Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29257 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29257 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME e NOME COGNOME , assistiti e difesi, anche in via disgiuntiva tra loro, dall’AVV_NOTAIO, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore e legale rappresentante protempore, difesa ex lege dall’AVV_NOTAIO generale dello Stato;
– controricorrente –
Avverso sentenza n. 967/2022 dep. 18 agosto 2022 della Commissione Tributaria Regionale per il Veneto, sez. staccata di RAGIONE_SOCIALE.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
Il 4.01.2019, con comunicazione n. NUMERO_DOCUMENTO, l’RAGIONE_SOCIALE attivava il controllo formale ex art. 36 ter d.P.R. 600/1973 della dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2015 presentata da COGNOME NOME, comunicandogli che, non avendo fornito i documenti richiesti per la
COMUNICAZIONE IRREGOLARITA’ IMPUGNABILITA’
DI
–
verifica RAGIONE_SOCIALE detrazioni operate in dichiarazione, l’Ufficio avrebbe provveduto alla rettifica dei righi in cui erano indicate le detrazioni non comprovate, nonché dei righi relativi a detrazioni iniziate negli anni di imposta 2012 e 2013 (trattandosi RAGIONE_SOCIALE rate successive). In virtù dei suddetti disconoscimenti scaturiva un’imposta dovuta di € 4.723,00 con sanzione ridotta al 20%.
Analogo controllo formale da omessa presentazione di documentazione ex art. 36-ter d.P.R. n. 600/1973 veniva attivato in data 27.12.2018 nei confronti di COGNOME NOME, coniuge del COGNOME, alla quale era notificato l’atto n. NUMERO_DOCUMENTO (anch’esso impugnato). Nello stesso periodo i redditi dei coniugi subivano un altro controllo (scaturito da una segnalazione della Direzione Centrale Accertamento) avente ad oggetto l’esposizione al quadro RB della dichiarazione NUMERO_DOCUMENTO (P.I. 2013) dei redditi relativi ad alcuni contratti di locazione stipulati dal COGNOME.
La CTP, riuniti i ricorsi dei coniugi, dichiarava cessata la materia del contendere tranne che per la questione inerente all’aliquota, in riferimento alla quale il ricorso veniva respinto.
La CTR, riuniti anche i ricorsi relativi ai due avvisi di accertamento relativi all’anno d’imposta 2015 (derivanti da controlli ex art. 36-ter dpr n. 600/73) e quelli ulteriormente proposti avverso le due conseguenti cartelle, respingeva i quattro ricorsi, e pertanto i ricorrenti propongono ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
Successivamente gli stessi hanno chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere con riferimento ai motivi secondo e terzo, a seguito di definizione agevolata, aggiungendo che in ogni caso per tali motivi è venuto meno l’interesse ad agire.
Tanto veniva illustrato nella memoria da ultimo depositata.
CONSIDERATO CHE
In relazione alla parziale definizione agevolata della controversia, la parte ha specificato che la stessa si riferisce ai
seguenti atti impugnati ‘avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO emesso nei confronti del COGNOME e avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO‘; sono state altresì prodotte le domande di definizione e i relativi pagamenti, ma non è possibile conciliare i dati dei citati avvisi con quelli citati nei documenti in parola. Peraltro la parte ha chiaramente esplicitato il venir meno del proprio interesse a ricorrere, per cui in difetto dello stesso dev’essere dichiarata l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso limitatamente ai motivi secondo e terzo.
2. Con l’unico motivo ancora coltivato, si denuncia ‘VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTICOLI 19 D.LGS. N. 546/92, 100 CPC, 1362 E 1363 CC, IN RELAZIONE ALL ‘ART. 360, COMMA 1, N. 3 CPC. Erra la sentenza impugnata nel confermare come inammissibili i ricorsi proposti dagli odierni ricorrenti avverso gli avvisi emessi dall’Ufficio ai sensi dell’art. 36 ter DPR n. 600/73 sul (falso) presupposto che tali atti, non rientrando nell’elencazione asseritamente tassativa di cui all’art. 19 D.Lgs n. 546/92, non sarebbero autonomamente impugnabili dal contribuente. (…) Orbene, codesta Corte ha più volte affermato che, in tema di contenzioso tributario, sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento”.
Da quanto sopra deriva dunque come ‘in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, ha natura tassativa, ma, in ragione dei
principi costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della P.A., ogni atto adottato dall’ente impositore che porti a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione RAGIONE_SOCIALE concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa, sicchè è immediatamente impugnabile anche l’avviso emesso a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 ter, comma 4 ‘ (Cass. civ. Sez. V, Sent. n. 1505 del 20 -01 -2017). Del resto, già al momento della ricezione della comunicazione dell’Ufficio sorge in capo al contribuente l’interesse, ex articolo 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e quindi ad invocare una tutela giurisdizionale che assicuri il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico. D’altronde, secondo i criteri interpretativi di cui agli articoli 1362 e 1363 c.c., va attribuita rilevanza al senso letterale RAGIONE_SOCIALE parole, nel rispetto della intenzione della parte, dovendosi attribuire al contenuto dell’atto il senso che deriva da una interpretazione sistematica e complessiva dell’atto stesso.
Nel caso di specie la decisione impugnata viola le norme richiamate in tema di rilevanza sia del criterio letterale nell’interpretazione dell’atto, che di quello relativo all’intenzione della parte, nonché l’ulteriore relativo alla interpretazione sistematica e complessiva RAGIONE_SOCIALE varie parti dell’atto, onde trarne l’effettivo contenuto sostanziale. Con riferimento al caso di specie non vi è pertanto dubbio che gli atti originariamente impugnati rechino una ben individuata pretesa tributaria (‘il nostro controllo ha comportato la rettifica di alcuni dati per i motivi indicati nella pagine seguenti, dove troverà in dettaglio le rettifiche effettuate ed il riepilogo RAGIONE_SOCIALE somme dovute, comprensive della sanzione ridotta e degli interessi previsti…’; pag. 1, terzo capoverso, dei medesimi),
quantomeno nelle somme richieste a titolo di imposta, sanzioni e interessi, circostanza, peraltro, avvalorata dall’avvenuta allegazione agli atti notificati dei relativi bollettini di pagamento. Legittima dunque la reazione del contribuente, non solo per i decisivi insegnamenti di codesta Corte, ma anche in relazione al suo interesse ad agire per chiarire sin da subito la propria posizione.
Alla stregua di tutto quanto precede i ricorsi proposti dai contribuenti avverso gli avvisi emessi dall’RAGIONE_SOCIALE ex art. 36 ter DPR 600/73 non potrebbero che dirsi ammissibili e la sentenza meritevole di essere cassata, con rinvio al giudice del merito affinché siano esaminate le questioni di merito sollevate nei ricorsi introduttivi e riproposte in grado di appello’.
2.1. Dunque, i ricorrenti sostengono che la CTR avrebbe escluso l’impugnabilità di un atto che comunque conterrebbe una ben precisa pretesa tributaria, individuandolo nella comunicazione ex art. 36-ter dpr n. 600/73.
Il motivo è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che la comunicazione di irregolarità di cui all’art. 36 -ter cit. costituisce atto facoltativamente impugnabile.
Invero ‘Questa Corte ha infatti più volte affermato, a partire dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite n, 16293/07, che, in tema di contenzioso tributario, sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione avviso di liquidazione o avviso di pagamento o la mancata indicazione del termine o RAGIONE_SOCIALE
forme da osservare per l’impugnazione o della commissione tributaria competente. Sotto altro aspetto, si è chiarito (sentt. nn. 17010/12, 10987/2011 e 25297/14) che l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, siccome è possibile un’interpretazione estensiva RAGIONE_SOCIALE disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), ed in considerazione dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. 28 dicembre 2001, n. 448. Sulla scorta di detti principi, infine, con la sentenza n. 25297/14 si è affermata l’impugnabilità dell’avviso bonario di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3, che assolve ad una funzione analoga all’avviso, impugnato in questo giudizio, di cui allo stesso D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 ter, comma 4. Deve quindi concludersi che l’avviso bonario di cui di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 ter, comma 4, è autonomamente impugnabile’
(Cass. 15957/15; da ultimo Cass. 21097/24).
Conclusivamente il ricorso dev’essere accolto limitatamente al primo motivo, con cassazione della sentenza impugnata sul punto e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado che deciderà anche sulle spese di lite.
Per gli altri due motivi va invece dichiarata l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto d’interesse.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto d’interesse quanto ai motivi secondo e terzo (avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO).
Accoglie il ricorso limitatamente al primo motivo, in riferimento al quale cassa sul punto la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, sez. staccata di RAGIONE_SOCIALE, che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese di lite.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2025
Il Presidente (NOME COGNOME)