Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2743 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2743 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
Cartella di pagamento -Società a ristretta basevizi dell’avviso di accertamento societario
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.27125/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rapprese ntata e difesa dall’Avvocatura g enerale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata ex lege,
– ricorrente –
Contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli Avv. Ivo COGNOME e NOME COGNOME presso il cui studio in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliato,
-controricorrente –
avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LAZIO, N. 4895/2016, depositata il 25/07/2016; udita la relazione svolta nella pubblica udienza del l’11 dicem bre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME dato atto che il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del ricorso ; l’Avv.
sentiti l’ Avv. dello Stato NOME COGNOME per l’Agenzia delle entrate e NOME COGNOME per il controricorrente.
FATTI DI CAUSA
L ‘Agenzia delle entrate ricorre nei confronti di NOME COGNOME che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha accolto l’appello del contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Roma che, invece, aveva rigettato il ricorso spiegato avverso una cartella di pagamento emessa a seguito di avviso di accertamento divenuto definitivo per mancata impugnazione.
L ‘Ufficio , in data 13 luglio 2011, notificava al COGNOME, socio della RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal registro delle imprese il 9 dicembre 2005, avviso di accertamento (n. TK3011303404/2011) con il quale recuperava a tassazione , per l’anno 2004, un maggior reddito di capitale in ragione della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili realizzati dalla società. Detti utili erano stati oggetto di separato avviso di accertamento nei confronti della società. Più precisamente, l’Ufficio aveva emesso nei confronti di quest’ulti ma un primo atto impositivo (NUMERO_DOCUMENTO/2010) impugnato innanzi alla C.t.p. con giudizio conclusosi con sentenza n. 11650 del 2014 che aveva dichiarato cessata la materia del contendere, stante l’ annullamento in autotutela; di seguito, aveva emesso un secondo atto impositivo (NUMERO_DOCUMENTO) richiamato nell’ avviso di accertamento relativo ai redditi del socio.
Successivamente, in mancanza di impugnazione dell’atto impositivo personale, l’Ufficio emetteva nei confronti del COGNOME la cartella di pagamento oggetto del giudizio (n. 097 2013 0175094 048).
La C.t.p. rilevava che la mancata impugnazione dell’avviso di accertamento sotteso alla cartella aveva determinato il consolidamento del debito tributario, sicché il contribuente avrebbe potuto far valere solo vizi propri della cartella; che i motivi relat ivi all’avviso di pagamento erano inammissibili in quanto nuovi.
La C.t.r., invece, rilevava che non vi era prova della notifica dell’avviso di accertamento societario, che pure era stato richiamato nel successivo atto impositivo personale; riteneva, di conseguenza, che «l’assenza stessa del momento accertativo nei confronti della società, o la presenza di vizi procedimentali al suo interno» non poteva non ripercuotersi sull’accertamento nei confronti del socio. Giungeva, pertanto, alla conclusione che il socio, con l’impugnazione della cartella, poteva far valere la mancanza dell’atto presupposto , stante la mancata notifica al «destinatario proprio» e ciò anche in caso di mancata impugnazione dell’atto impositivo personale ; affermava, quindi, che «la facoltà di impugnare la cartella per ricorrere, in realtà, avverso l’avviso alla società, pur in difetto di impugnazione del proprio avviso, può essere riconosciuta in caso di inesistenza interna o esterna (cioè per omessa notifica) dell’avviso a lla società». Concludeva statuendo che, mancando in atti la prova della notifica dell’accertamento alla società, questo , ancorché emesso, era rimasto «come atto ‘interno’» e doveva ritenersi inesistente; che, pertanto, anche l’avviso emesso nei confronti del socio era inesistente ; che, infine, la cartella era nulla per mancanza dell’atto presupposto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza
per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 24, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la C.t.r. ritenuto determinante una circostanza di fatto e per aver condiviso una deduzione di diritto, entrambe non allegate e non dedotte con il ricorso introduttivo, senza che ciò fosse la conseguenza di documenti precedentemente non conosciuti.
In particolare, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto decisiva la circostanza dell’omessa notifica dell’a tto impositivo societario (TK3031402811/2011) ed ha fatto discendere dalla stessa l’inesistenza giuridica dell’atto impositivo personale. Osserva che si trattava di circostanza allegata dal contribuente, non con il ricorso introduttivo, ma solo con la successiva memoria illustrativa, depositata in primo grado a mezzo di nuovo difensore; che, infatti, con il ricorso originario il co ntribuente si era limitato ad affermare che l’atto impositivo societario, indirizzato al liquidatore cessato dalla carica, era nullo in quanto emesso nei confronti di società estinta e non avendo il destinatario più alcuna legittimazione, ed a contestare la presunzione di distribuzione degli utili. Aggiunge che l’indebita estensione del petitum era stata contestata con le controdeduzioni in appello, stante la riproposizione della questione.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. l’omessa valutazione di un fatto deci sivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.
In via subordinata, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che la mancata notific a dell’atto impositivo societario (TK3031402811NUMERO_DOCUMENTO), presupposto dell’atto impositivo personale, non avesse trov ato «smentita in atti» e che l’A mministrazione non avesse fornito né prova né «alcun riscontro anche dichiarativo» dell’avvenuta notifica. Osserva che entrambe le affermazioni non trovavano rispondenza negli atti processuali e che la notifica dell’atto
presupposto poteva ritenersi provata per via presuntiva. Precisa che la C.t.r. non aveva considerato che, con le controdeduzioni in appello, aveva ribadito l’inammissibilità delle questioni nuove introdotte dal contribuente ed aveva evidenziato che proprio in ragione del secondo avviso societario era stata dichiarata la cessazione della materia del contendere nel giudizio avente ad oggetto quello precedente, poi annullato in autotutela.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 19, comma 3, e 21 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che dall’inesistenza dell’atto presupposto potesse derivare l’inesistenza dell’atto derivato, tale da poter essere accertata anche oltre il termine di impugnazione. Osserva che, anche a ritenere c he l’atto societario, ancorché emesso, non avesse efficacia esterna perché non notificato, ciò legittimava il socio ad impugnare l’avviso personale il quale non poteva ritenersi, a propria volta, inesistente.
Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art 39, comma 1, lett. d) d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, d ell’art. 53 Cost, dell’art. 5. t .u.i.r. degli artt. 19, comma 3, e 21 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Rileva che il presupposto dell’atto impositivo personale è il fatto storico degli utili extra-contabili della società, restando irrilevante la manca ta contestazione a quest’ultima e potendo l’Amministrazione agire comunque nei confronti del socio.
Il primo ed il terzo motivo vanno esaminati congiuntamente in quanto connessi. La C.t.r., infatti, ha affrontato in primis la questione (oggetto del terzo motivo del ricorso per cassazione) dalla medesima ritenuta dirimente, della possibilità per il socio che non abbia
impugnato l’avviso personale (sulla cui regolare notifica non vi è contestazione) di far valere in sede di impugnazione della conseguente cartella di pagamento la nullità o l’inesistenza dell’avviso societario (questione oggetto del primo motivo di cassazione).
I motivi sono fondati, restando assorbiti gli ulteriori.
5.1. La C.t.r. ha affermato che è consentito impugnare la cartella per ricorr ere avverso l’avviso societario «in caso di inesistenza interna o esterna (cioè per omessa notifica)» del medesimo, pur in difetto di impugnazione dell’avviso personale; successivamente ha rilevato che la notifica dell’avviso societario era inesistente , non essendovi prova della stessa; di conseguenza, ha ritenuto inesistente anche l’avviso individuale e, per l’effetto, ha concluso per la nullità della cartella.
5.2 . E’ principio consolidato quello per cui qualsiasi eccezione relativa a un atto impositivo divenuto definitivo è preclusa, secondo il fermo principio della non impugnabilità se non per vizi propri di un atto successivo ad altro divenuto definitivo perché rimasto incontestato. La cartella esattoriale recante intimazione di pagamento di credito tributario, avente titolo in un precedente avviso di accertamento notificato, a suo tempo non impugnato, può essere contestata innanzi agli organi del contenzioso tributario ed essere da essi invalidata solo per vizi propri, non già per vizi suscettibili di rendere nullo o annullabile l’avviso di accertamento presupposto (tra le tante Cass. 31/10/2017, n. 25995).
5.3 . E’ pur vero che in tema di accertamento in capo al socio di un reddito derivante dalla presunta distribuzione di utili extra-contabili realizzati da società a ristretta base, per principio consolidato, la validità dell’avviso societario costituisce presupposto indefettibile per legittimare la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati (cfr. tra le tante Cass. 13/09/2024, n. 24621);
c iò, tuttavia, non esclude che il socio sia tenuto ad impugnare l’avviso individuale, facendo valere i vizi dell’a tto impositivo, anche nell’ipotesi in cui derivino dalla invalidità del l’ avviso societario, non potendo recuperare il rimedio in sede di impugnazione della cartella.
5.4. Deve, per altro, evidenziarsi che nella fattispecie in esame la C.t.r. ha applicato il principio per il quale l’avviso societario è presupposto indefettibile dell’avviso individuale, restando il secondo e la conseguente cartella, travolti dai vizi del primo, in una fattispecie in cui il vizio riscontrato nell’atto impositivo presupposto atteneva alla sua omessa notifica, equiparata ad un’ipotesi di inesistenza dell’atto stesso.
Tale assunto è errato per diversi profili.
5.4.1. In primo luogo, si trattava di questione nuova introdotta dal contribuente solo nel corso del giudizio di primo grado, come risulta dal confronto tra il ricorso introduttivo e la successiva memoria, entrambi riportati dall’Agenzia delle entrate nel ricorso per cassazione.
Va rammentato, invece, che in tema di invalidità degli atti impositivi opera il generale principio di conversione dei vizi in motivi di gravame, in ragione della struttura impugnatoria del processo tributario, nel quale la contestazione della pretesa fiscale è suscettibile di essere prospettata solo attraverso specifici motivi di impugnazione dell’atto; pertanto, le nullità, ove non dedotte con il ricorso originario, non possono essere rilevate d’ufficio né fatte valere per la prima volta nel giudizio di legittimità . (Cass. 18/05/2018, n. 12313)
5.4.2. In secondo luogo, questa Corte ha ripetutamente chiarito che la notificazione è una mera condizione di efficacia, e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, cosicché il vizio della stessa è irrilevante ove l’atto abbia raggiunto lo scopo (tra le tante Cass. 15/01/2014, n. 654). La stessa C.t.r. ha rilevato che l’avviso societario (ancorché asseritamente non notificato alla società) era stato allegato all’avviso personale, sicché , non solo il
medesimo esisteva come atto impositivo, ma il socio ne era anche venuto direttamente a conoscenza.
5.5. Deve aggiungersi che il primo avviso di accertamento nei confronti della società era stato notificato, opposto in giudizio ed annullato in via di autotutela, proprio per l’estinzione della società , nel giudizio dinanzi alla C.t.p. conclusosi con sentenza n. 11650 del 2014 di estinzione per cessata materia del contendere.
Non vi è stata, pertanto, alcuna pronuncia in merito alla pretesa tributaria.
Questa Corte – anche nel caso di annullamento con sentenza passata in giudicato – ha pre cisato che l’annullamento dell’avviso societario per vizi attinenti al merito della pretesa tributaria, avendo carattere pregiudicante, determina l’illegittimità dell’avviso di accertamento, notificato al singolo socio, che ipotizzi la percezione di maggiori utili societari; viceversa, tale carattere pregiudicante non si rinviene nelle ipotesi di annullamento per vizi del procedimento le quali danno luogo ad un giudicato formale, e non sostanziale, difettando una pronuncia che revochi in dubbio l’accertamento sulla pretesa erariale (Cass. 22/03/2024, n. 7756, Cass. 19/01/2021, n. 752).
Tale ultimo principio è stato affermato anche nell’ipotesi in cui l’annullamento dell’atto societario (sempre in virtù di sentenz a passata in giudicato) derivi dall’estinzione dell’ente . Deve ritenersi, infatti, che proprio l’assenza di un accertamento irrefutabile sull’inesistenza nel merito della pretesa correlata ai ricavi non contabilizzati possa, impregiudicata la sorte dell’accertamento notificato alla società, essere posto a base della pretesa nei confronti del socio e costituire condizione che legittima la richiesta fiscale correlata al maggior reddito di partecipazione a carico del socio (Cass. 22/04/2021, n. 10723)
In conclusione, il contribuente poteva far valere con l’impugnazione della cartella solo vizi propri della stessa e non vizi
dell’avviso di accertamento e giammai l’inesistenza o la nullità del medesimo in ragione dell’inesistenza dell’avviso societario per omessa notifica o per estinzione dell’ente , per altro oggetto di tardiva allegazione.
Il ricorso originario era, pertanto, inammissibile.
Di conseguenza, vanno accolti il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli ulteriori; la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, ex art. 382 cod. proc. civ., in quanto la causa non poteva essere proposta.
Le spese delle fasi del giudizio di merito, avuto riguardo all’andamento del giudizio, possono essere integralmente compensate. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbiti il secondo ed il quarto; cassa ai sensi dell’art. 382 cod. proc. civ. la sentenza impugnata; dichiara interamente compensate tra le parti le spese dei gradi di merito; condanna il controricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.500.00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, 11 dicembre 2024.