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Impugnazione amministratore: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16168/2024, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione dell’amministratore proposta in proprio contro un avviso di accertamento notificato esclusivamente alla società. Il ricorso è stato respinto per carenza di interesse ad agire, in quanto l’amministratore non è il destinatario diretto dell’atto impositivo e un suo eventuale interesse sorgerebbe solo a seguito di un atto successivo diretto a far valere la sua responsabilità personale.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Impugnazione amministratore: la Cassazione chiarisce i limiti

L’impugnazione amministratore di un atto fiscale destinato alla società che rappresenta è un tema delicato, che tocca i confini tra la figura della persona fisica e quella dell’ente. Con la recente sentenza n. 16168 del 11 giugno 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’amministratore non può agire ‘in proprio’ contro un avviso di accertamento notificato esclusivamente alla società, per carenza di un interesse diretto e attuale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento per IRPEG, IRAP e IVA relativo all’anno d’imposta 2000, notificato dall’Agenzia delle Entrate a una società per azioni. L’accertamento si basava su una presunta omessa dichiarazione di ricavi e l’indebita deduzione di costi. L’amministratore della società, agendo in proprio e non in qualità di legale rappresentante, decideva di impugnare tale avviso.

Il giudizio di primo grado dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale si concludeva a favore del ricorrente, con l’annullamento dell’atto. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, su appello dell’Agenzia delle Entrate, ribaltava la decisione, ritenendo valido ed efficace l’accertamento. Contro questa seconda sentenza, l’amministratore proponeva ricorso per cassazione.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità dell’Impugnazione dell’Amministratore

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso originario inammissibile, cassando la sentenza impugnata senza rinvio. Il fulcro della decisione risiede nella totale assenza di legittimazione e interesse dell’amministratore a impugnare, in proprio, un atto impositivo di cui non era il destinatario.

La Corte ha specificato che l’amministratore, in quanto persona fisica, è un soggetto giuridico distinto dalla società. Pertanto, un avviso di accertamento indirizzato unicamente alla società non incide direttamente sulla sua sfera giuridico-patrimoniale. L’impugnazione amministratore in proprio, quindi, è priva del presupposto essenziale dell’interesse ad agire.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della sentenza si concentrano sulla distinzione tra la posizione della società e quella del suo amministratore. I giudici hanno chiarito che l’interesse dell’amministratore a contestare l’accertamento fiscale della società potrebbe sorgere, ma solo in un momento successivo e a precise condizioni. Questo interesse diventerebbe concreto e attuale solo se l’amministrazione finanziaria agisse direttamente nei suoi confronti per far valere una sua responsabilità personale o solidale. Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, con la notifica di una specifica cartella di pagamento per le sanzioni comminate alla società o con un atto volto ad accertare la sua responsabilità per l’estinzione della società stessa.

Fino a quando l’azione del Fisco si rivolge esclusivamente contro il patrimonio della società, l’amministratore non ha titolo per intervenire nel processo a titolo personale. Qualsiasi doglianza sulla legittimità dell’accertamento può essere fatta valere solo dalla società stessa, tramite il suo legale rappresentante. L’aver agito ‘in proprio’ e non in rappresentanza dell’ente ha costituito un vizio procedurale insanabile che ha portato alla declaratoria di inammissibilità.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un principio cardine del diritto processuale tributario: l’impugnazione di un atto deve provenire dal soggetto che ne è il diretto destinatario. Per gli amministratori, ciò significa che non possono confondere il proprio ruolo personale con quello di rappresentante legale della società. La difesa contro un accertamento fiscale deve essere condotta in nome e per conto della società. L’eventuale preoccupazione per una futura azione di responsabilità non è sufficiente a fondare un interesse attuale all’impugnazione dell’atto principale. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di rispettare rigorosamente i ruoli e le legittimazioni processuali per evitare di incorrere in una declaratoria di inammissibilità che preclude l’esame del merito della controversia.

Un amministratore può impugnare personalmente un avviso di accertamento notificato solo alla società?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’amministratore non ha un interesse attuale e concreto a impugnare in proprio un atto impositivo notificato unicamente alla società, in quanto egli non è il destinatario dell’atto.

Quando sorge l’interesse dell’amministratore a impugnare un atto fiscale?
L’interesse dell’amministratore sorge solo nel momento in cui l’amministrazione finanziaria agisce direttamente nei suoi confronti con un atto specifico, come una cartella di pagamento per responsabilità solidale sulle sanzioni, volto a far valere la sua responsabilità personale.

Qual è la conseguenza processuale di un ricorso presentato dall’amministratore in proprio per un atto destinato alla società?
La conseguenza è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire. Questo impedisce al giudice di esaminare il merito della questione e determina la cassazione della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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