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Impugnabilità diniego interpello: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 15/02/2025, ha stabilito l’immediata impugnabilità del diniego di interpello disapplicativo emesso dall’Agenzia delle Entrate. Una società aveva contestato il diniego relativo alla disapplicazione di norme antielusive per le società in perdita sistematica. La Corte ha chiarito che, sebbene non elencato tra gli atti tipici, il diniego rappresenta una pretesa tributaria definita, legittimando il contribuente a ricorrere al giudice per tutelare i propri interessi.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Impugnabilità diniego interpello: la Cassazione conferma la tutela del contribuente

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale per la tutela del contribuente: l’impugnabilità del diniego di interpello disapplicativo. Questa decisione chiarisce che il provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate nega la disapplicazione di norme antielusive è un atto che può essere immediatamente contestato in sede giudiziaria, anche se non rientra nell’elenco tassativo degli atti impugnabili previsto dalla legge. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

Il caso in esame: il diniego per una società in perdita

Una società a responsabilità limitata in liquidazione aveva presentato un’istanza di interpello all’Amministrazione Finanziaria. L’obiettivo era ottenere la disapplicazione delle norme antielusive previste per le cosiddette ‘società in perdita sistematica’ per l’anno d’imposta 2013. La società sosteneva che la sua condizione di perdita derivava da circostanze oggettive e non da intenti elusivi, citando difficoltà legate alla disponibilità di una sede operativa e a vicissitudini fallimentari di un partner commerciale.

L’Agenzia delle Entrate rigettava l’istanza, ritenendo che le motivazioni addotte rientrassero nel normale rischio d’impresa e non giustificassero la disapplicazione della normativa. La società decideva quindi di impugnare tale provvedimento di diniego dinanzi alla Commissione Tributaria.

Le decisioni dei giudici di merito

Inizialmente, la Commissione Tributaria Regionale dichiarava il ricorso inammissibile. Secondo i giudici d’appello, il provvedimento di diniego dell’interpello non era un atto autonomamente impugnabile, in quanto non espressamente previsto dall’elenco contenuto nell’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992. Di fronte a questa decisione, la società proponeva ricorso per Cassazione.

La questione dell’impugnabilità del diniego di interpello

Il nucleo della controversia ruotava attorno alla natura del provvedimento di diniego. Il punto centrale era stabilire se tale atto, pur non essendo un avviso di accertamento o una cartella di pagamento, potesse essere considerato lesivo degli interessi del contribuente e, di conseguenza, immediatamente contestabile in giudizio. La società ricorrente sosteneva la violazione di diverse norme, tra cui proprio l’art. 19 del d.lgs. 546/1992, interpretato in modo eccessivamente restrittivo dalla corte territoriale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della società, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa al giudice d’appello. I giudici hanno ribadito un orientamento consolidato, basato su un’interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata delle norme sul contenzioso tributario.

Secondo la Corte, l’elenco degli atti impugnabili contenuto nell’art. 19 non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, qualora con essi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria ben individuata. Il diniego di interpello disapplicativo ha proprio questa natura: è un atto con cui il Fisco esprime in modo definitivo il proprio convincimento su un determinato rapporto tributario. Di conseguenza, il contribuente ha un interesse concreto e attuale, tutelato dall’art. 100 c.p.c., a ottenere una pronuncia giudiziale che chiarisca la sua posizione e accerti la legittimità della pretesa impositiva.

La Corte ha inoltre precisato che una normativa successiva (d.lgs. n. 156 del 2015), che ha previsto l’impugnabilità delle risposte a specifici interpelli solo unitamente all’atto impositivo, non ha valore retroattivo né interpretativo per i casi precedenti. Pertanto, non poteva essere applicata alla fattispecie in esame.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

La decisione in commento rafforza la posizione del contribuente, garantendogli una tutela giurisdizionale anticipata. Attendere l’emissione di un successivo atto impositivo per poter contestare il diniego costringerebbe il contribuente a rimanere in una condizione di incertezza. L’ordinanza conferma che, quando l’Amministrazione Finanziaria manifesta una pretesa chiara e definitiva, il contribuente ha il diritto di rivolgersi immediatamente al giudice. Questo principio è fondamentale per assicurare il rispetto del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).

Il provvedimento di diniego a un interpello disapplicativo è un atto immediatamente impugnabile?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il provvedimento di diniego a un interpello disapplicativo è un atto definitivo che esprime una pretesa tributaria e, pertanto, è autonomamente e immediatamente impugnabile dal contribuente.

Perché la Cassazione ritiene impugnabile un atto non incluso nell’elenco dell’art. 19 del d.lgs. 546/1992?
La Corte adotta un’interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata della norma. Sostiene che la tassatività dell’elenco non preclude l’impugnazione di altri atti con cui l’Amministrazione manifesta una pretesa tributaria definita, al fine di garantire il diritto di difesa del contribuente.

La normativa del 2015 che limita l’impugnabilità delle risposte a interpello si applica ai casi precedenti?
No, la Corte ha chiarito che l’art. 6 del d.lgs. n. 156 del 2015 non ha valore interpretativo né portata retroattiva. Pertanto, la sua previsione si applica solo per il futuro e non incide sulla disciplina applicabile ai fatti avvenuti prima della sua entrata in vigore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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