Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17312 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17312 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29517/2018 R.G. proposto da :
NOME, elettivamente domiciliato in AVEZZANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE
-intimato-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO SEZ.DIST. LATINA n. 1566/2018 depositata il 09/03/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale del Lazio, sez. dist. Latina ( hinc: CTR), con sentenza n. 1566/2018 depositata in data 09/03/2018, ha rigettato l’appello proposto dal sig. NOME COGNOME contro la sentenza n. 551/2016, con la quale la Commissione tributaria provinciale di Frosinone aveva, a sua volta, respinto il ricorso proposto dal contribuente contro la cartella di pagamento recante gli importi di due avvisi di accertamento.
La CTR -rilevato che l’appello del contribuente rasenta l’inammissibilità per violazione dell’art. 53 d.lgs. 31/12/1992, n. 546, in quanto nessuno dei sette motivi di impugnazione proposti censura la sentenza impugnata, limitandosi ad affermazioni generiche -ha evidenziato che l’iscrizione a ruolo è a titolo definitivo, in ragione di due accertamenti notificati alla ADS Calcio Ceprano, che non li ha impugnati, a differenza di quanto fatto dal sig. COGNOME tuttavia non legittimato ad impugnare.
La CTR precisa che gli avvisi di accertamento, relativi agli anni d’imposta 2005 e 2006, sebbene relativi alla posizione della società RAGIONE_SOCIALE, sono stati notificati anche al sig. COGNOME in quanto era emerso il suo coinvolgimento nei fatti contestati all’assoc iazione sportiva ed era stato individuato come coobbligato ex art. 38 c.c. A seguito della
mancata impugnazione gli atti sono diventati definitivi, con la conseguenza che la cartella è impugnabile, ma solo per vizi suoi propri, mentre non possono essere sollevate eccezioni sulla debenza del tributo. Il contribuente, lungi dall’evidenziare i vizi propri dell’atto ai fini della validità ed efficacia del ricorso, si limita a chiedere l’annullamento della cartella, sollevando una serie di rilievi che non coinvolgono la ritualità della notifica degli avvisi. Proprio per tale ragione il concessionario era esentato da un’approfondita motivazione (insita negli avvisi non impugnati tempestivamente). Inoltre, la non impugnabilità della cartella di pagamento, preceduta da un avviso di accertamento definitivo, è un’eccezione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, atteso che realizza l’ipotesi di decadenza a favore dell’ufficio.
Contro la sentenza della CTR il sig. COGNOME ha proposto ricorso in cassazione con due motivi preliminari e nove motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso , mentre l’Agenzia delle Entrate -Riscossione è rimasta intimata.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo preliminare denominato ‘A’ error in procedendo (pag. 5 del ricorso) la ricorrente ha affermato che: « Si eccepisce la nullità della sentenza impugnata per l’error in procedendo commesso dai giudici, in quanto non si sono pronunciati su punti decisivi della controversia, generando anche il difetto di motivazione della stessa sentenza. L’impugnata sentenza è , innanzitutto, del tutto carente di motivazione e, comunque, illegittima per aver omesso di pronunciarsi su punti rilevanti al fine di dirimere la controversia che ci occupa.» Richiamati, poi, i contenuti degli artt. 111 Cost, 132 e 360 c.p.c., nonché 36 d.lgs. n. 546 del 1992, la ricorrente ha evidenziato come i giudici di seconde
cure non si siano attenuti ai relativi precetti, omettendo di esaminare le doglianze in fatto e in diritto della parte ricorrente.
1.1. Con il secondo motivo preliminare denominato ‘B’ error in iudicando (pag. 6 del ricorso in cassazione) la ricorrente ha affermato che: « Si eccepisce, altresì, la nullità della sentenza per l”error in iudicando’, per vizi della motivazione, ai sensi dell’art. 360 n. 1, n. 5, c.p.c., in quanto i giudici non hanno preso in esame la questione prospettagli e così facendo hanno confermato la tesi dell’appellante, basate tutte su presunzioni e non hanno tenuto conto dlela documentazione prodotta dal contribuente nel corso del giudizio.»
1.2. Entrambi i motivi di ricorso indicati come preliminari sono inammissibili per carenza di specificità, non essendo individuabili quali siano le parti della pronuncia impugnata censurate, né le carenze motivazionali in cui sarebbe incorsa la CTR.
1.3. Ciò premesso, con il primo motivo di ricorso è stata denunciata l ‘insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
1.4. La parte ricorrente rileva che la CTR, senza esaminare la documentazione prodotta dal contribuente nel corso del giudizio e senza esaminare le eccezioni in fatto e in diritto, ha respinto l’appello. In sintesi, con tale motivo, il ricorrente oltre ad aver eccepito di non essere coobbligato -ha rilevato che non corrisponde al vero l’affermazione secondo cui: « gli importi di seguito indicati sono dovuti a titolo definitivo in assenza di ricorso». Difatti, il ricorrente ha proposto ricorso contro gli avvisi di accertamento davanti agli organi di giustizia tributaria e tali ricorsi sono tuttora pendenti. I giudici di seconde cure non hanno neppure rilevato che gli avvisi di accertamento -notificati illegittimamente al
contribuente, in qualità di coobbligato -fanno riferimento a una verifica fiscale della Guardia di Finanza, conclusa con un processo verbale di constatazione datato 30/06/2014, di cui il contribuente ignora l’esistenza e che, sebbene richiamato negli avvi si di accertamento, è stato allegato solo a uno di essi. Il PVC è stato, poi, elevato nei confronti dell’associazione sportiva e dei sig.ri COGNOME NOME e COGNOME NOME, ma non nei confronti del sig. COGNOME. È pertanto del tutto illegittima la notificazione di cinque avvisi di accertamento al ricorrente, in qualità di autore della violazione e coobbligato ex art. 38 c.c.: l’amministrazione finanziaria riporta acriticamente il contenuto del PVC, senza un preventivo e necessario contraddittorio con il ricorrente, qualificato come autore di violazioni e coobbligato sulla base di presunzioni semplicissime e senza fornire alcuna prova. Il PVC è stato emesso nell’ambito di un procedimento penale presumibilmente a carico della società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e della ditta individuale COGNOME Luca. Il ricorrente ha, quindi, richiamato i termini di accertamento previsti dagli artt. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 e 57 d.P.R. n. 633 del 1972 e l’art. 37, commi da 24 d 26, d.l. 04/07/2006, n. 223. Rileva, quindi, che tanto nel PVC che negli avvisi di accertamento non viene indicato a quali soggetti siano stati contestati i reati previsti nel d.lgs. n. 74 del 2000 e non viene specificata la tipologia di reato contestato e a quali anni si riferiscano le contesta zioni. Non sussiste, quindi, l’ipotesi di raddoppio dei termini.
Gli avvisi di accertamento fanno poi riferimento a periodi di imposta coincidenti con l’anno solare, mentre nel caso dell’associazione sportiva ASD gli esercizi sociali vanno dal 1° luglio al 30 giugno dell’anno successivo.
1.5. Il ricorrente ha, poi, censurato l’attribuzione della qualifica di coobbligato, nonostante tale fatto non emerga dal PVC redatto
dalla Guardia di Finanza, ripercorrendo il regime di responsabilità ex art. 38 c.c. Ha evidenziato anche che la responsabilità del presidente non deriva, in via automatica, dalla carica e non sussiste nell’ipotesi di obbligazioni contratte da altri soggetti che abbiano agito in via autonoma.
1.6. È stata altresì censurata la mancata indicazione del calcolo e della norma di legge su cui si fondano gli interessi, evidenziando che la mancata indicazione di tale calcolo integra un difetto assoluto di motivazione.
1.7. Il ricorrente rileva, inoltre, che i giudici non si sono pronunciati sui compensi di riscossione indicati nell’atto impugnato, ritenendo che gli stessi presentino profili di incostituzionalità in relazione agli artt. 3 e 97 Cost.
1.8. Il motivo è inammissibile sotto plurimi profili.
In primo luogo, con riferimento all’affermazione della definitività degli importi dovuti per mancanza del ricorso, occorre richiamare quanto precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo le quali il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass., Sez. U, 05/03/2024, n. 5792). Le residue argomentazioni e questioni indicate nell’illustrazione del motivo di ricorso, difettano del requisito di specificità, essendo
accorpate argomentazioni e questioni tra loro eterogenee, che non consentono di rilevare quale siano le censure concretamente svolte nei confronti della sentenza impugnata.
Con il secondo motivo è stata denunciata la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 52 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
2.1. Con tale motivo il ricorrente censura la sentenza della CTR per non aver esaminato tutte le istanze di sospensione proposte ex artt. 47 e 52 d.lgs. n. 546 del 1992, non essendo stata fissata neppure l’udienza di trattazione da parte del giudice di sec onde cure.
2.2. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, considerata la strumentalità del provvedimento (cautelare) di sospensione rispetto alla statuizione contenuta nella sentenza che chiude il singolo grado di giudizio. Sul punto questa Corte ha recentemente precisato che, in tema di contenzioso tributario, il giudice che, senza ritardo, decide il merito della causa, omettendo di pronunciarsi sull’istanza di sospensione dell’atto impugnato, non viola il diritto di difesa del contribuente in quanto, ai sensi dell’art. 47, comma 7, del d.lgs. n. 546 del 1992, gli effetti della sospensione cessano alla data di pubblicazione della sentenza di primo grado, per cui non sussiste alcun pregiudizio per la mancata decisione sull’istanza cautelare che, pur se favorevole, viene meno con la decisione di merito (Cass., 17/01/2025, n. 1149).
Con il terzo motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 23 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
3.1. Il ricorrente rileva di aver notificato a RAGIONE_SOCIALE il ricorso introduttivo del giudizio in data 04/01/2016, costituendosi, poi, davanti alla Commissione tributaria provinciale di Frosinone, in data
29/01/2016. RAGIONE_SOCIALE -che avrebbe dovuto costituirsi entro sessanta giorni -si è, tuttavia, costituita in data 20/05/2016, oltre il termine perentorio previsto nell’art. 23 d.lgs. n. 546 del 1992. Richiama, quindi, l’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546 d el 1992, che rinvia, per quanto non espressamente previsto nel d.lgs. n. 546 del 1992, alle disposizioni del codice di procedura civile.
In sintesi, evidenzia -richiamando la giurisprudenza di questa Corte – che la costituzione in giudizio oltre il termine di sessanta giorni, non importa l’inammissibilità della costituzione, ma la decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito. Richiama, poi, il principio di non contestazione.
3.2. Il motivo di ricorso è inammissibile per difetto di specificità: la ricorrente non ha precisato quali fossero stati poteri processuali preclusi dalla tardiva costituzione di Equitalia e concretamente esercitati dalla controparte.
Con il quarto motivo di ricorso è stata denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 2953, 2946 e 2945 c.c., 5 d.l. n. 953 del 1982 (come modificato dall’art. 2 d.l. n. 2 del 1986 convertito dalla legge n. 60 del 1986), 20, comma 3, d.lgs. n. 472 del 1997, 2948, n. 4, c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
4.1. Il ricorrente evidenzia come la CTR non abbia rilevato che i crediti indicati nella cartella erano prescritti e non abbia neppure rilevato la decadenza di Equitalia. Ha eccepito l’intervenuta prescrizione delle sanzioni tributarie irrogate (art. 20, comma 3, d.lgs. n. 472 del 1997), nonché degli interessi (art. 2948, n. 4, c.c.).
4.2. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità: la ricorrente non ha, infatti, indicato la data di decorrenza del termine di prescrizione e quella in cui sarebbe maturata, con specifico riferimento a ciascuno dei crediti indicati nella cartella impugnata.
Con il quinto motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
5.1. La ricorrente ha rilevato che l’Agenzia delle Entrate -Riscossione, nel giudizio di primo grado, si è avvalsa di un avvocato esterno. Ha eccepito, pertanto, il difetto di costituzione in giudizio di Equitalia. Nel giudizio di secondo grado quest’ultima non si è, invece, costituita in giudizio. Ha richiamato, quindi, il divieto ex art. 11 d.lgs. n. 546 del 1992 che impedisce all’esattore di avvalersi di liberi professionisti per le cause successive al 01/01/2016.
5.2. Il motivo, a parte il difetto di specificità inerente alla mancata indicazione dell’atto con il quale nel giudizio di primo grado è stato eccepito il difetto di costituzione dell’agente della riscossione e del motivo di appello in cui tale eccezione è stata reiterata, è comunque infondato. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, infatti, precisato che ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate -Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: a) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell’art. 43, comma 4, r.d. n. 1611 del 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall’art. 43, comma 4, r.d. cit. nel rispetto degli articoli 4 e 17 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi dell’art. 1, comma 5 del d.l. 193 del 2016, conv. in l. n. 225 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente
all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. Quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità (Cass., 19/09/2019, n. 30008). Nei gradi di giudizio di merito è, pertanto, possibile che l’agente della riscossione si avvalga di avvocati del libero foro.
Con il sesto motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 167 c.p.c. e dell’art. 23 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
6.1. Il ricorrente con tale motivo censura la sentenza impugnata per non avere esaminato la documentazione depositata dal contribuente e non aver rilevato che tali prove e tali fatti non sono stati specificamente contestati dall’ufficio.
6.2. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, non essendo stati indicati: a) i documenti non valutati dalla CTR; b) i fatti non contestati dall’amministrazione finanziaria ai sensi e per gli effetti dell’art. 115 c.p.c.
Con il settimo motivo di ricorso è stata denunciata la nullità della sentenza ex art. 36, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 e 118 d. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
7.1. Il ricorrente, con tale motivo, ha censurato la nullità della sentenza impugnata per difetto di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Ha richiamato l’art. 112 c.p.c., rilevando che il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa, non
potendo pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte dalle parti.
7.2. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, non essendo indicato in relazione a quali questioni la CTR sia incorsa nella violazione di quanto previsto dall’art. 112 c.p.c.
Con l’ottavo motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
8.1. Con tale motivo il ricorrente eccepisce il difetto di motivazione apparente della sentenza, evidenziando che le ragioni sono inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentono di individuare l’iter logico seguito dalla CTR per giungere alla conclusione recepita nel dispositivo.
8.2. Il motivo è infondato: non solo la ricorrente articola ben nove motivi di impugnazione contro la sentenza impugnata (cosa che non sarebbe affatto possibile se la motivazione fosse ridotta a una mera parvenza argomentativa), ma il nucleo fondante della decisione -tanto con riferimento alla responsabilità del sig. Sorge che alla mancata impugnazione degli avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta 2005 e 2006 e ai crediti portati nella cartella impugnata -evidenzia chiaramente quale sia il percorso decisionale del giudice di seconde cure. Secondo questa Corte, infatti, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o
meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., 03/03/2022, n. 7090).
Con il nono motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30/05/2002, n. 115 (T.U. spese di giustizia), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
9.1. Con tale motivo il ricorrente rileva che la disposizione in materia di raddoppio del contributo unificato non trova applicazione del processo tributario. A tal fine richiama C. cost. 02/02/2018, n. 18.
9.2. Il motivo è inammissibile. Come è stato già affermato da questa Corte (Cass., 27/11/2020, n. 27131; Cass. 01/06/2018, n. 15111; Cass. 02/10/2018, n. 23980), l’art. 13, comma 1 -quater cit. costituisce una norma avente carattere di misura eccezionale e lato sensu sanzionatoria, la cui operatività a differenza dell’ipotesi di soccombenza nel giudizio di cassazione, che ha natura di ordinario processo civile, disciplinato dalle norme del codice di rito, anche quando ha ad oggetto l’impugnazione di pronuncia resa da Commissione Tributaria Regionale (Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053) – deve intendersi circoscritta al processo civile, secondo l’esegesi della norma indirettamente avallata dalla Corte costituzionale, con la sentenza 02/02/2018, n. 18.
9.3. Il contributo unificato costituisce, tuttavia, debito fiscale (Cass., Sez. U, 05/05/ 2011, n. 9840) ovvero “entrata tributaria erariale” (Cass., 29/12/2016, n. 27331), rispetto alla quale creditore è l’amministrazione finanziaria e non le parti in causa del singolo giudizio, sicché essa è soggetta ad accertamento secondo le
dinamiche proprie delle entrate fiscali e rientranti, quanto a contenzioso, nella giurisdizione tributaria (Cass., Sez. U, 05/05/ 2011, n. 9840; Cass., Sez. U, 17/04/2012, n. 5994; Cass., Sez. U, 21/02/2020, n. 4315). La declaratoria della sussistenza dei presupposti per il raddoppio di esso in ragione dell’integrale rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non ha natura di condanna, né di fatto costitutivo del diritto al raddoppio, ma ha soltanto funzione di agevolazione dell’accertamento amministrativo, rispetto alla sussistenza dei presupposti processuali del raddoppio stesso. Tale dichiarazione non impedisce, dunque, né all’amministrazione finanziaria di perseguire il raddoppio che ritenga dovuto nonostante la mancata dichiarazione, né al privato di contestare la sussistenza del diritto al raddoppio a fronte di una dichiarazione di tale presupposto da parte del giudice della causa e che egli ritenga erronea, il tutto nelle sedi e con i procedimenti amministrativi e giurisdizionali propri delle entrate tributarie.
9.4. Considerato, pertanto, che la statuizione relativa al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non riguardando l’oggetto del contendere tra le parti in causa, ha natura amministrativa (Cass., 11/06/2018, n. 15111), deve essere data continuità all’orientamento che non ritiene ammissibile la deduzione della corrispondente questione come ragione di impugnazione, stante l’indifferenza della controparte del giudizio rispetto ad essa e la piena possibilità di affrontare la medesima, se del caso, attraverso la contestazione, nelle sedi proprie, della pretesa che si ritenesse indebitamente esercitata dall’amministrazione finanziaria a tale titolo (Cass., 27/11/2020, n. 27131, cit. ; Cass., 13/11/2019, n. 29424).
10. Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con la condanna della parte ricorrente al
pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente. A tal fine occorre rilevare che la notifica del ricorso in cassazione all’Agenzia delle Entrate presso l’Avvocatura dello Stato è nulla, ma sanata ex tunc dalla costituzione in giudizio della parte. Difatti, questa Corte ha precisato che, in tema di contenzioso tributario, qualora nel giudizio di merito l’Agenzia delle entrate non sia stata rappresentata dall’Avvocatura dello Stato, è nulla, e non inesistente, la notifica del ricorso per cassazione effettuata presso l’Avvocatura dello Stato, non potendosi escludere l’esistenza di un astratto collegamento tra il luogo di esecuzione della notifica ed il destinatario della stessa, in considerazione delle facoltà, concesse all’Agenzia dall’art. 72 del d.lgs. n. 300 del 1999, di avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura. Tale nullità, inoltre, può essere sanata sia nel caso in cui l’Agenzia si costituisca senza sollevare eccezioni al riguardo, sia per effetto di rinnovazione della notifica, ai sensi dell’art. 291 c.p.c. (Cass., 22/06/2021, n. 17700).
Allo stesso tempo -come rilevato dall’Agenzia delle Entrate a pag. 1 del controricorso -la notifica del controricorso -avvenuta in data 20/05/2019 -deve essere considerata tempestiva. A tal fine occorre evidenziare che, da un lato, il vizio della notifica è sanato, con efficacia “ex tunc”, dalla costituzione in giudizio del destinatario del ricorso, da cui si può desumere che l’atto abbia raggiunto il suo scopo ; dall’altro lato, proprio perché la sanatoria è contestuale alla costituzione del resistente, deve ritenersi tempestiva la notifica del controricorso ancorché intervenuta oltre il termine di cui all’art. 370 c. p. c., non avendo tale termine iniziato il suo decorso in ragione dell’inefficacia della notifica dell’atto introduttivo (arg. ex Cass., 20/06/2020, n. 12410; Cass., 12/03/2015, n. 4977).
…
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del/la controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.900,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo uni ficato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 09/04/2025.