può essere rimessa in discussione da una pronuncia successiva del tutto identica, sicché resta preclusa la proposizione della stessa domanda davanti al medesimo giudice (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 18382 del 04/09/2020).
Al contempo, il potere di autotutela cd. sostitutiva -in forza del quale l’Amministrazione può annullare l’atto illegittimo e sostituirlo con un altro di contenuto sostanzialmente identico, ma privo dei vizi originari -può essere esercitato, ai sensi dell’art. 2 quater, del d.l. n. 564 del 1994, conv. in l. n. 656 del 1994, anche durante il giudizio di impugnazione proposto contro detto atto, trovando il suo fondamento nel cd. “principio di perennità” della potestà amministrativa, che, tuttavia, incontra i limiti dell’eventuale giudicato sul merito dell’impugnazione dell’atto, del decorso del termine di decadenza per l’attività di accertamento o riscossione e del diritto di difesa del contribuente (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 7751 del 20/03/2019).
A tal riguardo, va altresì evidenziato che nel giudizio di opposizione ad una cartella esattoriale, emessa a seguito di provvedimento divenuto definitivo per omessa impugnazione (nella specie, un avviso di rettifica e liquidazione in tema di imposta di reg istro), la questione dell’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio, per la mancata deduzione di vizi propri della cartella impugnata, è addirittura preliminare rispetto all’estensione dell’efficacia di un giudicato esterno (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 12244 del 17/05/2017).
Ragion per cui, almeno con riferimento agli avvisi di liquidazione divenuti definitivi (per mancata impugnazione), i giudici di merito non avrebbero potuto adottare una decisione sostitutiva.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la <>.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Invero, premesso che non è dato sapere quali e quanti dei detti avvisi siano diventati definitivi (atteso che, sulla base della sentenza della CTR (pag. 4) solo l’avviso di liquidazione n. 1317/2015 sarebbe definitivo per mancata impugnazione), ad onta di quanto sostenuto dalla contribuente a pagina 5 del ricorso (<>), non vi è cenno della questione nella sentenza impugnata, sicchè la ricorrente, da un lato, avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale l’avesse tempestivamente sollevata e reiterata in appello e, dall’altro, essendosi, semmai, in presenza di una omissione di pronuncia, avrebbe dovuto censurare la violazione del combinato disposto degli artt. 112 e 360, primo comma, n. 4), c.p.c. Invero, il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., con riguardo all’art. 112 c.p.c., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti, come nel caso di specie, ad argomentare sulla violazione di legge (Cass., Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013).
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la <>.
3.1. Il motivo, anche a voler superare il rilievo formulato nell’analizzare il precedente motivo, sarebbe inammissibile, atteso che la ricorrente ha omesso, in violazione del principio di autosufficienza, di trascrivere, almeno nei loro passaggi maggiormente significativi, gli avvisi di liquidazione de quibus .
In tal guisa operando, ha precluso al Collegio la possibilità di scrutinare se l’affermazione resa dalla CTR (secondo cui <>) fosse fondata.
Del resto, la CTR non si è limitata a desumere l’adeguatezza della motivazione dell’avviso di liquidazione dalle difese svolte dalla contribuente (nel qual caso sarebbe stato possibile lamentare la «riduttiva del ruolo della motivazione, che pur leggendolo in funzione dell’esercizio del diritto di difesa, finisce per legittimare un possibile, ma inammissibile, giudizio ex post della sufficienza della motivazione argomentata dalla difesa comunque svolta in concreto dal contribuente piuttosto che un giudizio ex ante argomentata sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire ex se l’esercizio effettivo del diritto di difesa»; Cass., Sez. Trib., 20 settembre 2013, n. 21564), ma ha anche preso espressa posizione sulla stessa.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento.
Nessuna pronuncia deve essere adottata quanto alle spese del presente giudizio, non avendo le intimate svolto difese.
Rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 28.2.2025.