Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33873 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33873 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/12/2024
Oggetto: Tributi
Impugnativa dell’estratto di ruolo
carenza di interesse ad agire-
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 23076 del ruolo generale dell’anno 2020, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, in Roma, INDIRIZZO
–
ricorrente –
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente –
Nonché
Agenzia delle entrate-Riscossione, in persona del Presidente pro tempore;
-intimata – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 325/02/2020, depositata in data 21 gennaio 2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
1.Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, n. 325/02/2020, depositata in data 21 gennaio 2020, veniva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 8956/11/2018 che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’estratt o di ruolo e, attraverso di esso, la relativa cartella di pagamento n. 09720120147562227, ai fini Ires e Iva, per l’anno 2008, eccependone l’omessa notifica, per esserne venuta a conoscenza tramite la consultazione dell’estratto di ruolo, con conseguente inesistenza dl ruolo e della medesima cartella di pagamento.
2.In punto di diritto, la CTR ha ritenuto regolarmente notificata il 21.5.2012 la cartella di pagamento e inammissibile il ricorso originario per tardività.
3.Avverso la sentenza di appello, la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate ; è rimasta intimata l’Agenzia della Entrate-Riscossione.
La contribuente ha depositato memoria illustrativa;
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2719 c.c., 60 del DPR n. 600/73, 26, comma 4, del DPR n. 602/73 per avere la CTR ritenuto ritualmente effettuata la notifica della cartella sebbene -a fronte del tempestivo disconoscimento ex art. 2719 c.c. da parte della contribuente della conformità all’originale della copia fotostatica della relata di notifica prodotta da contropartel’Amministrazione non avesse adempiuto all’onere di produrre gli originali.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio per non avere la CTR considerato la censura relativa alla mancata produzione della cartella di pagamento.
Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 26 del DPR n. 602/73, per avere la CTR escluso erroneamente la necessità di produrre in giudizio la cartella di pag amento da parte dell’Agenzia delle entrate.
In via pregiudiziale alla disamina delle censure sollevate da parte ricorrente, va rilevato che il ricorso introduttivo è inammissibile.
Dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso (pag. 2) si evince che parte contribuente ha avuto conoscenza dell’esistenza della cartella di pagamento, asseritamente non ritualmente notificata, attraverso l’estratto di ruolo. Viene
dunque chiaramente impugnato il ruolo e, attraverso esso, la relativa cartella di pagamento che la società assume non essere stata ritualmente notificata, avendo appreso della sua esistenza proprio tramite l’estratto di ruolo.
D’ufficio va rilevato che l’art.3 bis d.l. 21 ottobre 2001 n.146 ( Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili ), precisato in sede di conversione della l. 17 dicembre 2021 n.215, novellando l’art.12 del d.P.R. 29 settembre 1973 n.602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), ha previsto che dopo il comma 4 è inserito il comma 4 bis il quale ha st abilito che l’estratto di ruolo non è impugnabile – anche unitamente alle cartelle sottostanti che si assumono non legittimamente notificate – se non a determinate, specifiche, condizioni.
La menzionata previsione di legge recita: «Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio ad una procedura di appalto per effetto di quanto previsto nell’at.80 comma 4 del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs 18 aprile 2016 n.50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art.1 comma 1 lett. a) del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008 n.40, per effetto delle verifiche di cui all’art.48 bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione».
Orbene, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n.26283/2022, ha fortemente circoscritto le impugnazioni attraverso l’estratto di ruolo dirette ad ottenere l’annullamento della sottesa cartella di pagamento, trattandosi di azione di accertamento negativo circa la decadenza del debito iscritto a ruolo, mentre il processo tributario ha natura di impugnazione-merito e il ruolo non ha una sua autonoma materialità. È conseguentemente presente l’interesse ad agire contro il ruolo solo se vi sia un pregiudizio da esso derivante come ad es. un pignoramento in corso o un’intimazione al pagamento, di cui non vi è evidenza in atti, da cui l’inammissibilità del ricorso.
9. La Corte costituzionale, a sua volta intervenuta con la sentenza 17 ottobre 2023, n. 190 su questioni di costituzionalità involgenti l’art. 12 comma 4-bis cit., non ha smentito l’operato delle Sezioni Unite stabilendo: «Le questioni sollevate (…) sono qui ndi inammissibili: il rimettente del resto, da un lato, non misconosce le ragioni sottese alla norma sotto esame: a seguito delle SS.UU. del 2015 è evidente che il Legislatore si è preoccupato di evitare un proliferare di ricorsi per carichi anche molto risalenti e che a fronte di esazione piuttosto improbabile avrebbero gravato in maniera eccessiva sugli uffici sottraendo risorse preziose e causando il danno economico della possibile condanna al pagamento delle spese di giudizio. Dall’altro, manifesta «perplessità» per «il fatto che per risolvere tale problema il Legislatore sia intervenuto condizionando pesantemente la possibilità di difendersi in giudizio», censurando quindi la norma in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 Cost. «nei termini di cui in motivazione», nella quale, dopo avere esposto una casistica delle fattispecie ritenute indebitamente pretermesse, conclude che «il Legislatore avrebbe potuto adottare soluzioni più snelle e con costi irrisori, che comunque sarebbero state rispettose del diritto di difesa. Di qui l’inammissibilità delle questioni sollevate, dal momento che, come emerge dalla stessa prospettazione del rimettente, il rimedio al vulnus riscontrato richiede, in realtà, un intervento normativo di sistema, implicante scelte di fondo tra opzioni tutte rientranti nella discrezionalità del legislatore (sentenze n. 71 del 2023, n. 96 e n. 22 del 2022, n. 259, n. 240, n. 146, n. 103, n. 33 e n. 32 del 2021).» (v. da ultimo Cass., sez. 5, n. 24382 del 2024).
10.In conclusione, va cassata la sentenza impugnata e, pronunciando sul ricorso introduttivo, questo dev’essere dichiarato inammissibile ex art.100 cod. proc. civ., perché ab origine , la causa non poteva essere proposta ex art.382 u.c. cod. proc. civ.
La circostanza che la disposizione innovativa e la pronuncia delle Sezioni unite sono intervenute nel corso del giudizio di legittimità costituisce valido motivo di compensazione delle spese processuali dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara inammissibile l’originario ricorso della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma in data 4 dicembre 2024