Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32207 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32207 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
CARTELLA DI PAGAMENTO 2006
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8601/2018 R.G. proposto da: Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente – contro
NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale allegata al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL ‘UMBRIA n. 312/01/2017, depositata in data 15/9/2017; Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME
Napolitano nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024;
Fatti di causa
In data 12 giugno 2015 l’Agente della Riscossione della provincia di Terni (Equitalia Centro s.p.a.RAGIONE_SOCIALE notificò a NOME COGNOME la cartella di pagamento NUMERO_CARTA contenente l’iscrizione a ruolo degli importi di cui all’avviso di accertamento T3Q011501630 /2011, emesso dall’ufficio per l’anno 2006 e notificato al contribuente in data 21/12/2011.
Fra i recuperi a tassazione vi era anche l’importo di cui alla nota di credito n. 2 del 18 settembre 2006.
Dall’esame degli estratti conto del contribuente, non risultava, però, alcun pagamento relativo a tale nota di credito.
Il contribuente, tuttavia, sostenne in sede di controllo che il preponente aveva abbondantemente recuperato gli importi con altre modalità (ritenute mensili sulle provvigioni maturate e sui bonus maturati).
L’ufficio aveva recuperato a tassazione l’importo della nota di credito in relazione all’anno d’imposta 2006 , perché al momento della deduzione dalla base imponibile l’importo non era certo, in quanto contestato in giudizio.
La ripresa a tassazione della sopravvenienza passiva fu impugnata dinanzi alla C.T.P. di Terni, che accolse il ricorso.
La C.T.R. accolse il ricorso dell’ufficio ritenendo corretto il recupero a tassazione della sopravvenienza passiva.
Tale sentenza d’appello passò in giudicato per mancata impugnazione e sulla sua base venne emessa la cartella di pagamento impugnata nel presente giudizio.
Il contribuente dedusse in primo grado che non aveva potuto produrre dinanzi alla C.T.R. il verbale di conciliazione che aveva definito la causa di lavoro con RAGIONE_SOCIALE (la preponente).
Dedusse anche vizi propri della cartella.
Nel contraddittorio con l’ufficio, la C.T.P. di Terni respinse il ricorso. Su appello del contribuente, la C.T.R. riformò la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, di cui il secondo articolato in vari profili.
Resiste il contribuente con controricorso.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4, c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate premette che la cartella impugnata in primo grado dal contribuente è di mera riscossione di somme accertate con sentenza passata in giudicato dalla C.T.R. dell’Umbria.
Di conseguenza, il contribuente avrebbe potuto impugnare la cartella solo per vizi propri, mentre la sentenza impugnata avrebbe travolto il giudicato di merito precedentemente formatosi, riqualificando inammissibilmente l’appello come domanda di revocazione straordinaria di un’altra sentenza d’appello.
Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione degli artt. 51, 58, 64 e 65 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 395, comma 1, n. 3 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura ancora la sentenza di merito per aver qualificato come revocazione l’impugnazione proposta dal contribuente.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, in particolare, mancherebbero i requisiti per la riqualificazione come revocazione dell’appello proposto; mancherebbero i presupposti stessi della revocazione straordinaria; l’istanza di revocazione sarebbe stata, comunque, tardiva.
2.1. I due motivi di ricorso, che per la loro stretta connessione possono essere esaminati e decisi congiuntamente, sono fondati.
La C.T.R. ha completamente obliato che la revocazione straordinaria di una sentenza d’appello passata in giudicato non può essere chiesta mediante l’appello avverso una sentenza di primo grado della C.T.P., dovendo essere chiesta entro un termine perentorio avverso la stessa sentenza d’appello che si intende revocare.
Nella fattispecie di causa, la cartella di pagamento era stata emessa sulla base di una sentenza della C.T.R. dell’Umbria passata in giudicato, non impugnata tempestivamente per revocazione.
Tanto basta per ritenere che l’accertamento contenuto in quella sentenza, con le conseguenti statuizioni, non può essere revocato o limitato da sentenze successive pronunciate sull’impugnazione della cartella di pagamento, che si pone quale atto ‘a valle’ di natura meramente esecutiva.
La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Umbria che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame e limiterà il suo giudizio ai motivi di appello relativi ai vizi propri della cartella di pagamento impugnata in primo grado.
La Corte tributaria regolerà anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Umbria, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024.