Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21687 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21687 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere – rel.-
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 30/05/2025
TARSU
IMPUGNAZIONE ATTO
RETTIFICA IN AUTOTUTELA
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21664/2021 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona della legale rappresentante pro tempore , dr. NOME COGNOME rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina da intendersi poste in calce ricorso, dall’avv. NOME COGNOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALEcodice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore ,
– INTIMATO-
per la cassazione della sentenza n. 466/22/2021 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata in data 18 gennaio 2021, non notificata. Numero sezionale 3985/2025 Numero di raccolta generale 21687/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 30 maggio 2025.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso indicato in atti con cui il Raggruppamento Temporaneo di Impresa tra l’Agenzia delle Entrate-Riscossione-RAGIONE_SOCIALE aveva recuperato a tassazione la maggiore somma, a titolo di TARSU per gli anni di imposta 2010/2012, in ragione di una più ampia superficie ritenuta tassabile adibita a ristorante, come accertata in sede di sopralluogo.
Con l’impugnata sentenza la Commissione tributaria regionale della Campania accoglieva l’appello proposto dal concessionario della riscossione e dichiarava inammissibile il ricorso originario avanzato dalla contribuente, ritenendo l’atto opposto non oggetto di autonoma impugnazione.
La Commissione premetteva che:
con un primo atto notificato in data 20 dicembre 2016 (avviso di accertamento n. 22660/5 del 3 ottobre 2016), non oggetto di impugnazione, era stata rettificata la superficie dell’area ristorante (comprensiva del terrazzo) dalla misura di mq 203 (dichiarata) a quella di mq 516 (accertata);
in data 2 febbraio 2017 la contribuente aveva presentato istanza di autotutela con cui richiedeva la riduzione del 20% per uso stagionale del terrazzo scoperto” in quanto utilizzato solo nel periodo estivo;
detta richiesta veniva accolta dal concessionario, proprio con la motivazione dell’utilizzo stagionale, riducendo la superficie accertata del terrazzo scoperto di mq. 49 (il 20% in meno di mq. 245); Numero sezionale 3985/2025 Numero di raccolta generale 21687/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
in data 19 aprile 2018 veniva così notificato il secondo atto, denominato «”Versione 2 rettifica del prot. n. 22660/5 del 03.10.2016” (e cioè rettifica dell’accertamento notificato in data 20 dicembre 2016) » (v. pagina n. 8 della sentenza impugnata) ed oggetto del presente contenzioso, con cui il concessionario contestava, con riferimento alla predetta area ristorante, la nuova superficie, corretta in autotutela, di mq 467 in luogo dell’originaria superficie accertata di mq 516.
Sulla base di tale ricostruzione il Giudice d’appello ha ritenuto che:
-l’atto impugnato del 19 aprile 2018 andasse qualificato come revoca parziale, rappresentando una mera rettifica in sede di autotutela ed in riduzione della pretesa iniziale del 3 ottobre 2016 e non di una maggiore pretesa basata su di un nuovo atto impositivo, comportante il venir meno dell’atto originario, con la conseguenza che il computo dei termini di impugnazione andavano calcolati dalla notifica del primo atto parzialmente revocato;
sulla base della giurisprudenza della Corte di cassazione la revoca parziale dell’accertamento tributario non determinasse affatto la cessazione della materia del contendere, né travolgesse del tutto l’atto impugnato, per cui, non trattandosi di un nuovo accertamento tributario, il provvedimento di rettifica non fosse autonomamente impugnabile;
-la rettifica parziale, in difetto di impugnazione del provvedimento originario (quello notificato in data 20 dicembre
2016), non potesse, dunque, essere oggetto di autonoma impugnazione. Numero di raccolta generale 21687/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
Avverso tale pronuncia l’RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, notificandolo in data 19 luglio 2021 (lunedì), formulando tre motivi d’impugnazione.
Il citato Raggruppamento Temporaneo di Imprese è restato intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’istante ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 -quater d.l. n. 564/1994, conv. con legge n. 656/1994 e succ.mod., in relazione all’art. 63 d.lgs. 507/1993, nonché all’art. 19 d.lgs. n. 504/1992, oltre che con riferimento all’art. 1, comma 161, della legge n. 296/2006 ed al Regolamento comunale per l’applicazione della Tarsu di Napoli, in combinato disposto con l’art. 19 d.lgs. n. 546/1992, nonché con gli artt. 24 e 111 Cost., con subordinata eccezione d’incostituzionalità delle predette disposizioni.
Ciò, per aver erroneamente considerato la sentenza impugnata l’atto impugnato come mera rettifica quantitativa in diminuzione di altro avviso precedentemente notificato, anziché dotato di propria autonomia e pertanto impugnabile, con grave violazione delle norme sul procedimento tributario nonché sul processo, che consentono l’impugnazione di ogni atto emesso dall’Amministrazione che contenga in sé una pretesa impositiva autonoma.
Con la seconda censura la contribuente ha dedotto, con riguardo al canone censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 d.lgs. n.
546/1992, per avere la sentenza impugnata della Commissione dichiarato inammissibile il ricorso, senza aver considerato che l’avviso di accertamento impugnato contiene una pretesa impositiva e, come tale, integra l’elemento fondante l’impugnabilità dell’atto tributario. Numero sezionale 3985/2025 Numero di raccolta generale 21687/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
Con la terza ragione di contestazione, la ricorrente ha eccepito, con riferimento al parametro di cui art. 360, primo comma, num. 4 c.p.c. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per vizio di ultrapetizione, per avere la sentenza impugnata dichiarato inammissibile il ricorso considerando circostanze e fatti non sollevati dall’appellante.
I motivi di ricorso vanno trattati unitariamente, in quanto coinvolgono temi connessi.
La prima censura muove dalla contestazione della ricostruzione operata dal Giudice regionale circa il rapporto tra i due menzionati atti, ritenendo la contribuente che quello impugnato, benchè fondato sul medesimo sopralluogo dell’anno 2016, fosse diverso ed autonomo da quello precedente, innanzitutto perchè non conteneva alcun riferimento al primo, si presentava, anche graficamente, completo dei suoi elementi essenziali ed aveva considerato altre circostanze, come la compensazione applicata con riferimento a somma pagate in eccesso su altro locale (rimessa).
La ricorrente seguita su tale presupposto a contestare l’applicazione concreta del principio diritto affermato dal Giudice regionale, che pure reputa, in punto di diritto, non essere errato (v. pagina n. 6 del ricorso).
Ebbene, la suindicata doglianza si presta a più censure.
6.1. Intanto, perché difetta di autosufficienza, non avendo illustrato nel loro contenuti rilevanti il primo avviso di accertamento, né l’istanza di autotutela e tantomeno l’atto impugnato. Numero di raccolta generale 21687/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
6.2. In secondo luogo, perché il motivo non si articola nella deduzione concernente la violazione dei criteri esegetici del contenuto di tali atti, limitandosi solo a fornire una diversa interpretazione degli stessi, così intercettando un ulteriore profilo di inammissibilità.
6.3. Ancora, perché – a tutto volere concedere -non può non osservarsi come l’atto impugnato si sia basato sul medesimo sopralluogo (come riconosciuto dalla contribuente) effettuato in occasione dell’adozione del primo avviso di accertamento e che sia stato, non a caso, denominato «’Versione 2 rettifica del prot. 22660/5 del 03/10/2016’», come accertato dal Giudice regionale. Il quale ha, sul punto, aggiunto, con verifica fattuale non sindacabile nella sede che occupa, che si trattava della « (… rettifica dell’accertamento notificato in data 20.12.2016), in cui il concessionario contesta puntualmente, con riferimento sempre alla predetta area ristorante, la nuova superficie, corretta in autotutela, di mq. 467 in luogo dell’originaria superficie accertata di mq. 516» (v. pagine nn. 8 e 9 della sentenza impugnata) e, dunque, al netto del 20% di superfice accertata con il primo avviso (non impugnato), come da richiesta avanzata in sede di autotutela.
Correttamente, dunque, il Giudice d’appello ha ritenuto che l’atto impugnato avesse comportato solo una riduzione quantitativa dell’originaria pretesa.
Ricorrono, allora, in tale contesto, i principi anche da ultimo ribaditi da questa Corte, con riferimento all’art. 19 d.lgs. n. 546/1992, nella sua versione ratione temporis applicabile
Numero sezionale 3985/2025
(anteriore alla riforma di cui al d.lgs. n. 220/2023 valevole dal 4 gennaio 2024) secondo cui la modifica in diminuzione di un precedente avviso, non integra una nuova pretesa tributaria, bensì una mera riduzione di quella originaria, operata in autotutela, che è riconducibile all’autotutela avente natura conservativa e non sostitutiva, in quanto non esprime una nuova pretesa tributaria, ma si limita a ridurre quella originaria: esso non costituisce un atto nuovo, ma solo la revoca parziale di quello precedente (così Cass., Sez. 6 – 5, 8 giugno 2016, n. 11699). Numero di raccolta generale 21687/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
L’annullamento parziale adottato dall’amministrazione in via di autotutela o, comunque, il provvedimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi non rientra nella previsione di cui all’art. 19 d.lgs. n. 546/1992 e non è, quindi, impugnabile, non comportando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento, laddove, invece, deve ritenersi ammissibile un’autonoma impugnabilità del nuovo atto se di portata ampliativa rispetto all’originaria pretesa (Cass., Sez. 5, 15 aprile 2016, n. 7511 e Cass., Sez. 5, 16 novembre 2018, n. 29595).
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’annullamento parziale adottato dall’Amministrazione in via di autotutela o, comunque, il provvedimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi non rientra nella previsione di cui all’art. 19 d.lgs. n. 546/1992 e non è, quindi, impugnabile, non comportando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento, laddove, invece, deve ritenersi ammissibile un’autonoma impugnabilità del nuovo atto se di portata
ampliativa rispetto all’originaria pretesa (Cass., Sez. 5, 15 aprile 2016, n. 7511 e Cass., Sez. 5, 16 novembre 2018, n. 29595). Numero di raccolta generale 21687/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
Da tali riflessioni deriva l’inammissibilità di un autonomo ricorso avverso l’atto di autotutela meramente conservativa, rectius in diminuzione, laddove il contribuente abbia lasciato scadere il termine per l’impugnazione del provvedimento originario, ma anche laddove abbia tempestivamente e diligentemente impugnato tale provvedimento (cfr., su tali principi, Cass., Sez. T., 6 agosto 2024, n. 22171 e Cass., Sez. T., 28 agosto 2024, n. 23278).
Detti principi sono stati applicati dal Giudice d’appello e valgono a respingere anche il secondo motivo (sulla violazione dell’art. 19 d.lgs. n. 546/1992) ed il terzo (sul dedotto vizio di extrapetizione), giacchè il profilo dell’impugnazione dell’atto è questione esaminabile di ufficio.
Non vi sono ragioni per sollevare l’incidente di costituzionalità sommariamente avanzato dalla società con riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25, 111 e 113 Cost., giacchè l’impugnazione del primo atto impositivo assicura il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente.
Alla stregua delle riflessioni sopra svolte il ricorso va respinto.
Non vi è ragione di liquidare le spese, non avendo la controparte svolto difese.
Nondimeno, sussistono, infine, le condizioni di cui all’art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte della ricorrente di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Dà dato che sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte della ricorrente di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 maggio 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME