Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21180 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21180 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28903/2019 proposti da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Milano, alla INDIRIZZO (C.F. e P.IVA: P_IVA), in persona del legale rappresentante p.t. Dott. NOME COGNOME nato a Napoli (NA) il 25.6.1957 (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; fax: NUMERO_TELEFONO; pec: studio@pec.basilavecchiaEMAILit), con il quale è elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in 00192 Roma, alla INDIRIZZO (C.F.: DNGQRN63T24G482N; fax: NUMERO_TELEFONO EMAIL, in virtù di procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate (C.F.: P_IVA), in persona del Direttore
Richiesta rimborso eccedenza – Avviso liquidazione imposta registro – Terzo assuntore concordato fallimentare
Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: P_IVA) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
-avverso la sentenza n. 2230/2019 emessa dalla CTR Lombardia in data 23/05/2019 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza con la quale la CTP di Milano aveva rigettato il ricorso da essa proposto avverso il silenzio-rifiuto oppostole dall’Agenzia delle Entrate alla richiesta di rimborso dell’eccedenza a suo dire versata in relazione ad un avviso di liquidazione concernente una sentenza di omologa del concordato fallimentare di altra società, di cui aveva presentato la proposta.
In particolare, i primi giudici avevano respinto il ricorso condividendo l’eccezione, formulata dall’Ufficio, di inammissibilità dello stesso per mancata impugnazione dell’avviso di liquidazione e precisando che ciò aveva reso definitivo e, dunque, incontestabile la pretesa del Fisco.
La CTR della Lombardia rigettava il gravame, affermando che, non essendo stato impugnato nei termini di legge il primo avviso di liquidazione, quest’ultimo era diventato definitivo, precludendo, per l’effetto, alla contribuente il diritto a chiedere il rimborso dell’imposta ritenuta eccessiva.
3, Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di un unico motivo illustrato da memoria. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Il Sostituto Procuratore Generale presso la Cassazione, Dott. NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso .
Considerato che
Con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione falsa applicazione degli artt. 19 e 21 d.lgs. n. 546/1992 e 8, 19 e 26 Tariffa Parte prima allegata al dPR n. 131/1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che gli atti provvisori, quali gli avvisi
di liquidazione di imposta di registro relativi ai decreti di omologazione di concordati fallimentari con assuntore, non producono, se non impugnati, effetti preclusivi rispetto al rimborso.
1.1. Il motivo è infondato.
In tema di imposta di registro, la mancata tempestiva impugnazione dell’avviso di liquidazione (atto autonomamente impugnabile ex art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 – come modificato dall’art. 7 del d.P.R. n. 739 del 1981, ed ora ex art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) lo rende irretrattabile e preclude, da un lato, la possibilità per il contribuente di far valere, attraverso un’istanza di rimborso, il carattere indebito del versamento relativo, e, dall’altro, la ricorrenza delle condizioni (pendenza di controversia o avvenuta presentazione di domanda di rimborso alla data dell’1 luglio 1986) per il diritto al rimborso previste dalla norma transitoria di cui all’art. 79, primo comma, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 20392 del 18/10/2004; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 3346 del 11/02/2011, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15008 del 02/07/2014, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24239 del 13/11/2014, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 4323 del 18/02/2021).
Rientrando nell’ambito degli atti impositivi impugnabili ex art. 19 d.lgs. n. 546/1992 (nel senso che un avviso del genere debba essere qualificato come atto di imposizione, vedansi Cass., Sez. 5, Sentenza n. 3427 del 21/02/2005, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 6666 del 24/03/2006, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 20020 del 22/09/2010), la contribuente avrebbe avuto l’onere di impugnarlo, non potendosi invocare in senso contrario la circolare n. 6 del 2019 dell’Agenzia delle Entrate (cfr. pag. 10 del ricorso), la qual e si riferisce alla del tutto difforme fattispecie in cui, a seguito della imposta applicata, in via provvisoria, al momento della richiesta di registrazione, venga emesso nei confronti del contribuente un avviso di liquidazione contenente una pretesa fiscale maggiore.
Il Collegio non condivide il parere espresso dal PG, a mente del quale: <>
Invero, anche a voler prescindere dal rilievo per cui la ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza, ha omesso di trascrivere l’avviso di liquidazione in esame, la ricostruzione dei fatti è la seguente:
in data 6.5.2015 l’Agenzia delle Entrate inviava alla contribuente una lettera con la quale le preannunciava la liquidazione dell’imposta proporzionale nella misura di euro 7.257.768,00;
in data 13.7.2015 l’Ufficio, prendendo atto della nota della contribuente del 27.5.2015 (secondo cui dalla base imponibile dovevano essere esclusi gli immobili soggetti ad IVA), notificava alla stessa l’avviso di liquidazione n. 2014/001/SC/13538/0/001, co n il quale liquidava l’imposta principale proporzionale nella misura di euro 2.759.999,31 (pari al 3% dell’importo posto a carico dell’assuntore, vale a dire di euro 91.999.977,00, ex art. 9 Tariffa, Parte I, del TUR), senza considerare i beni da trasferire, ma senza neppure riservarsi una definitiva liquidazione dell’imposta dovuta all’esito dei trasferimenti;
infine, in data 14.7.2017, dopo che la contribuente aveva pagato integralmente la somma liquidata, l’Ufficio notificava l’avviso di rettifica n. 2017/ORA00015 prot. n. 131349/2017, con il quale confermava l’importo dell’imposta dovuta nella misura di euro 2.759.9 99,31, atteso che l’imposta di registro scaturente dalla
riliquidazione dell’attivo ceduto (disconoscendo l’opzione IVA sugli immobili) era comunque inferiore all’imposta già liquidata e pagata sul passivo.
D unque, l’avviso del 2015 era già definitivo, anche perché, come detto, non conteneva alcun riferimento alla necessità di rivalutare la liquidazione all’esito della esatta consistenza dell’attivo ceduto all’assuntore (sebbene ciò poi sia effettivamente avvenuto, evidentemente all’esito della ricognizione dei beni trasferibili e successivamente trasferiti all’assuntore). Ne consegue che si rivela congrua sul piano logico-formale e corretta dal punto di vista giuridico l’affermazione della CTR a tenore della quale, non essendo stato impugnato nei termini di legge il primo avviso di liquidazione, quest’ultimo è diventato definitivo, precludendo, per l’effetto, alla contribuente il diritto a chiedere il rimborso dell’imposta ritenuta eccessiva. Del resto, nel caso di specie, l’imposta è stata calcolata, in base all’art. 21, comma 2, dPR n. 131/1986, con l’aliquota del 3% sulla disposizione più onerosa (vale a dire, l’accollo dei debiti fallimentari), restando, per l’effetto, sullo sfondo e, quindi, irrilevante la circostanza che il trasferimento dell’attivo, peraltro limitatamente a non meglio precisati (dalla ricorrente) ‘beni residui’, fosse subordinato all’assolvimento degli obblighi concordatari. In ogni caso, in materia d’imposta di registro, anche la sentenza ex art. 2932 c.c., che abbia disposto il trasferimento di un immobile in favore del promissario acquirente, subordinatamente al pagamento del corrispettivo pattuito, è soggetta ad imposta proporzionale e non in misura fissa, anche se ancora impugnabile, trovando applicazione l’art. 27 del d.P.R. n. 131 del 1986, alla stregua del quale non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva gli atti i cui effetti dipendano dalla mera volontà dell’acquirente ovvero dall’iniziativa unilaterale del promittente acquirente (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 18006 del 14/09/2016; conf. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14470 del 06/06/2018, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 27902 del 31/10/2018, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 30778 del 26/11/2019, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 13705 del 29/04/2022).
Vale, pertanto, il principio consolidato secondo cui il decreto di omologa del
concordato fallimentare con intervento di terzo assuntore deve essere tassato in misura proporzionale ai sensi della lett. a) dell’art. 8 della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, in ragione degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento, con il quale il terzo assuntore acquista i beni fallimentari, senza che assuma conseguentemente rilevanza il generico e nominalistico riferimento agli “atti di omologazione” contenuto nella lett. g) del detto articolo (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3286 del 12/02/2018).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 18.000,00 per compensi , oltre a spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 10.4.2025.