Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13207 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13207 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 285/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) e rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro RAGIONE_SOCIALE -SERVIZIO RISCOSSIONI ENTI RAGIONE_SOCIALE -intimato-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CALABRIA n. 1607/2022 depositata il 16/05/2022, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato l’ingiunzione di pagamento della RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE di Pizzo, avente ad oggetto la Tarsu per l’annualità del 2008.
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
La sentenza di primo grado è stata confermata dal giudice di appello, che ha evidenziato che l’ingiunzione di pagamento è stata impugnata per motivi di merito già sollevati avverso gli atti presupposti, mentre essa è sindacabile solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto impositivo da cui è sorto il debito.
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale la contribuente ha proposto ricorso per cassazione.
Il RAGIONE_SOCIALE si è costituito con controricorso, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso, perché inammissibile o, comunque, infondato, mentre è rimasta intimata la RAGIONE_SOCIALE del servizio di riscossione.
La ricorrente ed il RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria.
La causa è stata trattata all’adunanza camerale del 14 marzo 2024.
RAGIONI COGNOME DECISIONE
1.La contribuente ha dedotto i seguenti motivi di ricorso: 1) nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., per omessa pronuncia sull’istanza di sospensione e conseguente violazione degli art. 295 e 337 cod.proc.civ., atteso che i giudizi, pendenti in cassazione, aventi ad oggetto avviso di pagamento e avviso bonario per la Tarsu (annualità 2008) sono pregiudiziali rispetto al presente; 2) violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto l’impugnazione dell’ingiunzione di pagamento integra un onere del contribuente al fine di evitare la cristallizzazione della pretesa tributaria; 3) violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 65 d.lgs. n. 507 del 1993 e 112 cod.proc.civ., visto che i giudici di secondo
grado non si sono pronunciati sull’antigiuridicità dell’atto in relazione all’applicazione di tariffe illegittime, in quanto annullate dal Consiglio di Stato.
I primi due motivi, che possono essere trattati unitariamente, in quanto connessi, sono infondati.
Come correttamente ricordato dai giudici di merito, l’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che «ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri». Ne consegue che l’ingiunzione di pagamento in esame avrebbe dovuto essere impugnata per un vizio proprio, mentre, nel caso di specie, sono stati dedotti solo vizi già denunciati nel giudizio proposto avverso l’avviso di pagamento, di cui non è mai stata allegata, peraltro, l’omessa notifica e che è anzi stato tempestivamente impugnato.
Il contribuente che, ricevuta la notifica dell’atto impositivo, l’abbia tempestivamente impugnato, non ha, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, alcun onere di impugnare gli atti di riscossione al fine di evitare la cristallizzazione della pretesa tributaria, facendo valere le illegittimità già denunciate con l’impugnazione dell’atto impositivo. Difatti, l’eventuale annullamento dell’atto impositivo tributario, che assurga ad atto presupposto del tributo (nella specie, avviso di accertamento), si riverbera, con un effetto analogo a quello espansivo esterno di cui all’art. 336 cod.proc.civ., sull’atto conseguenziale di riscossione (nella specie, ingiunzione di pagamento), che è automaticamente caducato, essendo venuto meno l’atto su cui si fondava. Più precisamente, l’annullamento dell’avviso di accertamento integra una invalidità ad efficacia caducante, in considerazione del legame ontologico di derivazione logica tra l’atto impositivo, che individua e cristallizza la pretesa tributaria, e tutti gli atti di riscossione o di mero sollecito del pagamento, che hanno, rispetto al primo, una
funzione strumentale ed accessoria, sicché, venuto meno l’atto impositivo, perdono il proprio fondamento (in questo senso v. Cass., Sez. 5, 13 gennaio 2017 per cui, in tema di contenzioso tributario, l’esito favorevole del giudizio promosso dal contribuente avverso l’atto impositivo presupposto integra un fatto estintivo della pretesa tributaria necessariamente destinato a ripercuotersi sull’iscrizione a ruolo, che resta priva di titolo, e sulla cartella di pagamento, che viene a mancare dell’obbligazione: ciò anche qualora su tali atti dipendenti sia intervenuto, in senso sfavorevole al contribuente, il giudicato, travolto in virtù dell’effetto espansivo esterno di cui all’art. 336 c.p.c.; così Cass., Sez. 5, 30 novembre 2023, n. 33425, secondo cui, in tema di contenzioso tributario, dopo la formazione del giudicato sull’annullamento dell’avviso di liquidazione emanato nei confronti del contribuente, anche la conseguente cartella di pagamento per gli interessi maturati durante la sospensione dell’esecuzione – in separato giudizio – della ulteriore cartella di pagamento per le imposte principali emanata nei confronti di un terzo obbligato per le stesse imposte principali, sebbene emessa in via provvisoria, avendo natura strettamente accessoria, non può che perdere efficacia quale titolo idoneo a legittimare l’inizio o la prosecuzione di un’azione di riscossione provvisoria per la totalità degli importi in essa indicati, che non trovano più rispondenza nell’originaria pretesa ormai annullata, in coerenza con il paradigma tipico – per gli atti e i provvedimenti amministrativi – dell’invalidità derivata ad efficacia caducante fattispecie in tema di trust liquidatorio istituito per il soddisfacimento graduato dei creditori del disponente).
Pure deve ricordarsi che, in tema di contenzioso tributario, la natura tassativa dell’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, non preclude al contribuente la facoltà di impugnare atti impositivi atipici, che portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata
pretesa tributaria (come appunto l’intimazione di pagamento), ma tale facoltà non esclude l’onere di impugnare successivamente l’atto impositivo tipico, per evitare il consolidamento della pretesa dell’ente impositore, tanto che l’impugnazione dell’atto tipico fa venir meno l’interesse alla decisione sull’atto impugnato in via facoltativa (Cass., Sez. 5, 8/04/2022, n. 11481). In pratica, pure laddove ci trovi in presenza di un atto non riconducibile all’elencazione ex art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, l’impugnazione dell’atto impositivo (sia esso intervenuto anteriormente o successivamente) elimina l’interesse ad impugnare quello atipico meramente ripetitivo, che, costituendo una proiezione di quello tipico, risente delle sue sorti e, quindi, della sua riforma o annullamento. Si è in proposito osservato (Cass. n. 30736/21) che una volta ammessa l’impugnazione facoltativa degli atti ‘atipici’ , resta pur sempre necessaria l’impugnazione dell’atto tipico che sia poi adottato, per evitare il consolidamento della pretesa tributaria, tant’è che, una volta emesso tale atto – come precisato da questa Corte – viene meno l’interesse del contribuente ad una decisione che riguardi l’atto impugnato in via facoltativa (cfr. in particolare Cass., Sez. 5, n. 7344 dell’11/05/2012). In effetti, se l’atto tipico viene impugnato, l’unico giudizio che rileva è quello avverso quest’atto, mentre, se non viene impugnato, il ricorso antecedentemente proposto avverso l’atto facoltativamente impugnabile diviene inutile, stante l’avvenuto consolidamento degli effetti proprio dell’atto tipico.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato in applicazione del seguente principio: in materia tributaria, il contribuente può impugnare gli atti successivi solo per vizi loro propri, salva l’omessa notifica dell’atto prodromico , come stabilisce l’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, e non ha, pertanto, alcun onere di impugnare gli atti di riscossione o i meri solleciti di pagamento per far valere i vizi propri dell’atto impositivo (e, dunque, tutti quelli
strettamente collegati alla cristallizzazione e quantificazione della pretesa come contenuta nell’atto impositivo), atteso che tali atti conseguenziali sono del tutto inidonei ad assorbire e sostituire il precedente atto presupposto ed, al contrario, sono travolti dal suo annullamento.
Risulta, pertanto, del tutto corretta la decisione di inammissibilità del ricorso, confermata in sede di appello, senza alcuna violazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992. L’inammissibilità del ricorso preclude ogni rapporto di pregiudizialità dei giudizi e la conseguente necessità della sospensione richiesta ai sensi dell’art. 295 cod.proc.civ. .
3.Il terzo motivo risulta assorbito in conseguenza del rigetto dei primi due.
Deve, peraltro, darsi atto dell’ordinanza con cui questa Corte (Cass., Sez. 5, 14 giugno 2022, n. 29230), nel definire il giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento, notificato dal RAGIONE_SOCIALE in data 11/10/2011, relativo alla Tarsu degli anni dal 2006 al 2011, ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per la rideterminazione della tariffa relativa alle annualità 2008 e 2009, in considerazione dell’intervenuta sentenza del Consiglio di Stato, che ha annullato le delibere del RAGIONE_SOCIALE relative alle tariffe Tarsu per gli anni 2008 2009. In tale ordinanza si è precisato che «se il regime tariffario viene annullato dal giudice amministrativo, il giudice tributario, preso atto dell’effetto vincolante della decisione, non può limitarsi al mero annullamento dell’avviso, ma deve individuare ed applicare la disciplina tariffaria che regola il rapporto tributario, atteso che il contribuente non è liberato dall’obbligo di pagamento per il servizio di raccolta dei rifiuti, continuando, invece, a trovare applicazione, ai sensi dell’art. 69, comma primo, ultimo periodo, del d.lgs. n. 507 cit., la tariffa precedentemente vigente». All’esito
dell’ordinanza della Suprema Corte, il giudice di rinvio, con sentenza n. 2011 del 2023, ormai passata in giudicato (vedi attestazione), ha rideterminato la tariffa per gli anni 2008 e 2009.
Tuttavia, l’inammissibilità dell’originario ricorso introduttivo del giudizio rende irrilevante in questa sede l’annullamento dell’atto impositivo presupposto, che si riverbera sugli atti conseguenziali a prescindere dalla loro impugnazione.
In conclusione, il presente ricorso va rigettato; ed in ragione del rigetto sussistono i presupposti per la condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi ed oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/03/2024.