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Impugnabilità estratto di ruolo: la Cassazione decide

Una società di riscossione ha impugnato una sentenza della commissione tributaria regionale. La Corte di Cassazione, applicando una nuova legge (jus superveniens), si è pronunciata sulla limitata impugnabilità dell’estratto di ruolo. Il ricorso originario del contribuente è stato dichiarato inammissibile perché non è stato dimostrato un pregiudizio specifico, come richiesto dalla nuova normativa. La Cassazione ha quindi cassato la sentenza precedente e compensato le spese legali.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

L’impugnabilità dell’estratto di ruolo alla luce della nuova normativa

Recentemente, la Corte di Cassazione è intervenuta con un’ordinanza di grande rilevanza in materia fiscale, chiarendo i limiti e le condizioni per l’impugnabilità dell’estratto di ruolo. Questa decisione si fonda sull’applicazione di una nuova normativa, il cosiddetto jus superveniens, che ha modificato le regole per i ricorsi dei contribuenti. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni a cui sono giunti i giudici supremi.

I Fatti del Caso: La Società Contribuente e il Ricorso

Una società, successivamente dichiarata fallita, aveva impugnato un estratto di ruolo relativo a debiti IVA per diverse annualità, lamentando la mancata notifica della cartella di pagamento originaria. Tale cartella, in realtà, era stata notificata al Curatore fallimentare, il quale però non aveva proposto opposizione. La società contribuente, venuta a conoscenza del debito solo tramite l’estratto di ruolo ottenuto presso lo sportello dell’agente di riscossione, aveva quindi avviato un contenzioso tributario.

I giudici di primo e secondo grado avevano dato ragione alla società. L’agente della riscossione, tuttavia, ha presentato ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui quella, divenuta poi centrale, relativa all’ammissibilità stessa del ricorso avverso il semplice estratto di ruolo.

La Decisione della Corte di Cassazione e la nuova normativa

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’agente della riscossione, ma basando la propria decisione su una norma introdotta successivamente all’inizio della causa: l’art. 3-bis del D.L. n. 146/2021. Questa norma stabilisce che l’estratto di ruolo non è un atto impugnabile, salvo in casi specifici e tassativi.

Il contribuente può agire in giudizio contro il ruolo e la cartella di pagamento che presume non validamente notificata solo se dimostra che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio concreto e attuale, come:

1. La partecipazione a una procedura di appalto.
2. La riscossione di somme dovute da soggetti pubblici.
3. La perdita di un beneficio nei rapporti con la pubblica amministrazione.

Le Sezioni Unite della Cassazione avevano già chiarito che questa nuova norma si applica anche ai processi in corso al momento della sua entrata in vigore.

Le Motivazioni: L’onere della prova e l’impugnabilità dell’estratto di ruolo

Nel caso specifico, la società contribuente non aveva fornito alcuna prova di subire uno dei pregiudizi elencati dalla legge. Non avendo svolto difese attive per dimostrare il suo ‘interesse ad agire’ secondo i nuovi e più stringenti requisiti, il suo ricorso originario è stato ritenuto inammissibile.

La Corte ha sottolineato che la semplice conoscenza del debito tramite l’estratto di ruolo non è più sufficiente per giustificare un’azione legale. È necessario che il contribuente dimostri attivamente un danno imminente e specifico che solo l’intervento del giudice può scongiurare. In assenza di tale prova, manca il presupposto fondamentale per l’azione, ovvero l’interesse ad agire.

Le Conclusioni: Cosa Cambia per il Contribuente?

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale introdotto dal legislatore: l’accesso alla giustizia tributaria per contestare un debito di cui si è venuti a conoscenza tramite estratto di ruolo non è più un diritto incondizionato. Il contribuente ha ora l’onere di dimostrare un pregiudizio qualificato, trasformando il ricorso da strumento di accertamento generale a rimedio eccezionale per situazioni di danno concreto. Di conseguenza, il giudizio iniziale è stato dichiarato inammissibile e la sentenza d’appello cassata, con compensazione delle spese legali tra le parti a causa del cambiamento normativo intervenuto durante il processo.

È sempre possibile impugnare un estratto di ruolo?
No. Secondo la nuova normativa (art. 3-bis D.L. 146/2021), l’estratto di ruolo non è di per sé un atto impugnabile. L’impugnazione è ammessa solo se il contribuente dimostra che l’iscrizione a ruolo gli causa un pregiudizio specifico, come l’impossibilità di partecipare a gare d’appalto, di riscuotere crediti dalla P.A. o la perdita di benefici.

La nuova legge sull’impugnabilità dell’estratto di ruolo si applica anche ai processi già in corso?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando una precedente pronuncia delle Sezioni Unite (n. 26283/2022), ha confermato che la nuova disciplina si applica anche ai giudizi pendenti al momento della sua entrata in vigore.

Cosa deve dimostrare un contribuente per poter impugnare un estratto di ruolo?
Il contribuente deve dimostrare di avere un ‘interesse ad agire’, provando che l’iscrizione a ruolo gli sta causando un pregiudizio concreto e attuale tra quelli previsti tassativamente dalla legge. Non è più sufficiente lamentare la mancata notifica della cartella di pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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