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Impugnazione atto facoltativo: quando diventa inutile?

Una società ha contestato un avviso di pagamento per la tassa sui rifiuti. Successivamente, ha ricevuto una cartella di pagamento per lo stesso debito. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l’avviso iniziale, stabilendo che l’impugnazione atto facoltativo perde ogni rilevanza una volta emesso l’atto vincolante (la cartella), sul quale deve concentrarsi l’azione legale del contribuente.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Impugnazione Atto Facoltativo: Quando il Ricorso Diventa Inutile?

Nel complesso mondo del diritto tributario, capire quale atto contestare e quando farlo è fondamentale per tutelare i propri diritti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale: cosa accade quando si procede con un’impugnazione atto facoltativo, come un avviso di pagamento, e successivamente viene notificato l’atto impositivo vero e proprio, come una cartella di pagamento? La risposta della Suprema Corte delinea un principio di economia processuale e di prevalenza che ogni contribuente e professionista deve conoscere.

Il Caso: Dall’Avviso di Pagamento alla Cartella Esattoriale

Una società operante nel settore ambientale si è vista recapitare un invito al pagamento della TARI (Tassa sui Rifiuti) per l’anno 2015 da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, per conto di un Comune. Ritenendo la richiesta infondata, la società ha immediatamente impugnato questo avviso davanti alla Commissione Tributaria competente.

Successivamente, per lo stesso identico debito fiscale, l’ente riscossore ha notificato alla società una cartella di pagamento, un atto ben più formale e vincolante. Anche questo secondo atto è stato oggetto di un’autonoma impugnazione.

La questione è giunta fino in Cassazione nell’ambito del giudizio relativo al primo atto, l’avviso di pagamento. La Corte è stata chiamata a decidere sulla rilevanza di un ricorso contro un atto preliminare quando la pretesa fiscale si è ormai consolidata in un atto successivo e tipico.

L’impugnazione atto facoltativo e la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso della società inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella distinzione tra atti che possono essere impugnati per facoltà del contribuente e quelli che devono essere necessariamente impugnati per evitare che il debito diventi definitivo.

La notifica della cartella di pagamento, che è un atto tipico e necessariamente impugnabile, ‘assorbe’ e rende di fatto inutile il precedente contenzioso sull’avviso di pagamento. Il giudizio che conta, quello in cui si decide la sorte della pretesa tributaria in tutti i suoi aspetti (an, quantum, quomodo), è quello instaurato contro la cartella. Pertanto, proseguire il giudizio sull’avviso iniziale, ormai superato, rappresenta una perdita di tempo e risorse processuali.

Le Motivazioni della Corte: Atto Tipico vs. Atto Atipico

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati in materia di contenzioso tributario.

La distinzione tra atti facoltativamente e necessariamente impugnabili

L’ordinamento tributario riconosce al contribuente la facoltà di impugnare anche atti ‘atipici’ o ‘facoltativi’ (come un avviso bonario o un invito al pagamento) che portino a sua conoscenza una pretesa fiscale ben definita. Questa è una tutela anticipata che permette di chiarire subito la propria posizione. Tuttavia, questa è una facoltà, non un onere. Il mancato esercizio di questa facoltà non preclude la possibilità di contestare la pretesa in un secondo momento, quando verrà notificata attraverso un atto ‘tipico’ e ‘necessariamente impugnabile’ (elencato nell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992), come l’avviso di accertamento o la cartella di pagamento.

L’assorbimento del giudizio

Quando entrambi gli atti vengono impugnati, si crea una pendenza simultanea di due procedimenti. In questo scenario, il giudizio sull’atto facoltativo perde di rilevanza. La Corte spiega che l’interesse del contribuente si concentra sull’atto che, se non contestato, renderebbe la pretesa fiscale definitiva e irrevocabile. Di conseguenza, il processo sull’atto tipico (la cartella) diventa prevalente e assorbente. Tutte le doglianze, sia di merito che procedurali, devono essere sollevate (o riproposte) nel giudizio contro la cartella di pagamento. Il primo giudizio, sull’atto preliminare, diventa di fatto inutile e il relativo ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per il Contribuente

Questa ordinanza offre importanti indicazioni pratiche:

1. Strategia Processuale: Sebbene sia possibile impugnare un avviso di pagamento, è essenziale monitorare la situazione. Se viene notificata una cartella di pagamento per lo stesso debito, l’attenzione legale deve spostarsi interamente sull’impugnazione di quest’ultima entro i termini di legge.
2. Concentrazione delle Difese: Tutte le contestazioni relative alla pretesa fiscale devono essere formulate nel ricorso contro l’atto definitivo (la cartella). Fare affidamento sul solo giudizio pendente contro l’atto facoltativo è rischioso, perché quest’ultimo può essere dichiarato inutile, lasciando che la cartella diventi definitiva.
3. Economia Processuale: La decisione della Corte mira a evitare la duplicazione di giudizi sulla medesima pretesa fiscale, concentrando il contenzioso sull’atto che ha l’effettiva capacità di incidere in modo definitivo sulla sfera patrimoniale del contribuente.

Posso impugnare un semplice avviso di pagamento non vincolante?
Sì, il contribuente ha la facoltà, ma non l’obbligo, di impugnare un avviso di pagamento se questo esplicita una chiara pretesa tributaria, al fine di ottenere una tutela anticipata.

Cosa succede se, dopo aver impugnato un avviso di pagamento, ricevo la cartella esattoriale per lo stesso debito?
Il giudizio sull’avviso di pagamento perde di rilevanza e viene ‘assorbito’ da quello sulla cartella. Il contribuente ha l’onere di impugnare la cartella di pagamento e di riproporre in quella sede tutte le sue contestazioni, poiché quello diventa l’unico giudizio rilevante per bloccare la pretesa fiscale.

Se non impugno l’avviso di pagamento perdo il diritto di difendermi?
No. La mancata impugnazione di un atto facoltativo, come l’avviso di pagamento, non determina alcuna conseguenza sfavorevole. Il contribuente conserva pienamente il diritto di contestare la pretesa fiscale quando gli verrà notificato l’atto successivo e vincolante, come la cartella di pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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