Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7734 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7734 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11354/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
COGNOME NOME;
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. SICILIA n. 9608/2022 depositata il 14/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME COGNOME quale erede di NOMECOGNOME proponeva ricorso avverso la cartella di pagamento, n. 29320110032957374 relativa al ruolo n. 2011/550230 riguardante Irap, Irpef e Iva, anno
d’imposta 2007. Nel ricorso eccepiva la prescrizione del debito iscritto a ruolo, sostenendo la mancanza di una valida notifica della cartella e la nullità della relata di notifica trasmessa da Riscossione Sicilia s.p.a., in quanto riportante una generica dicitura ‘deceduto’ con deposito presso il Comune, mentre si sarebbe dovuto procedere alla notifica nei confronti degli eredi.
La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso e annullava l’atto impugnato, con condanna della sola Agenzia ricorrente alle spese di lite.
La Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello e condannava l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio.
Il ricorso per cassazione dell’Agenzia è affidato ad un unico motivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 12, co. 4bis , del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all’articolo 360, co., n. 3, c.p.c., avendo la CTR trascurato di pronunciarsi d’ufficio sull’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio, di fatto confermato l’impugnabilità dell’estratto ruolo, in spregio alla novella normativa introdotta dall’art. 3 -bis, del D.L. del 21 ottobre 2021, n.146, inserito in sede di conversione dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, che aveva introdotto il succitato co. 4bis, nell’art. 12, del richiamato d.P.R. 29 settembre 1973, n.602.
Il ricorso è fondato.
La sentenza impugnata ha ritenuto ammissibile l’impugnazione dell’estratto di ruolo e della relativa cartella di pagamento, quand’anche non notificata.
È noto che questa Corte, con sentenza delle Sezioni unite del 2 ottobre 2015, n. 19704, ha affermato che « il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale -a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo
attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l’ultima parte del comma 3 dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato – impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione ».
Ciò posto, nelle more del giudizio è intervenuto il D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, conv. dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215, che, all’art. 3bis, ha modificato l’art. 12 del d.P.R. 29 settembre 1973, mediante l’aggiunta, a tale norma, del comma 4 -bis, che testualmente dispone: « L’estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione ».
La norma in questione, dunque, ha limitato l’accesso alla tutela immediata avverso il ruolo e la cartella di pagamento non notificata, configurata dalle Sezioni Unite di questa Corte come alternativa, e rimessa alla facoltà della parte, rispetto alla tutela differita prevista dall’art. 19, comma 3, ultima parte, del D.Lgs. n. 546 del 1992.
La nuova norma si applica anche ai giudizi pendenti, qual è il presente. Sul punto, sono intervenute nuovamente, di recente, le Sezioni Unite di questa Corte, le quali, con sentenza n. 26283 del 6 settembre 2022, hanno affermato il seguente principio di diritto: « In tema di riscossione a mezzo ruolo, il d.l. n. 146 del 21 ottobre 2021, art. 3-bis, inserito in sede di conversione dalla l. 17 dicembre 2021, n. 215, col quale, novellando il d.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, è stato inserito il comma 4- bis, si applica ai processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113, 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione ». La disciplina in questione – specificano le SS.UU. – non è difatti irragionevole, né arbitraria. Essa asseconda non soltanto l’esigenza di contrastare la prassi di azioni giudiziarie proposte anche a distanza di tempo assai rilevante dall’emissione delle cartelle, e al cospetto dell’inattività dell’agente per la riscossione, ma anche quella di pervenire a una riduzione del contenzioso. In particolare, le finalità deflattive rispondono alla consapevolezza, già sottolineata dalla Corte costituzionale (in particolare con la sentenza 19 aprile 2018, n. 77), che, « a fronte di una crescente domanda di giustizia, anche in ragione del riconoscimento di nuovi diritti, la giurisdizione sia una risorsa non illimitata e che misure di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in
opera ». Ciò, del resto, è coerente con la natura di atto meramente interno dell’estratto di ruolo, per la cui impugnazione il contribuente non ha uno specifico interesse, trattandosi di atto di per sé non ‘lesivo’, nel mentre, con riferimento alle cartelle di pagamento non notificate o invalidamente notificate, l’interesse sussiste unicamente allorquando tale situazione determina un concreto pregiudizio economico, come specificato dalla stessa norma.
La norma in questione, nel regolamentare le ipotesi di azione diretta (così come la definisce la stessa Corte), stabilisce quando l’invalidità della notificazione della cartella esattoriale provochi di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, dimostrato dalla presenza dell’interesse ad agire che, quale condizione dell’azione, assume diverse configurazioni. Ne deriva che di questo interesse ad agire -che conforma il bisogno di tutela giurisdizionale -è necessario fornire una dimostrazione, che si può dare anche nel corso dei giudizi pendenti e che può essere allegato anche nel giudizio di legittimità. Né, secondo la Corte, possono ritenersi fondati i dubbi di legittimità costituzionale della norma, in relazione agli artt. 3, 24, 113 e 117 Cost., né la prospettata intrinseca irrazionalità della norma stessa. Tali dubbi devono essere superati considerando l’ampia discrezionalità di cui il legislatore gode nell’ambito della disciplina del processo, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà.
I casi previsti dalla nuova disciplina, peraltro, sono ‘tassativi’ e ‘non esemplificativi’ e, pertanto, insuscettibili di interpretazione e applicazione analogica o anche semplicemente estensiva. Con la conseguenza che la norma in esame non comporta alcuna compressione della effettività della tutela giurisdizionale dato che, almeno rispetto al giudizio tributario, essa ne provoca un ampliamento; in secondo luogo perché il potere cautelare di cui è fornito il giudice tributario e quello ordinario, anche dell’esecuzione,
evita il rischio che si creino zone non coperte dalla tutela giurisdizionale stessa. Infatti, anche laddove la notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento sia stata omessa o sia invalida, vi è sempre un giudice che può pronunciarsi sulle doglianze avanzate dal contribuente che impugni l’atto successivo, pur se esecutivo, o alternativo all’esecuzione.
Ne consegue che, nel caso di specie, il ricorso proposto in primo grado dal contribuente deve essere dichiarato inammissibile, non essendo stato precisato dal contribuente lo specifico interesse all’impugnazione, con riferimento alle ipotesi del sopravvenuto art. 12, comma 4-bis, d.P.R. n. 602/1973.
Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, e decidendo nel merito, il ricorso proposto in primo grado COGNOME COGNOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’originario ricorso della contribuente.
Così deciso in Roma, il 16/01/2025.