Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22114 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22114 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32081/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e
difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL FRIULI-VENEZIA GIULIA n. 107/2018 depositata il 28/05/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE ( d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE) ha proposto tre distinti ricorsi davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Pordenone avverso gli avvisi di pagamento dell’accisa sull’energia elettric a relativi agli anni 2008-2013, oltre a interessi legali e diritti di notificazione.
In particolare, si tratta dei seguenti provvedimenti:
-l’avviso di pagamento n. 20/2014, prot. n. 12818/RU del 18/06/2014, emesso per il recupero dell’accisa sull’energia elettrica dovuta per l’anno d’imposta 2008, pari a Euro 26.331,57, oltre interessi legali ex art. 1282 cod. civ.;
-l’avviso di pagamento n. 28/2015, prot. n. 13602/RU del 01/07/2014, emesso per il recupero dell’accisa sull’energia elettrica per gli anni d’imposta 2009, 2010, 2011 e 2012, pari a Euro 85.107,85, oltre interessi legali ex art. 1282 cod. civ.;
l’avviso di pagamento n. 34/2014 prot. n. 14453/RU del giorno 11/07/2014, e messo per il recupero dell’accisa sull’energia elettrice dovuta nell’anno 2013 e nel mese di gennaio 2014, pari a Euro 6.010,55, oltre interessi legali ex art. 1282 cod. civ.
Con tali avvisi venivano contestati i presupposti per ottenere l’esenzione del pagamento dell’accisa e, in particolare: la produzione
di energia con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza disponibile superiore a 20 kW, consumata dalle imprese di autoproduzione in locali e luoghi diversi dalle abitazioni (art. 52, comma 3, lett. b), d.lgs. 26/10/1995, n. 504, cd. TUA).
La ricorrente contestava: a) la violazione del principio di buona fede e del legittimo affidamento (avendo la società operato su indicazione degli uffici territoriali competenti); b) l’estensione del cd. decreto Bersani (d.lgs. 16/03/1999, n. 79) alla materia tributaria; c) la definizione di consorzio che avrebbe dovuto interessare, a suo avviso, una serie di soggetti associati e non dei semplici beneficiari della fornitura di energia elettrica.
Con sentenza emessa in data 18 giugno 2015 la CTP di Pordenone -riuniti i tre procedimenti -ha dichiarato inammissibile il ricorso per carenza di interesse, condannando la parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
La CTR del Friuli-Venezia Giulia, con sentenza n. 107/2018 depositata in data 28/05/2018, ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, condividendo la prospettazione del giudice di primo grado, in merito alla carenza di interesse ad agire. In particolare, è stato richiamato l’art. 2 -quater , comma 1quinquies , d.l. 30 settembre 1994, n. 564 convertito con modificazioni dalla legge 30 novembre 1994, n. 656, evidenziando che, secondo tale norma, il termine del contribuente per impugnare l’atto sospeso in autotutela è fatto decorrere dal momento della conferma o modifica dell’atto, con la conseguente carenza di interesse a impugnare da parte di RAGIONE_SOCIALE
La CTR del Friuli-Venezia Giulia ha, quindi, evidenziato che l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. deve essere concreto e attuale, al fine di evitare attività processuali inutili e, in particolare, l’esame
del merito anche quando l’accertamento della domanda non comporti alcun mutamento, in omaggio al principio di economia processuale. Di ciò aveva tenuto conto la CTP che aveva, poi, sospeso il processo instaurato dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, una volta revocata la sospensione e dato avvio all’accertamento, in modo da evitare duplicazioni di giudizio e al fine di non privare il contribuente di una possibile decisione sul merito.
La CTR, infine, ha rilevato che: « La dimostrazione della carenza di interesse in capo a RAGIONE_SOCIALE per l’impugnazione degli avvisi sospesi nei loro effetti, va anche riferita alla presenza -come sopra accennato -di due procedimenti riferiti agli stessi atti e alle stesse parti .» Ha pertanto respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, ritenendo assorbiti gli ulteriori motivi proposti dalla parte appellante.
Contro la sentenza n. 107/2018, depositata il 28/05/2018 dalla CTR del Friuli-Venezia Giulia, ha proposto ricorso per cassazione, con un motivo, la società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi indicata come RAGIONE_SOCIALE) , in qualità di società incorporante di RAGIONE_SOCIALE).
Ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE, depositando apposita memoria.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso la parte ricorrente ha contestato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 -quater , comma 1quinquies , d.l. 30 settembre 1994, n. 364 e dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.
1.1. La parte ricorrente ha rilevato che il tenore letterale dell’art. 2quater , comma 1quinquies , d.l. n. 364 del 1994 (« il contribuente
può impugnare insieme a quest’ultima anche l’atto modificativo o confermato» ), lungi dal comprimere la tutela del contribuente conferisce a quest’ultimo un’alternativa, consistente nella possibilità di attendere la notifica dell’atto confermativo, senza incorrere nella definitività derivante dalla mancata impugnazione dell’atto confermato.
1.2. Ha poi evidenziato come le ipotesi di inammissibilità del ricorso siano limitate solamente a quelle espressamente previste, richiamando sia la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 27837 del 2013) che quella costituzionale (C. cost. n. 113 del 1963, secondo cui non sono conformi agli artt. 3 e 24 Cost. « le disposizioni legislative che frappongono ostacoli non giustificati da un preminente interesse pubblico ad uno svolgimento del processo civile adeguato alla funzione ad esso assegnata, nell’intere sse generale, a protezione di diritti soggettivi dei cittadini.» ).
1.3. Inoltre, è inequivoco l’interesse effettivo del contribuente a impugnare, considerato che con gli atti impugnati (ancorché sospesi a fini meramente esecutivi) l’Ufficio ha comunque avanzato una pretesa impositiva definita in ogni suo elemento. Tale circostanza produce un pregiudizio immediato nella vita della società, essendo necessario, ad es., indicare tale debito in bilancio ed eseguire degli accantonamenti. Inoltre, i debiti nei confronti RAGIONE_SOCIALE agenzie fiscali risultano, in caso di cessione d’azien da, dalle certificazioni dei carichi fiscali di cui all’art. 14 d.lgs. n. 472 del 1997. Ha quindi, richiamato Cass., n. 21045 del 2017, Cass. n. 27385 del 2008 e Cass., Sez. U, 11 maggio 2009, n. 10672).
In mancanza di impugnazione la società si sarebbe, quindi, trovata nella situazione paradossale di avere un debito sospeso verso l’amministrazione finanziaria , senza poter agire in nessun modo, rimanendo obbligata a restare inerme, in attesa di un atto
confermativo che sarebbe potuto arrivare anche a distanza di anni, come avvenuto nel caso di specie, dove gli atti confermativi sono stati comunicati nel febbraio 2016, mentre gli avvisi di pagamento sospesi erano stati notificati nel luglio e nel settembre 2014.
1.4. Non è poi condivisibile, ad avviso della ricorrente, la tesi sostenuta nel provvedimento impugnato, secondo la quale l’impugnazione degli atti confermativi (che non hanno modificato in alcuno modo i precedenti avvisi, limitandosi a richiamarli) confermerebbe la carenza di interesse in relazione agli avvisi di pagamento emessi nel 2014. Difatti, gli atti confermativi sono stati emessi nel 2016. La condotta della parte ricorrente, rispettosa del termine di impugnazione previsto nell’art. 21 d.lgs. 31/12/1992, n. 546 non può essere, quindi, sanzionata con la declaratoria della carenza di interesse ad agire, in assenza di un’espressa disposizione legislativa in tal senso.
1.5. L’inammissibilità sarebbe, inoltre, secondo la parte ricorrente, del tutto sproporzionata, essendo possibile valorizzare l’eventuale (e non condivisa ) carenza di interesse come un’ipotesi di mera improcedibilità sino al momento della conferma del provvedimento sospeso. A tal fine richiama l’art. 16, comma 5, d.lgs. 18/12/1997, n. 472 e l’art. 17 -bis d.lgs. n. 546 del 1992, dove l’improcedibilità del ricorso depositato prima della « scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di cui al presente articolo», ovvero la mediazione v. art. 1, comma 611, lett. a), legge 27/12/2013, n. 147). Tale improcedibilità determina soltanto il rinvio della trattazione « per consentire la mediazione». L’attuale formulazione dell’art. 17 -bis d.lgs. n. 546 del 1992 (norma in vigore all’epoca della proposizione del ricorso in cassazione) è riconducibile alla declaratoria di illegittimità costituzionale della norma che nella
versione originaria (anteriore alla legge n. 147 del 2013) prevedeva la sanzione dell’inammissibilità, con la previsione di una mera improcedibilità. Nel caso di specie l’art. 2 -quater , comma 1quinquies , d.l. n. 564 del 1994 non prevede neppure alcuna forma di inammissibilità o di improcedibilità. Di conseguenza, qualora si ritenga che la norma appena richiamata possa essere interpretata solo nel senso dell’inammissibilità, per carenza di interesse, dell ‘impugnazione dell’avviso di pagamento, durante la sospensione del provvedimento, sarebbe necessaria la rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
2. L’RAGIONE_SOCIALE nel controricorso ha indicato le circostanze fattuali che hanno portato a escludere l’esenzione prevista nell’art. 52, comma 3, lett. b), TUA, evidenziando come RAGIONE_SOCIALE avesse ceduto l’energia elettrica a titolo oneroso in favore dei consumatori finali, i quali, nonostante fossero soci della ricorrente, avevano acquistato l’energia non in ragione della quo ta associativa, ma in base agli effettivi consumi necessari per la loro attività, sulla base di un contratto di somministrazione di durata annuale, stipulato ai sensi dell’art. 1559 c.c. Ha poi rilevato che RAGIONE_SOCIALE, con istanza del giorno 11/06/2014 (successivamente integrata in data 30/10/2014) aveva formulato alla Direzione centrale legislazione e procedure accise e altre imposte indirette dell’RAGIONE_SOCIALE, una richiesta di riconoscimento del legittimo affidamento, con inesigibilità dell’imposta, degli interessi e dell’indennità di mora. In pendenza dell’attività di verifica e riscontro necessaria per valutare la richiesta di RAGIONE_SOCIALE l’Ufficio impositore ha sospeso gli effetti degli avvisi di pagamento. Successivamente alla pronuncia della CTP di Pordenone, conclusa
l’istruttoria svolta a livello nazionale, sono stati emessi gli atti confermativi e, in particolare:
atto confermativo prot. n. 2450/RU del 04/02/2016 in merito all’avviso di pagamento n. 20/2014, prot. n. 12818/RU del 18/06/2014;
-atto confermativo prot. n. 2451/RU del 04/02/2016 dell’avviso di pagamento n. 28/2014, prot. n. 13602/RU del 01/07/2014;
-atto confermativo prot. n. 2453/RU del 04/02/2018 dell’avviso di pagamento n. 34/2014, prot. n. 14453/RU del giorno 11/07/2014.
Tali atti confermativi sono stati impugnati da RAGIONE_SOCIALE con distinti ricorsi, ai sensi dell’art. 2 -quater , comma 1quinquies , d.l. n. 564 del 1994.
2.1. La parte resistente ha contestato l’infondatezza del motivo di ricorso incentrato sulla violazione dell’art. 2 -quater , comma 1quinquies , d.l. n. 564 del 1994, rilevando come, ai sensi dell’art. 100 cod. proc. civ., il ricorrente deve vantare un interesse concreto e attuale ad agire, il cui difetto, originario o sopravvenuto, comporta l’inammissibilità del ricorso (Cass. 06/02/2003, n. 1781; Cass. 13/05/2003, n. 7340; Cass. 27/03/2003, n. 4602). Nel caso di specie, a fronte della sospensione degli effetti di un atto impositivo, conseguente alla necessità di esaminare un’istanza presentata dallo stesso contribuente ad opera della Direzione Centrale, i giudici di merito non hanno ravvisato un interesse concreto e attuale.
Il ricorso è fondato.
3.1. Come emerge dalla lettura del ricorso e del controricorso, oltre che dalla sentenza della CTR, gli avvisi di pagamento impugnati riguardano la contestazione del possesso in capo alla RAGIONE_SOCIALE dei requisiti ai quali l’art. 52, comma 3, lett. b) TUA subordina il riconoscimento dell’esenzione dall’accisa sull’energia elettrica. La verifica di tali requisiti non è stata eseguita dalla CTR,
che ha ritenuto assorbente la questione preliminare di rito relativa al difetto di interesse ad agire in capo alla società ricorrente. A tal fine è stato richiamato, in particolare, il comma 1quinquies dell ‘art. 2 -quater , d.l. n. 564 del 1994 , introdotto dall’art. 27 legge 18 febbraio 1999, n. 28 (applicabile, ratione temporis , al caso in esame, sebbene l’art. 2 -quater d.l. n. 564 del 1994 sia stato abrogato, successivamente, ad opera dell’art. 2, comma 4, lett. a) d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219).
La norma prevede, in particolare, che: « La sospensione degli effetti dell’atto disposta anteriormente alla proposizione del ricorso giurisdizionale cessa con la notificazione, da parte dello stesso organo, di un nuovo atto, modificativo o confermativo di quello sospeso; il contribuente può impugnare, insieme a quest’ultimo, anche l’atto modificato o confermato. »
Per inquadrare l’ambito applicativo di tale disposizione occorre evidenziare che l’art. 27 legge n. 28 del 1999 ha inserito nell’art. 2 -quater d.l. n. 564 del 1994 anche il comma 1quater , in base al quale: « In caso di pendenza del giudizio, la sospensione degli effetti dell’atto cessa con la pubblicazione della sentenza. »
Di conseguenza, l’art. 2 -quater d.l. n. 564 del 1994 disciplina (oltre al potere di annullamento e di revoca) il potere di sospensione dell’amministrazione finanziaria, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità degli atti illegittimi e infondati.
La sospensione disposta in pendenza di giudizio cessa con la pubblicazione della sentenza (art. 2quater , comma 1quater , d.l. n. 564 del 1994), mentre quella disposta prima dell’instaurazione del giudizio cessa con la notificazione dell’atto confermativo o modificativo dell’atto sospeso (art. 2 -quater , comma 1quinquies , d.l. n. 564 del 1994). Nella seconda ipotesi -in cui la sospensione è disposta prima dell’instaurazione del giudizio il contribuente può
impugnare, insieme all’atto confermativo o modificativo , anche l’atto modificato o confermato interessato dalla sospensione.
3.2. Un ulteriore tassello necessario a comporre il quadro normativo di rilievo ai fini della soluzione della questione posta dalla ricorrente con l’unico motivo di ricorso (anche nella prospettiva dell’interesse a ricorrere, la cui esistenza è stata negata dal la CTR) attiene alla natura e agli effetti dell’atto su cui va a incidere la sospensione disposta ex art. 2quater , comma 1bis , d.l. n. 564 del 1994. Nel caso di specie gli avvisi di pagamento -emessi nell’anno 2014 -ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 14 TUA (nella versione risultante dall’art. 1, lett. q) d.lgs. n. 48 del 2010, applicabile, ratione temporis , al caso in esame), il quale prevede che: « Le somme dovute a titolo d’imposta o indebitamente abbuonate o restituite si esigono con la procedura di riscossione coattiva prevista dal decreto legislativo 13 aprile 1999, n.112, e successive modificazioni. Prima di avviare tale procedura gli uffici spediscono, mediante raccomandata postale, un avviso di pagamento fissando un termine di quindici giorni per l’adempimento, decorrente dalla data di ricevimento del predetto avviso.»
Questa Corte ha affermato che: « In tema di accise, costituisce atto autonomamente impugnabile, ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, l’avviso di pagamento previsto dall’art. 14 del d.lgs. n. 504 del 1995, che precede la procedura di riscossione ai sensi del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, trattandosi di atto accertativo-impositivo del tributo, idoneo ad esprimere tale funzione, in quanto contiene tutti gli elementi per individuare la pretesa fiscale nell'”an” e nel “quantum”.» (Cass. 27/08/2009, n. 18731; v. anche Cass., 01/02/2019, n. 3049).
Secondo un’autorevole opinione l’avviso di pagamento ex art. 14 TUA « non costituisce un mero invito bonario, preordinato a un
dialogo preventivo con il contribuente, ma un atto impositivo e autoritativo, recante l’intimazione ad adempiere sotto pena degli atti esecutivi.»
4. Delineato il quadro normativo di riferimento occorre evidenziare, in primo luogo, come i l tenore letterale dell’art. 2 -quater , comma 1quinquies , d.l. n. 564 del 1994 (« il contribuente può impugnare, insieme a quest’ultimo, anche l’atto modificato o confermato.» ) porti a ritenere che si tratti di una previsione volta ad ampliare più che a limitare i margini di tutela del contribuente, consentendo, a fronte della sospensione di un atto immediatamente lesivo della sua sfera giuridica, di attendere le determinazioni definitive dell’amministrazione finanziaria in ordine alla modifica, conferma o annullamento del provvedimento, senza incorrere in alcuna decadenza in merito all’impugnazione di quest’ultimo . Non solo: la facoltà prevista nella norma in esame non sembra dequalificare l’atto oggetto di sospensione (nella specie costituito da un atto accertativo-impositivo) ad atto presupposto del (successivo) atto modificativo o confermativo e, conseguentemente, da impugnare necessariamente insieme a quest’ultimo. Peraltro, neppure tale soluzione interpretativa (non condivisa) avrebbe potuto supportare la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione degli avvisi di pagamento emessi nel 2014 da parte della CTR. Difatti, è circostanza pacifica (di cui viene dato atto nella stessa sentenza impugnata) che, tra il giudizio davanti alla CTP e quello d’appello davanti alla CTR, l’amministrazione finanziaria abbia emesso gli atti confermativi indicati nell’art. 2 -quater , comma 1quinquies , d.l. n. 564 del 1994 , facendo venir meno l’effetto sospensivo, con la conseguenza che, in nessun caso, poteva porsi una questione di interesse ad agire. La CTR avrebbe dovuto, pertanto, verificare il
contenuto dell’atto confermativo e la sua eventuale sostituzione dell’atto impositivo originario.
4.1. In secondo luogo, non è ravvisabile alcun automatismo tra l’interesse ad agire e la sospensione dell’atto impositivo, come confermato, del resto, dalla previsione dell’art. 2quater, comma 1quater d.l. n. 564 del 1994 (a seguito RAGIONE_SOCIALE modifiche apportate da ll’art. 27 legge n. 28 del 1999) , secondo la quale: « In caso di pendenza del giudizio, la sospensione degli effetti dell’atto cessa con la pubblicazione della sentenza. » La norma appena citata presuppone, infatti, la prosecuzione del giudizio anche nell’ipotesi in cui, durante la pendenza di quest’ultimo , l’amministrazione sospenda (in via cautelare il provvedimento impugnato), senza che ciò implichi la (sopravvenuta) carenza di interesse ad agire da parte del contribuente.
4.2. L’interesse ad agire deve essere, quindi, valutato , anche nell’ipotesi di sospensione del l’atto impositivo ex art. 2 quater, comma 1bis , d.l. n. 564 del 1994, anteriore alla presentazione del ricorso ex art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, secondo i requisiti dell’attualità e della concretezza . La momentanea sospensione (in funzione cautelare) di un avviso di pagamento (con il conseguente blocco dell’attività di riscossione) non esclude che l’atto impositivo sia, comunque, lesivo in relazione agli effetti di accertamento inerenti all’affermazione della pretesa creditoria da parte dell’amministrazione finanziaria , i quali possono venir meno solo in esito all’annullamento disposto o dall’amministrazione stessa in sede di autotutela o dal giudice, in esito all’accoglimento del ricorso ex art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992. Fino al verificarsi di una RAGIONE_SOCIALE due ipotesi appena richiamate (come evidenziato dalla parte ricorrente) gli effetti di acce rtamento propri dell’avviso di pagamento determinano, quindi, l’obbligo dell’iscrizione di una posta passiva nel
bilancio, con il conseguente accantonamento a fondo rischi, laddove il contribuente ritenga di contestare, in ambito giurisdizionale, la pretesa impositiva dell’amministrazione finanziaria , con un interesse concreto e attuale non necessariamente legato, in via esclusiva, alla circostanza della momentanea sospensione dell’attività di riscossione. Tanto più che tale sospensione -come emerge dalla stessa lettura dell’art. 2 -quater , comma 1-bis, d.l. n. 564 del 1994 integra un potere di natura cautelare a tutela della stessa amministrazione, che sospende « gli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato ».
4.3. Un’ulteriore conferma della sussistenza dell’interesse a ricorrere, in via immediata, avverso l’atto impositivo sospeso è costituita dall’assenza di certezza di limiti temporali in merito all’emissione dell’atto modificativo o confermativo dell’atto sospes o. L’art. 2 -quater , comma 1quinquies , d.l. n. 564 del 1994 non contiene, infatti, alcuna previsione sul punto, a differenza di quanto previsto nell’art. 21 -quater legge n. 241 del 1990.
4.4. La soluzione interpretativa appena delineata non contrasta, inoltre, con il principio di economia processuale e la necessità di evitare ricorsi inutili. La tutela giurisdizionale non può essere, infatti, limitata in ragione dell’esercizio dei poteri di natura cautelare (funzionali all’eventuale provvedimento di autotutela) ad opera della parte che ha emesso il provvedimento impugnato, anche quando si tratti dell’esercizio di poteri cd. vincolati . L’unico spazio consentito dagli artt. 24 e 111 Cost. è, pertanto, quello di una disposizione che incentivi il contribuente a soprasseder e all’impugnazione dell’atto sospeso, garantendogli la certezza di poterlo, comunque, impugnare una volta che l’amministrazione abbia assunto le proprie decisioni , come nel caso dell’art. 2 quater , comma 1quinquies , d.l. n. 564 del 1994.
4.5. Non può neppure assumere rilievo la considerazione che, in esito alla sospensione, l’amministrazione assuma un provvedimento di annullamento dell’atto sospeso. Nell’ipotesi in cui quest’ultimo fosse, medio tempore , impugnato si determinerebbe, infatti, la cessazione della materia del contendere. Questa Corte ha, infatti, rilevato che: « Nel processo tributario, la cessazione della materia del contendere si differenzia dalla sopravvenuta carenza di interesse in quanto solo nel primo caso viene meno l’atto lesivo dell’interesse materiale oggetto della tutela giurisdizionale tributaria, mentre nel secondo, pur permanendo l’atto impugnato, cessa l’interesse meramente processuale al suo annullamento. Qualora, poi, l’atto impugnato venga meno non per una unilaterale determinazione dell’ufficio, ma per l’adozione di un atto conforme alla pretesa avanzata dal contribuente, la sentenza di cessazione della materia del contendere fa stato in merito alla definitiva realizzazione dell’interesse di quest’ultimo e, una volta passata in giudicato, impedisce all’erario di annullare, in via di autotutela, il provvedimento che aveva determinato la cessazione della “res litigiosa”. » (Cass., 16/02/2022, n. 5098).
Di conseguenza il possibile annullamento in autotutela dell’atto impositivo non comporta la (sopravvenuta) carenza di interesse ad agire del contribuente nell’ambito del giudizio instaurato in esito al ricorso ex art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, ma solamente un’ipotesi di cessazione della materia del contendere.
Alla luce di quanto sin qui argomentato occorre affermare il seguente principio di diritto: « L’art. 2 -quater, comma 1-quinquies, d.l. 30/09/1994, n. 564, convertito con modificazioni dalla legge 30/11/1994, n. 656 (introdotto ad opera dell’art. 27, comma 1, legge 18/02/1999, n. 28), nel consentire che l’avviso di pagamento ex art. 14, comma 1, d.lgs. 26/10/1995, n. 504 (nella versione
risultante dall’art. 1, lett. q) d.lgs. 29/03/2010, n. 48) sospeso dall’amministrazione ai sensi dell’art. 2 -quater, comma 1-bis, d.l. n. 564 del 1994 possa essere impugnato unitamente all’atto modificativo o confermativo successivamente adottato dall’amministrazione , concede al contribuente una facoltà, che non esclude di per sé l’interesse a impugnare, in via immediata, l’atto sospeso. »
6. La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata con rinvio alla Corte di Giustizia di secondo grado del Friuli-Venezia Giulia, che in diversa composizione deciderà sugli altri motivi d’appello proposti dalla ricorrente o eventualmente sulla intervenuta cessazione della materia del contendere.
P.Q.M.
in accoglimento del ricorso cassa la sentenza n. 107/2018 depositata il 28/05/2018 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Friuli-Venezia Giulia, alla quale rinvia affinché, in diversa composizione, decida sull’appello proposto, oltre che sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 29/05/2024.