Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8269 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8269 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
PROCESSO ART. 19 E 56 D.LGS. N. 546/1992
sul ricorso iscritto al n. 154/2023 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, corrente in Santo Stefano di Magra (SP), alla INDIRIZZO in persona del suo legale rappresentante pro tempore , Ing. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, congiuntamente e disgiuntamente, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede in La Spezia, alla INDIRIZZO, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in
ragione di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE.
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 485/1/2022 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, depositata il 20 maggio 2022.
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 27 novembre 2024.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’ingiunzione fiscale con cui RAGIONE_SOCIALE -concessionaria del servizio di accertamento e riscossione del Comune di La Spezia -chiedeva, a seguito di precedente avviso di accertamento, il pagamento della somma di 45.672,00 € a titolo di dell’IMU relativa all’anno di imposta 2017.
La suindicata Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in parziale riforma della sentenza n. 106/2/2021 della Commissione tributaria provinciale di La Spezia (che aveva rigettato l’impugnazione della contribuente in ragione della pronuncia già emessa sulla stessa imposta per gli anni 2017/2016) dichiarava inammissibile il ricorso originario proposto da RAGIONE_SOCIALE, affermando che:
-oggetto di impugnazione era l’ingiunzione di pagamento indicata in atti, che era stata preceduta dalla notifica del relativo avviso di accertamento, il quale non era stato impugnato, con conseguente definitività della pretesa, come eccepito in primo grado dalla concessionaria, benchè in termini ritenuti assorbiti dalla sentenza di primo grado;
Spezia Risorse aveva chiesto in grado appello la conferma dell’atto impugnato, con ciò ribadendo le ragioni della sua fondatezza, tra cui la definitività del prodromico avviso, circostanza questa espressamente indicata nell’ingiunzione « ove si fa espresso riferimento alla mancata impugnazione del previo avviso di accertamento prot. 609 del 13.2.2019, notificato in data 6.3.2019» (così nella sentenza impugnata);
«In tema di processo tributario, la regola stabilita dall’art. 56 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo cui le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado e non specificamente riproposte in appello si intendono rinunciate, deve essere coordinata col principio regolatore di detto processo, che è almeno per quanto riguarda la sua introduzione – un processo d’impugnazione degli atti autoritativi dell’amministrazione finanziaria indicati nell’art. 19 del citato d.lgs. Ne consegue che le ragioni poste a base dell’atto impositivo impugnato si intendono acquisite al giudizio, senza che l’amministrazione finanziaria, che non sia impugnante, abbia l’onere di riproporle, potendo dette ragioni ritenersi sottratte al dibattito processuale soltanto a seguito di precisa volontà manifestata dall’amministrazione stessa. (Cass. Sez. V, 16049/2005; 3330/2008; 12181/2009)»;
-« la preclusione posta alla impugnabilità degli atti, di cui all’art. 19, comma 3, d.lgs. 546/1992, è senza dubbio rilevabile officiosamente, trattandosi di un motivo di inammissibilità dell’iniziativa giudiziaria».
Avverso tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, notificato in data 19 dicembre 2022, formulando due motivi d’impugnazione.
RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso notificato il 27 gennaio 2023.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso va respinto, subito archiviando le preliminari eccezioni di inammissibilità dello stesso avanzate dalla controricorrente, appena osservando che:
la dedotta violazione dell’art. 56 d.lgs. n. 546/1992 di cui al primo motivo prospetta la violazione di una norma processuale, correttamente ricondotta dalla ricorrente al parametro dell’art. 360, primo comma, nun. 4, c.p.c., risultando, piuttosto, erroneo il riferimento operato dalla difesa della controricorrente al num. 3 della citata disposizione, che concerne, invece, la violazione di norme sostanziali;
l’istante ha riassunto a pagina n. 5 del ricorso il contenuto delle controdeduzioni articolate dalla concessionaria, per cui non vi è vizio di autosufficienza del primo motivo.
Con il primo motivo di impugnazione RAGIONE_SOCIALE ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 56 d.lgs. n. 546/1992, « in quanto la CTR Liguria non ha tenuto conto del fatto che l’appellato in secondo grado non ha riproposto l’eccezione di mancata impugnazione dell’atto presupposto (avviso di accertamento) sulla quale il giudice di primo grado non si era espressamente pronunciato» (v. pagina n. 6 del ricorso).
2.1. Il motivo di impugnazione non ha fondamento ed anzi risulta inammissibile, ai sensi dell’art. 360 -bis. c.p.c., in quanto il provvedimento impugnato ha deciso la questione processuale di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte ed i motivi del ricorso non offrono elementi per mutare detto orientamento.
2.2. Va allora ribadito che questa Corte, con la sentenza n. 16049/2005, chiarì che:
«La regola stabilita dall’art. 56 del d.l.vo 31 dicembre 1992, n. 546, secondo cui le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado e non specificamente riproposte in appello s’intendono rinunciate, deve essere coordinata col principio regolatore del processo tributario, che è – almeno per quanto riguarda la sua introduzione – un processo d’impugnazione degli atti autoritativi dell’amministrazione finanziaria indicati nell’art. 19»;
È l’atto impugnato che contiene l’enunciazione della pretesa tributaria e dei suoi presupposti e che stabilisce, nel contempo, i limiti dell’oggetto del giudizio. Pertanto, le ragioni poste a base dell’atto impositivo impugnato s’intendono acquisite al giudizio, e l’amministrazione finanziaria, che non sia impugnante, non ha l’onere di riproporre tali ragioni, che devono ritenersi sottratte al dibattito processuale soltanto a seguito di precisa volontà manifestata dall’amministrazione stessa. Nella specie, inoltre, l’ufficio ha espressamente ribadito la richiesta di conferma dell’atto impugnato».
2.3. Successivamente è stato ribadito che:
– nel processo tributario, in ragione della sua natura di processo di impugnazione di atti autoritativi dell’Amministrazione finanziaria, le ragioni poste a base dell’atto impugnato (che contiene l’enunciazione di dette ragioni, oltre che dei relativi presupposti di fatto, stabilendo, nel contempo, i limiti dell’oggetto del giudizio) si intendono acquisite agli atti del processo, con la conseguenza che l’Amministrazione, qualora in primo grado le questioni di merito poste a fondamento dell’atto impugnato non siano state esaminate in quanto ritenute assorbite dall’accoglimento di altre questioni preliminari proposte dal
contribuente, non ha l’onere di riproporle nell’atto di appello, potendo esse ritenersi sottratte al dibattito processuale soltanto a seguito di precisa volontà manifestata dall’Amministrazione stessa»;
-« ciò non comporta alcuna violazione del principio costituzionale della parità delle parti, in quanto la diversità di regime del contenuto dell’atto di appello, a seconda che appellante sia l’Amministrazione ovvero il contribuente (tenuto alla specifica riproposizione delle questioni assorbite), deriva – e trova in ciò razionale giustificazione – dalla suddetta natura impugnatoria del processo tributario, nel quale il contribuente mira all’annullamento dell’atto impositivo attraverso la denuncia di specifici vizi e l’Amministrazione al suo mantenimento» (così Cass. n. 3330/2008, che richiama Cass. n. 16049/2005 e Cass. n. 12700/2001).
2.4. Ancora questa Corte ha confermato che:
-« allorché il giudice dell’impugnazione venga comunque investito delle questioni di merito, le stesse non possono essere ritenute avulse dall’oggetto di delibazione, ma rientrano pur sempre nell’ambito devoluto alla sua cognizione, come nella specie»;
«Invero in tema di processo tributario, la regola stabilita dal D.Lgs.31 dicembre 1992, n. 546, art. 56, secondo cui le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado e non specificamente riproposte in appello si intendono rinunciate, deve essere coordinata col principio regolatore di detto processo, che è almeno per quanto riguarda la sua introduzione – un processo d’impugnazione degli atti autoritativi dell’amministrazione finanziaria indicati nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19. Ne consegue che le ragioni poste a base dell’atto impositivo impugnato si intendono acquisite al giudizio, senza che l’amministrazione finanziaria, che non sia impugnante, abbia l’onere di riproporle,
potendo dette ragioni ritenersi sottratte al dibattito processuale soltanto a seguito di precisa volontà manifestata dall’amministrazione stessa (cfr. anche Cass. Sentenze n. 16049 del 29/07/2005, n. 15641 del 2004, n. 4625 del 2003)» (così Cass. n. 12181/2009).
2.5. Non risultano pertinenti i riferimenti giurisprudenziali citati dalla ricorrente (Cass. n. 2761/2018 e Cass. n. 9343/2020), che hanno ribadito il principio espresso dall’art. 56 d.lgs. n. 546/1992 della necessaria riproposizione in sede di gravame, da parte dell’appellato, dei motivi di impugnazione non esaminati dal primo giudice perché ritenuti assorbiti, essendo stato tale principio applicato in fattispecie in cui appellato era il contribuente, rispetto al quale -evidentemente -non possono applicarsi i principi sopra illustrati.
2.6. Nella specie, l’ingiunzione di pagamento come verificato in punto di fatto dal Giudice regionale – aveva fondato la pretesa sull’incontrovertibilità del credito, siccome accertato con avviso notificato e non impugnato dalla contribuente, tanto da far (correttamente) ritenere alla Commissione di appello che «L’ingiunzione di pagamento, pertanto, poteva essere impugnata unicamente per vizi propri e non per motivi relativi al merito della pretesa, ormai incontrovertibile» (così nella sentenza impugnata).
Ciò consente di ritenere che il tema decisorio già includeva l’aspetto fattuale della previa notifica dell’avviso di accertamento e della sua mancata impugnazione, in quanto costituente parte integrante delle ragioni su cui la pretesa fiscale si era articolata e dunque dell’oggetto stesso del contendere, sebbene diversamente superato dal primo Giudice sulla base di una pregressa pronuncia resa tra le parti per i precedenti anni di imposta.
Ed allora, la richiesta di conferma dell’atto impugnato, fondata -lo si ripete -sulla definitività della pretesa, avanzata dalla concessionaria in sede di controdeduzioni in appello era, dunque, più che sufficiente per veicolare la valutazione del Giudice regionale su tale tema, già compreso nell’atto impugnato, senza necessità alcuna di riproporre questioni già rappresentate nell’atto impugnato e che avevano definito l’oggetto stesso della controversia.
Con la seconda doglianza, l’istante ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 19, comma 3, d. lgs. 546/1992, per avere la Commissione regionale illegittimamente rilevato d’ufficio la supposta mancata impugnazione dell’atto presupposto, laddove l’incontestabilità della pretesa doveva ritenersi affidata all’eccezione di parte, nella specie non coltivata.
3.1. Tale motivo risulta palesemente infondato.
La mancata impugnazione dell’atto presupposto aveva costituito -per quanto sopra esposto -la ragione posta a base dell’ingiunzione di pagamento impugnata, come tale rilevata dal giudice, peraltro – diversamente da quanto opinato dalla ricorrente -sull’implicita riproposizione della deduzione in sede appello da parte della concessionaria, come evidenziato dal Giudice regionale nella parte in cui ha riferito che la cd. incontrovertibilità della pretesa era stata « fatta oggetto di specifica eccezione da parte di Spezia Risorse in primo grado, evidentemente ritenuta assorbita dalla Commissione tributaria provinciale, che non si è pronunciata su tale punto», nonché in sede di appello attraverso la «conferma dell’atto impugnato, con ciò ribadendo le ragioni della sua fondatezza, tra cui la definitività del prodromico avviso, circostanza questa espressamente indicata nell’ingiunzione (così nella sentenza impugnata).
Dunque, la questione della definitività del previo avviso di accertamento e dunque della pretesa fiscale nei suoi elementi costitutivi non solo ha integrato la circostanza fattuale che ha definito l’oggetto stesso del giudizio sul quale la Commissione correttamente ha dovuto pronunciarsi, ma – va aggiunto – la valutazione del Giudice d’appello è stata preceduta da una specifica deduzione della concessionaria in primo in primo grado ed implicitamente ritenuta ribadita in grado di appello.
In tali termini, l’ultimo inciso della sentenza impugnata circa la rilevabilità di ufficio dell’inammissibilità dell’impugnazione ha integrato una motivazione aggiuntiva, non necessaria ai fini della decisione, in realtà, già compiutamente giustificata sulla base delle precedenti valutazioni.
Alla stregua delle riflessioni sopra svolte, dunque, il ricorso va respinto
Le spese di lite del presente grado seguono la soccombenza.
Va, inoltre, dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida, in favore di RAGIONE_SOCIALE, in 4.500,00 € per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso.
Così deciso in Roma in data 27 novembre 2024.