Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7985 Anno 2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 28704 del ruolo generale dell’anno 202 2, proposto
Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
Contro
NOME COGNOME
– intimato –
Oggetto: Tributi
provvedimento di Relatore: COGNOME NOME
sgravio parziale- non
impugnabilità
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7985 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1941/16/2022, depositata in data 12.05.2022, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 marzo 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME riceveva, all’esito di controllo automatizzato ex artt. 36-bis del d.P.R. n. 600/73 e 54bis del d.P.R. n. 633/72, sulla dichiarazione M.U. 2015, per l’anno di imposta 2014 , comunicazione con la quale venivano evidenziati degli omessi versamenti indicando l’ importo complessivo dovuto- comprensivo di interessi e sanzioni- di euro 115.633,58. Il contribuente presentava una dichiarazione integrativa, chiedendo una riduzione dell’importo richiesto e delle sanzioni che erano state calcolate al 30%. Nel marzo del 2019, l’Agenzia delle entrateRiscossione emetteva cartella di pagamento, per un importo complessivo di euro 139.067,82, inclusivo delle sanzioni nella misura del 30%. La cartella di pagamento non veniva impugnata. In data 26.6.2019 l’Ufficio emetteva provvedimento di sgravio parziale con cui veniva riconosciuto il versamento di una rata.
2.Avverso il provvedimento di sgravio parziale, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano che, con sentenza n. 214/18/2020, lo rigettava.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n. 1941/16/2022, depositata in data 12.05.2022, accoglieva l’ appello proposto dal contribuente stabilendo che, ferma restando l’imposta dovuta come concordata in forza del predisposto piano di rientro, le sanzioni andavano calcolate al 10% sull’imposta, oltre interessi di mora.
Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
E’ rimasto intimato il contribuente.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo di ricorso si denuncia , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 19 e 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 per avere la CTR rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione del provvedimento di sgravio (parziale) ritenendo tale atto autonomamente impugnabile sussistendo l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. Diversamente, ad avviso dell’Agenzia delle entrate, l’annullamento parziale adottato dall’Amministrazione in via di autotutela o comunque il provvedimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi non rientrava nella previsione di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546/92 e consisteva, comunque, in un provvedimento non lesivo, nemmeno potenzialmente, della sfera patrimoniale del contribuente. Peraltro, attraverso l’impugnazione del provvedimento di sgravio parziale, si sarebbe data alla parte la possibilità di rimettere in discussione un provvedimento definitivo qual era la cartella di pagamento notificata e non opposta, in contrasto con l’art. 21 del d.lgs. n. 546/92.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 c.p.c. e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 per avere la CTR, con una motivazione apparente, stabilito -ferma restando l’imposta dovuta come concordata in forza del piano di rientro le sanzioni al 10% sull’imposta, sulla base di un asserito accordo con l’Ufficio circa l’ammontare delle medesime, senza esplicitare le ragioni sottese a tale decisione.
Con il terzo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 115 c.p.c. per avere la CTR affermato, in contrasto con le emergenze processuali, che il piano di rateazione era ancora in essere e che il contribuente stava continuando ad onorare le rate concordate, traendo tale convincimento dalle sole ‘ dichiarazioni… nell’odierna udienza ‘ e, dunque, da dichiarazioni testimoniali non ammesse nel processo tributario, in violazione dell’art. 7 cit .
4.Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 462/1997 per avere la CTR ritenuto applicabili alla fattispecie le sanzioni nella misura del 10% sebbene, trattandosi di iscrizione a ruolo derivante da omessi versamenti dell’imposta dichiarata dallo stesso contribuente, non sussistesse il diritto al versamento della sanzione ridotta, essendo tale possibilità prevista ex art. 2, comma 2, cit., solo nel caso di pagamento del dovuto da parte del contribuente entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dai commi 3 degli artt. 36bis del d.P.R. n. 600/73 e 54bis del DPR n. 633/72.
5.Il primo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti.
5.1.Ed invero, pienamente condivisibile è l’orientamento di questa Corte secondo cui ” in tema di contenzioso tributario, l’annullamento parziale adottato dall’Amministrazione in via di autotutela o comunque il provvedimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi, non rientra nella previsione di cui del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, e non è quindi impugnabile, non comportando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento, laddove, invece, deve ritenersi ammissibile un’autonoma impugnabilità del nuovo atto se di portata ampliativa rispetto all’originaria pretesa “(Cass. 7511/16; Cass. n. 25673/16; Cass. n. 29595/2018; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9225 del 2021). Si tratta di orientamento che ha inteso dichiaratamente superare l’opposto più risalente convincimento invece espresso da Cass.14243/15, secondo cui: “in tema di contenzioso tributario, ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, è impugnabile l’annullamento parziale, nell’esercizio del potere di autotutela, di un avviso impositivo già definitivo, trattandosi di un atto contenente la manifestazione di una compiuta e definitiva pretesa tributaria, rispetto a cui, pur se riduttivo dell’originaria pretesa, non può privarsi il contribuente della possibilità di difesa”. E le ragioni di tale superamento debbono essere qui condivise sul presupposto che l’esercizio in autotutela di una potestà meramente
ed effettivamente riduttiva ” non può comportare alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui già noto e consolidatosi in ragione della mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento ” laddove, invece, deve ritenersi ammissibile un’autonoma impugnabilità del nuovo atto se di portata ampliativa rispetto all’originaria pretesa (Cass. 7511/16 cit.; Cass. n. 29595 del 2018; da ultimo, Cass., sez. 5, n. 10947 del 2024).
5.2.Questa Corte ha, altresì, precisato, con riguardo all’impugnabilità del provvedimento di diniego, anche parziale, di annullamento in via di autotutela di un avviso di accertamento divenuto definitivo, che ‘l a determinazione assunta dall’Ente impositore che, in sede di autotutela, agendo d’impulso oppure su sollecitazione del contribuente, adotti un provvedimento di sgravio parziale della pretesa impositiva, sebbene la stessa non sia più suscettibile di impugnazione, non comporta che il contribuente sia per questo legittimato a contestare in giudizio, al fine di opporre il pregiudizio di un interesse proprio ed esclusivo, il mancato esercizio dell’autotutela con riferimento alla parte residua della pretesa tributaria definitiva che, con valutazione discrezionale, non è stata annullata; la contestazione del diniego di autotutela, anche parziale, avverso provvedimento definitivo rimane possibile sol quando si invochino ragioni di rilevante interesse generale dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto, originarie o sopravvenute’ (Cass., sez. 5, Ordinanza n. 33610 del 2023; nello stesso senso, Cass. sez. 5, Ordinanza n. 21590 del 2024).
5.3.Nella sentenza impugnata la CTR non si è attenuta ai suddetti principi nel disattendere l’eccezione di inammissibilità del ricorso avverso il provvedimento di sgravio (parziale) affermando che ‘il provvedimento in oggetto recando seco una statuizione che incide direttamente sul destinatario (il ripristino delle sanzioni al 30%) è autonomamente ricorribile, sussistendo l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c ‘ laddove il provvedimento di sgravio parziale – non contenente, nella specie, alcun ‘ripristino delle sanzioni al 30%’ mancando un a qualche previa riduzione delle stesse – quale atto di annullamento (parziale) adottato
dall’Amministrazione in via di autotutela, di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta nella cartella di pagamento divenuta definitiva per mancata impugnazione, non rientrava nella previsione di cui del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, e non era quindi impugnabile; peraltro, l’impugnazione del provvedimento di sgravio parziale avrebbe comportato strumentalmente una rimessione in termini per la sostanziale impugnazione della cartella di pagamento medesima che, nella specie, era stata notificata e non opposta con violazione anche dell’art. 21 del d.lgs. n. 546/92.
6.In conclusione, va accolto il primo motivo, assorbiti i restanti, con cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, ex art. 382, terzo comma c.p.c., non potendo la causa essere proposta ab initio (tra le tante, Cass. n. 5955 e 5957 del 2024), dichiarando l’ inammissibilità del ricorso introduttivo ex art.100 cod. proc. civ.
7.Le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti mentre quelle di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa senza rinvio la sentenza impugnata non potendo la causa essere proposta ab initio, e dichiara l’inammissibilità del ricorso originario. Compensa tra le parti le spese del giudizio di merito; condanna il contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.800,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 13 marzo 2025
Il Presidente NOME COGNOME