Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14884 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14884 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 23910/2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione.
Indirizzo Pec: EMAIL
–
ricorrente – contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della SICILIA, sezione staccata di Catania, n. 432/18/18, depositata in data 31 gennaio 2018, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello principale dell’Agenzia delle Entrate e l’appello incidentale della RAGIONE_SOCIALE proposti avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso presentato dalla società RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto i ruoli e la relativa cartella esattoriale (mai notificata) per il pagamento di euro 249.681,05, per Iva, oltre accessori, anni 1988, 1990, 1991 e 1992.
I giudici di secondo grado, dopo avere rilevato che risultava impugnata un’unica cartella di pagamento, hanno affermato che non era condivisibile l’assunto della Commissione tributaria provinciale riguardo l’impugnabilità del ruolo; che, nello specifico, andava respinta l’obiezione dell’Appellata secondo cui era inconferente l’eccepita notifica de qua non essendo stata impugnata « la cartella (mai ricevuta), bensì l’estratto di ruolo (e per l’effetto la presupposta cartella) di cui ha acquisito conoscenza da accesso (in data 20.1.2011) presso lo sportello esattoriale» , essendo pacifico che la cartella era stata notificata al Curatore fallimentare, e non anche al legale rappresentante, che ne aveva diritto, addirittura preminente, trattandosi di crediti tutti anteriori alla sentenza di fallimento, con la conseguente decadenza delle pretese (legge n. 156 del 2005), mentre
era contraddittorio ammettere la rilevanza della notifica del 25 maggio 2001 al Curatore, giusta la duplice legittimazione passiva argomentata; in altre parole l’inerzia della Curatela non poteva influire sull’interesse diretto della Società se non negando il diritto di quest’ultima alla contestazione dei crediti.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a otto motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
La società RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
La società RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce , in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 111 Cost., 132, secondo comma, n. 4, 156 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., nonché dell’art. 36 del decreto legislativo n. 546 del 1992 e dell’art. 45 CEDU. La Commissione tributaria regionale aveva rigettato l’appello omettendo di rendere una motivazione intellegibile e di dare atto dell’ iter logico del proprio convincimento. Il giudice di secondo grado si era limitato a richiamare principi giurisprudenziali asseritamente acquisiti, senza però pervenire ad una conclusione razionale; e ciò è ancor più pregiudizievole tenuto conto che nel caso di specie la narrativa dello svolgimento del processo si presenta estremamente carente, incorrendo in un vizio di carente motivazione.
Il secondo motivo di ricorso deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 43 legge fallimentare e artt. 111 Cost., 59, comma 1, lett. b), del decreto legislativo n. 546 del 1992, e 106 cod. proc. civ.. La sentenza impugnata aveva omesso di rilevare la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti degli
altri soci falliti, nonché del Curatore fallimentare e non aveva disposto la rimessione della causa al giudice di primo grado.
3. Il terzo motivo di ricorso deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 43 e 147 legge fallimentare e dell’art. 33 del decreto legislativo n. 112 del 1999, dell’ art. 100 cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale aveva erroneamente omesso di rilevare che il fallimento determinava la perdita della legittimazione sostanziale e processuale della società e dei suoi soci, in luogo dei quali subentrava il curatore, mentre la legittimazione attiva del fallito si configurava in via del tutto eccezionale e suppletiva, essendo strettamente subordinata alla manifestazione di disinteresse da parte del Curatore al rapporto tributario. I giudici di secondo grado avevano omesso di considerare che la cartella era stata emessa in relazione a crediti iscritti a ruolo dall’Ente Impositore nel 2000 e, quindi, in data successiva alla dichiarazione di fallimento, come si evinceva dallo stesso estratto di ruolo.
Il quarto motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, nonché per contraddittorietà ed illogicità in relazione ad un fatto decisivo ai fini del giudizio in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. e la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ. e del decreto legislativo n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, nonché per contrasto con l’orientamento giurisprudenziale della Cass., Sez. U., 2 ottobre 2015, n. 19704, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.. Sul capo della sentenza che aveva trattato il motivo di appello sub B) «sull’inammissibilità del ricorso avverso l’estratto di ruolo» , la Commissione tributaria regionale aveva reso una motivazione del tutto carente e contraddittoria e per nulla intellegibile, in quanto aveva esordito con l’affermazione che non era condivisibile l’assunto della Commissione tributaria provinciale
riguardo l’impugnabilità del ruolo, epperò poi aveva rigettato a sua volta il motivo di appello incidentale sull’inammissibilità del ricorso avverso l’estratto di ruolo. La Commissione tributaria regionale, nel rigettare il motivo di appello proposto sull’inammissibilità del ricorso avverso il semplice estratto di ruolo, si era limitata a dare atto dell’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla questione, richiamando «l’esegesi opposta» che riconosceva la possibilità di ricorrere alla tutela del giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che portavano a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria anche diversi da quelli dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 del decreto legislativo n. 546 del 1992, riconoscendo l’interesse, ex art. 100 cod. proc. civ., del contribuente ad invocare una tutela giurisdizionale di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico. La sentenza impugnata, seppure era stata depositata il 31 gennaio 2018, era stata redatta dal Presidente estensore il 26 giugno 2014, e quindi non teneva conto che il contrasto giurisprudenziale cui si riferiva il Giudice di secondo grado era stato poi risolto dalla Cassazione civile, Sez. Un., 2 ottobre 2015, n. 19704, la quale aveva riconosciuto l’impugnabilità dell’estratto di ruolo solo nell’ipotesi di vizi di notifica della cartella di pagamento.
5. Il quinto motivo di ricorso deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19, comma 3, 21, comma 1, del decreto legislativo n. 546 del 1992, art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, della legge n. 156 del 2005, e degli artt. 137, 145, 148, 149, 156 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale aveva errato nel ritenere che l’anteriorità del credito rispetto alla declaratoria di fallimento comportava la duplice legittimazione passiva della società fallita e del Curatore e che la rituale notifica della cartella al Curatore fosse insufficiente al fine
di valutare l’ammissibilità del ricorso proposto dal legale rappresentante della società fallita avverso l’estratto di ruolo, e che quindi non facesse decorrere il termine per la proposizione del ricorso. Stante la regolarità della notifica della cartella alla Curatela fallimentare e dal momento che avverso tale atto non era stata proposta alcuna forma di impugnazione innanzi la competente autorità giudiziaria nei termini prescritti dalla legge, essa, a tutti gli effetti, era divenuta titolo definitivo, sicché nulla poteva più opporsi. Conseguentemente, qualunque eccezione proposta in primo grado, stante la regolarità della notifica della cartella, era da considerarsi tardiva e, quindi, inammissibile, poiché avrebbe dovuto essere proposta, dal soggetto legittimato, mediante l’impugnazione, tempestiva, della cartella.
6. Il sesto motivo di ricorso di ricorso deduce il vizio di motivazione per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., e la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. per avere omesso di decidere sugli altri motivi di appello sub e), f) e g), relativi alla regolarità della notifica della cartella di pagamento, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale seppure aveva riconosciuto che era pacifico che la cartella fosse stata notificata al Curatore fallimentare, non aveva esaminato gli ulteriori motivi di appello dedotti sub e) legittimità della pretesa regolarità della notifica della cartella – infondatezza e tardività dell’eccezione di decadenza e prescrizione, sub f) sulla omessa indicazione dell’oggetto della pretesa e sub g) sulla mancanza della firma del ricevente nella relata della cartella di pagamento.
Il settimo motivo di ricorso deduce la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e degli artt. 12, 23 e 24 del d.P.R. n. 602 del 1973, dell’ art. 1 e art. 3 D.M. n.
321 del 1999 e dell’ art. 59 del decreto legislativo n. 546 del 1992 per avere omesso di decidere sul motivo di appello sub d) relativo al difetto di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE.p.a., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, c od. proc. civ., nonché l’o messo esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., e la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 12, 23 e 24 del d.P.R. n. 602 del 1973 e degli 1 e 3 D.M. n. 321 del 1999 in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata aveva omesso di esaminare il motivo di appello sul difetto di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE incorrendo così nel vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., già eccepito nel giudizio di primo grado in sede di controdeduzioni del 10 marzo 2011 e nel vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. La sentenza impugnata era pure errata avendo omesso di dichiarare il difetto di legittimazione passiva d ell’Ente di r iscossione non considerando che la parte ricorrente aveva impugnato il ruolo, sollevando eccezioni afferenti a vizi propri dello stesso e comunque attinenti all’operato dell’Agenzia delle Entrate per decadenza e prescrizione (peraltro infondate) dei crediti erariali.
8. L’ottavo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza era viziata anche laddove aveva disposto la condanna in via solidale del Concessionario, atteso che la mancata pronuncia in ordine ai motivi di appello avanzate dal Concessionario, e la mancata declaratoria del difetto di legittimazione passiva, avevano erroneamente condotto la Commissione tributaria regionale ad imputare al Concessionario vizi propri del ruolo, con conseguente, illegittima, declaratoria di soccombenza del medesimo Concessionario. Le eccezioni di decadenza erano imputabili al
medesimo Ente creditore in via esclusiva, sicché avrebbe dovuto essere condannato esclusivamente l’Ente Impositore, anche in ordine alle spese di lite.
Il quarto motivo, la cui trattazione è prioritaria, è fondato.
9.1 Ed invero, l’art. 3 bis del decreto legge n. 146/2021, inserito in sede di conversione dalla legge n. 215/2021, novellando l’art. 12 del d.P.R. n. 602/73, intitolato alla «Formazione e contenuto dei ruoli», in cui ha inserito il comma 4 bis, ha stabilito che « L’estratto di ruolo non è impugnabile » e che « Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto per effetto di quanto previsto nell’art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’art. 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione ».
9.2 Le Sezioni Unite hanno affermato il principio che « In tema di riscossione coattiva delle entrate pubbliche (anche extratributarie) mediante ruolo, l’art. 12, comma 4 bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall’art. 3 bis del d.l. n. 146 del 2021, come convertito dalla l. n. 215 del 2021) trova applicazione nei processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata rispetto al ruolo e alla cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della predetta norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113 e 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del
Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione ». (Cass., Sez. U., 6 settembre 2022, n. 26283).
9.3 Nel caso di specie appare circostanza pacifica che la società contribuente (dichiarata poi fallita in data 10 aprile 1997, cfr. pag. 6 del ricorso per cassazione) abbia impugnato l’ estratto di ruolo, lamentando l’omessa notifica della cartella di pagamento n. 29320000068667961, per un importo complessivo di euro 249.681,05, per Iva, oltre accessori, relativa agli anni di imposta 1988, 1990, 1991 e 1992, giusta le dichiarazioni rispettivamente degli anni 1989, 1991, 1992 e 1993 (la cartella di pagamento era stata, invece, notificata alla Curatela del fallimento che non aveva proposto opposizione). Inoltre, la società contribuente non ha svolto difese e, dunque, non ha dimostrato l’interesse ad agire, presupposto per l’impugnabilità dell’estratto ruolo ex art. 3 bis del decreto legge n. 146/2021.
9.4 Il quarto motivo, dunque, deve essere accolto, con assorbimento dei restanti motivi; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
9.5 Le spese dei giudizi di merito e del giudizio di legittimità, tenuto conto dello jus superveniens e del recente arresto delle Sezioni Unite, devono essere compensate.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e decidendo nel merito, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Compensa interamente fra le parti costituite le spese processuali di giudizi di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 12 febbraio 2025.